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Newsletter 6 Giugno/2022 - ULTIME DA BRUXELLES

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PROVE DI UNITÀ

Il Consiglio europeo straordinario dello scorso 30 e 31 maggio ha avuto come obiettivo quello di dare una risposta unitaria ai tre temi che maggiormente preoccupano i paesi e cioè: la crisi degli approvvigionamenti energetici, la sicurezza alimentare, la difesa e la sicurezza europea.

Gli impatti di queste tre politiche, tra loro strettamente collegate, sono tutti riconducibili all’andamento del conflitto Ucraino-Russo e alla risposta che anche l’Unione saprà dare per arginare le conseguenze che lo stesso potrebbe ulteriormente provocare nel tempo, oltre alla già innescata crisi economica-finanziaria, e cioè una vera e propria crisi alimentare ed umanitaria globale.

Al di là delle ragioni, o dei principi alla base di questo conflitto, di cui da oltre 100 giorni si discute ampiamente sui diversi media, ufficiali e non, che non sono argomento di analisi in questa sede, è opinione diffusa che le decisioni prese dovrebbero essere tali da incidere sui tempi di durata della guerra, spingendo la parte colpita dalle sanzioni - entro breve tempo - ad adire ad un serio tavolo negoziale per la pace.

A prima vista sembra piuttosto palese per quanto riguarda i tempi di attuazione concordati, che le sanzioni non verranno messe in pratica a breve. Troppi infatti sono i vincoli di governance, decisionali, economici, finanziari, di opportunità politica , in cui tutto il mondo e in particolare l’Unione Europea, sembra essersi imbrigliato nel corso del tempo, in nome di una voluta a-tutti-i-costi globalizzazione  economica, di un relativo abbattimento dei costi di produzione (in particolare quelli dei prodotti energetici ed alimentari), nella speranza che grazie a questa apertura e globalizzazione dell’economia certi pericoli di guerra potessero essere esorcizzati almeno in Europa.  Tutto questo in mancanza di un piano ‘B’, vale a dire di una visione che privilegiasse l’autonomia strategica dell’Unione a garanzia della sua resilienza e di un suo ruolo autonomo a livello internazionale.  Ecco, dunque, che proprio quei settori, considerati per eccellenza strategici, in quanto essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’Unione, non hanno avuto la dovuta attenzione, condizionando oggi quelle scelte a sostegno del rispetto dei diritti umani. Gli accordi commerciali e modelli di vita esportati verso mercati sempre più ampi, non sono risultati in grado di poter frenare o eliminare vecchi asti tra popoli o paesi, che sembravano finalmente assopiti, grazie a false idee di possibili prosperità da realizzare attraverso accordi commerciali tra paesi. E’ invece avvenuto ciò che nessuno pensava potesse di nuovo accadere in Europa: una sanguinosa e devastante guerra, in cui direttamente o indirettamente ci troviamo coinvolti.    

Di fronte a questa realtà, tutti sono d’accordo – almeno nelle dichiarazioni ufficiali e pubbliche - che occorre cambiare, essere uniti e solidali e bisogna farlo in tempi stretti.

Ma all’atto pratico è realmente così? Oppure, difronte a questa crisi, non si sta procedendo nuovamente a piccoli passi malgrado la situazione umanitaria richieda veri e propri passi da gigante?

Il Consiglio europeo si è riunito in sessione straordinaria proprio per dare una risposta comune a questi interrogativi. Vediamo cosa è stato a fatica concordato.

Il Consiglio Europeo straordinario ha innanzitutto confermato la pressione sulla Russia attraverso un sesto pacchetto di sanzioni che riguarda principalmente l’approvvigionamento del petrolio greggio e dei prodotti petroliferi forniti dalla Russia. Al di là del fatto che le misure previste entreranno in funzione per quasi tutti i paesi solo tra otto mesi, invece per alcune nazioni, tra le quali la Germania e la Polonia (che si approvvigionano attraverso l’oleodotto di Druzhba), sono previste deroghe ‘temporali’ senza però alcuna indicazione di una data certa, mentre l’Ungheria addirittura ha ottenuto una deroga fino al 2024.

