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Newsletter n.5/2021 - LE EMERGENZE ITALIANE E L’AGENDA EUROPEA

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Nella sua decisione di tentare la via di un “governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”, affidando poi a Mario Draghi il difficile compito di assumerne la guida, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha indicato tre gravi emergenze: la lotta alla pandemia, il piano per l’utilizzo dei finanziamenti europei e i problemi sociali.

Le politiche necessarie per rispondere a queste gravi emergenze richiedono una visione a medio termine delle priorità per il paese, una capacità di programmazione a livello centrale, un’approfondita conoscenza del funzionamento degli apparati dello Stato e un consenso ampio nella società italiana che esca dalle aule parlamentari e coinvolga i settori più importanti della nostra vita economica, sociale e culturale a cominciare dal mondo della produzione (lavoratori e imprenditori).

Queste politiche fanno parte di un sistema di governance multilivello[1] che va dalla dimensione locale delle città fino al sistema della cooperazione internazionale, con al centro il processo di integrazione europea, al cui interno gli interessi nazionali possono essere salvaguardati solo a condizione che tutti gli attori istituzionali del processo (i governi nel Consiglio, le forze politiche nel Parlamento Europeo, i “ministri europei” nella Commissione europea, i giudici nella Corte “suprema” dell’Unione) cooperino lealmente fra di loro partendo dalla convinzione che, in un mondo globalizzato, gli Stati europei sono più forti insieme nel quadro di una sovranità condivisa e non separati nella contrapposizione fra apparenti sovranità nazionali.

Sta qui la differenza essenziale fra i cosiddetti sovranisti e coloro che si proclamano europeisti, una differenza che rende impossibile l’alleanza fra gli uni e gli altri nel Consiglio dei governi, nel Parlamento europeo delle forze politiche, nella Commissione europea multinazionale e nella Corte dei giudici creando quella linea di divisione fra innovatori e immobilisti (per usare un’espressione più adatta al mondo di oggi  che a quello del 1941) che fu posta da Altiero Spinelli a conclusione del Manifesto di Ventotene per un’Europa libera e unita.

Per questa ragione, noi riteniamo che sia altrettanto impossibile in Italia un’inedita formula politica che si traduca in una alleanza fra i sovranisti (che difendono l’idea di “un governo che vada a trattare a Bruxelles per difendere gli interessi dell’Italia” come ha dichiarato Matteo Salvini uscendo dall’incontro con Mario Draghi) e gli europeisti (che difendono l’idea di una Unione europea fondata sul modello di una sovranità condivisa con un governo europeo della globalizzazione nei settori in cui gli Stati nazionali non sono in grado di agire ciascuno per sé).

Quest’inedita alleanza configgerebbe inevitabilmente con la collocazione europea della Lega nel gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo, che ha raccolto nel 2019 l’eredità dell’Europa delle Nazioni e a cui appartengono il Rassemblement National di Marine Le Pen, Alternative für Deutschland di Joerg Meuthen e Alexander Gauland, il Vlaams Belang in Belgio e il Freiheitliche Partei in Austria.

Poiché anche i sovranisti si proclamano oggi europeisti, vale la pena di chiarire che l’europeismo non è un concetto astratto (-ismo, ci dice l’Enciclopedia Treccani, è un suffisso di molti vocaboli astratti) o un esercizio di stile - simile ai novantanove racconti della stessa storia di Raymond Queneau - ma si traduce oggi nella condivisione di almeno cinque priorità che sono propedeutiche allo sviluppo dell’Unione europea in vista della riapertura del dibattito sul futuro dell’Europa:

  • Il superamento del voto all’unanimità nel Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo e nel Consiglio dei ministri nazionali con il conseguente rafforzamento dei poteri legislativi e di bilancio del Parlamento europeo per rendere l’Unione europea più efficace e più democratica;
  • l’attribuzione all’Unione europea di competenze concorrenti con quelle degli Stati nazionali in politiche che richiedono una sovranità condivisa e che sono ora largamente di competenza nazionale (salute, sociale, industriale, migratoria, protezione civile, digitale, tecnologica, estera) o di competenze esclusive nello spazio di libertà e di sicurezza e nella cooperazione allo sviluppo con una interpretazione dinamica e non paralizzante del principio di sussidiarietà;
  • uno ius soli europeo come conseguenza del principio della accoglienza e lo sviluppo di una vera cittadinanza europea nella consapevolezza che essa è posta a fondamento del principio di non-discriminazione di tutte le persone che risiedono nell’Unione europea;
  • la capacità fiscale dell’Unione europea autonoma da quella dei bilanci nazionali per dotare il bilancio europeo delle risorse proprie necessarie e di “debito buono” per garantire beni pubblici a dimensione europea;
  • il rispetto dello stato di diritto, come condizione per aderire e/o appartenere all’Unione europea, così come declinato nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ed in coerenza con i principi della Carta delle Nazioni Unite nelle relazioni con i paesi terzi.

Se il nuovo governo italiano volesse dare un segnale inequivoco della volontà di gestire le ingenti risorse europee in conformità agli obiettivi della sostenibilità sociale e ambientale, dovrebbe presentare alla Commissione europea un piano per la ripresa (Recovery Plan) la cui premessa sia fondata su una visione a medio termine, su una capacità di programmazione e su un ampio consenso della società italiana.

Se il nuovo governo italiano volesse contribuire a creare nell’Unione europea una alleanza di innovatori-europeisti in vista del dibattito sul futuro dell’Europa dovrebbe presentare al Consiglio europeo del 25 e 26 marzo, reiterandole nell’ambito delle riunioni di concertazione europea dei ministri del G20 e sottoponendole alle riunioni della società civile del C20 e dei think tank del T20, le cinque priorità più sopra indicate, chiedendo alle forze politiche europeiste che gli daranno la fiducia nel parlamento italiano di sostenerle nel Parlamento europeo.

 

[1]    Mario Draghi aveva scritto il 9 luglio 2009 su L’Osservatore romano, commentando l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, che la proposta è quella di “affidare il governo della globalizzazione a una autorità policentrica costituita da più livelli e da piani diversi e coordinati fra loro, non fondata esclusivamente sui poteri pubblici ma anche su elementi della società civile”

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