Newsletter 7 Marzo/2022

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione a partire dalla Conferenza sul futuro dell’Europa.

Come sapete, la Conferenza è stata avviata il 9 maggio 2021 a Strasburgo e dovrebbe concludersi il 9 maggio 2022.

Ecco l’indice della nostra newsletter

- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Speciale guerra in Ucraina

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

- Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- Next Generation EU a cura di Euractiv

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 


 L'EDITORIALE

“Est-ce qu’il faut une troisième guerre mondiale pour créer les Etats-Unis d’Europe ?”

Il 7 febbraio 1984 fu pubblicato da Le Monde un appello di intellettuali francesi – fra cui Edgard Morin – dal titolo evocativo “Est-ce qu’il faut une troisième guerre mondiale pour créer les Etats-Unis d’Europe ?”.

L’appello, sostenuto da molte lettrici e molti lettori francesi, fu lanciato per sostenere il progetto di trattato costituzionale che il Parlamento europeo avrebbe approvato a Strasburgo a larga maggioranza il 14 febbraio 1984 rispondendo all’iniziativa che Altiero Spinelli aveva avviato con il Club del Coccodrillo il 9 luglio 1980.

In molti avevano sostenuto, dentro e fuori del Parlamento europeo, che l’evoluzione delle Comunità nate con il Mercato Comune Europeo del 1957 verso un modello federale era realizzabile all’interno dei trattati esistenti con un atto di volontà politica dei governi senza intraprendere la via impervia di un negoziato diplomatico ed è sulla base di questa convinzione che fu adottata nel 1981 la “solenne” Dichiarazione di Stoccarda promossa dai ministri degli esteri tedesco Genscher e italiano Colombo.

Al contrario di questa convinzione, il Parlamento europeo ritenne che - alla paralisi del doppio metodo comunitario e intergovernativo insieme alle crescenti tensioni fra l’URSS e gli USA legate alla crisi degli euromissili a seguito dell’installazione nell’Europa dell’Est dei missili balistici sovietici SS20 che mettevano in discussione la stabilità e la sicurezza sul continente europeo – occorreva rispondere con un’accelerazione dell’integrazione politica affinché i popoli europei diventassero padroni del proprio destino e le porte delle Comunità si aprissero a tutti i paesi democratici pronti a riconoscersi in una comune identità e in una sovranità condivisa rinunciando alle loro apparenti sovranità assolute.

La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la successiva dissoluzione dell’Unione Sovietica fecero emergere la falsa convinzione che la fine della guerra fredda e dell’imperialismo comunista avrebbe aperto la strada ad un mondo sostanzialmente unipolare nel quadro dell’egemonia degli Stati Uniti d’America e del libero mercato.

I passi in avanti compiuti dal processo di integrazione europea, dall’Atto unico europeo del 1987 al Trattato di Lisbona del 2009 sono ben lontani dall’obiettivo degli Stati Uniti d’Europa ribadito nel 1984 su Le Monde e il mondo unipolare immaginato nel 1989 ha lasciato il posto ad un pianeta sempre più ingovernabile con tensioni crescenti fra Stati che rivendicano al loro interno il principio della sovranità assoluta e all’esterno il ruolo di attori internazionali.

Dopo i primi anni di apparente appeasement, la politica estera di Vladimir Putin – salito al potere all’inizio del ventunesimo secolo - è stata progressivamente rivolta alla ricostruzione della “grande Russia” (Rouski mir) nel disprezzo del diritto internazionale e nelle crescenti violazioni dei diritti fondamentali all’interno del suo “impero”.

L’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022 è coerente con la logica perversa della sua strategia che rischia ora di coinvolgere i paesi vicini che “appartenevano” all’Unione Sovietica.

Di fronte all’evidente volontà imperialista di Vladimir Putin, dentro e fuori dal continente europeo, l’allargamento dell’Unione europea all’Europa centrale e in parte orientale non è stato accompagnato – e forse avrebbe dovuto essere preceduto – da iniziative per riscrivere le regole della sicurezza e della stabilità in Europa nel rispetto dei valori e dei principi a cui dovrebbero essere legati tutti i paesi europei che appartengono al Consiglio d’Europa, all’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (OSCE) come erede degli accordi di Helsinki e più in generale alle ragioni che sono state alle origini della creazione delle Nazioni Unite.

Al contrario, gli Stati europei hanno compiuto durante i venti anni del regime di Vladimir Putin una continuità di errori di valutazione sulla sua strategia esterna e sulla sua volontà repressiva di sopprimere all’interno tutti i diritti fondamentali nel quadro di un sistema profondamente corrotto.

