Nomine Ue, sovranisti a bocca asciutta Sassoli all’europarlamento e i vertici europei nascono tra Parigi e Berlino

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“Cambieremo l’Europa, rimedieremo a tutti i danni fatti in questi anni e il governo non cade” disse Matteo Salvini il 27 maggio baciando il rosario e rivendicando di aver raccomandato alla Madonna “l’Italia intera”.

Il governo non è ancora caduto perché Conte e Tria hanno assestato il bilancio del 2019 per rispettare le raccomandazioni della Commissione europea ed evitare così l’avvio di una procedura di infrazione lasciando alla prossima Commissione il compito di giudicare la manovra di bilancio del 2020 e la sua compatibilità con le regole europee se le previsioni di crescita del PIL annunciate dall’Italia dovranno essere riviste al ribasso e se Salvini otterrà di inserire nella manovra la flat tax.

Italia marginale

Nonostante il risultato in Italia delle elezioni europee, è molto difficile pensare che l’Europa sarà cambiata come vorrebbe la Lega anche se il suo programma europeo non ha chiarito cosa debba essere concretamente cambiato nelle regole europee al di là di una generica protesta contro il rigore finanziario, come e quando queste regole debbano essere cambiate lasciando aperta la scelta fra il ritorno alla piena sovranità dell’Italia (“prima gli Italiani”) e la convinzione che l’internazionale sovranista avrebbe vinto le elezioni conquistando il potere necessario per “cambiare l’Europa”.

Sappiamo ormai che, dopo essere rimasti politicamente marginali in molte elezioni nazionali (Belgio, Finlandia, Svezia, Danimarca, Spagna, Slovacchia, Croazia), i sovranisti rappresentano nel nuovo Parlamento europeo un elettore europeo su cinque, che è fallito il patetico appello di Salvini da Piazza del Duomo “sovranisti di tutta Europa unitevi” e che essi rimarranno separati in due gruppi e mezzo: Identità e democrazia con il Raggruppamento nazionale, la Lega, l’Alternativa per la Germania, i conservatori “riformisti” a cui si sono associati gli italiani Fitto e Meloni e i Non-Iscritti, un buco nero in cui sono precipitati i 5 Stelle insieme alla provvisoria pattuglia dei brexiter di Nigel Farage.

Insieme nella difesa delle apparenti sovranità nazionali ma appartenenti a sgangherate famiglie politiche europee, i nazionalisti non sono stati nemmeno in grado di scegliere un loro Spitzenkandidat comune, un’idea che forse ha allignato nella mente di chi ha sognato di invadere le strade e le piazze d’Europa con la sua foto nella divisa di un ufficiale dell’Europol e la scritta in tutte le lingue: “Salvini for President”, “Salvini président”, “Salvini Praesident”, “Salvini Elnoek”, “Salvini Prezydent” e così via.

Questione di metodo

Nonostante l’assenza di uno Spitzenkandidat sovranista, il destino del metodo immaginato dai partiti europei nel 2014 per imporre al Consiglio europeo un’elezione maggioritaria – non prevista dal Trattato – è stato rapidamente segnato ancor prima delle elezioni europee per quattro ragioni di fondo:

- l’assenza di liste transnazionali che avrebbero potuto essere capeggiate per ciascuna famiglia politica europea da uno Spitzenkandidat che avrebbe messo in gioco la sua visibilità e la sua credibilità davanti a tutti gli elettori;
- lo scarso entusiasmo dei partiti nazionali (ciascuno impegnato in campagne elettorali domestiche) ad usare l’immagine del comune Spitzenkandidat europeo nella loro propaganda (chi ha visto in Italia gigantografie del PD con la foto di Frans Timmermans o di Forza Italia che allo slogan “Berlusconi Presidente” avevano preferito “Weber presidente” ? Crediamo nessuno così come nessuno ha visto queste gigantografie negli altri paesi europei con l’eccezione del Pvd’A nei Paesi Bassi per Timmermans e della CSU in Baviera per Weber)
- L’annuncio fatto da Emmanuel Macron a marzo 2019 nel Consiglio europeo di primavera, condiviso da molti suoi colleghi, che egli non avrebbe accettato l’automaticità del metodo maggioritario scelto nel 2014 dai partiti europei
- L’opinione, largamente condivisa anche nel suo partito europeo, che Manfred Weber non possedeva la statura per diventare presidente della Commissione europea.

Il piano B

Sono noti tutti i passaggi istituzionali che hanno portato alle decisione sui vertici europei del 2 luglio attraverso il cosiddetto “metodo Osaka” riassunto da Federico Fubini su Il Corriere della Sera. Secondo questa ricostruzione un mini-vertice a cinque (Macron-Merkel-Rutte-Conte-Sanchez) sarebbe giunto ad un accordo su un pacchetto che prevedeva il belga Michel alla presidenza del Consiglio europeo, Timmermans alla presidenza della Commissione, Weber alla presidenza del PE, Lagarde alla BCE e una esponente PPE dell’Europa centrale al posto di Federica Mogherini.

Si può discettare a lungo sulla teoria secondo cui Frau Merkel fosse perfettamente cosciente della rivolta del PPE contro il candidato socialista alla Commissione e che la cancelliera e Monsieur Macron avessero già in tasca il piano B adottato dal Consiglio europeo del 2 luglio.

Giuseppe Conte si è comportato ad Osaka come la Monaca di Monza rispondendo sciaguratamente di sì al direttorio franco-tedesco salvo essere rapidamente smentito da Salvini e Di Maio.
La rivolta dei Quattro di Visegrad, rivendicata da Conte per coprire la marcia indietro imposta dai suoi vice e il prevedibile veto unanime del PPE contro il “metodo Osaka” ha condotto al piano B che conosciamo con la sola eccezione del soprassalto di autonomia politica del Parlamento europeo con l’elezione di David Sassoli al di fuori degli accordi intergovernativi.

In sintesi

- Avremo una Commissione Von der Leyen frutto in primo luogo della ritrovata intesa franco-tedesca a cui si accompagnano gli accordi sulle presidenze del Consiglio europeo e della BCE scelte da Macron, le “alte” vicepresidenze agli ex-Spitzenkandidaten Timmermans e Vestager e l’Alto Rappresentante allo spagnolo Borrell scelto da Sanchez
- La Commissione Von der Leyen si colloca in una linea di continuità con quella presieduta da Juncker soprattutto in materia economica (Qualcuno ricorda che Ursula Von der Leyen pretendeva che i greci vendessero il loro oro per pagare il loro debito?)
- Avendo ceduto alla necessità di un accordo con i paesi di Visegrad, la nuova Commissione dovrà pagare pegno sul fronte della difesa dello stato di diritto. (E’ sparita misteriosamente dopo le elezioni la proposta della Commissione, annunciata da Timmermans, di un nuovo e più efficace strumento giuridico sul rispetto dello stato di diritto)
- La maggioranza parlamentare potrebbe allargarsi a destra perché i deputati polacchi del PiS saranno portati a sostenere una Commissione con un loro membro mentre i parlamentari italiani di Lega e 5 Stelle dovranno fare lo stesso per sostenere il “loro” commissario alla concorrenza. Che cosa faranno in questa situazione di un’inedita maggioranza eteroclita i parlamentari S&D ?
L’Europa, per ora, non cambia ed anzi il sistema europeo rischia di bloccarsi nell’inerzia della continuità.

Pier Virgilio Dastoli

3 luglio 2019