E’ stato inoltre previsto un aiuto finanziario all’Ucraina per la futura ricostruzione del paese pari a 9 milioni di euro, nonché la creazione di una piattaforma per la ricostruzione che riunirà Governo ucraino, l’Unione europea e gli Stati membri, la Banca Centrale Europea (BCE), altri istituti finanziari ed esperti internazionali. Ma per questo occorrerà attendere la fine del conflitto che però non si prevede vicina.

I beni confiscati degli oligarchi verranno indirizzati alla ricostruzione dell’Ucraina, ma non quelli – che non saranno neppure confiscati - del patriarca Kirill, come da espressa richiesta dell’Ungheria. Infine, sempre nell’ambito delle misure prese con il sesto pacchetto di sanzioni, si è confermato il sostegno militare a Kiev nonché ci si è dati appuntamento per il prossimo Consiglio europeo di giugno per affrontare la questione politica della domanda di adesione del paese insieme a quelle della Moldavia, e della Giorgia.

Il Consiglio europeo, infine, si è dichiarato favorevole ad assicurare il rispetto dei diritti umani in Bielorussia compreso quello di nuove elezioni democratiche.

Per quanto riguarda le sanzioni, appare dunque quanto l’Unione sia ancora estremamente fragile, nelle decisioni che debbono essere prese all’unanimità. E’ stato necessario infatti mediare al ribasso per poter decidere in modo unanime e questo sicuramente a svantaggio di una situazione che col passar del tempo ha non solo più vittime ucraine e russe ma anche conseguenze per il mondo intero, mentre l’opinione pubblica si sta via via distogliendo dalla tragedia in corso.

Ma questa mancanza di unanimità dovuta a bisogni economici, sociali e finanziari dei vari paesi nasce sempre da una carenza strutturale dell’Unione: la mancanza di una visione e programmazione strategica (e relativa pianificazione integrata) sui settori vitali, quali quello energetico, il settore alimentare e quello di difesa comune. In tutti questi settori, l’Unione pur concordando su principi base comuni, non ha impostato ed attuato una vera programmazione strategica e quindi di fatto ora è scoperta. Ogni Stato si muoveva autonomamente secondo i propri bisogni nazionali. Questa impostazione si è rilevata il vero tallone d’Achille dell’Unione che oggi si trova a dir poco ‘ricattata’ nell’acquisto di prodotti energetici dalla Russia per soddisfare dei bisogni primari nazionali malgrado la gravità di una situazione che non può essere accettata in termini di rispetto di diritti umani.

Per quanto riguarda la strategia alimentare, si tratta più che di una questione strettamente europea di un problema mondiale. L’Europa ne è colpita per quanto riguarda i costi e le possibili conseguenze che una carestia mondiale può comportare (migrazioni massicce).  Il dossier è pertanto un vero e proprio dossier dell’ONU /Fao. II Consiglio europeo, quindi, ha chiesto ai 27 stati di attuare al più presto le azioni previste in ambito PAC, ma soprattutto ‘ha chiesto un coordinamento internazionale efficace per garantire una risposta globale in materia di sicurezza alimentare a livello mondiale’.  A tal fine, è necessario infatti un coordinamento internazionale, che si basi su tre pilastri fondamentali: commercio, solidarietà e produzione, per poter calmierare i prezzi dei prodotti agricoli e soprattutto l’approvvigionamento dei cereali. La Commissione europea studierà inoltre su richiesta del Consiglio europeo come mobilitare risorse del Fondo europeo di sviluppo a sostegno dei paesi più colpiti dalla crisi alimentare.

