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LO SPUTNIK V E L’UNIONE EUROPEA

Nelle ultime settimane sono state diffuse, a proposito ma soprattutto a sproposito, molte notizie sul vaccino russo Sputnik V che hanno aumentato gli effetti di quella che è stata chiamata infodemia, un virus non letale ma certamente dannoso per i rapporti di fiducia fra le opinioni pubbliche e le istituzioni nazionali ed europee.

Cerchiamo di mettere dell’ordine in questa materia chiarendo in primo luogo che, contrariamente a quello che è stato affermato da Matteo Salvini, le prime cinquanta milioni di dosi del vaccino russo – come è stato ammesso dall’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund Kirill Aleksandrovic Dmitriev – potranno essere fornite all’Unione europea ma non ancora inoculate non prima del giugno 2021.

Il Gam-Covid-Vac (il cui nome commerciale è Sputnik V) è stato sviluppato in Russia presso il Centro Nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica N.F. Gamalejae e dal Centro virologico dell’Istituto di ricerca di microbiologia del Ministero della difesa della Federazione Russa. Il 4 marzo 2021, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha avviato la revisione dello Sputnik V in vista della sua eventuale distribuzione commerciale nell’Unione europea su richiesta della filiale tedesca del gruppo farmaceutico russo R-Pharm.

Nel rispetto delle regole europee e della condivisione delle azioni rivolte alla sicurezza della salute delle cittadine e dei cittadini europei che assegnano all’Unione una competenza concorrente (art. 168 TFUE), la decisione di aggiungere lo Sputnik V agli altri vaccini che sono attualmente diffusi fra gli Stati membri o che saranno diffusi nelle prossime settimane spetta all’EMA e le agenzie nazionali come l’AIFA italiane si adeguano normalmente alle decisioni dell’EMA. È stato inoltre deciso dal Consiglio di affidare alla Commissione europea il compito di negoziare e di sottoscrivere i contratti con le società farmaceutiche non solo come logica conseguenza dei principi della politica commerciale comune ma anche per garantire un’equa distribuzione dei vaccini fra i paesi membri.

Ci troveremmo di fronte ad un atto di grave irresponsabilità politica e sanitaria da parte italiana – in contrasto fra l’altro con l’orientamento di altri paesi membri come la Germania – se il governo decidesse di dare seguito all’ipotesi avanzata da Mario Draghi nella conferenza stampa del 19 marzo di acquistare autonomamente lo Sputnik V, senza attendere la valutazione dell’EMA, sulla base di un contratto sottoscritto bilateralmente con il governo russo o con il gruppo farmaceutico R-Pharm. Così facendo, il governo italiano contribuirebbe ai rischi di frammentazione dell’azione europea contro la pandemia e violerebbe il principio della cooperazione leale che fa parte dei valori fondanti dell’Unione europea.

Gli “europeisti” che sostengono il governo presieduto da Mario Draghi agirebbero per impedire quest’atto di irresponsabilità – che, dati i tempi che si dovrebbero attendere per l’arrivo del vaccino russo, non gioverebbe alla nostra campagna di vaccinazione - o si piegherebbero allo sgangherato sovranismo di Matteo Salvini?

 

DI FRONTE ALLA PANDEMIA L’EUROPA CENTRALE HA SCOPERTO I VANTAGGI DI PIU’ EUROPA?

I dati nei meccanismi di ripartizione dei vaccini fra gli Stati membri, sulla base della decisione intergovernativa adottata a dicembre 2020, sono impietosi per chi difende il principio del metodo confederale che viene applicato nello steering committee formalmente diretto dalla Commissione europea e in particolare dall’italiana Sandra Gallina perché gli Stati membri – secondo i criteri della sovranità nazionale -. Possono applicare delle deroghe rispetto alle quote decise di comune accordo.

Cosicché è apparso evidente che alcuni paesi hanno fatto la parte del leone e altri quella della gazzella creando una evidente ingiustizia e una palese violazione delle regole europee che esigono di considerare tutte le cittadine e i cittadini dell’Unione di fronte alla pandemia su un piano di eguaglianza.

