Newsletter n.12/2021 - ULTIME DA BRUXELLES

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Poche luci e molte ombre nel Consiglio europeo del 25 marzo

Il 25 marzo si è tenuta la riunione del Consiglio europeo. Si è trattata di una riunione non facile considerati i temi all’ordine del giorno e la complessità delle decisioni da prendere. Il Consiglio europeo ha avuto anche come ospite d’onore il Presidente americano, Jo Biden, come non avveniva da diversi anni. La sua presenza ha riaffermato la rinnovata volontà dell’Europa e degli Stati uniti di rafforzare i rapporti di alleanza e cooperazione transatlantica. 

Come prevedibile, argomento centrale della sessione è stata la situazione della pandemia in Europa e nel mondo. La diffusione dei contagi è ancora ovunque molto alta, a fronte di una scarsità di vaccini e di disponibilità di medicine efficaci per curare i malati.

Le tempistiche inizialmente previste purtroppo - anche per errori di programmazione - non sono state rispettate. Inoltre, gli stessi paesi produttori di fronte all’aggravarsi della situazione sanitaria interna, destinano le dosi di vaccini prodotte prioritariamente al proprio sistema prima che all’esportazione con evidenti ripercussioni sul timing di vaccinazione previsto negli altri paesi.

Si tratta ad esempio di Inghilterra, India (in questo caso con pesanti ripercussioni anche sul programma COVAX a favore della distribuzione dei vaccini a paesi bisognosi), ma anche degli stessi Stati Uniti.

Tutti questi paesi, impegnati in campagne di vaccinazioni di massa interne con risultati positivi in termini di diminuzione dei decessi e dei contagi, si sono comunque dichiarati disponibili a riprendere le esportazioni verso l’Europa non appena la loro situazione sarà meno critica.

Tutto ciò ha avuto ovviamente delle ripercussioni negative sulla distribuzione dei preparati all’interno dell’Unione, circostanza che ha spinto alcuni paesi dell’est Europa e l’Austria a chiedere una distribuzione delle prossime dosi in arrivo sulla base di un criterio di solidarietà e di bisogno e non più – come avvenuto finora - in base alla popolazione degli Stati.

A questo proposito il Consiglio europeo, pur confermando la validità del criterio inizialmente prescelto di distribuzione in base alla popolazione, ha dato mandato al Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati membri (COREPER) ad avviare un negoziato per la distribuzione delle prossime dieci milioni di dosi di vaccino Pfizer in arrivo tra gli Stati membri.

In materia di libertà di movimento, il Consiglio europeo ha confermato le restrizioni anche per i viaggi non essenziali, ma è stata ribadita la necessità di assicurare la libera circolazione dei beni all’interno del Mercato Unico.

La revoca delle restrizioni – che si spera possa avvenire a breve – dovrà essere realizzata in modo coordinato per favorire un graduale ritorno alla normalità.

A tal proposito il Consiglio europeo ha accolto positivamente la proposta della Commissione per i certificati digitali interoperabili per il Covid-19, per i quali ha chiesto di accelerare i lavori.

Altro punto all’ordine del giorno, è stato quello riguardante il Mercato unico, la politica industriale, digitale ed economica europea.

Occorre eliminare innanzitutto gli ostacoli che ancora permangono al pieno sviluppo del Mercato unico, per favorire la ripresa, la resilienza e la transizione verde e digitale non solo della grande industria europea ma anche delle PMI.

In quest’ottica si discuterà di revisione della strategia industriale anche alla luce dei risultati della revisione della Strategia 2020 di cui diversi obiettivi non sono stati raggiunti, considerando come strumento principale anche la transizione digitale.

Quest’ultima sarà - se attuata - quella che veramente cambierà la vita dei cittadini europei, non solo la vita lavorativa ma anche la formazione e l’accesso a molti servizi essenziali.

È necessario dunque rafforzare la sovranità digitale europea, per la quale la Bussola digitale, presentata dalla Commissione europea con obiettivi da realizzare entro il 2030, affronta insieme al Digital Market Act questioni importanti per lo sviluppo digitale dell’Europa.

Tra queste, le regole per la gestione delle piattaforme digitali, il rispetto dei diritti fondamentali degli utenti che accedono a prodotti e servizi informatici a tutela del consumatore ma anche a garanzia di una concorrenza libera e leale.

Solo così l’Unione europea potrà diventare un leader a livello mondiale in un contesto economico sempre più basato sul digitale e la gestione dei dati.

Il Consiglio europeo ha quindi affrontato i rapporti tra Unione e alcuni dei principali attori a livello mondiale. 

Con gli Stati uniti si è riaffermato l’impegno per la realizzazione di una nuova modalità di cooperazione transatlantica.

