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Negli ultimi due anni il Movimento europeo in Italia sta intensificando le proprie attività nell'ambito del programma Erasmus Plus, con l'obiettivo di poter coinvolgere le giovani cittadine ed i giovani cittadini europei nel processo di integrazione culturale e sociale della nostra Europa.

Con l'approvazione a fine 2023 del progetto Erasmus Plus KA2 “EUth: Strengthening Youth and Democracy in Europe”, abbiamo finalmente la possibilità di coinvolgere in maniera più diretta le nostre organizzazioni membre, rivolgendoci direttamente a voi per la ricerca di una giovane interessata, di età compresa fra i 18 ed i 35 anni, che voglia fungere da supporto all’attuale project manager del ME–IT nell’ambito di suddetto progetto.

Tale attività volontaria verrebbe esercitata, in particolare, nel corso degli eventi internazionali previsti ed organizzati sia all’estero che in Italia e delle attività preparatorie legate agli stessi.

A tal proposito siamo lieti di annunciarvi l'apertura del bando per l’individuazione di uno Staff-support member volontario nell’ambito del progetto Erasmus Plus KA2 “EUth: Strengthening Youth and Democracy in Europe”.

Le candidature resteranno aperte fino al giorno 5 aprile 2024.

Il link per accedere alla candidatura si trova nella parte finale del testo del bando, QUI ALLEGATO.

 

 

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Volume PVD Bonino

Ci serve davvero l’Europa? Non staremo perdendo tempo ed energie dietro a un’idea? Quella di oggi è la terra dei diritti immaginata a Ventotene? Mentre l’Unione è sotto attacco da più parti, accusata di essere una matrigna distante dai problemi reali dei cittadini, Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli, protagonisti indiscussi del progetto europeista, scelgono di intraprendere un viaggio nella memoria personale e collettiva che ci riguarda tutti da vicino. Ripercorrono lotte e progressi, sconfitte e conquiste, recuperano le tracce delle esistenze e delle aspirazioni di tante donne e tanti uomini che si sono battuti per costruire e difendere questo ideale, e invitano a prendere coscienza di quanto ancora resta da fare, senza però commettere l’errore di dimenticare, o peggio di gettare via, l’enorme lavoro svolto finora.

Il risultato è un dialogo serrato e coinvolgente, stimolato dalle ricostruzioni del documentarista Luca Cambi, in cui si dà conto delle innumerevoli tappe di questo processo, si ravviva il dibattito sulle nuove sfide che ci attendono, e si offre il ritratto appassionato e avvincente di Altiero Spinelli, vero padre fondatore capace di intuire e ispirare con lungimiranza, in un continente lacerato dalla guerra, quei principi di fratellanza, pace e libertà a cui ancora oggi dobbiamo tendere.

COPERTINA.

A che ci serve l'Europa

di Emma Bonino, Pier Virgilio Dastoli

Prefazione di Corrado Augias, postfazione di Romano Prodi, con la collaborazione di Luca Cambi

(edito da Marsilio NODI)

 

DATE DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO

8 marzo Nuoro

11 marzo Rai 3 ("Quante Storie")

15 marzo Foligno

16 marzo Norcia

22 marzo Barcellona

24 marzo Roma, Auditorium Parco della Musica    

9 aprile Bruxelles

17 aprile Genova

3 maggio Pavia

9 maggio Torino

 

 

 

 

                             

11 maggio Trento

21 maggio Bologna

22 maggio Teramo

15 giugno Salerno

26 giugno Fano

10 luglio Polignano a Mare

3 settembre Ventotene

7 settembre Mantova

9 settembre Mestre

18 settembre Pordenone

 

 

      

 

                      

 

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Post Foibe

 

Oggi, 10 febbraio, ricordiamo il massacro etnico sulle popolazioni italiane di Istria e Dalmazia fra il settembre 1949 ed il febbraio 1947.

L’Europa che vogliamo, e soprattutto l’Europa di cui abbiamo più bisogno, deve essere garante di pace, sicurezza e solidarietà fra i popoli.

Il futuro dei popoli europei dipende da quanto l’Unione europea riuscirà ad assolvere a questo ruolo di soggetto garante e promotore dei valori democratici, fondamentali per il completamento del progetto di pace iniziato a Ventotene negli stessi, terribili, anni.

 

 

 

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Ricordo David Sassoli

Il Movimento europeo in Italia ricorda il Presidente del Parlamento europeo David Maria Sassoli, a due anni dalla sua scomparsa, con il suo discorso di commemorazione dell’eccidio nazista di Cibeno [Campo di Fossoli (Carpi) 11 luglio 2021].

"Un saluto alle cittadine e ai cittadini di Carpi, al sindaco Bellelli, alle famiglie dei martiri di Cibeno, alle autorità civili e religiose, alle Associazioni partigiane, alle Associazioni degli ex internati nei campi di concentramento, alle rappresentanze comunali presenti.

Un saluto ai rappresentanti del governo - il ministro Bianchi, il sottosegretario Amendola - e un ringraziamento al presidente della Regione, e al caro amico on. Pierluigi Castagnetti e a tutta la Fondazione Fossoli che lui presiede.

