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Newsletter n.32/2020

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Unione europea: dal male pubblico del COVID-19 al bene comune della coesione?

Il Comitato dei rappresentanti permanenti dei 27 paesi membri dell’Unione europea (COREPER) ha formalizzato il 9 ottobre 2020 l’accordo politico raggiunto da ministri europei sulla proposta di regolamento che istituisce la “struttura europea di recupero e resilienza” (European Recovery and Resilience Facility) e che dovrebbe aiutare gli Stati membri ad affrontare l’emergenza economica, provocata dalla pandemia, insieme alle altre misure decise dall’Unione europea (Commissione, BEI, BCE).

Sappiamo che questa “struttura” non coincide con la “Unione europea di nuova generazione” (Next Generation EU) ma che ne è la parte finanziaria più importante (672,5 miliardi di Euro di cui 312,5 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti su un totale di 750 miliardi).

Essa non è il “fondo europeo per il recupero” (European Recovery Fund) di cui tutti ormai parlano, un “fondo” che non esiste in natura e che rappresenta invece la semplificazione giornalistica delle misure concordate nel Consiglio europeo del 21 luglio.

La “struttura europea di recupero e di resilienza”, se la proposta di regolamento avanzata dalla Commissione europea sarà adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione secondo la procedura legislativa ordinaria dopo aver consultato il Comitato economico e sociale e il  Comitato delle Regioni, sarà fondata sugli articoli 174 e 175 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea il cui obiettivo è quello di promuovere uno “sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione” rafforzando la sua “coesione economica, sociale e territoriale” e riducendo “la differenza fra i livelli di sviluppo delle diverse regioni e il ritardo delle regioni meno favorite”.

Alla dimensione regionale si dovrebbe aggiungere a nostro avviso quella delle città (come chiese a suo  tempo Alexander Langer in una sua proposta di revisione del Trattato di Maastricht) e quella delle aree interne più volte sollecitata da Fabrizio Barca.

La scelta della base giuridica fatta dalla Commissione europea è fondamentale perché essa iscrive la nuova struttura nel quadro della politica di coesione dell’Unione europea (che, con il Trattato di Lisbona, è diventata un obiettivo anche “territoriale”), garantisce la pari dignità legislativa fra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione e aggiunge alle misure strutturali già esistenti (Fondo regionale, Fondo Sociale, FEOGA orientamento, Strumento finanziario di orientamento della pesca e Fondo per il miglioramento dell’ambiente e delle infrastrutture di trasporto) un’azione specifica con una durata per ora triennale anche se le risorse potrebbero essere erogate fino al 2026.

Tale durata potrebbe tuttavia essere estesa nel tempo se il Parlamento europeo strapperà al Consiglio dell’Unione l’accordo per una revisione a metà percorso (mid term review) del Quadro Finanziario Pluriennale e se alla fine del 2023 entreranno in vigore le nuove risorse proprie su cui sta lavorando la Commissione europea (e in particolare il commissario Paolo Gentiloni), un tema considerato dal Parlamento europeo come una condicio sine qua non per l’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale.

Vale la pena di ricordare che l’articolo 177 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che il Consiglio dell’Unione a maggioranza qualificata e il Parlamento europeo – oltre a fissare “le missioni, gli obiettivi prioritari e l’organizzazione dei fondi” – possono decidere di “raggrupparli” e ne definiscono “le regole generali, le disposizioni necessarie per assicurarne l’efficacia e il coordinamento fra di loro e con gli altri strumenti finanziari”.

Fra queste regole, possono essere definite quelle che concernono la protezione degli interessi finanziari dell’Unione europea e le sanzioni per le frodi al bilancio europeo e la violazione dei principi dello stato di diritto.

