Newsletter 22 Gennaio/2024 - ULTIME DA BRUXELLES

Stampa
Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

 

Il Parlamento europeo rimette in gioco la discrezionalità sin qui utilizzata dal Consiglio e dalla Commissione europea nella tutela dello “stato di diritto”

Un’energica Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2024 approvata con una larghissima maggioranza (ben 345 voti contro 104, quest’ultimi espressione  in sostanza dei soli gruppi sovranisti,  e 29 astensioni) ha espresso  la “ profonda preoccupazione” per la situazione in Ungheria ulteriormente deterioratasi per l’approvazione di un pacchetto di “misure di protezione nazionale” non adeguatamente sottoposte al vaglio parlamentare e a quello dell’opinione pubblica che “ offre all’esecutivo maggiori opportunità di mettere a tacere e stigmatizzare le  voci e gli oppositori indipendenti” (punto E). Questa iniziativa si aggiunge alla situazione perdurante da anni di attentati ai diritti fondamentali  di vari gruppi vulnerabili come “donne, persone LGBTIQ+, rom, migranti, richiedenti asilo e rifugiati senza che istituzioni indipendenti siano in grado di proteggerli o siano disposte a farlo” (punto C). Il governo peraltro ha promosso iniziative per il controllo dei media statali e privati e il 3 maggio Il Parlamento ungherese ha approvato un pacchetto di riforma del sistema giudiziario senza però rivedere le recenti nomine politiche dei vertici dello stesso.

Su questa base ricognitiva il Parlamento non ritiene giustificabile la decisione della Commissione di autorizzare il pagamento di circa 10 miliardi (per altri circa  20 miliardi la sospensione dei pagamenti è stata mantenuta alla luce dei Regolamenti sulla condizionalità, a cominciare da quello n. 2092/2020) , nell’ambito dei progetti del Recovery Plan, all’Ungheria già in precedenza bloccati per la verificata  “insussistenza delle condizioni abilitanti orizzontali della Carta dei diritti concernenti l’indipendenza del potere giudiziario”, che invece la Commissione ha ritenuto con decisione del 13.12.2023 ora  soddisfatte. Per il Parlamento la decisione è infondata stante la carenza della normativa ungherese circa meccanismi di adeguato “controllo o procedure di appalto pubblico intesi a garantire la sana gestione finanziaria e la protezione del bilancio UE”; rileva ancora che “ anche dopo le recenti riforme l’Ungheria non soddisfi il livello di indipendenza della magistratura fissato nella Carta” dei diritti a cominciare dal permanere di “ostacoli nei rinvii pregiudiziali” o nella nomina degli organi di vertice e disciplinari del sistema giudiziario, invitando la Commissione a disporre nuovi accertamenti quando le nuove norme introdotte  ( o i previsti nuovi sistema di audit e controllo) avranno dimostrato la loro efficacia (punto 6).  Si sottolineano le perduranti  aggressioni allo stato di diritto anche al di là dell’organizzazione giudiziaria: “le autorità ungheresi devono garantire pari opportunità di accesso ai finanziamenti dell'UE per i cittadini, le imprese, la società civile, le ONG e gli enti locali e regionali, e devono assicurare un controllo giudiziario indipendente e meccanismi di denuncia imparziali ed efficaci; condanna le pratiche discriminatorie sistemiche segnalate nei confronti del mondo accademico, dei giornalisti, dei partiti politici e della società civile, come pure delle imprese in alcuni settori; si rammarica delle pratiche commerciali di matrice politica che conferiscono un vantaggio sleale ai concorrenti, delle procedure di appalto pubblico non trasparenti e manipolate, delle offerte pubbliche di acquisto da parte del governo e di entità con legami con il Primo ministro e dell'utilizzo dei fondi dell'UE per arricchire alleati politici del governo in contraddizione con le norme dell'UE in materia di concorrenza e appalti pubblici; sottolinea che lo Stato di diritto è fondamentale per il funzionamento del mercato unico nell'UE” (punto 7).

Pur non essendo una mozione di sfiducia nei confronti della Commissione la Risoluzione non è meramente dichiarativa e simbolica poiché  incarica il  proprio servizio giuridico di adottare quanto prima le misure necessarie ed opportune in relazione alla decisione di scongelamento dei  fondi di cui si è detto tra cui un esame della legittimità della decisione presso la Corte di giustizia ex art. 163 del TFUE  e rammenta “la possibilità per il Parlamento di applicare le misure giuridiche e politiche a sua disposizione qualora la Commissione sblocchi i fondi senza che i criteri siano soddisfatti o qualora essa non garantisca la piena attuazione della legislazione pertinente, in considerazione della sua responsabilità di agire in veste di custode dei trattati e di tutelare gli interessi finanziari dell'UE; ricorda che la Commissione è politicamente responsabile dinanzi al Parlamento” (punto 11).

Il Parlamento quindi non solo reagisce molto energicamente a questa “apertura di credito” nei confronti dell’Ungheria basate su misure ancora non rodate quanto ad efficacia sull’indipendenza della magistratura ma riapre lo scenario della lotta  europea per il rispetto della rule of the law in tutti gli stati membri (in questa fase con urgenza per l’Ungheria definito nella Risoluzione “ redime ibrido di democrazia autocratica”).

