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Newsletter n.6/2021 - La giurisprudenza europea

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Vi proponiamo, questa settimana, una sentenza interessante perché entra nel merito delle modalità di applicazione del mandato d'arresto europeo, uno degli istituti che rappresentano un caposaldo per l'affermazione della cooperazione giudiziaria. La Grande Sezione della Corte, il 17 dicembre 2020, ha infatti emesso una sentenza che fornisce alcuni chiarimenti rispetto a tale questione: è possibile eseguire un mandato d'arresto europeo quando la richiesta provenga da un Paese – nel caso specifico, la Polonia – in cui c'è ragione di ritenere che la situazione interna relativa allo stato di diritto sia tale da non garantire l'indipendenza del potere giudiziario? Già in altri casi ci siamo occupati del rispetto dello stato di diritto nei nuovi Stati membri, là dove effettivamente esistono criticità non di poco conto.

In questo caso, si è trattato di arrivare a dei chiarimenti rispetto ad una richiesta di mandato d'arresto europeo partita dalla Polonia nei confronti di due cittadini di questo Stato che si trovavano in Olanda. A supporto dei dubbi del giudice che ha rinviato la questione alla Corte, nel testo della sentenza si rinvengono le motivazioni alla base di tali perplessità e, per opportuna conoscenza, le riportiamo qui di seguito. Si tratta dei seguenti punti:

la sentenza del Sąd Najwyższy (Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych) (Corte suprema, sezione per il lavoro e la previdenza sociale), del 5 dicembre 2019, nella quale detto organo giurisdizionale, pronunciandosi nella controversia che ha dato luogo alla domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑585/18, ha dichiarato che il Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia) non era, nella sua attuale composizione, un organo imparziale e indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo;

il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica di Polonia (causa C‑791/19) e l’ordinanza della Corte dell’8 aprile 2020, Commissione/Polonia (C‑791/19 R, EU:C:2020:277);

l’adozione, il 20 dicembre 2019, da parte della Repubblica di Polonia, di una nuova legge relativa al sistema giudiziario, entrata in vigore il 14 febbraio 2020, che ha indotto la Commissione ad avviare, il 29 aprile successivo, una procedura di infrazione inviando a tale Stato membro una lettera di diffida riguardante detta nuova legge, e

lo svolgimento di un’udienza, il 9 giugno 2020, dinanzi al Sąd Najwyższy (Izba Dyscyplinarna) (Corte suprema, sezione disciplinare), riguardante la revoca dell’immunità penale di un giudice polacco e la pronuncia di una sentenza nella stessa data”.

Secondo la Corte, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d’arresto europeo verso un Paese in cui si ritenga che vi siano carenze nell'indipendenza della magistratura “non può negare la qualità di «autorità giudiziaria emittente» [...] senza effettuare una verifica concreta e precisa che tenga conto, in particolare, della situazione individuale di detta persona, della natura del reato di cui trattasi e del contesto fattuale nel quale si inserisce detta emissione, ivi comprese le dichiarazioni di autorità pubbliche che possano interferire nel trattamento da riservare a un caso individuale”. Ciò implica quindi che spetti alle autorità olandesi effettuare le opportune verifiche previste nella sentenza, anche se, come si può notare sfogliando il testo della stessa, qualche forma di verifica era stata tentata senza ottenere risposta da parte della Corte suprema polacca. Si apprende infatti, leggendo la sentenza, che “il pubblico ministero ha [...] posto un quesito riguardante il Sąd Najwyższy (Corte suprema) all’autorità giudiziaria di emissione del mandato d’arresto europeo in questione nonché, per il tramite di Eurojust, allo stesso Sąd Najwyższy (Corte suprema), senza tuttavia ottenere risposta”.

Ciò testimonia che ci si trovi di fronte ad un caso di particolare interesse rispetto alle modalità concrete attraverso cui applicare la sentenza della Corte di Giustizia europea: c'è ragione di ritenere che la suddetta attività di verifica sia di particolare complessità.

Per approfondire, clicca qui.                                                       

 

 

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