Newsletter 27 Settembre/2021 - L'EDITORIALE

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CHI DELIBERA SUL FUTURO DELL’EUROPA?

Si è svolto a Strasburgo il secondo panel composto da 200 cittadini sorteggiati dalla Commissione europea nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa dedicato ai temi della democrazia. Gli altri due panel si riuniranno nelle prossime settimane in parte in presenza e in parte online coinvolgendo in totale ottocento cittadino che ne designeranno ottanta destinati a partecipare alle prossime sessioni plenarie della Conferenza.

Il programma iniziale prevede tre riunioni per panel che dovrebbero concludersi a fine aprile 2022 e cioè a cavallo delle elezioni presidenziali francesi.

Con una visione grottesca dei rapporti fra democrazia partecipativa e democrazia rappresentativa il Consiglio ha preteso che non ci sia alla fine della Conferenza un momento deliberativo dell’insieme dei suoi partecipanti (parlamento europeo, parlamenti nazionali, Commissione europea, governi, società civile, cittadini, parti sociali) e lo ha ribadito ancora recentemente nella riunione del Consiglio affari generali.

Per evitare i “rischi” di un processo deliberativo, Il Consiglio si oppone alla costituzione di gruppi di lavoro all’interno della Conferenza – pur previsti dalla Dichiarazione comune del 9 marzo – perché essi vedrebbero un ruolo preponderante dei parlamentari europei e nazionali.

La ragione dell’ostilità del Consiglio a voler chiudere la Conferenza con una fase deliberativa collettiva è chiara anche se i governi non hanno voluto esprimerla in modo trasparente: le deliberazioni finali affidate al dialogo e poi alle conclusioni fra 433 partecipanti non potrebbero essere fondate sul principio del consenso perché parlamentari, cittadini e società civile saranno chiamati inevitabilmente ad esprimersi secondo il principio della maggioranza su cui si fonda ogni democrazia.

Noi riteniamo che, andando al di là del compromesso faticosamente raggiunto con la Dichiarazione comune del 9 marzo, il Parlamento europeo debba esigere l’organizzazione di questa fase finale di dialogo fra la democrazia partecipativa (molto parzialmente identificata negli ottocento cittadini che avranno preso parte ai panel e nella ancora inadeguata attività di idee ed eventi sulla piattaforma digitale) e la democrazia rappresentativa e che il dialogo si concluda con l’identificazione delle tendenze maggioritarie che si saranno espresse sui temi prioritari della Conferenza.

Soltanto in questo modo, Parlamento europeo insieme alla Commissione potrà tradurre in proposte e decisioni concrete le conclusioni delle Conferenza come è stato indicato da Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione.

Per raggiungere questo risultato sarà probabilmente necessario prevedere una seconda e ultima fase della Conferenza nell’autunno 2022 dopo un periodo elettorale che caratterizzerà in primavera alcuni paesi dell’Unione a cominciare dalla Francia.

Ciò non dovrà impedire al Parlamento europeo, alla Commissione e al Consiglio europeo di effettuare a marzo 2022 e sotto presidenza francese una valutazione provvisoria del metodo e degli orientamenti dei cittadini europei non solo a livello transnazionale ma anche a livello nazionale e locale.

Come ha detto il Presidente Mattarella, alla fine delle Conferenza dovrà aprirsi una fase che noi riteniamo debba essere di natura costituente per giungere a un nuovo trattato che sostituisca quello di Lisbona firmato nel 2007 dove il Parlamento europeo dovrà assumere un ruolo trainante.
Se non ci saranno le condizioni per un accordo unanime sul nuovo trattato, i paesi che avranno dato il loro consenso dovranno riflettere collettivamente sulle modalità di una sua entrata in vigore a maggioranza.

 

coccodrillo