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VI SEGNALIAMO

  • 11 maggio 2021, ore 10.00-11.00, Invitation to the launch of a non-conventional initiative. (European House Budapest). L’evento si terrà in lingua inglese sulla piattaforma Zoom. REGISTRAZIONE e INVITO.
  • 12 maggio 2021, ore 15.00-17.00, SUPRANATIONAL DEMOCRACY DIALOGUE 2021, terza edizione “DEMOCRACY, SUSTAINABILITY AND THE FUTURE OF PLANET EARTH: A CONVERSATION WITH FUTURISTS”. Con il supporto del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università del Salento, PhD on Law and Sustainability, Associazione per la Democrazia Sovranazionale (Microsoft teams, link: https://tinyurl.com/n9xz2ufv)
  • 13 maggio 2021, ore 9.30-17.30, Webinar "Le disposizioni relative allo Stato di diritto nella prospettiva della Conferenza sul futuro dell'Europa" promosso dalla Fondazione Collegio europeo di Parma e dal Movimento europeo Italia in cooperazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, nell'ambito del progetto del Movimento europeo "Condividere l'Unione europea, per un rilancio a prova di futuro". Il Movimento europeo pubblicherà una sintesi delle relazioni presentate al Convegno e, successivamente, saranno pubblicati gli atti del Convegno stesso.
  • 15 maggio 2021, ore 17.30, Webinar “Europa, il futuro è nelle tue mani!”, organizzato dallo Europe Direct CalabriaEuropa e la Rete di cittadini Calabria Condivisa, con la collaborazione di Fimmina TV. (Ulteriori informazioni e link zoom).
  • 21 maggio 2021, ore 18.00-20.00, "Evento Internazionale di Lancio Online RescEU - Cosa succederebbe se l'Europa non esistesse?", promosso dal Movimento europeo Italia. Il progetto REscEU (finanziato dal programma Europa per i Cittadini) nasce con l’intenzione di aumentare la consapevolezza dei vantaggi forniti dall’unione Europea nei confronti dei cittadini. Tramite un processo di gamification, il progetto REscEU porterà alla creazioni di Escape Room formative in undici paesi europei, per far comprendere meglio gli effetti ed i benefici dell’UE tramite il gioco di ruolo. L’obiettivo del progetto è far realizzare ai partecipanti come l’Unione Europea incida nella vita quotidiana delle persone, facendo emergere i vantaggi che solitamente sono dati per scontati. REGISTRAZIONE


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ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

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Acqua, vino e Unione europea

Agli inizi del secolo scoppiò un vivace dibattito in Italia sulla cioccolata e sulla pasta: si diceva allora che l’Europa (e, per essere più precisi l’Unione europea e a suo nome la Commissione europea) aveva deciso di imporci il consumo di prodotti a basso contenuto di cacao provenienti dal Regno Unito e di spaghetti di grano tenero fabbricati dai cugini francesi che, per di più, sostenevano di aver inventato il sugo alla bolognese.

Dopo settimane di feroci accuse agli eurocrati rei di voler attentare ai gusti dei consumatori italiani, il dibattito è affogato in un bicchiere d’acqua o, meglio in una pentola per la pasta o in una tazza di cioccolata calda perché è risultato evidente che gli eurocrati non volevano attentare ai gusti degli italiani che, assaporata una volta l’immangiabile cioccolata inglese e mal digeriti degli spaghetti scotti, sono tornati rapidamente ai migliori prodotti italici.

Da alcuni giorni l’Europa (o meglio l’Unione e per essa la Commissione) è accusata di voler annacquare i nostri vini.

Per chi segue da vicino le vicende europee è noto che è in atto un negoziato complicato su un’ennesima riforma della Politica Agricola Comune che dovrà entrare in vigore alla fine del 2023 e fra le cose da riformare ci saranno le organizzazioni comuni di mercato, fra cui quella del vino.

Le ricerche fatte sulle proposte della Commissione hanno escluso che ci siano sui tavoli (dei negoziati, non quelli imbanditi) proposte per annacquare il vino e in particolare quelli DOC o di eccellenza (anche se tempo fa alcuni produttori italiani di apparenti pregiati vini toscani hanno tentato di vendere agli americani vino annacquato rovinando il mercato per vari anni).