Le altre misure decise per affrontare le conseguenze della pandemia sono stare fondate su basi giuridiche diverse come:

  • la cosiddetta “Cassa di integrazione europea” (SURE) che si basa sull’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per aiutare paesi membri in gravi difficoltà, che è entrata in vigore con una decisione del Consiglio dell’Unione ed una semplice informativa del Parlamento europeo, che ha consentito il 25 settembre 2020 l’erogazione di prestiti per 16 paesi membri di 87 miliardi di EURO sui 100 miliardi stanziati per il 2020 e su cui la Confederazione europea dei Sindacati ha chiesto un rifinanziamento per tutto il 2021 accompagnato da una assicurazione comune europea contro la disoccupazione che fu proposta da Pier Carlo Padoan e su cui stanno lavorando i commissari Paolo Gentiloni e NIcolas Schmit;
  • o la linea sanitaria di credito precauzionale del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) dedicato ai paesi dell’Eurozona - per affrontare le emergenze ospedaliere e parasanitarie oggi e domani la diffusione gratuita del vaccino - un meccanismo intergovernativo legato al Two Pack del 2013 ma il cui intervento emergenziale Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni hanno confermato che non si applicheranno le condizionalità introdotte nel 2012 al fine di ottenere il rispetto della stabilità finanziaria, anche se non è stato formalmente sospeso il regolamento 472/2013 che richiede una valutazione preliminare dello stato delle finanze pubbliche del paese richiedente.

Avevamo già attirato l’attenzione sugli ostacoli esistenti nel corso del “fiume di denaro” che dovrebbe sorgere a Bruxelles e arrivare nei paesi membri.

Fra gli ostacoli avevamo ricordato il fatto che la Commissione europea potrà agire sui mercati dei capitali per creare “debito pubblico europeo” e finanziare il Next Generation EU - e con esso lo European Recovery and Resilience Facility - solo quando il Consiglio dell’Unione avrà adottato all’unanimità - e gli Stati membri avranno approvato secondo le loro regole costituzionali rispettive - l’aumento del massimale delle risorse proprie dall’1.2 al 2% del Reddito nazionale globale dell’Unione europea.

La Commissione europea ha chiesto ai governi di agire – in virtù del principio della cooperazione leale previsto dall’articolo 4 del Trattato sull’Unione europea (ma iscritto già nei Trattati di Roma su richiesta della delegazione tedesca) – affinché tale approvazione avvenga entro il 31 dicembre 2020.

Giovedì 8 ottobre è apparso nel corso del “fiume di denaro” il prevedibile e previsto ostacolo del disaccordo fra il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione sul Quadro Finanziario Pluriennale perché la presidenza tedesca ha risposto ai parlamentari europei che essa non aveva ricevuto alcun mandato dai governi per riaprire il negoziato sull’ammontare dei quindici programmi europei che sono stati decurtati dal Consiglio europeo il 21 luglio.

Parlando a nome delle cittadine e dei cittadini europei che lo hanno eletto, il Parlamento europeo non può e non deve cedere al Consiglio dell’Unione su quattro punti fondamentali:

  • L’ammontare (noi diciamo “ambizioso”) di questi quindici programmi che dovranno garantire beni comuni al di là del triennio dell’emergenza pandemica e fino al 2027 o anche al di là di questa scadenza (non dimentichiamoci della “Agenda 2030” per la realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile che richiede investimenti e politiche coerenti);
  • La clausola della revisione a metà percorso (mid term review) del Quadro Finanziario Pluriennale, essendo stata rifiutata dal Consiglio dell’Unione e dalla Commissione europea la periodicità quinquennale chiesta dal Parlamento europeo per ragioni insieme economiche e democratiche;
  • L’impegno giuridicamente vincolante sulle nuove risorse proprie che dovranno sostituire gradualmente i contributi nazionali e affiancarsi al titoli del debito pubblico europeo che alcuni vorrebbero “perpetui”, come proposto dal Movimento europeo in Italia, dal governo spagnolo e dal partito dei Verdi in Germania e come ci hanno ricordato Giovanni Tria e Pasquale Lucio Scandizzo (Il Sole 24 Ore, 10 ottobre 2020, “Verso la strada dei titoli perpetui” ), indicizzati al PIL nominale e trasformati in azionariato pubblico europeo.
  • Il rispetto dello stato di diritto da parte dei paesi membri sulla base dei valori comuni – e giuridicamente vincolanti – definiti nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, essendo tale rispetto una priorità per tutta l’Unione europea come ha sottolineato la Commissione delle Petizioni del Parlamento europeo rispondendo alla petizione 0365/2020 presentata dal Movimento europeo.

