Newsletter n.14/2020 - Per aprire lo scafandro di Karlsruhe: risposta a Sergio Fabbrini. Dalla Comunità sui generis alla Comunità federale

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Si è molto discusso in questi giorni, a proposito – e a sproposito – sulla base non della sentenza ma del solo dispositivo della sentenza, sulle decisioni del Tribunale Costituzionale Tedesco (Bundesverfassungsgericht, BVerfG) relative al programma avviato nel 2015 dalla Banca Centrale Europea (BCE) di Mario Draghi e relativo al Public Sector Purchase Programme che tutti conoscono sotto il nome di Quantitative Easing.

Il programma ha raggiunto gli obiettivi di politica economica che erano stati individuati dalla BCE, in assenza di un’azione sufficientemente ambiziosa da parte delle altre istituzioni europee (Commissione, Consiglio europeo, Consiglio, Eurogruppo) per far uscire l’Unione europea e l’Eurozona da una crisi asimmetrica e applicando dunque correttamente il principio di proporzionalità alle caratteristiche di questa asimmetria.

Nei  rapporti fra il BVerfG e la BCE, la decisione  di Karlsruhe non avrà alcun effetto e i giudici togati rossi resteranno, come si dice in francese, sur leur faim (Sie werden kein Gehoer finden per dirla in tedesco), come appare evidente dalla reazione della Commissione europea e dal silenzio imbarazzato della Bundesbank e delle altre istituzioni tedesche con la sola scontata eccezione della CSU e di Friedrich Merz candidato improbabile alla successione di Angela Merkel.

Come tutti sanno, la BCE – che è l’unica istituzione europea a possedere la personalità giuridica – è indipendente nell’esercizio delle sue funzioni, con un’accentuazione di questo carattere che è stata confermata nel Trattato di Lisbona ben più che nel progetto di Costituzione europea, respingendo un tentativo maldestro del governo Berlusconi e dell’allora ministro degli esteri Franco Frattini.

È indipendente ben più che la Bundesbank, al cui sistema peraltro si ispira su proposta del governo federale tedesco, perché la prima è inequivocabilmente indipendente, mentre la seconda è considerata autonoma nel sistema federale ma non totalmente indipendente.

Come tutti sanno l’obiettivo principale non della BCE ma del Sistema europeo delle Banche Centrali (SEBC) – di cui la BCE è parte essenziale insieme a quelle nazionali per tutta l’Unione e non solo per l’Eurozona – è il mantenimento della stabilità dei prezzi, un obiettivo che apparve essenziale nel momento in cui era forte il rischio dell’inflazione per evitare una crescita inflazionista.

La BCE, nella sua saggezza di autorità responsabile della politica monetaria, ha dato negli anni una interpretazione evolutiva di quest’obiettivo, quando è apparso chiaro che i problemi delle economie europee erano legati più ai rischi e agli effetti della deflazione che a quelli dell’inflazione.

Nei dibattiti fra esperti e politici (spesso inesperti) si fa spesso riferimento alle differenze fra la BCE (e il SEBC) da una parte e la Federal Reserve (la Banca Centrale USA) dall’altra, mettendo in luce la priorità quasi assoluta, per la prima, dell’obiettivo della stabilità dei prezzi e lo statuto per la seconda, che le attribuirebbe il compito di promuovere o contribuire a promuovere la crescita e la piena occupazione.

Se si entrasse di più nel merito dell’azione dell’una e dell’altra, ci si renderebbe conto che la prima ha usato fino in fondo e intende ancora usare quella parte del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (art. 282 par. 2 TFUE) in cui si dice che il SEBC “apporta il suo sostegno alle politiche economiche generali dell’Unione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima” (v. art. 3 TUE) mentre la seconda ha adottato una interpretazione del suo statuto che dà la priorità alla stabilità dei prezzi.

Vale la pena di aggiungere che l’inserimento della BCE fra le istituzioni europee nel Trattato di Lisbona ha come conseguenza non irrilevante che il principio di leale cooperazione (art. 4.3 TUE) - secondo cui “l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei loro compiti derivanti dai trattati” – si applica alla BCE nei confronti degli Stati membri ma anche agli Stati membri nei confronti della BCE.

Non devono dunque preoccupare le conseguenze della sentenza di Karlsruhe sull’azione della BCE e del SEBC perché siamo convinti che il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), lanciato per far fronte agli effetti della crisi sanitaria, proseguirà secondo gli orientamenti decisi – a maggioranza – dal direttorio di Francoforte e che il principio di proporzionalità sarà applicato se le conseguenze della crisi saranno simmetriche, ma sarà adattato se esse diverranno asimmetriche.

Quel che deve invece sollecitare un’attenta riflessione è il vero obiettivo dei giudici di Karlsruhe che puntavano su Francoforte (la BCE) per colpire Lussemburgo (la Corte di Giustizia dell’Unione europea) in una guerriglia giudiziaria iniziata con il Trattato di Maastricht del 1993 e che per ora si è conclusa con la sconfitta del BverfG.

Il tema del primato del diritto dell’Unione europea, un primato che non è stato inserito nel Trattato di Lisbona per il rifiuto di alcuni governi di “costituzionalizzarlo” sostituendolo con la “dichiarazione 17”, giuridicamente non vincolante, relativa all’art. 4 TUE, deve essere ribadito senza equivoci non solo dalla Commissione e dal Parlamento europeo, ma anche dal Consiglio europeo in applicazione del principio parallelo della cooperazione leale, perché è così che si garantisce il terzo principio come fondamento della “comunità” nata con la Dichiarazione Schuman che è lo stato di diritto.

Nella loro guerriglia contro la Corte di Lussemburgo i giudici di Karlsruhe insistono su un punto per noi essenziale che è difficile da contestare: contrariamente alla Legge Fondamentale tedesca (art. 31: “il diritto federale prevale sul diritto dei Laender”) e alla Costituzione degli Stati Uniti d’America (art. 6: “la presente Costituzione… sarà la legge suprema del paese e i giudici di ogni Stato le saranno legati nonostante le disposizioni contrarie delle costituzioni o delle leggi degli Stati”), l’Unione europea non è (ancora) una federazione, anche se ne contiene già alcuni elementi come il potere monetario assoluto della BCE e del SEBC.

Sarà questo, insieme allo stato di diritto, uno dei passaggi fondamentali del dibattito e delle conclusioni sul futuro dell’Europa per garantire il necessario salto da una “comunità sui generis” (così definita dalla Corte di Lussemburgo nella sentenza Van Gend en Loos del 1962) ad una genuina Comunità federale, come viene rivendicata dal Movimento Europeo.

coccodrillo