Quel che si sa è che alcuni governi del nord Europa vorrebbero rendere possibile la commercializzazione di vini con una percentuale più elevata di acqua per combattere (dicono loro) l’alcolismo e che circola fra alcune organizzazioni di produttori l’idea di autorizzare la commercializzazione extra-UE di vini de-alcolizzati da destinare ai mercati arabi.

Pensiamo che i buongustai italiani ma anche francesi possano dormire sogni tranquilli, dopo aver bevuto naturalmente un buon bicchiere di vino…alla salute dell’Europa.

 

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Ecco la risposta di Ursula Von der Leyen alla lettera dell'euro-deputato verde Sven Giegold, che le aveva chiesto che cosa farà la Commissione Europea dopo la sentenza del Tribunale costituzionale di Karlsruhe, che ha posto gravemente in questione la supremazia del diritto europeo su quello nazionale. Ha detto che ci sarà una analisi "in dettaglio" della sentenza e valuterà i prossimi passi, inclusa una eventuale infrazione. Parole molto esplicite. E utili.

“Egregio Deputato,

Condivido la sua opinione che la recente sentenza della Corte costituzionale federale solleva questioni che toccano il nucleo stesso della sovranità europea. Questioni importanti non solo per la politica monetaria dell'Unione, ma anche per lo Stato di diritto nell'UE. Ve lo posso assicurare: La politica monetaria dell'Unione è una questione di competenza esclusiva. Il diritto dell'UE ha la precedenza sul diritto nazionale, e naturalmente le sentenze della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali. La Corte di giustizia europea di Lussemburgo ha sempre l'ultima parola sul diritto dell'UE. Prendo la questione molto seriamente. La Commissione sta ora analizzando in dettaglio la sentenza di oltre 100 pagine della Corte costituzionale federale tedesca. Sulla base di questi risultati, stiamo valutando i possibili passi successivi, comprese le procedure d'infrazione.

L'Unione Europea è una comunità di valori e di diritto, che difenderemo e difenderemo in ogni momento e in ogni direzione. Questo è ciò che ci tiene uniti.

Con i migliori saluti

Ursula VON DER LEYEN

Presidente Commissione Europea"

 

 

 

 

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Un cambio di passo condiviso per un nuovo rinascimento europeo

La scorsa settimana è stata densa di appuntamenti europei, nel corso dei quali è stato fatto il punto sui principali temi che l’Unione sarà chiamata ad affrontare nel prossimo futuro. In tutti gli incontri, sono emerse alcune indicazioni importanti, anche se, come si poteva facilmente immaginare, non c’è stata una piena sintonia di vedute tra i diversi leaders, ma comunque è stato dato l’avvio ad una più approfondita riflessione su temi strategici.

Come preannunciato nella precedente newsletter, la Commissione europea ha presentato la Revisione alla Strategia industriale del marzo 2020, revisione che tiene conto degli effetti della pandemia, tutt’ora in corso, sul sistema economico e sociale europeo nell’ambito di un contesto globale in forte cambiamento.

La revisione oltre a riaffermare gli obiettivi di una industria più sostenibile, più verde, più resiliente e più competitiva ha sottolineato che a questo fine è necessario poter contare su un mercato unico funzionante, equo, integrato e coeso, sostenibile da un punto di vista ambientale e soprattutto solidale ed attento agli aspetti sociali, sostenuto da investimenti pubblici e privati rivolti principalmente alle PMI.

L’Unione europea ha dunque bisogno di un’industria più verde (per essere il primo continente ad impatto climatico zero entro il 2050) più circolare (per il riutilizzo quanto più possibile dei prodotti a vantaggio del corretto utilizzo delle materie prime) più digitale (per accelerare una trasformazione industriale ed essere più competitiva a livello globale) più attenta alla formazione scolastica e professionale dei propri cittadini (per orientarli verso nuove occupazioni richieste dalla trasformazione verde e digitale che saranno alla base delle scelte di politica industriale da adesso al 2030).

Per raggiungere questi obiettivi e poter avere un ruolo internazionale più attivo, l’Unione europea ha però bisogno di unità ed integrazione, in modo tale da poter far sentire in modo univoco la sua voce a livello mondiale.

A tal fine sarà dunque necessaria una serie di strumenti, quali un piano di azione per la proprietà intellettuale per la difesa della stessa e la sovranità tecnologica, un riesame delle norme in materia di concorrenza con particolare attenzione alle sovvenzioni estere soprattutto in tema di appalti pubblici, interventi mirati per la decarbonizzazione dell’industria europea soprattutto quella ad alta intensità energetica, una revisione della governance per garantire la più ampia partecipazione degli attori economici ed anche sociali, una particolare attenzione alle PMI che costituiscono la parte principale dell’industria europea, ecc.

