Newsletter 22 Marzo/2022 - ULTIME DA BRUXELLES

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Le principali decisioni dell’ultimo Consiglio ecofin del 15 marzo u.s.

La guerra tra Ucraina e Russia preoccupa il mondo, non solo per i danni in termini di vite umane ma anche per le conseguenze che potrebbero scatenarsi in caso di mancato accordo tra le due parti in guerra, e cioè il rischio di una terza guerra mondiale, esplicitamente indicata dal presidente Zeliensky come ultima conseguenza dell’aggressione se non si arriva ad un tavolo di reali negoziati.

Intanto la guerra continua ed è una guerra ‘ripugnante che sta originando un massacro insensato e non giustificabile, questo è disumano e…sacrilego…(una situazione) a cui non ci si deve e non ci si può assolutamente abituare ‘(Papa Francesco, domenica 20 marzo).

Questo conflitto, crudele e inaccettabile, a cui l’occidente partecipa solo attraverso aiuti umanitari e militari all’Ucraina e sanzioni economiche finanziarie alla Russia per evitare un’escalation mondiale, non sembra malgrado sforzi diplomatici di diversi leaders europei e internazionali essere in grado di condurre le parti ad un accordo di  pace, ma anzi continua a mietere vittime, rischiando di trascinare il mondo verso una situazione estremamente pericolosa e che comunque comporterà forti perdite e disagi economico sociali per molto tempo.

La situazione è ovviamente all’attenzione delle istituzioni europee e quindi anche del Consiglio Ecofin, che si è tenuto lo scorso 15 marzo. Nel corso dell’incontro, i ministri dell’economia e delle finanze hanno infatti valutato le conseguenze per l’Europa delle sanzioni decise per la Russia. La situazione in Europa rimane senza dubbio critica, malgrado non si voglia esplicitamente parlare di economia di guerra.

La crescita europea dopo la crisi dovuta al Covid, anche se valutata positivamente dalla Commissione europea nell’ultima previsione economica invernale pubblicata lo scorso febbraio, non è ancora stabilizzata.

Le contro-sanzioni russe all’Occidente non hanno prodotto effetti diretti sull’economia, hanno però contribuito agli aumenti dei prezzi di materie prime che potrebbero causare a loro volta un calo fino al 2% del PIL europeo. Inoltre, il perdurare del conflitto e delle sue conseguenze, provocherebbe un rischio stagflazione, vale a dire un aumento generalizzato dei prezzi, con una contestuale diminuzione della crescita economica.

Il fenomeno, già vissuto negli anni 70 per la crisi petrolifera, imporrebbe azioni di ‘austerity’, cioè di sacrifici per consumatori e imprese, che scatenerebbero ulteriori aumenti dei prezzi e quindi ulteriori effetti negativi sull’economia.

Anche da un punto di vista economico e sociale, dunque, se la guerra continua, quei benefici economici, che già si sono potuti realizzare grazie alle risorse del NGEU, potrebbero attenuarsi, in particolare per quei paesi, come l’Italia, con una forte dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento delle materie prime (soprattutto energetiche ed alimentari) e con un forte debito pubblico. Appare dunque urgente accelerare le due transizioni (digitale ed ambientale) non solo per rispettare gli obiettivi che l’Unione europea si è prefissata, ma anche per rafforzare l’economia europea attraverso investimenti produttivi.

In questo contesto, gli Stati dovranno pertanto immediatamente intervenire a sostegno dell’economia, mentre a livello europeo dovrebbero essere adottate decisioni adeguate a supporto delle politiche nazionali.

Andiamo ora a vedere brevemente i principali dossiers affrontati al Consiglio Ecofin.

Tra i principali temi in agenda, il Consiglio ha deliberato sul meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM), che è considerato un elemento chiave per il raggiungimento degli obiettivi del pacchetto ‘ready for 55%’, favorendo un’accelerazione della decarbonizzazione. Obiettivo infatti del CBAM è evitare la rilocalizzazione delle emissioni di CO2 soprattutto per quei prodotti ad alta intensità energetica, quali cemento, alluminio, fertilizzanti, energia elettrica, ferro ed acciaio, sollecitando interventi per politiche di fissazione del prezzo della CO2 e decidendo una centralizzazione del sistema di gestione del registro dei dichiaranti (importatori dei prodotti).

Questo meccanismo opera in sinergia con il Sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE (ETS).  Per quest’ultimo, i prossimi passi prevedono l’eliminazione graduale di quote gratuite assegnate a determinati settori previsti dal sistema ETS; la limitazione di possibili ‘carbon linkage’  attraverso le esportazioni di prodotti con alte emissioni; la questione delle risorse proprie basata su entrate ricavate dalla vendita di certificati verdi; una maggior cooperazione internazionale con i paesi terzi.

Altro tema molto importante su cui i ministri si sono confrontati, in vista di una rapida implementazione della stessa, è stata la direttiva sulla Corporate taxation, presentata nel dicembre 2021. In base a questa direttiva, che è in linea con la riforma del sistema di tassazione internazionale dell’OCSE, anche a livello UE le multinazionali con fatturato oltre i 750 milioni di euro saranno soggette ovunque nel mondo producano il loro reddito e profitto, ad una tassazione minima del 15%per evitare delocalizzazioni della produzione di beni o servizi in paesi con situazioni fiscali più favorevoli.

La Commissione ha poi presentato la ‘Fiscal guidance 2023’, le linee guida da seguire per la preparazione dei programmi di stabilità e crescita. La situazione economica finanziaria dell’Unione europea è stata valutata positivamente nelle previsioni d’inverno dalla Commissione europea. Ci si trova però difronte ad una nuova e crescente instabilità economica, dovuta essenzialmente a tre fattori: la necessità di ulteriori risorse aggiuntive a sostegno della guerra Ucraina-Russia, risorse necessarie per la difesa dei valori e principi fondamentali europei e/o comunque occidentali, grazie anche al rinforzo e ad un maggior coordinamento del sistema di difesa comune europea; la ripresa della diffusione del virus; l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici ed alimentari. Questi fattori richiedono maggior flessibilità di politica fiscale, con possibilità di intervenire se necessario. Nel documento, infatti, è prevista la possibilità di interventi specifici per ogni Stato membro, soprattutto a sostegno del debito pubblico. In particolare, i paesi con un forte debito pubblico sono invitati a ridurlo a seconda dei casi e se lo consentono le condizioni del paese, secondo una strategia credibile di medio lungo termine che preveda investimenti produttivi e le relative riforme. Anche per i paesi con basso debito, dovranno essere previsti investimenti che sostengano una crescita sostenibile.

Questa impostazione verrà ripresa dalla Commissione nel pacchetto di primavera previsto per il prossimo maggio nell’ambito delle procedure del semestre europeo.

Si tratta dunque di una minima, anche se positiva, apertura a favore di un minor rigore nella valutazione delle politiche di bilancio degli Stati membri, misura la cui portata, in termini di adeguatezza rispetto agli attuali e futuri bisogni economici e finanziari dell’Unione, appare molto limitata e dipenderà anche dagli esiti del prossimo Consiglio Europeo e di quello Nato, i quali indicheranno con quali strumenti l’occidente intende rispondere ad una situazione di una guerra purtroppo sempre più critica.

 

Anna Maria Villa