Newsletter 27 Aprile/2021 - PILLOLE D'EUROPA

Stampa
Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Ricordiamo la Liberazione dal nazi-fascismo e resistiamo insieme contro ogni estremismo razzista

Le istituzioni delle democrazie nate o rinate in Europa alla fine della Seconda guerra mondiale sono state concepite dalla buona politica e rappresentano - insieme all’impegno costante della società civile - la più potente difesa immunitaria contro i rischi di tentazioni totalitarie o autarchiche.

Il progetto di un’Europa unita, immaginato con lungimirante visione da Spinelli, Rossi e Colorni a Ventotene nel 1941, ha attratto a sé con la forza di un magnete le nuove democrazie nazionali nel dopo-guerra ed ha accelerato la fine dei totalitarismi fascisti in Grecia, Portogallo e Spagna e dei totalitarismi comunisti nell’Europa centrale e Orientale.

Enumeriamo i principi fondamentali della nostra Carta repubblicana: diritti inviolabili dell’uomo e doveri inderogabili di solidarietà; uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzioni di sesso, di razza, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; diritto al lavoro; unità e indivisibilità della Repubblica; ripudio della guerra e impegno a promuovere e favorire le organizzazioni internazionali che mirano ad assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni.

Molti di questi principi fanno oggi parte delle costituzioni dei paesi membri dell’Unione europea e del patrimonio giuridico di tutta l’Unione e la violazione - grave e persistente di diritti fondamentali - deve essere sanzionata dalle istituzioni europee sulla base di un principio previsto nel progetto Spinelli del 1984, che rappresenta nello stesso tempo un antidoto ed un deterrente contro eventuali tentazioni antidemocratiche in uno Stato membro.

Noi siamo convinti che l’esistenza stessa dell’Unione europea ci renda immuni da degenerazioni fasciste e dal rischio che tornino al potere nei nostri paesi dittatori come Hitler, Mussolini, Franco, Salazar o Papadopoulos.

L’Europa, tuttavia, non è ancora immune dalle metastasi del fascismo che assumono la forma evidente del razzismo e della xenofobia o della negazione di diritti collettivi di minoranze etniche, culturali e religiose o anche la forma di esasperazioni nazionaliste o protezioniste.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali è diventata giuridicamente vincolante, gli opting out rivendicato non hanno resistito alla giurisprudenza della Corte di Giustizia che vale su tutto il territorio dell’Unione.

Affinché l’Europa ci renda immuni dalle metastasi del fascismo, dovremo riflettere sul rafforzamento del patrimonio costituzionale europeo per renderlo pienamente conforme a quel che è garantito oggi a livello nazionale: pensiamo ad esempio ai doveri della solidarietà ma soprattutto a quell’insieme dei diritti collettivi che non si concretizzano solo nell’esercizio collettivo di diritti individuali ma che riguardano le comunità che a vario titolo compongono le nostre società.

Pensiamo a forme più compiute e avanzate di democrazia partecipativa, paritaria e di prossimità che rafforzino e accompagnino lo sviluppo della democrazia rappresentativa.

Per combattere le metastasi del fascismo dobbiamo in primo luogo e subito combattere le pulsioni estremiste che sono emerse in molti paesi europei e che hanno assunto talvolta connotazioni razziste.

Mentre la parola razza viene dal latino ratia che a sua volta deriva da ratio nel senso di "natura, qualità, condizione" riferita ad una serie di soggetti (uomini ed animali), la parola razzismo viene dal francese racisme e si è diffusa in Italia durante il fascismo per indicare soprattutto le teorie di coloro che ritenevano che l’umanità fosse divisa in razze superiori e razze inferiori, le prime – pure – destinate al comando e le seconde destinate alla sottomissione.

Il fascismo – con decisioni e azioni non difformi da quel che avveniva in Germania sotto il nazismo – aveva introdotto le leggi a difesa della razza ispirandosi a chi aveva già teorizzato nel diciannovesimo secolo l’ineguaglianza delle razze umane (Gobineau) o la superiorità della razza ariana (Chamberlain), una drammatica e folle idiozia che costò poi la vita a milioni di persone nel ventesimo secolo.

Da ricordare la rivista "La Difesa della razza", edita nel 1938 a cura di Interlandi e Giorgio Almirante (il futuro leader del Movimento Sociale Italiano), che tentò di "illustrare" per il fascismo la politica razzista tradottasi poi nelle leggi razziali.