Colpiti dall’inefficace funzionamento del metodo confederale, i primi ministri austriaco, bulgaro, croato, lettone, ceco e sloveno – che sono sempre stati fra i più accesi oppositori dell’eurocrazia – si sono riuniti a Vienna il 16 marzo per denunciare la mancanza di rispetto della ripartizione proporzionale fra le popolazioni europee e per chiedere alla Commissione europea di intervenire con autorità (diremmo noi “sovranazionale” o addirittura federale) sullo steering committee o ancor di più per interrompere l’abuso di potere di quel comitato e far valere il primato delle decisioni europee. Dimenticando le comuni origini storiche dell’impero austro-ungarico i primi ministri dell’Europa centrale hanno accusato il primo ministro ungherese Viktor Orban di aver violato la cooperazione europea ordinando i vaccini russo e cinese.

Di certo la questione sarà evocata durante il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo dove il tema della campagna vaccinale sarà all’ordine del giorno dopo le critiche sui “ritardi europei” che in realtà sono dovuti alle responsabilità condivise dai governi europei, dopo l’immotivata sospensione dell’uso di AstraZeneca nonostante l’orientamento favorevole dell’EMA e di fronte alle opinioni contrastanti su un eventuale accordo con la Russia per l’uso dello Sputnik V in un Consiglio europeo che dovrà discutere delle relazioni con Vladimir Putin tre giorni dopo le elezioni per il rinnovo della Duma.

Sembra che uno dei primi ministri dell’Europa centrale si sia fatto sfuggire, durante la riunione di Vienna, che sarebbe necessario rivedere la governance dell’Unione europea, un tema che dovrebbe essere messo al centro della Conferenza sul futuro dell’Europa spiegando alle cittadine e ai cittadini dell’ex-impero austro-ungarico che l’unico modo di difendere i loro interessi è di affidarli ad un governo europeo.

 

 

 

 

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Un partito transnazionale entra per la prima volta in un parlamento nazionale

Volt entra per la prima volta in un parlamento nazionale. I Paesi Bassi ci regalano questa emozione dando fiducia alla visione del nostro partito concedendoci 3 seggi su 150 con il 2,3% dei voti.

È una grande vittoria.

Volt, per sua stessa natura, è un unico partito in tutta Europa quindi, come per la vittoria al parlamento europeo, nelle città tedesche o a Matera, noi di Roma siamo felici come se avessimo eletto dei deputati a Montecitorio.

Ma finiti i brindisi ci aspetta una sfida enorme. Una prova di coerenza e di coraggio senza precedenti nella storia. Dobbiamo svestirci degli interessi di parte e non soccombere agli egoismi nazionali per raccogliere il testimone di Spinelli, Bech, Adenauer e tutti gli altri padri fondatori dell’Europa.

Questa sfida graverà principalmente sui nostri fratelli olandesi ma essere un unico partito significa condividere non solo le gioie e le vittorie ma anche i problemi e le difficoltà. Onorati della fiducia che abbiamo ricevuto, facciamo in modo di meritarla e rendiamo orgogliosi chi ce l’ha concessa.

E questa fiducia è stata data alla nostra Visione, al nostro Progetto. Una sfida a lungo termine e difficile da realizzare: un’unica nazione e un’unica comunità, sia antica che moderna, senza confini, con un solo destino per centinaia di milioni di persone, con le proprie idee, desideri e aspirazioni ma il cui obiettivo comune è la ricerca della pace e la difesa degli universali diritti umani.

In psicologia ogni contatto è una relazione e noi abbiamo una relazione con altri 26 paesi. Siamo una bellissima costellazione poliamorosa impegnata. E come in ogni relazione sono necessari rispetto, consapevolezza e consensualità. Sappiamo che le relazioni sono complicate e tanti più fattori entrano nell’equazione tanto più sono complesse ma i mutui benefici sono palesi ed innegabili.

Un peso gravoso da portare ma che si alleggerisce se lo portiamo tutti e 27 insieme.

Cives, floreat Europa, opus magnum vocat nos.

Cittadini, fiorisca l’Europa, un’opera grandiosa ci chiama.

