Newsletter n.30/2020 - Carta dei diritti fondamentali

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Tema al centro di questa newsletter, quello dell’immigrazione è un ambito nel quale si assiste ad un dibattito acceso e costante. Ricordiamo che la sfera del diritto europeo ha fissato alcuni principi da rispettare, che si traducono anche in buone pratiche che andrebbero seguite. Per esempio, l’articolo 19 è quello che ben si presta a commentare la situazione attuale, in un contesto istituzionale europeo che più volte ha dato prova di non riuscire a fornire risposte adeguate. Si afferma al comma 1 di questo articolo, dal titolo “Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione”, che “Le espulsioni collettive sono vietate”. Con questo primo comma, che ha una portata molto ampia in quanto non fa riferimento ad una categoria particolare, ma si rivolge alla collettività, si vuole intendere che rispetto al fenomeno dell’immigrazione l’Unione europea deve essere in grado di ricorrere a strumenti che non compromettano la vita e l’integrità delle persone. La quotidianità delle cronache che arrivano dal Mediterraneo, purtroppo, restituisce, rispetto a questo principio affermato dalla Carta, un quadro desolante. Nell’affermare ciò, probabilmente si fuoriesce dal perimetro di per sé già ampio dell’articolo 19, che si occupa dell’espulsione, una fase del fenomeno migratorio successiva a quella della partenza e dell’arrivo in un Paese europeo.

Bisogna però considerare anche la realtà dell’immigrazione nelle sue prime fasi, quella cioè del tentativo di dirigersi verso il territorio europeo. Sappiamo che il fenomeno migratorio non accenna a diminuire, nel corso degli anni, e che spesso il suo esito è drammatico, perché i mezzi a disposizione delle istituzioni europee e le misure adottate non sono adeguati alla domanda che arriva dai Paesi dai quali si fugge. Il Mediterraneo finisce troppo spesso per diventare un cimitero in cui affondano le speranze di persone inermi, che sfuggono a morte sicura, alla fame, alla disperazione e che però vedono negato il loro diritto ad una esistenza dignitosa, a cui ciascun essere umano aspira. D’altro canto, l’argomento trattato è alquanto scottante perché, a fronte delle carenze di un approccio adeguato a livello europeo, i migranti diventano il primo bersaglio delle politiche di chiusura e di difesa dell’interesse nazionale. E inoltre, quanto più l’Unione non è in grado di mettere in atto un’azione adeguata, tanto più si corre il rischio di legittimare una visione opposta a quella di una leale cooperazione. Ecco perché l’auspicio è che il nuovo pacchetto su asilo e migrazione disposto dalla Commissione Von der Leyen sia rafforzato nell’intento di obbligare gli Stati membri ad un approccio più solidale rispetto a questo fenomeno e far leva sulle risorse di cui l’Unione europea dispone. E con questo veniamo al secondo comma dell’articolo 19: “Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”. Da questo punto di vista, le istituzioni europee e le decisioni della Corte di Giustizia operano per tutelare questi diritti dei migranti. Ma, come si è detto, la drammaticità del fenomeno migratorio è tutta concentrata nel tentativo del migrante di giungere in Europa e di potersi inserire nella società. I veti dei governi e le inefficienze esistenti portano a ritenere che sia ancora lungo il cammino dell’Ue verso un approccio più avanzato rispetto al fenomeno migratorio.