Newsletter 15 Gennaio/2024

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024.

Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Rubrica "Pillole d'Europa"

- La settimana del Movimento europeo

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 


 L'EDITORIALE

UN PRESIDENTE UNICO DELL’UNIONE EUROPEA?

Come sanno i cultori del Trattato di Lisbona, la procedura per la formazione del «governo» europeo è stata il frutto di un compromesso fra i vari punti di vista espressi nella Convenzione sull’avvenire dell’Europa che andavano da un sistema presidenziale sul modello statunitense con l’elezione diretta del «Presidente dell’Unione» allo stesso tempo delle elezioni europee a sistemi misti con poteri maggiori attribuiti o ai governi o al Parlamento europeo.

Lo stesso dibattito si svolse nel Parlamento europeo durante l’elaborazione del «Progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea» del 1984 che optò per una formula bicamerale in cui il Consiglio europeo nomina il Presidente della Commissione che forma a sua volta la Commissione che entra in funzione quando il Parlamento europeo avrà votato la fiducia in una situazione in cui il Presidente del Consiglio non esercitava alcuna leadership.

Il Trattato di Lisbona prevede invece cinque tappe che coinvolgono il Consiglio europeo, il Consiglio, il Parlamento europeo e il Presidente della Commissione con una inefficace diarchia fra quest’ultimo e il Presidente « stabile » (per due anni e mezzo rinnovabili una sola volta) del Consiglio europeo che ha provocato soprattutto nella difficile convivenza fra Ursula von der Leyen e Charles Michel tensioni grottesche nelle relazioni esterne rese ancora più acute per il ruolo che il Trattato attribuisce all’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza.

Nel 2013 l’allora presidente SPD del Parlamento europeo, Martin Schulz, propose di introdurre il metodo battezzato dallo stesso Schulz degli « Spitzenkandidaten » (da cui l’espressione in tedesco)

Consci della farraginosità della procedura di formazione del « governo » europeo, i negoziatori-diplomatici del Trattato di Lisbona suggerirono al Consiglio europeo e al Parlamento europeo di raggiungere un accordo sulle modalità di scelta del candidato alla presidenza della Commissione sulla base di una sorta di protocollo interistituzionale ma il Consiglio europeo e il Parlamento europeo si sono guardati bene dal tentare di accettare il consiglio dei negoziatori-diplomatici che era fondato sull’idea di una « responsabilità comune » delle due istituzioni.

Nel definire le modalità di elezione del Presidente del Consiglio europeo nel suo nuovo ruolo di una funzione « stabile » il Trattato ha evidentemente escluso che egli (o ella) potesse mantenere un incarico nazionale ma non ha formalmente escluso la possibilità di una presidenza unica di Commissione e Consiglio europeo sostenuta nel Praesidium dal vicepresidente della Convenzione Giuliano Amato e dal membro francese della Convenzione Pierre Lequiller per evitare i rischi – poi apparsi in tutta evidenza in questi quattro anni – di una grottesca guerilla istituzionale e personale piuttosto che della coabitazione in salsa francese.

L’annuncio quasi inaspettato delle dimissioni anticipate di Charles Michel in cerca di una poltrona europea (la presidenza del PE ?) dovendo abbandonare definitivamente entro la fine dell’anno quella del Consiglio europeo e il palese terrore che questa presidenza possa essere assunta seppure provvisoriamente da Viktor Orban ha aperto anzi tempo le danze su chi avrà in mano le leve del potere del futuro « governo » europeo.

Vi è chi suggerisce di rispolverare la proposta di Giuliano Amato e Pierre Lequiller e unificare le due presidenze rafforzando la leadership europea, garantendo stabilità alle istituzioni, dando visibilità e coerenza all’Unione europea nelle relazioni internazionali e attribuendo una più forte legittimità democratica al Presidente dell’Unione.

In questo quadro e come disse Valéry Giscard d’Estaing in una audizione davanti all’assemblea nazionale francese il futuro Presidente:

Una tale scelta apparentemente dirompente dovrebbe essere il frutto di quell’accordo comune fra il Consiglio europeo e la maggioranza espressa nel Parlamento europeo dopo le elezioni dal 6 al 9 giugno mantenendo la distinzione dei ruoli e dei poteri fra le due istituzioni e le procedure parlamentari per la formazione della nuova Commissione.

Così facendo il Consiglio europeo e il Parlamento europeo garantirebbero un corretto svolgimento della procedura per la formazione del «governo» europeo.

Montpellier, 14 gennaio 2024

coccodrillo

 

 

 

 


PILLOLE D'EUROPA

COMBATTIAMO LA DIS-INFORMAZIONE SULL'EUROPA CON LA CONOSCENZA

Qualcuno dice che l'Europa sarebbe governata dai burocrati. Forse perché non conosce bene come funzionano le istituzioni.

Gli atti normativi europei si dividono in tre categorie essenziali.

1) Ci sono le leggi europee (direttive o regolamenti) che sono adottate dal legislatore europeo (Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri) nel 90 % dei casi di comune accordo (= codecisione). Da quando si è applicata la codecisione tra PE e Consiglio (1993) sono state adottate circa 5.000 leggi europee (da comparare alle circa 50.000 leggi italiane contrariamente a quanto pretende Tremonti) di cui 4.500 hanno richiesto l’accordo dei parlamentari europei eletti a suffragio universale. Le restanti 500 leggi sono state adottate dai 27 Ministri nazionali legittimati dai rispettivi governi dei 27 Stati membri.  Esempi di leggi europee sono quella sui limiti dell’inquinamento atmosferico vale a dire la quantità massima di anidride carbonica diffusa dalle automobili, il programma Erasmus che permette agli studenti europei di vedersi riconoscere gli esami sostenuti nelle Università di altri Stati membri, nonché il Next Generation EU di circa 750 miliardi di Euro. 

2) La seconda categoria è costituita dagli atti delegati equivalenti ai decreti legislativi nazionali che la Commissione europea può adottare con l’accordo tacito o esplicito del Parlamento europeo e del Consiglio. Ne vengono adottati circa 200/300 ogni anno (per esempio la lista delle compagnie aeree che danno garanzia di sicurezza per i loro aerei).

3) Infine c’è la categoria degli atti esecutivi (equivalenti ai decreti ministeriali nazionali) che la Commissione può adottare solo se trova una maggioranza qualificata dei rappresentanti degli Stati membri (per esempio per adottare il divieto o l’autorizzazione del fosfato di sodio, oppure per adottare le sovvenzioni ai produttori agricoli).  Quindi i burocrati della Commissione europea non possono adottare nulla che non riceva l’accordo del PE o dei rappresentanti legittimati degli Stati membri.

Paolo Ponzano

 

 


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