Simul stabunt vel simul cadent, si dice del Quadro Finanziario Pluriennale e del Next Generation EU.

Noi diciamo invece che un ritardo nell’approvazione del primo non deve provocare un ritardo nella partenza del secondo e che la proposta di regolamento della “struttura europea di recupero e resilienza” può essere approvata rapidamente nel tri-dialogo fra il Consiglio dell’Unione, il Parlamento europeo e la Commissione europea per avviare l’esame dei piani nazionali che i governi devono presentare alla Commissione europea entro il 15 ottobre e che devono essere approvati entro aprile 2021.

In questo difficile negoziato il Parlamento europeo ha bisogno di alleati.

Per questa ragione noi insistiamo sull’idea di “assise interparlamentari”, come quelle che si svolsero a Roma nel novembre 1990, che vengano convocate su iniziativa del  Parlamento europeo e dei parlamenti tedesco, portoghese e sloveno (i paesi del trio di presidenza dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021) e sulla convocazione da parte del Parlamento europeo di una “agora europea” come spazio pubblico di dialogo e di dibattito fra lo stesso Parlamento europeo e la società civile organizzata.

Oltre ad accelerare il dibattito europeo e le decisioni sulle risorse proprie, le assise e l’agora aiuterebbero l’avvio della discussione sul futuro dell’Europa (e non solo dell’Unione) a partire dalla Conferenza proposta nel marzo 2019 da Emmanuel Macron, una Conferenza che dovrebbe aprire la strada ad una fase costituente con la leadership del Parlamento europeo

coccodrillo

 

 


 

Le attività del Movimento europeo

Siamo ormai nel pieno delle attività che porteranno alla definizione del prossimo quadro pluriennale e della nuova programmazione europea per il settennato 2021-2027, come si è avuto modo di leggere nell’editoriale di questa settimana; settimana in cui si terrà il Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre, un momento cruciale per comprendere a che punto è la definizione degli accordi e che Vi invitiamo ad inserire nell’agenda delle priorità. Ma Vi suggeriamo anche di concentrare l’attenzione sul Consiglio Affari esteri di lunedì 12 e sul Consiglio Affari generali di martedì 13 per proseguire nel ragionamento disponendo di tutti gli elementi necessari.

Rilanciamo l’invito a firmare la petizione “Fermiamo insieme la febbre del Pianeta. Un Piano Mondiale per l’Ambiente, la Sanità, l’Immigrazione e il Lavoro. Un ruolo attivo dell’Unione Europea” promossa dall’Istituto di Studi sul Federalismo e l'Unità Europea Paride Baccarini, il Centro Einstein di studi internazionali ed Europa In Movimento. Riprendendo il testo, si individuano due punti principali, sui quali stimolare il dibattito:

“- Un ruolo di iniziativa e di avanguardia per l’Unione Europea nella conversione ecologica dell’economia e della società, nella tutela dei diritti di tutti i cittadini del Mondo, attraverso l’Istituzione di un reddito universale esteso ovviamente anche ai cittadini migranti.

- Il completamento dell’Unione Federale dell’Europa con la creazione di un governo democratico europeo responsabile innanzi al Parlamento europeo, capace di parlare con una sola voce, al fine di consentire all’Unione Europea di svolgere tale ruolo con efficacia”.

Richiamiamo poi le iniziative alle quali il Movimento europeo prende parte attiva:

Lunedì 12 ottobre, si svolgerà alle ore 11 l’update meeting del progetto RescEU; possiamo comprendere meglio le finalità di questa iniziativa dando la parola a Matteo Casling, project officer per il Movimento Europeo Italia. Questa iniziativa offre “una soluzione concreta per generare una maggiore consapevolezza delle politiche europee e di come queste vadano ad influenzare le nostre vite. La recente pandemia non ha dato vita facile al progetto, ma con le giuste precauzioni, crede che si possa assicurare un ambiente sicuro, coinvolgente e produttivo per il raggiungimento degli obiettivi che ci si è prefissi”.

