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Newsletter n.27/2020 - La giurisprudenza europea

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Qual è il perimetro entro il quale operare per garantire la sicurezza dei cittadini? È un quesito complesso che si presta, da sempre, a un dibattito acceso. Negli ultimi decenni, in numerosi casi, ci si è trovati ad attuare misure di sicurezza che, a fronte di rischi  quale quello di attentati terroristici, se da un lato hanno ampliato i margini di intervento degli Stati per tutelare i cittadini, dall'altro rischiano di compromettere le libertà, anche quelle fondamentali. Sono i periodi di crisi quelli in cui si avverte maggiormente tale rischio e non è semplice il compito di intervenire in maniera mirata e capillare, attuando prevenzione e repressione, quando necessario. Volendoci ricollegare per un attimo al tema predominante della settimana, quello cioè relativo alla situazione turca e al contrasto attuato verso gli esponenti del Partito/Fronte di Liberazione Popolare Rivoluzionario, ritenuto un'organizzazione terroristica, è chiaro che in casi del genere i metodi attuati per tutelare la sicurezza vadano a discapito della democrazia e della libertà. Qual è inoltre una definizione univoca di “terrorismo”? È difficile fare una sintesi poiché le sue manifestazioni sono purtroppo multiformi.

Quello che però si può affermare, in linea generale, è che non si possa far ricorso in ogni momento a qualunque mezzo per la tutela della sicurezza, perché farlo contrasterebbe con il principio di proporzionalità e si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalla Carta dei diritti fondamentali. Ce lo ricorda l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione europea Campos Sánchez-Bordona, che, nelle conclusioni di alcune cause riguardanti il trattamento dei dati personali da parte di alcuni fornitori di servizi di comunicazione elettronica, ha sostenuto che “le limitazioni dell’obbligo di garantire la riservatezza delle comunicazioni e dei dati relativi al traffico ad esse correlati devono essere interpretate in maniera restrittiva e alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta”. Parimenti, afferma ancora l'avvocato generale, “nulla osta a che, in situazioni eccezionali, caratterizzate da una minaccia imminente o da un rischio straordinario tali da giustificare la dichiarazione ufficiale dello stato di emergenza, la legislazione nazionale preveda, per un periodo di tempo limitato e con le adeguate garanzie giurisdizionali, la possibilità di imporre un obbligo di conservazione di dati tanto ampio e generale quanto si ritenga necessario”.

La conservazione del dato dev'essere limitata e differenziata: bisogna cioè che siano conservati i dati “assolutamente indispensabili per la prevenzione e il controllo efficaci della criminalità e per la salvaguardia della sicurezza nazionale per un periodo determinato e differenziando in funzione di ciascuna categoria”, inoltre l'accesso agli stesso va limitato, cioè “soggetto a un controllo preventivo da parte di un giudice o di un’entità amministrativa indipendente, all’informazione delle persone interessate – purché ciò non comprometta le indagini in corso –, e all’adozione di norme che evitino l’uso indebito e l’accesso illecito ai dati”.

Per conoscere più approfonditamente l'argomento, leggendo le conclusioni dell'avvocato Campos Sánchez-Bordona, clicca qui.

 

 

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