La revisione ha dunque riconfermato sostanzialmente gli obiettivi e l’impianto generale della Strategia già presentata nel 2020 prima della pandemia, focalizzandosi però su un punto importante, un punto che la pandemia ha rivelato essere determinante nel processo di ripresa e resilienza.

Si tratta della necessità di garantire l’autonomia strategica dell’Unione, per quanto riguarda l’approvvigionamento di beni, di materie prime, servizi, ritenuti essenziali per il corretto funzionamento di settori considerati strategici.

La Commissione ha proposto un’analisi su 5200 prodotti, per 137 dei quali l’Unione è in posizione di dipendenza dall’estero.

Si tratta di prodotti relativi al settore energetico (materie prime), sanitario (sostanze attive farmaceutiche) ed altri prodotti necessari per garantire la transizione verde e digitale.

Di questi 137 prodotti, peraltro, 64 presentano una scarsa ‘diversificabilità’ e difficile capacità sostitutiva con altri beni prodotti nel mercato unico. 

All’Osservatorio sulle tecnologie critiche della Commissione europea verrà quindi affidato il compito di una seconda e più approfondita analisi sulle dipendenze di prodotti essenziali in settori strategici, finalizzata a studiare le diverse catene di approvvigionamento, per poterle diversificare attraverso

accordi con nuovi partner e alleanze, con l’obiettivo di trovarsi più reattivi a possibili nuove crisi.

Questo aspetto riguardante l’autonomia strategica dell’Unione non più rimandabile ed urgente, insieme alla forte attenzione alle PMI in termini di accesso ai finanziamenti e di sostegno per la realizzazione di nuovi modelli di sviluppo ed organizzazione essenziali al processo di trasformazione verde e digitale, sono quindi la caratteristica della nuova strategia industriale proposta dalla Commissione europea.

Alla base di tutto, vi è l’importanza di investire nel modo giusto per un’economia che deve – oggi più che mai – essere al servizio delle persone.

Diventa quindi essenziale l’aspetto sociale nelle scelte industriali. Questo aspetto è stato il filo conduttore degli interventi dei leaders europei e dei presidenti delle istituzioni europee, riunitisi a Porto dal 7 all’8 maggio (vedi su questo punto il commento nel nostro editoriale).

Tema principale del vertice è stato attirare l’attenzione di tutti sul fatto che per far ripartire l’Unione europea nel modo giusto, occorre misurare non solo il Prodotto Interno Lordo, ma anche la qualità del contesto sociale in cui vivono i cittadini europei, in termini di accesso all’educazione, di formazione, assistenza sociale e sanitaria disponibile, assenza di ogni tipo di discriminazione, qualità dell’ambiente, ecc. 

Questi obiettivi vanno raggiunti attraverso decisioni prese con la massima partecipazione e consenso. Come affermato nella “dichiarazione finale di Porto”, il Pilastro sociale e tutti gli aspetti ad esso collegati (ad esempio, revisione degli scoreboard per misurare i risultati raggiunti e da utilizzare anche nell’ambito del Semestre UE) è essenziale per assicurare una ripresa equa e sostenibile - attraverso posti di ‘qualità’ con particolare attenzione alle giovani generazioni - e per favorire la resilienza necessaria a fronteggiare le future crisi.

Per la prima volta dunque tutti i leader europei hanno di fatto condiviso una primissima forma di coordinamento dei mercati del lavoro e dei diritti sociali, fissando al 2030 i seguenti obiettivi: il 78% degli occupati, il 60% di formazione annuale per adulti, e 15 milioni di persone recuperate dal rischio povertà.

Ci auguriamo che decisioni più concrete in campo sociale a sostegno di un mercato di lavoro comune, potranno essere ora avviate nel prossimo Consiglio europeo di giugno.

Ci troviamo in un periodo di profondi cambiamenti anche di equilibri globali, che incideranno sul ‘Futuro dell’Europa’.

Un periodo però, come ha detto la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel suo discorso allo ‘State of the Union in a changing world’, organizzato dall’Istituto Europeo come ogni anno a Fiesole, può essere considerato un nuovo rinascimento. Come quello Italiano ha saputo creare ricchezza prosperità e ripresa partendo da Firenze, ci si aspetta che ciò si ripeta, anche questa volta, per l’Unione.