Molti giovani europei”, continua Matteo, “hanno vissuto l’Europa come l’unica realtà possibile, dando per scontato anni e anni di lavoro verso il miglioramento della loro vita. Il report di Eurobarometro, "Emotions and Political Engagement Towards the EU" (2019) ha dimostrato che il 33% dei cittadini europei pensa alla UE senza provare un coinvolgimento politico e senza sentire la necessità di partecipazione anche ad eventi pubblici che potrebbero coinvolgerli in prima persona. Da questi concetti chiave, nasce il progetto “REscEU - what would life be without EU”. Il progetto è gestito dal Movimento Europeo Italia e punta a contrastare l’euroscetticismo e generare un maggiore coinvolgimento politico da parte dei giovani europei attraverso il gioco, in particolare, quello delle Escape Room. Una Escape Room è uno spazio dove i partecipanti devono raggiungere un obiettivo nel tempo prestabilito attraverso la risoluzione di enigmi e prove. Questo genere di gioco ha preso piede negli ultimi anni e solitamente tratta temi di avventura o horror. Il Movimento Europeo Italia, assieme ad altre 10 organizzazioni partner in Europa, sta lavorando per la creazione di 11 Escape Room in Europa a tema europeo. Le stanze permetteranno ai giovani partecipanti di vivere un’esperienza unica, un’Europa distopica, dove L’UE si è sciolta, in cui i giovani dovranno fare i conti con la perdita dei vantaggi dati dell’UE. Il loro obiettivo? Riunire l’UE e ritornare alla vita come la conoscono. Queste Escape room non devono solo essere un’esperienza divertente per i partecipanti, ma avranno lo scopo di insegnare e generare maggiore consapevolezza sugli effetti positivi dell’UE nella loro vita quotidiana e cosa significherebbe vivere senza di essi”.

Giovedì 15 ottobre, si terrà la 15ma edizione del RavelloLAB 2020; prevista la partecipazione del Presidente del Movimento europeo Italia, Pier Virgilio Dastoli, nell'ambito dell'incontro "Il contributo di Ravello Lab alla CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA". Nella stessa data, il Presidente prenderà parte anche alla Videoconferenza "Le 40e anniversaire du Club du crocodile. Un épisode de la construction européenne à méditer pour l’avenir", promossa dall'Unione dei Federalisti Europei della regione della Francia del Sud, in collaborazione con UEF-Francia, dedicata alla storia del Club del Coccodrillo, raccontata direttamente dalla voce del Presidente Dastoli, già assistente parlamentare di Altiero Spinelli. Dalle ore 19:00, informazioni e iscrizione https://www.uef.fr/40-ans-du-club-du-crocodile-visio-conference-avec-virgilio-dastoli

Domenica 18 ottobre si terrà a Roma, alle ore 16.00, il Premio Italia Diritti Umani 2020, promosso dalla Free Lance International Press. Sarà un’occasione per ricordare il giornalista Antonio Russo, ucciso a soli quarant’anni in circostanze ancora non chiarite nei pressi della città di Tbilisi, in Georgia. Tra i relatori, il Presidente del Movimento europeo Italia, Pier Virgilio Dastoli. Per maggiori informazioni sul programma, clicca qui.

  


 

Attiriamo la vostra attenzione

Ecco una serie di eventi importanti di questa settimana che Vi consigliamo:

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

 


 

Documenti chiave

 


 

Testi della settimana

 


 

 Carta dei diritti fondamentali

L’articolo della Carta trattato questa settimana racchiude valori fondanti per l’Unione europea. Afferma infatti che l’Unionerispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica”. È lo spunto a partire dal quale immaginare una dimensione di convivenza pacifica, di comprensione della complessità. Come si può del resto garantire ai cittadini uguaglianza di opportunità se non si assicura la possibilità di inclusione e partecipazione? Senza il rispetto della propria condizione specifica, viene a mancare un presupposto basilare per una società aperta, inclusiva e democratica.