 In primo luogo perché si trae occasione dall’episodio dello “sblocco” parziale dei fondi per stigmatizzare ancora l’inerzia del Consiglio nel dar seguito alla procedura di cui all’art. 7 TUE : “deplora vivamente l'incapacità del Consiglio di compiere progressi significativi nell'ambito delle procedure in corso di cui all'articolo 7, paragrafo 1, TUE; ribadisce il suo appello al Consiglio a tener conto di tutti i nuovi sviluppi che interessano lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti fondamentali; ribadisce il suo invito al Consiglio a formulare raccomandazioni nel quadro di tale procedura; sottolinea che il Consiglio condivide la responsabilità della protezione dei valori sanciti dall'articolo 2 TUE e che il mancato rispetto di tale responsabilità avrebbe conseguenze durature e potenzialmente dannose; invita il Consiglio europeo e gli Stati membri ad agire e a determinare se l'Ungheria abbia commesso gravi e persistenti violazioni dei valori dell'UE ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, TUE; insiste sul rispetto del ruolo e delle competenze del Parlamento ( punto n. 2).

Inoltre correttamente il Parlamento sviluppa una concezione “olistica” del rispetto dei “valori” di cui all’art. 2 TUE che contempli unitariamente l’insieme dei comportamenti tenuti da uno stato membro in ordine al rispetto dei diritti fondamentali della Carta che sono connessi, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, ai valori dell’Unione: “sottolinea che le misure necessarie per l'erogazione dei finanziamenti dell'UE, quali definite dalle pertinenti decisioni adottate a norma del regolamento recante disposizioni comuni, del regolamento RRF e del regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto, devono essere trattate come un unico pacchetto integrale, e che non dovrebbero essere effettuati pagamenti anche se vi sono progressi in uno o più ambiti ma permangono carenze in altri” ( punto 9) e “ribadisce il suo invito alla Commissione ad avvalersi appieno degli strumenti a sua disposizione per far fronte a un evidente rischio di violazione grave dei valori fondanti dell'Unione da parte dell'Ungheria, con particolare riferimento alle misure finanziarie e alle procedure d'infrazione accelerate, alle domande di provvedimenti provvisori dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea e alle misure inerenti alla mancata esecuzione delle sentenze della Corte; si attende un'azione tempestiva in seguito all'adozione del pacchetto di "protezione della sovranità nazionale" (punto 10).

Infine il Parlamento pone già la questione se l’Ungheria, salvo radicali riforme ancora non in vista, sia o meno idonea ad assumere la Presidenza semestrale: “evidenzia l'importante ruolo della Presidenza del Consiglio nel portare avanti i lavori del Consiglio sulla legislazione dell'UE, garantendo la continuità dell'agenda dell'UE e rappresentando il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni dell'UE; si chiede se l'Ungheria sarà in grado di adempiere in modo credibile a tale compito nel 2024, in considerazione della sua inosservanza del diritto dell'UE, dei valori sanciti dall'articolo 2 TUE e del principio di leale cooperazione; ricorda che in alcuni casi il Presidente del Consiglio europeo potrebbe essere sostituito dal membro del Consiglio europeo che rappresenta lo Stato membro che esercita la presidenza semestrale del Consiglio; chiede al Consiglio di trovare quanto prima soluzioni adeguate per attenuare tali rischi; ricorda che il Parlamento può adottare le opportune misure qualora tale soluzione non venga trovata" (punto n. 8) .

In conclusione va osservato come in questi anni i meccanismi di controllo sul rispetto dei valori dell’Unione, seppure molto a rilento, abbiano cominciato a funzionare soprattutto sul lato del rispetto della rule of law, attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia che ha collegato la tutela dell’art. 47 della Carta alla salvaguardia dello stato di diritto ( ed anche dei connessi valori come uguaglianza e non discriminazione) coadiuvata dai severi monitoraggi azionati dal Parlamento e  dalla Commissione ([1]).  I due aspetti che sono rimasti problematici sono da un lato i meccanismi sanzionatori dell’art. 7, una volta attivata la procedura, bloccati dall’inerzia immotivata ed irresponsabile del Consiglio e dall’altra la necessità di avere una visione unitaria della tutela dei diritti fondamentali laddove sia a repentaglio il rispetto complessivo dei valori ultimi del processo d’integrazione. Per lo  stato di diritto vi è stata una  certa reazione  che andrebbe resa più energica ed efficace ma per gli altri valori questa è ancora molto carente.

Da ciò la proposta del Movimento europeo che condivide la richiesta votata il  22 novembre del 2023 del Parlamento europeo di riformare l’art. 7 TUE dando un ruolo valutativo decisionale nella procedura  alla Corte di giustizia come era previsto nel cosidetto Progetto Spinelli nel 1984. Oggi il meccanismo previsto dal Trattato all’art. 7 ha come riferimento procedure e accertamenti obiettivi che si collegano in buona sostanza alla violazione dei diritti della Carta: appare quindi matura la decisione di affidare un ruolo centrale alla Corte di giustizia nel mettere in mora uno Stato e nel sanzionarlo come previsto nel Progetto del 1984, superando l‘immobilismo attuale. In attesa della modifica del Trattato, il Movimento propone però da subito di rafforzare il ruolo della Agenzia europea per i diritti fondamentali soprattutto sul lato ispettivo e preventivo (oggi assenti) e di creare una Commissione di esperti indipendenti dell’UE sul modello della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa onde offrire alla mobilitazione istituzionale e giudiziaria per i “valori” una prospettiva integrata ed unitaria e dotata dell’autorevolezza espressa da un Collegio di insigni studiosi continentali.

Giuseppe Bronzini

Segretario generale del Movimento europeo

 

[1] Cfr. G. Bronzini La giurisprudenza della Corte di giustizia e la protezione “ anticipata” dello stato di diritto. Il ruolo delle norme dei Trattati e della Carta dei diritti, in La Cittadinanza europea n. 1/2022, p. 57 ss