Ma è necessario che l’Unione si rafforzi e affronti grandi cambiamenti, per far fronte a crisi forse ancora più gravi di quella sanitaria, come ad esempio la crisi già in atto dovuta ai cambiamenti climatici, la quale - se non arrestata per tempo – potrà incidere sulle nostre vite in modo irreversibile.

Per fare questo l’Unione europea deve essere unita e forte, costruire alleanze con i principali attori mondiali, in particolare per l’ambiente un’alleanza transatlantica con gli USA, finalmente tornati anche su questo tema ai tavoli negoziali a livello multilaterale.

Ma occorre soprattutto ripensare ad un’Europa, che così come è ‘non soddisfa pienamente i propri cittadini’.

E questo è l’obiettivo della Conferenza sul futuro dell’Europa, lanciata il 9 maggio in occasione della Festa dell’Europa.

I cittadini potranno esprimere le loro idee e formulare proposte per un’Europa diversa e più vicina, intervenendo su una piattaforma di dialogo.

Sicuramente, il follow up dell’iniziativa non è scontato e sicuramente porterà ad una strada non breve e né facile a causa dell’atteggiamento di alcuni Governi.

Ma essendo i governi (almeno quelli democratici) espressione della volontà popolare è importante recuperare l’attenzione ed il confronto diretto con i cittadini su tematiche fondamentali, per poter proporre soluzioni efficienti, rapide e soprattutto comprensibili secondo le indicazioni fornite proprio dai cittadini.

Pertanto, il risultato più importante a cui tendere da adesso alla primavera del 2022 – quando i tre presidenti forniranno il loro rapporto sui risultati di questa partecipazione pubblica – è il massimo coinvolgimento dei cittadini europei.

Un’ampia partecipazione sarà infatti sicuramente d’aiuto al tipo di follow-up che seguirà e alle decisioni che verranno conseguentemente prese nella prospettiva che si apra una fase costituente.

 

Anna Maria Villa

 

 

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Le aspettative di Porto e le prospettive dell’Europa sociale

Nel presentare alle istituzioni e all’opinione pubblica le priorità della sua presidenza semestrale (1° gennaio - 30 giugno 2021), il governo portoghese aveva messo l’accento sulla dimensione sociale come segno distintivo di un’unione capace di rispondere alle attese delle cittadine e dei cittadini europei.

La proposta, rivolta ai governi, alla Commissione e al Parlamento europeo ma anche ai partner sociali e alla società civile, era l’organizzazione a Porto di un Vertice Sociale da cui avrebbero dovuto scaturire precisi orientamenti politici e un calendario vincolante per tradurre il Pilastro dei diritti sociali adottato all’unanimità a Göteborg nel novembre 2017 ma anche la Carta dei diritti in direttive, regolamenti e raccomandazioni capaci di far compiere all’Unione un salto rilevante sulla via di quel che qualcuno aveva giustamente chiamato Social Compact come alternativa allo sciagurato Fiscal Compact che molti danni ha provocato nella coesione economica e sociale europea.

Appariva evidente che gli effetti a lungo termine della pandemia sul mercato del lavoro ma più in generale sulla società europea rendevano ancora più necessaria ed urgente l’implementazione del Pilastro Sociale di Göteborg in atti giuridicamente vincolanti da adottare entro l’attuale legislatura europea.

Pur nei limiti di un approccio pragmatico – che a noi era parso in alcuni casi eccessivamente prudente – la Commissione europea ha svolto il suo compito di istituzione dotata del potere di iniziativa inserendo nel programma legislativo del 2021 l’annuncio di alcune limitate proposte rivolte al Consiglio e al Parlamento.

La Commissione ha soprattutto presentato il 4 marzo 2021 un piano  d’azione in cui sono state indicate le fasi per la realizzazione di una più ambiziosa Europa sociale indicando con precisione i casi in  cui si sarebbe dovuto  procedere con direttive, regolamenti o raccomandazioni con atti normativi per dare risposte ai problemi della sicurezza sociale e della protezione dei lavoratori, delle condizioni del lavoro, della parità e della solidarietà intergenerazionale, della lotta all’esclusione sociale a cui riteniamo debba essere aggiunta la democrazia economica sapendo che questi problemi non possono essere risolti soltanto da misure di carattere finanziario.