Commentare questo articolo ci porta a comprendere meglio il fatto che l’Unione europea riconosce nella complessità un valore positivo e nella diversità un’opportunità di crescita, attraverso il dialogo. Nella sua versione inglese, questo articolo è espresso all’indicativo futuro invece che presente; come già si è avuto modo di riscontrare, ricorrere a questa modalità lascia intendere, in un testo giuridico, il fatto che si stia parlando di un obiettivo programmatico ancora da realizzare. Risulta quindi chiaro che l’articolo in questione, anche se formulato in maniera molto chiara ed essenziale, per poter essere applicato ha la necessità di essere tradotto in norme che specifichino come tale forma di rispetto possa essere garantita. Inoltre, il fenomeno della discriminazione su base culturale, religiosa e linguistica rappresenta ancora una minaccia all’affermazione dei valori europei e richiede ad oggi un forte impegno sia sociale - nella famiglia -, sia istituzionale - nelle scuole, nelle università, negli istituti religiosi - sia nelle decisioni politiche, sia con l’intervento della magistratura, affinché i principi dell’articolo 22 possano essere compiutamente affermati. Non c’è che da augurarsi, comunque, che un valore così importante possa essere trasmesso attraverso le istituzioni primarie di socializzazione piuttosto essere ricordato ogni volta che la cronaca diffonde la notizia di una nuova violazione.

 


 

La giurisprudenza europea

È noto che, a livello europeo, sono state formulate dalla Commissione una serie di nuove proposte legislative nell’ambito del nuovo patto sull’immigrazione e l’asilo. Per comprendere meglio il fatto che le direttive in vigore sul fenomeno dell’immigrazione e connessi (es.:il rimpatrio), abbiano dato luogo, per gli Stati  membri, all’esigenza di consultare la Corte di Giustizia europea, ricostruiamo l’iter di una causa che ha riguardato un cittadino colombiano, denominato “MO”. Costui è stato destinatario, il 14 gennaio 2017, di un procedimento “sommario prioritario di allontanamento immediato” da parte del commissariato di polizia di Talavera de la Reina, in Spagna. Al procedimento è seguita, il 3 febbraio 2017, una decisione di allontanamento da parte del rappresentante governativo a Toledo. Questa la motivazione alla base di tale provvedimento: a MO veniva contestato sia il soggiorno irregolare in Spagna, sia un elemento negativo nella sua condotta: “Nel procedimento principale, tali elementi si riferivano al fatto che tale persona non aveva giustificato l’ingresso in Spagna attraverso un valico di frontiera, non aveva indicato la durata del suo soggiorno in tale Stato membro ed era priva di qualsiasi documento d’identità. Inoltre, il suddetto rappresentante ha constatato che l’allontanamento non avrebbe comportato, per quanto riguarda MO, uno sradicamento familiare, in quanto egli non aveva dimostrato l’esistenza di legami con ascendenti o discendenti diretti legalmente residenti in Spagna”.

A fronte di tale decisione, MO ha presentato ricorso prima al Tribunale amministrativo di Toledo, con esito negativo e conseguente respingimento dello stesso. Successivamente, MO ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte superiore di giustizia di Castiglia La Mancia. In questa fase del giudizio, la situazione si è rovesciata. Il giudice del rinvio, infatti, ha ritenuto che “il rappresentante del governo abbia errato nel constatare la presenza di un elemento negativo nella condotta di MO. Quest’ultimo avrebbe infatti esibito, nel corso del procedimento, un passaporto valido, un visto di entrata nel territorio spagnolo nonché titoli di soggiorno fino al 2013. Inoltre, MO sarebbe radicato in Spagna tanto sul piano sociale quanto su quello familiare. Per quanto riguarda la condotta di MO, tale giudice rileva che il fascicolo sottoposto al suo esame non contiene alcun elemento negativo che si aggiunga al semplice soggiorno irregolare dell’interessato in Spagna”.

Ma questa controversia ha posto all’attenzione anche la necessità di chiarire alcuni punti della direttiva 2008/115, che “stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”; è da notare che la stessa “lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall’acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo”. Secondo una precedente sentenza del 23 aprile 2015 (C‑38/14, EU:C:2015:260) – richiamata nella sentenza di cui stiamo parlando – tale direttiva “dev’essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa di uno Stato membro che impone, in caso di soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi nel territorio di tale Stato, a seconda delle circostanze, o una sanzione pecuniaria o l’allontanamento, misure queste applicabili l’una ad esclusione dell’altra”.