Grazie per l’onore che mi è stato concesso di prendere la parola in questa cerimonia che anno dopo anno non smette di interrogarci e di aiutarci nella riflessione per declinare la memoria rispetto al contesto che stiamo vivendo.

Un ringraziamento speciale alla Signora presidente della Commissione. Grazie per essere qui e per quello che ha appena detto.

Con  la sua presenza si ribadisce che le nostre Istituzioni, insieme, sentono la responsabilità di non dimenticare e riaffermare che la nostra Europa nasce dal punto più basso di dolore della nostra storia contemporanea, dal degrado morale di società che si credevano immuni a scatenare l’orrore e non hanno percepito il pericolo del nazismo e del fascismo, dal grido delle madri che in tutti i nostri paesi, a qualunque fronte appartenessero, ogni qualvolta hanno ricevuto la notizia di un figlio morto hanno urlato ‘mai più la guerra’.

Ma quante volte, cara Ursula, in questi anni ci siamo sentiti dire da tanti cittadini, “ma in fondo cosa è l’Europa… ma via, l’Europa non esiste, e poi, a cosa serve l’Europa?”

Poi si viene qui - o nei cento, mille luoghi della disumanità prodotta dalla cultura europea - e le risposte arrivano. Domande semplici, per risposte impegnative per tutti.

Non vi è dubbio che in luoghi come questi riecheggi la voce muta degli uccisi, degli innocenti, il grido “viva la libertà, viva l’Italia” spezzato dalle fucilate a Cibeno dove vennero assassinati importanti dirigenti della Resistenza. Qui a Fossoli.

Mi hanno sempre colpito gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità. E, guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi. Sono quelli delle foto nei lager, dei condannati a morte, quelli che ritroviamo sempre, in ogni guerra, in ogni persona violentata, annientata, in tutti coloro che cercano di salvarsi, nelle donne umiliate, nelle colonne di famiglie che scappano, nei bambini smarriti, in coloro che annegano, che si aggrappano alla vita e la perdono.

Gli occhi di Mauthausen, come gli occhi di Srebrenica, dei profughi siriani, delle mamme riprese sui gommoni prima di annegare nella corsa verso una felicità che non arriverà mai per la nostra indifferenza.

Gli occhi che vediamo nelle fotografie delle vittime e dei prigionieri ogni qualvolta viene a mancare la libertà e il diritto, e tutte le volte che libertà e diritto non si sposano con la giustizia.

Il mio pellegrinaggio oggi qui ha un solo motivo.

Ricordare che non basta credere di essere al riparo, e ribadire che l'orrore che ci travolse nasceva dentro grandi culture democratiche, liberali, progressiste anche, in un tempo di grandi invenzioni tecnologiche, di scoperte, di artisti, letterati e filosofi cosmopoliti e pieni di ingegno, ma tutti, tutti, incapaci di fiutare per tempo il pericolo del fascismo e del nazismo.

Culture sicure che non fosse possibile un capovolgimento dei valori fondamentali di umanità e civiltà.

Quello che accaduto è il risultato di società consapevoli dei diritti, ma incapaci di farli prevalere contro i pregiudizi e gli odi. Società dal temperamento anche pacifista, ma incapaci di sradicare la pandemia della guerra. Società che si credevano migliori del proprio vicino, esasperando un antagonismo che ha trasformato l’amore per la propria terra in nazionalismo fanatico e criminale.

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J. DelorsCome ha detto Emmanuel Macron nell’omaggio a Jacques Delors, il suo cammino europeo non si è interrotto il 27 dicembre ma deve proseguire nell’opera e nelle idee di chi si ispira all’azione condotta ininterrottamente per cinquanta anni dal “cittadino d’Europa” in tutti i luoghi in cui egli ha agito.

Ai ricordi pubblicati dopo la sua scomparsa, il Movimento europeo vuole aggiungere due considerazioni sulla attualità del suo pensiero concentrandole su due aspetti.

Il primo aspetto riguarda la dimensione sociale e cioè della sua visione della economia sociale di mercato che deriva dalla sua esperienza nei sindacati francesi e in particolare nelle CFDT.

Questo aspetto si è tradotto nel dialogo sociale avviato con la creazione del “comitato permanente per l’occupazione” nel 1979 ma soprattutto con il processo di Val Duchesse come quadro permanente di concertazione tra il movimento sindacale e le organizzazioni degli imprenditori, con l’adozione concertata all’interno del CESE di una carta dei diritti sociali adottata dal Consiglio europeo di Strasburgo il 9 dicembre 1989 un mese dopo la caduta del Muro di Berlino, con il protocollo sociale incluso nel Trattato di Maastricht del 1993, con il capitolo sull’occupazione nel Trattato di Amsterdam del 1999 che si ritrova parzialmente modificato nel Trattato di Lisbona.