Volt Roma

 

PER APPROFONDIRE:

 

 

 

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Strategia finanziaria e comunicazione per ricostruire la fiducia

La scorsa settimana si sono tenute a Bruxelles due riunioni importanti del Consiglio: quella dell’Eurogruppo e quella del Consiglio Ecofin.

Al centro dell’attenzione di entrambe, la ripresa economica dell’Unione europea, anche attraverso politiche fiscali eque e adeguate nonché innovative per fronteggiare una pandemia che ha aggravato gli squilibri economico- sociali già presenti in Europa.

Nel corso delle riunioni, è stato confermato l’impegno dei ministri ad intervenire per arginare ulteriori peggioramenti e l’accordo comune nel contenere gli oneri fiscali per proteggere posti di lavoro, imprese e cittadini. 

La disoccupazione in tutta l’Unione europea – in particolare giovanile e femminile, infatti, è ancora molto alta. 

Pertanto, le misure di sostegno potranno essere tolte solo gradualmente, dopo l’avvio reale della ripresa. Successivamente alla pubblicazione delle previsioni macroeconomiche di primavera diffuse dalla Commissione europea, i ministri decideranno quando riattivare il Patto di stabilità (attualmente sospeso).

L’orientamento emerso è quello di mantenere la sua sospensione almeno fino al 2022 quando, auspicabilmente e grazie ai vaccini e alle misure introdotte, si potrà ritornare ad una situazione di normalità e quindi di ripresa economica.

Non appena questo sarà possibile, gli Stati membri dovranno affrontare strategie di bilancio sostenibili per ridurre nel tempo il proprio debito pubblico.

Grazie alle riforme che promuoveranno la transizione economica e digitale dell’economia reale, si potrà contare sul miglioramento delle finanze pubbliche. Sino ad allora gli strumenti introdotti oltre quelli finanziari dovranno necessariamente essere confermati.

Tra i temi trattati dal Consiglio Ecofin, due meritano una particolare attenzione. Si tratta della tassazione digitale e della ripresa economica. La prima sarà anche uno dei punti in agenda al Consiglio europeo del 25 e 26 marzo e del Parlamento europeo, il 24 e 25 marzo, un tema su cui il Movimento europeo ha elaborato precise proposte in collaborazione con il Centro Studi sul Federalismo e il Centro Studi Economia Reale.

La discussione ha toccato due questioni principali: la necessità di risorse aggiuntive per garantire la ripresa e la resilienza degli Stati membri nel contrasto alle conseguenze (tutt’ora in atto) del Covid-19 e il fatto che le politiche fiscali devono essere eque ed efficaci e prevedere la partecipazione di ogni soggetto economico (comprese le società digitali) al pagamento delle tasse. Entrambi questi due fattori supporterebbero – anche in futuro - quelle azioni di sussidiarietà necessarie per la ripresa ed il rilancio dell’economia europea.

Un sistema, dunque che se governato attraverso una soluzione multilaterale, assicurerebbe anche una concorrenza equa tra imprese che operano in un contesto globale. Il Consiglio Ecofin, infatti, ha avuto uno scambio di opinioni sullo stato di avanzamento dei lavori e sulle prospettive fiscali derivanti da una digitalizzazione dell’economia, anche alla luce di un aggiornamento sullo stato dei negoziati sulla tassazione delle società, in corso a livello OCSE e sui quali si auspica il raggiungimento di un consenso globale entro la prima metà del 2021.

La Commissione europea sta preparando una proposta in tal senso attraverso il lavoro del commissario Paolo Gentiloni e dei suoi servizi.

I Ministri Ecofin si sono quindi soffermati sulla necessità di favorire un ulteriore sviluppo dei pagamenti al dettaglio digitali, sottolineando la necessità di garantire la sicurezza dei consumatori, dei loro dati e contrastare possibili azioni di riciclaggio.

Equità, trasparenza, giustizia, partecipazione sono alcuni degli elementi assolutamente indispensabili per riacquistare la fiducia del mercato, delle cittadine e dei cittadini (e sui quali la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte).

Questi ultimi hanno attraversato due crisi (finanziaria/debiti sovrani e sanitaria) molto dure e vicine tra loro nel tempo, che ne hanno messo a dura prova la resilienza e la fiducia nelle istituzioni.