Purtroppo, la concezione di un’umanità divisa in razze (superiori e inferiori) e l’intolleranza razzista non sono state spazzate via con la fine della Seconda guerra mondiale ma restano fenomeni diffusi in molte delle nostre società.

Chi si ricorda, del resto, che nell’antica Grecia i razzisti venivano chiamati "xenofobi", che vuol dire letteralmente "terrorizzati dallo straniero", il che dimostra che sono proprio gli xenofobi che sono o si sentono inferiori rispetto allo straniero.

Quando lo scienziato ebreo Albert Einstein giunse negli Stati Uniti per sfuggire alla barbarie nazista, uno stupido doganiere gli chiese a quale razza egli appartenesse ed Einstein rispose "umana" volendo significare che tutta l’umanità appartiene a un’unica razza, senza distinzioni di sesso, di colore della pelle, di origine etnica o sociale, di caratteristiche genetiche, di lingua, di religione o di convinzione personale, di opinioni politiche, di appartenenza ad una minoranza nazionale, di nascita, di disabilità, di età o di orientamento sessuale.

Così recita l’articolo 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, che costituisce uno dei valori fondamentali della "casa comune" che si è andata creando fra gli Europei dalla fine della Seconda guerra mondiale in poi.

Dobbiamo essere orgogliosi di questi valori comuni e difenderli – nel nostro interesse e in quello dei nostri vicini.

 

PER APPROFONDIRE:

 
*********
 
 

Inerzia dolosa

Questa settimana nel Mar Mediterraneo si è consumata l’ennesima strage di migranti che dal continente africano cercavano di raggiungere le coste della nostra Europa.

In zona Sar libica, un grande gommone grigio, si è rovesciato riversando in mare gli oltre cento occupanti, i cui cadaveri sono stati avvistati da un‘imbarcazione dell’ONG SoS Mediterranée e da alcuni mercantili di passaggio nell’area.

Secondo l’ONG francese, le autorità marittime libiche avrebbero ignorato la richiesta di aiuto di ben tre imbarcazioni presenti nell’area, in quelle ore colpita da forte maltempo. A negare il soccorso, dalle dichiarazioni di Sea Match Iinternational sarebbe stato anche il centro di soccorso nazionale di Roma e la stessa Agenzia Frontex, la quale avrebbe sorvolato l’area con uno dei suoi mezzi aerei senza accorgersi dell’imbarcazione in difficoltà.

Secondo i membri dell’equipaggio dell’imbarcazione Ocean Viking, appartenente alla ONG SoS Mediterranée, ci sarebbe stata anche un'altra imbarcazione con circa quaranta migranti a bordo in balia del maltempo: il timore è che anch’essi possano essere annegati a seguito di un naufragio.

Anche oggi, a seguito dell’ennesimo evento di morte, continuiamo a domandarci quanto tempo dovrà ancora passare e quanti morti dovranno ancora esserci nel Mar Mediterraneo, per spingere i governi nazionali dei Paesi europei a riformare in modo efficace il sistema di controllo delle frontiere esterne.

L’Agenzia Frontex, preposta alla gestione ed al coordinamento delle guardie di frontiera e posta al centro degli attuali progetti di riforma del sistema emersi dallo European Pact on Migration del 2020, continua a mostrarsi inadeguata a fornire risposte immediate alla questione migratoria.

L’Agenzia costituisce oggi un mero strumento di coordinamento e supporto ai Paesi membri, con il fine primario di coadiuvare le autorità nazionali nel controllo delle frontiere, restando fermamente ancorata a macchinose, lunghe, forse anche arrugginite, dinamiche intergovernative, tipiche della sua forma iuris di agenzia decentrata.

Si auspica che vengano superate tali dinamiche, per costituire un “Ente” europeo che si occupi in “autonomia”, nel rispetto delle indicazioni date dalla Commissione, del controllo delle frontiere esterne e delle eventuali operazioni di soccorso, senza dover attendere le lungaggini burocratiche e tecniche, attualmente necessarie ad attivare qualsiasi intervento operativo.

Infatti, potenziare uno strumento nato zoppo nel lontano 2004, senza riformarlo, significa semplicemente rendere più evidente il suo andamento claudicante, significa tentare di aiutare un compatto “esercito” di disperazione e fragilità con un manipolo di litigiosità e attese.

Solo un Rappresentante istituzionale di un’Unione europea coesa, solidale e realmente sovranazionale potrà infatti tendere una salda mano a coloro che rischiano ogni giorno di morire nel mare nostrum.

 

Erasmo Mancini