Per quanto riguarda il settore energetico, il Consiglio europeo ha ricordato gli impegni presi per la lotta al cambiamento climatico che si intendono confermati e il piano REPowerEU finalizzato alla riduzione dell’Unione dai combustibili fossili russi. Obiettivo è ridurre rapidamente la dipendenza energetica europea da Mosca diversificando quanto più possibile i paesi da cui ci si di approvvigiona, aprendo la piattaforma dell’UE per gli acquisti energetici anche ai Balcani, chiedendo alla Commissione di valutare insieme ai partner internazionali proposte per il contenimento dei prezzi delle materie prime, considerando tra le possibili ipotesi anche la proposta italiana di un ‘price cap’ temporaneo alle importazioni. Il Consiglio europeo ha sottolineato inoltre l’importanza da una parte di una strategia comune di acquisto e dall’altra di un’accelerazione nella diffusione delle energie rinnovabili attraverso una semplificazione delle procedure di autorizzazione e un polo industriale per ricerca ed innovazione a sostegno della transizione energetica nei diversi settori (solare, eolico ecc) . Nel disegnare questa strategia, dovranno essere considerate le caratteristiche geografiche di determinati Stati membri (in particolare del sud), soprattutto ai fini della interconnessione di reti europee del gas e dell’elettricità e delle energie rinnovabili. Inoltre, è stata sottolineata l’opportunità e la necessità di un piano europeo energetico coordinato per fronteggiare possibili gravi interruzioni future di approvvigionamento, oltre a un piano energetico di stoccaggio del gas in vista del prossimo inverno.

Sicuramente per quanto riguarda il settore energetico, sembra essere evidente l’urgenza di un’azione unitaria dell’Unione. Anche qui però sia per la diversificazione nell’approvvigionamento dei combustibili, sia per le diverse fonti rinnovabili a sostegno delle quali si auspica una importante attività di ricerca e innovazione, sia per la costruzione di impianti di stoccaggio europei e di reti di distribuzioni europee….l’Unione è in ritardo. Tutto ciò presuppone infatti investimenti pluriennali, risorse che sicuramente eccedono quelle del bilancio europeo e tempi di realizzazione pluriennali ….

La decisione di non ricorrere a risorse Russe può infatti essere immediata e realizzabile solo se si può contare su un’alternativa economicamente, finanziariamente e socialmente sostenibile.

Last but not the least , altro tema trattato è stato quello della Difesa e sicurezza. L’Unione europea ha preso atto della necessità di un forte coordinamento in questo settore, in perfetta condivisione e in complementarità con i principi della NATO di cui fa parte.  E’ necessario anche in questo settore continuare a mappare le capacità di difesa europee, rafforzando la capacità del settore industriale tecnologico europeo, sviluppando a questo fine anche il ruolo della Banca europea a sostegno della sicurezza e della difesa europea in linea con la recente iniziativa della Bussola europea per la difesa.

Anche in questo settore, il tempo non gioca a favore dell’autonomia strategica dell’Unione. Sembriamo esserci svegliati ‘di botto’ da un profondo sonno in cui non siamo stati in grado di guardare ed interpretare tutto ciò che accadeva intorno a noi, i nostri alleati, i paesi non alleati…. Un brusco risveglio che di nuovo ci trova impreparati.

Le decisioni del Consiglio europeo sono sicuramente importanti perché sempre di più ci si rende conto della assoluta necessità di essere uniti, solidali, integrati in tutti i settori, ma di fatto sono un’ammissione delle proprie fragilità, delle proprie criticità e della necessità di una rapida soluzione. Quest’ultima però non potrà essere presa per mancanza di alternative immediate e non finanziabili con risorse del bilancio europeo. Anche alla luce delle difficoltà del negoziato che si è affrontato con alcuni paesi, in particolare l’Ungheria, per una decisione per altro non immediata per l’energia, la domanda che a questo punto viene spontanea è: con che modalità e in che termini l’Unione riuscirà a realizzare queste indicazioni con l’attuale sistema decisionale? In quali tempi e con quali risorse? Mentre tutto intorno a noi manda un solo e unico avvertimento: non possiamo permetterci più ulteriori ritardi.

 

Roma, 6 giugno 2022                                                            

Anna Maria Villa

 

 

 

 

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