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Newsletter 16 Settembre/2024 - L'EDITORIALE

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LA BUSSOLA EUROPEA

Io mi auguro – ha detto Paolo Gentiloni – che il rapporto Draghi, che arriva proprio in un momento in cui finisce il ciclo dell’attuale Commissione e sta per cominciare quello della prossima, sia la bussola con la quale orientarsi”:

Ce lo auguriamo anche noi poiché la nuova Commissione dovrà tradurre gli orientamenti del 18 luglio (“Europe’s choice”), che hanno costituito la base politica dell’investitura parlamentare di Ursula von der Leyen, in un programma preciso per la legislatura 2024-2029 fondato – come afferma il Trattato – sulla coerenza, l’efficacia e la collegialità.

Le 170 proposte del rapporto Draghi dovranno essere tradotte innanzitutto in uno schema di carattere legislativo in cui la semplificazione - annunciata da Ursula von der Leyen e confermata da Mario Draghi - non si trasformi in un indebolimento dell’azione europea attraverso una interpretazione riduttiva del principio di sussidiarietà ma in un rafforzamento dell’intervento di Bruxelles nelle politiche in cui serve più Europa e non meno Europa.

Lo schema legislativo dovrà dunque indicare il metodo per la realizzazione delle proposte indicando i settori in cui l’Unione europea dovrà intervenire attraverso regolamenti o direttive ma sapendo che la ripartizione delle competenze previste dal Trattato di Lisbona limita in alcuni importanti casi legati all’obiettivo della competitività - come la politica industriale o la formazione – la dimensione sovranazionale ad “azioni per sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri” escludendo interventi di carattere legislativo.

L’assenza di atti normativi o di norme di armonizzazione non deve escludere tuttavia ed anzi esige strumenti finanziari ad effetto equivalente per centralizzare l’intervento dell’Unione europea con investimenti consistenti necessari alla realizzazione degli obiettivi indicati dal Trattato e precisati da Mario Draghi nel “superamento del divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina”, nella “decarbonizzazione come opportunità per la competitività”, nella “sicurezza” e nella “riduzione delle dipendenze”.

In un quadro geopolitico mutato, la pace – afferma Mario Draghi – resta il primo e principale obiettivo dell’Europa ma le minacce alla sicurezza fisica sono in aumento e l’Unione europea deve prepararsi nel settore della difesa superando gli “ostacoli della frammentazione” e agendo in modo più coeso attraverso la “standardizzazione e l’interoperabilità” e non necessariamente attraverso l’aumento delle spese militari poiché “noi siamo già la seconda area al mondo in termini di investimenti”.

Il settore privato – ci ricorda ancora Mario Draghi – non sarà in grado di “fare la parte del leone” nel finanziamento degli investimenti senza l’intervento del settore pubblico “in beni pubblici chiave come l’innovazione rivoluzionaria”.

Contrariamente a Ursula von der Leyen che vorrebbe lasciare la scelta fra finanziamenti nazionali o risorse proprie europee agli Stati nazionali, Mario Draghi ha rilanciato l’idea di un debito pubblico europeo sul modello del Next Generation EU essendo implicito che esso dovrà essere garantito da un bilancio ambizioso e all’altezza della risposta europea.

Spetta al Parlamento europeo esigere che la Commissione presenti un progetto di prospettive finanziarie pluriennali fondato su una scadenza quinquennale, su vere risorse proprie, sulla garanzia del debito pubblico europeo e su un metodo di lavoro interistituzionale che ponga l’assemblea e il Consiglio su un piano di uguaglianza (LINK).

Le riforme – chiosa Mario Draghi – possono essere veramente ambiziose e sostenibili solo se godono di un sostegno democratico…garantendo che le nostre istituzioni democraticamente elette siano al centro dei dibattiti”.

Ci sono diverse idee che circolano non solo sulle risposte da dare alla dimensione delle sfide ma fra di esse sembra prevalente quella della conservazione o addirittura la pulsione verso un salto all’indietro verso l’Europa della difesa delle sovranità nazionali.

Noi suggeriamo da tempo di coinvolgere il Parlamento europeo ed i parlamenti nazionali mettendoli al centro dei dibattiti europei sul tema delle prospettive finanziarie pluriennali attraverso lo strumento delle “assise interparlamentari” così come avvenne a Roma nel novembre 1990 alla vigilia del Trattato di Maastricht.

La dimensione della democrazia rappresentativa in una società complessa e caratterizzata dalla ricchezza di corpi intermedi, tuttavia, non basta e dovrà essere accompagnata dalla dimensione della democrazia partecipativa affiancando alle assise parlamentari una nuova sessione della Conferenza sul futuro dell’Europa riattivando la “piattaforma digitale” e i panel transnazionali di cittadini.

La conclusione di questo processo dovrà avere inevitabilmente una dimensione costituzionale che sia scritta prima delle adesioni di nuovi paesi membri superando l’ostacolo confederale del negoziato intergovernativo e scegliendo la via democratica del metodo costituente.

Roma, 16 settembre 2024coccodrillo

 

 

  

 

 

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