Via Angelo Brunetti, 60   06.36001705  06.87755731  segreteriacime@tin.it  segreteria@movimentoeuropeo.it

Newsletter 13 Dicembre/2021 - L'EDITORIALE

Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva
 

 

Dal Trattato di Maastricht alla costituzione europea

Il Trattato che istituì l’Unione europea, lasciandosi alle spalle i trattati di Roma del 1957 e l’Atto Unico europeo del 1986, fu firmato nel Centro Congressi della città olandese di Maastricht - al confine fra la Germania unificata, il Belgio e la Francia - nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 dai capi di Stato e di governo degli allora dodici paesi membri delle Comunità europee.

L’idea di un nuovo trattato era nata nella riunione dei ministri delle finanze europei a Nyborg nel 1988 con la convinzione che non ci poteva essere mercato unico senza moneta unica.

Nel 1989 e dopo la caduta del Muro di Berlino si era aggiunta la consapevolezza che serviva una “unione politica” per rispondere alla fine dell’imperialismo sovietico e alla prospettiva di accogliere nelle Comunità europee i paesi dell’Europa centrale e orientale che si preparavano a conquistare o riconquistare la democrazia secondo un modello liberale.

Fu così che, dopo aver lasciato alla Germania federale il tempo per completare la sua unificazione con i Laender della ex-Germania orientale, furono convocate a Roma nel dicembre 1990 due conferenze intergovernative dedicate all’Unione economica e monetaria e all’Unione politica.

L’avvio delle due Conferenze fu preceduto da tre giorni di “assise interparlamentari sul futuro dell’Europa” promosse dal Parlamento italiano, dalla Camera dei Rappresentanti belga e dal Parlamento europeo che si conclusero con la richiesta a maggioranza di realizzare la finalità federale del processo di integrazione europea iscritta nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.

Da notare che – contrariamente alle successive “convenzioni” sulla Carta dei diritti (2000) e sulla cosiddetta costituzione europea (2002-2003) – alle assise non furono invitati i governi nazionali e i parlamentari nazionali ed europei presero posto nell’emiciclo di Montecitorio su proposta di Marco Pannella in ordine alfabetico sconvolgendo la divisione per delegazioni nazionali che era stata pretesa ma fortunatamente non ottenuta dal rappresentante dei parlamentari francesi Laurent Fabius sostenuto dai  parlamentari britannici.

Dopo un anno di negoziati intergovernativi e di dialogo con il Parlamento europeo nel quadro delle “conferenze interistituzionali parallele”, fu raggiunto un accordo sul nuovo trattato che unificava gli aspetti economici e monetari da una parte e quelli politici dall’altra.

Come sanno gli studiosi dell’integrazione europea, il nuovo trattato rischiò di impantanarsi nelle procedure per le ratifiche nazionali in minima parte per il primo “nej” nel referendum danese ma soprattutto per le molte reticenze dell’opinione pubblica francese che si espresse attraverso una esigua maggioranza con un “oui” nel referendum convocato da François Mitterrand.

Lo stesso Mitterrand aveva cercato di sormontare il “nej” danese proponendo agli altri dieci governi di uscire tutti insieme dalle Comunità europee e di firmare il Trattato di Maastricht come se fosse un accordo internazionale al di fuori delle Comunità lasciando da solo il Regno di Danimarca nei trattati comunitari ma dovette abbandonare la sua idea per l’opposizione britannica condivisa silenziosamente dagli altri governi che non volevano separarsi dal Regno Unito.

Tutto quello che è avvenuto in questi trenta anni dalla notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 ha progressivamente messo a nudo i difetti del Trattato di Maastricht a cominciare dalla mancanza di un calendario vincolante per la realizzazione dell’Unione politica, peraltro molto confusa nel testo di compromesso, nell’illusoria convinzione che il processo di integrazione europea potesse viaggiare su un teorico piano inclinato che ci avrebbe dovuto condurre automaticamente dalla moneta unica alla federazione europea.

Così non è avvenuto ed anzi con il Trattato di Lisbona il piano si è inclinato in senso inverso verso un modello intergovernativo o confederale con la prevalenza del Consiglio europeo nel sistema di decisione attraverso procedure ultra vires se si considera la lettera e la sostanza dell’art. 15 del Trattato sull’Unione europea sui poteri del Vertice dei Capi di stato o di governo.

La lista dei “left over” del Trattato di Maastricht è molto lunga e per anni abbiamo pagato le conseguenze del compromesso raggiunto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre fra i dodici governi con la connivenza della Commissione europea presieduta dal francese Jacques Delors e per l’incapacità del Parlamento europeo di opporsi a un compromesso zoppo.

Non c’erano nel nuovo trattato gli elementi essenziali per affiancare o meglio per sovrapporre all’Unione (economica e) monetaria una vera Unione politica che era invece apparsa indispensabile per consentire l’ingresso dei paesi dell’Europa centrale e orientale nel sistema comunitario senza squilibrarlo.

Non c’erano nel rapporto sulla moneta unica e poi nel trattato le condizioni per evitare quella che Carlo Azeglio Ciampi aveva definito la “zoppia” dell’Unione economica e monetaria.

Si vollero invece aggiungere nel Trattato e poi nel famigerato  “Patto di stabilità”, a cui il primo ministro francese Lionel Jospin fece associare l’ipocrita parola “e di crescita”, rigidi parametri per l’ingresso e la permanenza nella moneta unica da cui sono emerse tutte le regole della governance economica che sono state alla base dell’austerità e del rigore con cui si è tentato erroneamente di  far fronte alla crisi finanziaria esplosa mentre i governi europei raggiungevano un accordo sul Trattato di Lisbona nel 2007.

Non c’era una visione unitaria del processo di integrazione europea frammentata in tre pilastri (quello comunitario, quello della politica estera e quello della sicurezza interna) all’interno di un sistema che Giulio Andreotti definì sarcasticamente “un tempio bizantino”.

Non c’erano infine gli strumenti per combattere le diseguaglianze fra paesi, regioni e classi sociali perché la dimensione sociale fu relegata in un modesto protocollo allegato al trattato che il Regno Unito si rifiutò inizialmente di firmare pur consentendo agli undici di firmarlo fra di loro.

A trent’anni dall’accordo di Maastricht l’integrazione europea è ancora drammaticamente incompleta e le esperienze vissute ci devono spingere a riflettere su un nuovo progetto, un nuovo metodo e una nuova agenda.

Torneremo su queste esigenze il 20 dicembre 2021 riprendendo le nostre riflessioni e le nostre proposte per una costituzione federale europea.

 

coccodrillo

 

 

 

 

 

 

 centricoo

altiero

ImmagineLIBRO VERDE xsito

 BannerPROCESSO UE

bileurozona

rescue

casaeuropa

agorabanner

coccodrillo

banner fake


Le Nostre Reti

eumov

eucivfor

logo asvis

Comitato Eeinaudi desktop 1 1

ride logoretepace

routecharlemagne


Partner e Sostenitori

parleuitarapprita

banner12

banner11


 ed logo

Gioiosa Jonica  -  Modena  -  Nuoro  - Capo d’Orlando


 

Registrati per ricevere le nostre newsletter.
 

Sostieni le iniziative del Movimento Europeo con una piccola donazione


© Movimento Europeo - Via Angelo Brunetti, 60  ||  Realizzato da logoims

Search