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Newsletter n.11/2020 - L’Europa dei diritti

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Data l’attualità della questione, questa settimana portiamo all’attenzione il caso relativo all’interpretazione dell’articolo 94 della direttiva 2001/83, che disciplina l’incentivazione finanziaria a favore degli ambulatori medici in cui si prescrivono ai pazienti determinati medicinali. Su questo aspetto, la Corte di Giustizia ha emesso una sentenza, il 22 aprile 2010, che chiarisce quale sia il perimetro entro cui si applica la direttiva. Tale provvedimento è oggi interessante perché fa riferimento ai medicinali sui quali vengano divulgate informazioni da parte delle autorità pubbliche, per esempio in presenza di un’epidemia o di una pandemia. Ma veniamo ai fatti.

Il 3 luglio 2006, l’Association of the British Pharmaceutical Industry (ABPI), che riunisce 70 società farmaceutiche nazionali e internazionali attive nel Regno Unito scrisse alla Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (MHPR, un’agenzia esecutiva dipendente dal Department of Health (Ministero della Sanità), tra i cui compiti rientra la verifica del rispetto delle normative nazionale e dell’Unione relative alla pubblicità nonché alla promozione dei medicinali. Nella lettera in questione, l’ABPI espresse le proprie perplessità in merito ai regimi di incentivazione alla prescrizione di medicinali “specificamente designati” da parte del servizio sanitario del Regno Unito erogato su base locale. In risposta a tali perplessità, la MHPR rispose che secondo l’articolo 94 della direttiva 2001/83 tale incentivazione fosse in linea con quanto previsto dalla stessa, sostenendo che il caso riguardava delle pratiche di autorità pubbliche e che quindi ci si trovava al di fuori di un regime di natura commerciale. Da qui il ricorso della ABPI di fronte alla High Court of Justice, che, per un’intepretazione di tale articolo, rimandò la questione alla Corte di Giustizia europea. La questione pregiudiziale, nello specifico, era la seguente:

“«Se l’art. 94, n. 1, della direttiva 2001/83/CE osti a che un ente pubblico facente parte di un servizio sanitario nazionale, al fine di ridurre le spese globali per i medicinali, istituisca un regime che offre incentivi finanziari ad ambulatori medici (che a loro volta possono offrire un vantaggio finanziario al medico che effettua la prescrizione) affinché in essi venga prescritto un medicinale specificamente designato che rientri nel regime di incentivazione, ove si tratti di:

a)       un medicinale soggetto a prescrizione, diverso dal medicinale precedentemente prescritto dal medico al paziente; ovvero

b)       un medicinale soggetto a prescrizione, diverso da quello che avrebbe potuto essere prescritto al paziente se non fosse stato per il regime di incentivazione,

qualora tale medicinale diverso soggetto a prescrizione appartenga alla stessa classe terapeutica dei medicinali utilizzati per il trattamento della particolare patologia del paziente»”.

La sentenza della Corte si è basata sul riconoscimento che “quando essa è realizzata da un terzo indipendente, al di fuori di un’attività commerciale e industriale, siffatta pubblicità può nuocere alla sanità pubblica, la cui tutela costituisce l’obiettivo essenziale della direttiva 2001/83, e che, di conseguenza, la divulgazione da parte di un terzo di informazioni relative ad un medicinale, in particolare alle sue proprietà curative o profilattiche, può essere considerata come pubblicità ai sensi dell’art. 86, n. 1, di tale direttiva, anche quando tale terzo agisce di propria iniziativa e in piena autonomia, giuridica e di fatto, rispetto al produttore o al venditore di un tale medicinale (sentenza 2 aprile 2009, causa C‑421/07, Damgaard, Racc. pag. I‑2629, punti 22 e 29).

Tuttavia, un ragionamento siffatto non può essere trasposto ai casi di informazioni relative ad un medicinale divulgate dalle stesse autorità pubbliche, ad esempio in presenza di un’epidemia o di una pandemia.

Quindi, secondo la Corte, l’art. 94, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a regimi di incentivi finanziari, […] istituiti dalle autorità nazionali responsabili della sanità pubblica per ridurre le loro spese in materia e diretti a favorire, ai fini del trattamento di talune patologie, la prescrizione, da parte dei medici, di medicinali specificamente designati contenenti un principio attivo diverso da quello del medicinale che era prescritto in precedenza o che avrebbe potuto esserlo in assenza di un siffatto regime di incentivi”.

Per leggere il testo integrale della sentenza, clicca qui.

 

 

 

 

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