Con i paesi del Mediterraneo orientale, ci si è focalizzati in particolare sui rapporti con la Turchia, per i quali si è sottolineata la volontà di sviluppare relazioni di cooperazione, contando però sull’astensione da parte della stessa di nuove provocazioni o di violazioni alle norme di diritto internazionale. In caso contrario, e cioè di minaccia ad interessi dell’Unione o di singoli Stati membri, confermando quanto deciso a dicembre, il Consiglio europeo si è espresso a favore del ricorso agli strumenti a disposizione.

Il confronto sui rapporti con la Russia, invece, è stato rinviato, per decisioni in merito, al prossimo Consiglio europeo di giugno.

Sul punto riguardante il ruolo internazionale dell’euro, sono invece intervenuti oltre ai capi di stato e di governo anche la Presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde ed il Presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe.

Tutti hanno convenuto sulla necessità di rafforzare l’autonomia strategica dell’euro per favorire un’economia aperta, la stabilità del sistema finanziario europeo e globale e non da ultimo le imprese e le famiglie. Si auspica dunque una sempre più stabile posizione dell’euro su scala mondiale, anche se – come ha chiarito il Presidente Draghi – molte sono le differenze con il dollaro che rimane ad oggi la valuta più utilizzata negli scambi internazionali.

Il Presidente Draghi, sollecitando – con uno sguardo al bilancio federale americano – una riflessione sul bilancio comune e sulla necessità di una rapida politica di integrazione, nonché di una armonizzazione fiscale, ha insistito sulla opportunità di avviare un dibattito su titoli di debito europeo.

Questi ultimi infatti potrebbero costituire un primo passo verso un debito comune europeo, anche se non sono ancora dei veri e propri debiti comuni mutualizzabili.

Come noto il Tribunale costituzionale tedesco ha bloccato in questi giorni la ratifica dell’aumento del massimale delle risorse proprie necessario per avviare il Recovery plan, malgrado entrambi i rami del Parlamento tedesco l’avessero approvata.

Le motivazioni alla base di questo ‘alt’ sono essenzialmente due: i titoli sono emessi dalla Commissione europea per finanziare quote di Recovery Plan agli Stati membri dopo la presentazione da parte di questi dei loro piani di riforma e resilienza.

I titoli sono però garantiti dagli stessi Stati Membri sulla base dei loro PIL e sono strettamente legati alla durata temporale dei finanziamenti erogati.

Da ciò emerge che si è in presenza di una sorta di sfasamento temporale tra ottenimento delle sovvenzioni da parte di uno Stato sulla base di determinate necessità/bisogni, e la garanzia per le risorse ottenute anche in base al PIL che grazie a tali risorse potrà essere generato in ogni paese successivamente.

Il timore di una parte del mondo politico tedesco è che gli Stati più deboli, ossia con più alto debito pubblico quale l’Italia, non saranno in grado di rimborsare quanto avuto in prestito nei tempi previsti.

Se ciò avvenisse il rimborso avverrebbe da parte di Stati più forti, ad esempio la Germania e i cittadini tedeschi in sostanza dovrebbero rispondere di obbligazioni contratte a favore di altri Stati, a fronte di decisioni prese da altri governi.

L’ingente intervento finanziario introdotto dall’Unione si realizzerà solo se tutti i paesi ratificheranno. Se ciò avverrà la Commissione potrà approvare a giugno i piani nazionali e a poi sarà la volta del Consiglio.

Auguriamoci che ciò avvenga nell’interesse generale. Il richiamo all’attuazione delle riforme e alla creazione di debito buono (ossia in grado di incidere positivamente sul PIL) e non cattivo (distribuzione improduttiva a pioggia di risorse che avrebbe solo effetti peggiorativi sul PIL) è necessario. Infatti, è giusto appellarci alla solidarietà tra Stati, ma occorre che quest’ultima debba necessariamente coniugarsi ed essere bilanciata da una maggiore responsabilità da parte di tutti.

Solo in questo modo si potrà costruire quella fiducia reciproca a livello europeo per poter affrontare la pandemia e le sue conseguenze economico-sociali, rilanciare l’Unione, soprattutto ripensando alla governance della stessa in occasione dell’ormai prossimo dibattito sul Futuro dell’Unione.

Le risorse sono limitate ed il tempo è scaduto. Ormai ciò che può aiutare è la giustizia/convenienza anche sociale e non solo economica delle scelte europee e nazionali e la completa e diffusa consapevolezza della delicatezza di questo momento, in cui egoismi e poca attenzione alle conseguenze di ogni decisione su tutto il sistema potrebbero difficilmente essere riparabili. 

 

Anna Maria Villa