Entrambe hanno avuto pesanti incidenze sull’economia reale e la seconda anche sulle libertà personali. Rispetto alla crisi finanziaria del 2008-2009, l’attuale crisi sanitaria vede un profondo cambio di atteggiamento delle istituzioni europee: non più solo rigore, ma anche sostegno tramite risorse aggiuntive, assistenza e sussidiarietà per far sì che l’Unione europea possa tornare ad essere un leader mondiale nell’assicurare alle sue cittadine e ai suoi cittadini elevati gradi di benessere economico-sociale e della qualità della vita.

Ma le risorse finanziarie e i cambi normativi sono sufficienti a ricreare quel clima di fiducia che è essenziale per riprendere la corsa al benessere diffuso?

Occorre qualcos’altro? E in questo caso, cosa è necessario fare e con quali modalità intervenire per ‘lavorare’ di nuovo tutti insieme nella stessa direzione contribuendo alla realizzazione di politiche pubbliche sostenibili, un servizio pubblico più efficace che non tradisca le attese dei cittadini, rispetti le loro necessità e risponda alle loro priorità in modo esauriente?

Come poter facilitare la messa in atto delle politiche più consone a sviluppare interventi incisivi e decisivi per il benessere comune non solo locale o settoriale ma quanto più ampio e sostenibile possibile?

I comunicatori pubblici governativi e istituzionali hanno discusso queste tematiche assieme a rappresentanti della società civile e del mondo accademico in un workshop on line organizzato dal Club di Venezia (Club informale dei comunicatori pubblici delle istituzioni europee e degli Stati membri) in collaborazione con la Democratic Society, l'Herbert Simon Society, l'Open Government Partnership e l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE), al quale sono intervenuti oltre al Segretario generale del Club di Venezia, Vincenzo Le Voci e al Presidente  del Movimento Europeo Pier Virgilio Dastoli, responsabili per la comunicazione governativa, analisti ed esperti in politiche europee e territoriali  e specialisti in strategie di partecipazione pubblica.

Si è discusso sul ruolo della comunicazione in un contesto di mobilitazione collettiva in tempo di crisi, della necessità di sviluppare adeguati meccanismi di interazione con i cittadini e dinamiche che garantiscano un'informazione chiara, concreta, coerente e tempestiva a beneficio di tutte le fasce della popolazione e una collaborazione più tangibile al processo decisionale.

L'incontro di Giovedì 18 marzo ha anche affrontato il tema attualissimo del contrasto alla disinformazione durante la crisi pandemica, sottolineando la necessità di investire nel settore educativo (formazione continua dei comunicatori pubblici che tenga conto della rapida evoluzione del mondo digitale, collaborazione rafforzata tra autorità pubbliche e comunità scientifica, sviluppo e monitoraggio della cultura comportamentale e necessità di investimenti nei confronti del settore giovanile, con particolare riguardo verso la media literacy), in un quadro di attuazione di politiche che consentano una rapida soluzione delle crisi e un piano di recupero che potrà realizzarsi solo attraverso la fiducia e il consenso delle cittadine e dei cittadini nelle autorità pubbliche.

La comunicazione è più che mai un elemento imprescindibile per la realizzazione di strategie condivise di trasformazione "verde e digitale" dell’economia europea, inderogabili e indispensabili per uscire nel minor tempo possibile da una crisi che sta soffocando l’Unione europea.

La comunicazione, al pari della capacità professionale di chi deve attuare le riforme e delle necessarie risorse finanziarie - ingenti ma non illimitate - messe a disposizione a livello europeo e nazionale, costituisce dunque un elemento essenziale e complementare nella realizzazione delle azioni dei vari PNRR e delle politiche europee.

Nel workshop del Club è stata pertanto sottolineata la necessità di attivare subito e nella migliore modalità possibile un costante dialogo sociale per ascoltare le esigenze delle cittadine e dei cittadini e spiegare le ragioni profonde delle politiche dell’Unione e i loro benefici. Un dialogo che si auspica possa trovare concretezza e pieno riconoscimento nei lavori dell'imminente Conferenza sul Futuro dell'Europa.

Anna Maria Villa

 

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