L’assassinio nel 2006 della giornalista Anna Politkovskaja, che era stato preceduto nel 2000 dall’uccisione in Cecenia dell’italiano Antonio Russo, avrebbe dovuto suscitare fra i paesi europei reazioni più dure e un vasto allarme così come la decisione russa nel 2007 di sospendere la sua partecipazione al trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (FCE).

Ad agosto 2008, l’esercito russo intervenne a sostegno delle due regioni separatiste dell’Ossezia del Sud e della Abkhazia contro la Georgia, che nel 2003 aveva conosciuto la sua “rivoluzione delle rose” di orientamento pro-europeo, e che perdette così il 20% del suo territorio nel silenzio assordante delle Nazioni Unite e dell’Unione europea.

Nel 2014, la Russia occupò la Crimea, territorio ucraino, denunciando l’espansione della NATO ad Est e dichiarando che “Kiev è la madre di tutte le città russe” a cui fece seguito l’installazione nel Donbass di un movimento separatista sostenuto da Mosca.

Nonostante gli accordi di Minsk del 2014 e del 2015, facilitati dalla Francia e dalla Germania ma senza l’intervento dell’Unione europea, ci furono nel Donbass 14.000 morti. 

All’invasione della Crimea Vladimir Putin aggiunse, al fine di far valere il suo ruolo di attore internazionale e il ritorno della “grande Russia”, il sostegno militare al dittatore siriano Assad e gli interventi in vari paesi africani mentre iniziarono le ingerenze informatiche recentemente elencate e provate in un lungo rapporto del Parlamento europeo.

Come conseguenza dell’occupazione della Crimea, la Russia subì per la prima volta nel 2014 fino al 2019 la sanzione della sospensione dal diritto di voto nel Consiglio d’Europa così come le sanzioni occidentali e l’espulsione dal G8 ma ancora una volta l’Unione europea non colse questo segnale allarmante per aprire la questione della sicurezza e della stabilità sul continente.

Nessuno in Europa ha protestato per l’assassinio di Boris Efimovic Nemcov che fu dal 2000 al 2015 un oppositore critico di Vladimir Putin e la cui morte su un ponte vicino al Cremlino può essere comparata a quella di Giacomo Matteotti all’inizio del fascismo, co-fondatore della Coalizione democratica di cui è stato successivamente leader Alexei Anatolievich Navalny.

Si giunge così all’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, che ha dimostrato drammaticamente l’impotenza del sistema delle Nazioni Unite e l’incapacità delle organizzazioni internazionali ed europee di impedire che l’invasione avesse luogo.

Ora che l’invasione è iniziata da dodici giorni con le distruzioni nelle città e le centinaia di vittime nella popolazione civile, occorre trovare la strada per imporre la pace così come è previsto dal capitolo VII dello statuto delle Nazioni Unite (peace enforcement) anche attraverso operazioni militari, a cui devono seguire missioni per il mantenimento della pace (peace keeping) con l’invio di Forze internazionali di Pace (i caschi blu) e infine interventi per la ricostruzione di relazioni pacifiche nel paese (peace building) con la definizione di un sistema costituzionale che garantisca i diritti delle minoranze.

La cessazione delle ostilità è la condizione preliminare e indispensabile per promuovere – su iniziativa dell’OSCE e dell’Unione europea cogliendo il “suggerimento” del ministro degli esteri cinese Wang che ha proposto di invitare al tavolo dei negoziati…l’Unione europea (“dotata di un esercito europeo efficace, equilibrato e sostenibile”) – una conferenza europea per la pace e la sicurezza.

Si tratta di una questione essenziale per gli interessi strategici dell’Unione europea che dovrebbe essere posta al centro delle prossime sessioni plenarie della Conferenza sul futuro dell’Europa i cui tempi e le cui modalità di decisione dovrebbero essere rivisti alla luce di quel che sta avvenendo in Ucraina.

Ai paesi che auspicano di entrare nella famiglia europea – quelli con i quali sono iniziati i negoziati di adesione nei Balcani occidentali e quelli che hanno ora presentato la candidatura (Ucraina, Georgia e Moldavia) – occorre dire che l’Unione europea sarà forte solo se saranno superate le divisioni fra Stati in apparenti sovranità assolute, che l’integrità territoriale riguarderà tutta l’Unione europea, che l’adesione e l’appartenenza all’Unione europea sono legate al rispetto di valori comuni e che – per evitare una terza guerra mondiale – dovranno essere creati gli Stati Uniti d’Europa sostituendo il Trattato di Lisbona con una costituzione europea elaborata dal Parlamento europeo e sottoposta ad un referendum paneuropeo confermativo.

 

Bruxelles, 7 marzo 2022

coccodrillo

 

 

 


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