Il giudice della Corte superiore di giustizia spagnola, a cui si è appellato MO, ha quindi deciso di chiedere chiarimenti sull’interpretazione di tale direttiva alla Corte di Giustizia dell’Ue, in particolare sul fatto se uno Stato membro possa basarsi direttamente su di essa per adottare una decisione di rimpatrio; il magistrato al quale si è appellato MO, nel sospendere il procedimento e rivolgersi alla CGUE, ha richiamato all’attenzione “la giurisprudenza della Corte che esclude la possibilità di applicare direttamente le disposizioni di una direttiva nei confronti di un singolo, in particolare le sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall (152/84, EU:C:1986:84), e dell’11 giugno 1987, X (14/86, EU:C:1987:275)”. Similmente, nel testo della sentenza sul caso di MO, dell’8 ottobre scorso, la CGUE ha stabilito che lo Stato membro non può basarsi su tale direttiva 2008/115 per adottare una decisione di rimpatrio “ed eseguire tale decisione, anche in assenza di dette circostanze aggravanti”.

Per conoscere più nel dettaglio i fatti leggendo tutto il testo della sentenza, clicca qui.

 

 


 

Consigli di lettura

Sergio Fabbrini, nell’ultimo anno e mezzo ha dato la possibilità di comprendere i mutamenti organizzativi nella nuova configurazione delle istituzioni europee.  È per questo motivo che portiamo alla Vostra attenzione il testo “Prima l’Europa – È l’Italia che lo chiede”, pubblicato dalle edizioni Il Sole24Ore. Come si apprende consultando il sito web del più importante quotidiano di economia italiano,  “Attraverso il racconto cronologico l'autore illustra il funzionamento di un'organizzazione cruciale per lo sviluppo economico e la stabilità democratica del nostro continente, eppure poco conosciuta per la sua complessità istituzionale e funzionale.Come è possibile che l'Unione europea sia così poco conosciuta? Come spiegare ciò che avviene in Europa in modo da aumentare la consapevolezza pubblica sulle scelte fatte o da fare?”.

Sergio Fabbrini si è quindi concentrato sul tema delle interdipendenze tra gli Stati membri dell’Ue, “sul suo sistema decisionale, sulle implicazioni delle politiche pubbliche dell'Unione. Dopo tutto, ricordava Luigi Einaudi, occorre conoscere per decidere”.

 

Questa settimana ci occupiamo anche di un altro tema particolare, che permette di creare un collegamento tra un’area di ricerca settoriale ed una riflessione generale su una delle politiche su cui si basa la coesione europea e la fiducia nell’integrazione futura. Il settore è quello della sicurezza dei cittadini; come più volte ricordato, essa si colloca nella riflessione sullo Spazio europeo di Libertà, sicurezza e giustizia, il cosiddetto “terzo pilastro”, metafora utilizzata per parlare dell’integrazione europea fino al Trattato di Lisbona. Ci confrontiamo quindi con uno studioso, il Dott. Luigi Mariano Guzzo, assegnista di ricerca in Diritto ecclesiastico e canonico presso il Dipartimento di Giurisprudenza, Economia e Sociologia dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro – dove insegna anche Storia del diritto canonico e Beni ecclesiastici e beni culturali -, partendo dalla sua recente pubblicazione, intitolata “L’assistenza religiosa alle forze armate nello spazio giuridico europeo” (Wolters Kluwer – Cedam, 2019). Il colloquio con l’autore si è rivelato molto interessante proprio per questa dinamica induttiva, dal particolare al generale, che è stata l’occasione per conoscere un argomento forse poco noto e posizionarlo nel crogiuolo delle iniziative che promuovono l’unità europea.

Per leggere il testo dell’intervista, a firma del giornalista Massimiliano Nespola, responsabile di questa newsletter, clicca qui.

 

 


 

 Agenda della settimana

 

Monday 12 October

 

Tuesday 13 October

 

Wednesday 14 October

 

Thursday 15 October

 

Friday 16 October

 

 

 

 

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