Non soltanto la Commissione europea ha preso sul serio l’annuncio del governo portoghese di un Vertice destinato ad aprire la strada del passaggio da una dichiarazione di principi (il Pilastro di Göteborg) ad un insieme di atti giuridicamente vincolanti (un Social Compact) ma la preparazione di Porto ha mobilitato il Parlamento europeo che ha adottato a larga maggioranza in dicembre una sua articolata lista di priorità e poi naturalmente il Comitato Economico e Sociale, il Comitato delle Regioni, la Confederazione Europea dei Sindacati, la Piattaforma Sociale, la Rete Europea di lotta alla povertà, fondazioni come quella del PSE e reti della società civile.

Secondo il modello adottato a Göteborg nel 2017, l’incontro di Porto è stato allargato alle parti sociali e ai rappresentanti delle organizzazioni della società civile affinché le prospettive di un’Europa sociale più ambiziosa fossero anche il frutto di un dialogo diretto con le istituzioni.

Poiché il Vertice avrebbe dovuto tradursi in una riunione dei Capi di Stato e di governo nel quadro del Consiglio europeo che, in base al Trattato, avrebbe dovuto dare all’Unione gli impulsi necessari per lo sviluppo della sua dimensione sociale, spettava a Charles Michel – presidente del Consiglio europeo – convocare i suoi colleghi a Porto indicando che sarebbero state adottate per consenso (e dunque non necessariamente all’unanimità) delle conclusioni sulla base del Piano di azione presentato dalla Commissione il 4 marzo 2021 e tenendo conto degli orientamenti del Parlamento europeo.

Sapendo quanto sia stata impervia la strada dell’Europa sociale dal Trattato di Maastricht fino a quello di Lisbona passando dalla Convenzione sull’avvenire dell’Europa, eravamo coscienti degli ostacoli che sarebbero sorti nella preparazione di Porto.

Infatti, il primo macigno è stato collocato da undici governi che hanno dato una loro interpretazione restrittiva del principio di sussidiarietà applicato all’occupazione e alla politica sociale ribadendo il ruolo preponderante degli Stati nazionali rispetto all’Unione europea.

Un secondo macigno è venuto dalla cancelleria Angela Merkel che, già inspiegabilmente assente a Göteborg nel novembre 2017, ha annunciato che non sarebbe venuta a Porto “nel rispetto delle restrizioni legate al COVID-19”.

Per evitare che i dissensi fra i governi impedissero di giungere a delle conclusioni consensuali, l’incontro di Porto ha assunto le caratteristiche di un workshop sulla dimensione sociale in modo che gli effetti della pandemia sul mercato del lavoro, l’aumento della povertà, la situazione drammatica dei precari e le conseguenze della crisi sui giovani, sulle donne e sui lavoratori di paesi terzi insieme alle piccole e medie imprese potessero essere affrontati in un dibattito aperto.

La “Dichiarazione di Porto” fissa così obiettivi condivisibili ma non vincolanti fino al 2030 in materia di occupazione e lotta alla povertà ma non assume ancora impegni sulle politiche comuni che erano contenute nelle proposte della Commissione.

Un esame più approfondito del Piano di azione è dunque rinviato al Consiglio europeo di fine giugno nella speranza che siano superati o ridotti i contrasti fra i governi con un inevitabile slittamento del calendario previsto per l’apertura dei negoziati sulle proposte di direttive, regolamenti e raccomandazioni che erano state annunciate dalla Commissione.

Come è stato affermato da David Sassoli all’apertura della Conferenza sul futuro dell’Europa, l’impervia strada dell’Europa sociale conferma la necessità e l’urgenza di riaprire il cantiere della riforma dell’Unione moltiplicando le iniziative politiche e le proposte della società civile perché dai dibattiti nella Conferenza provenga un forte impulso alle istituzioni europee (Consiglio, Parlamento e Commissione) affinché agiscano senza ritardi per avviare nuove politiche comuni e perché dall’azione o dall’inazione delle istituzioni emergano con maggiore evidenza le criticità del sistema europeo nella ripartizione delle competenze fra l’Unione e gli Stati membri e nei meccanismi di decisione e di governo da sottoporre prima alla Conferenza.

Tutto ciò in vista del futuro lavoro del Parlamento europeo che noi auspichiamo di natura costituente.

 

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