Newsletter n.14/2020 - Carta dei diritti fondamentali

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In sintonia con gli argomenti di questa settimana, parliamo dell’articolo 37 della Carta, che definiisce il diritto alla protezione dell’ambiente. È molto ambizioso nel fissare quale debba essere l’impegno dell’Unione europea, perché afferma che le sue politiche debbano essere orientate ad un “livello elevato di tutela”. Non solo: secondo questo articolo, esso deve tendere al “miglioramento della sua qualità”. Ci si è espressi con determinazione, poiché nei Trattati e nelle Costituzioni la differenza tra l’utilizzo dell’indicativo presente rispetto al futuro non è di poco conto. Ciascun cittadino europeo si vede quindi riconosciuto il diritto a vivere in un ambiente salubre; non una generica dichiarazione d’intenti, ma un ambito entro il quale l’Unione europea è chiamata a fissare degli obiettivi e a realizzarli.

Si menziona poi un principio conforme alla tutela dell’ambiente, cioè quello dello sviluppo sostenibile, rispetto al quale l’Unione europea ha il ruolo di garante. Nell’Europa attuale ci si può dire soddisfatti confrontando i diritti sanciti sulla Carta e con la situazione di fatto? Non molto. È vero che sono stati compiuti passi in avanti, per esempio in tema di lotta alle emissioni, di contrasto all’inquinamento di gas serra, sia a livello micro, per esempio introducendo nuovi standard per i gas di scarico delle automobili, sia a livello macro, innestando una cultura ecologica in ambito industriale. Tuttavia, il lavoro ancora da svolgere è davvero enorme e non sembra che in questo settore ci si trovi davvero a remare tutti nella stessa direzione. Si aggiunga che gli obiettivi fissati per il 2020 in tema di riduzione del livello di inquinamento, come previsti dalla Direttiva 2009/29/CE (cosiddetta 20 20 20), non sono stati raggiunti.

È poi notizia recente, del 28 aprile scorso, quella secondo cui Germania, Lussemburgo, Irlanda e Romania non hanno ancora inviato alla Commissione europea i piani nazionali integrati per l'energia e il clima al 2030, come è emerso nella recente videoconferenza tra i ministri Ue per l'Energia. La loro presentazione sarebbe dovuta avvenire entro la fine del 2019. Adesso, a fronte dell’emergenza coronavirus, si immagina che vi sarà un ulteriore ritardo. Il tema in discussione ha sia un’importanza in sé, che in connessione con le sue ricadute sociali, con il suo rapporto con il settore delle nuove tecnologie che è possibile implementare per convergere verso gli obiettivi green, con la graduale introduzione di energie rinnovabili che possano al contempo ridurre i livelli di inquinamento e creare occupazione.

Rispetto a tutto questo, peraltro, si avverte una differenziazione dell’Europa che è anche testimoniata dal diverso livello di successo ottenuto dai partiti verdi, più rappresentativi in Paesi come la Francia e la Germania. Spiace per esempio constatare che attualmente, nel gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, non vi si sia nemmeno un rappresentante per l’Italia e, rispetto a questo ambito di convergenza delle politiche europee, uno Stato fondatore sarebbe chiamato ad un ruolo propulsivo che purtroppo ad oggi non si vede nell’Assemblea europea.