Dal 1985 in poi e cioè dall’intuizione di Jacques Delors del carattere essenziale per la costruzione europea del dialogo sociale – un’intuizione che ebbe negli anni settanta Jean Monnet, predecessore ideale di Jacques Delors, quando associò i sindacati nel suo Comitato per gli Stati uniti d’Europa – alcuni limitati passi in avanti sono stati fatti anche nel Trattato di Lisbona con l’obiettivo della piena occupazione, con il riconoscimento del ruolo dei partner sociali e con l’inserimento della clausola sociale orizzontale.

Tali passi in avanti non erano scontati se si tiene conto del fatto che all’inizio della Convenzione sull’avvenire dell’Europa nel 2002, fu ostacolata l’idea di istituire un gruppo di lavoro sulle questioni sociali accettata poi obtorto collo dai governi e che, ancor prima, le organizzazioni sindacali e le reti della società civile dovettero usare tutta la determinazione contrattuale per esigere dalla prima Convenzione incaricata nel 2000 di redigere una Carta dei diritti fondamentali di rafforzare gli articoli sulla solidarietà e l’uguaglianza il cui contenuto era stato evaporato ancora una volta per l’opposizione dei governi che ottennero tuttavia che fosse garantito il rispetto delle leggi e delle pratiche nazionali o che fosse inserita la clausola “secondo le leggi nazionali che ne reggono l’esercizio”.

Vale la pena di ricordare che l’idea iniziale di proporre ai Capi di Stato e di governo la nomina di Jacques Delors alla presidenza della Convenzione sull’avvenire dell’Europa incaricata di redigere il Trattato costituzionale fu scartata dal presidente francese Jacques Chirac che aveva promesso a Valéry Giscard d’Estaing di offrirgli quest’incarico in cambio della sua non-candidatura alle successive elezioni presidenziali francesi.

Dal processo di Val Duchesse in poi le Comunità europee prima e l’Unione europea dopo Maastricht hanno progressivamente tradito lo spirito visionario (nel senso positivo francese della parola vision) di Jacques Delors sia perché è andato crescendo nelle istituzioni e sulle istituzioni il peso degli imprenditori e in particolare dei grandi imprenditori a scapito delle organizzazioni dei lavoratori e delle Piccole e Medie Imprese sia per i contrasti fra i governi che si sono salvaguardati il diritto di decidere all’unanimità il potere di tradurre gli accordi fra le parti sociali in atti dell’Unione.

Si è dovuto attendere il Pilastro Sociale di Göteborg del 2017 – peraltro non vincolante – per riaprire la questione sociale e poi il Piano Sociale adottato a Porto nel 2021 per mettere in agenda un pacchetto di misure sociali che sono solo in parte divenute realtà e che saranno ereditate dalla prossima legislatura europea con l’idea di un nuovo Protocollo sociale che il Parlamento europeo vorrebbe introdurre nella revisione del Trattato di Lisbona.

Vedremo se, come ha detto Emmanuel Macron, il cammino indicato da Jacques Delors nel 1985 riprenderà di nuovo a Val Duchesse nella prossima primavera o se le buone intenzioni resteranno tali e se occorrerà battersi per riprenderlo dopo le elezioni europee nel quadro di un processo costituente.

Quest’obiettivo solleva il secondo aspetto delle idee di Jacques Delors che il “cittadino d’Europa” ha sviluppato nel tempo e per oltre trent’anni prima da intellettuale socialista, poi a titolo personale nei dieci anni della presidenza della Commissione europea e poi durante la guida dell’Istituto da lui fondato.

Già nel maggio 1980, in un colloquio a Roma di Mondo Operaio come presidente della Commissione economica del Parlamento europeo, sviluppò la sua idea di un’Europa a geometria variabile per tenere legato il Regno Unito al continente europeo ma per consentire alle Comunità europee di avanzare sulla via di una “unione sempre più stretta” senza il peso confederale dei britannici.

Dopo la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e nella prospettiva dell’apertura delle porte della casa comunitaria alle nuove democrazie dell’Europa centrale, Jacques Delors sviluppò – anche attraverso interventi al Parlamento europeo - in modo complementare all’idea di François Mitterrand di un’Europa a due cerchi, il primo Confederale e il secondo sulla base di un modello federale à la sauce française – la sua visione di una Comunità che non era pronta ad allargarsi e che doveva riformarsi in una dimensione politica necessaria per far fronte al rischio poi tradotto in realtà fra una politica monetaria centralizzata e quindici e ancor più dopo l’allargamento politiche economiche e fiscali nazionali.

Su questa base e facendo riferimento alla costituenda area dell’euro ha successivamente sviluppato l’idea di una “Federazione di Stati-nazione” (che qualcuno ha definito “un ossimoro”) come un cerchio ristretto all’interno della più ampia Unione europea.

Quando si aprirà di nuovo il cantiere delle riforme europee – che noi riteniamo legate all’apertura di un processo costituente – il cammino iniziato da Jacques Delors potrà essere un importante luogo di riflessione.

Merci Président Delors.

 

Montpellier, 7 gennaio 2024

Pier Virgilio Dastoli

 

 

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