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Newsletter 2 Settembre/2024 - L'EDITORIALE

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QUALE GOVERNO E QUALE BILANCIO PER IL FUTURO DELL’EUROPA

Si è conclusa il 30 agosto 2024 la quinta fase della lunga procedura che dovrà condurre l’Unione europea a dotarsi dell’embrione ermafrodita di un governo europeo.

Esso è a metà strada fra l’esecutivo tecnico immaginato da Jean Monnet come amministrazione europea nelle mani delle amministrazioni nazionali da cui sollecitare regolarmente il loro consenso unanime rigorosamente svincolato dal controllo dell’assemblea parlamentare ed un esecutivo politico responsabile delle politiche comuni come una originale istituzionale sovranazionale con poteri limitati ma reali chiamata a rispondere davanti ad un vero Parlamento.

Questa lunga fase è iniziata con i congressi dei partiti europei che hanno adottato generali - se non generiche - promesse elettorali, indicando in alcuni casi (PPE, S&D, Sinistra e Verdi) i propri candidati di punta alla presidenza della Commissione europea secondo il sistema degli Spitzenkandidaten, non previsto ma non vietato dal Trattato; è proseguita con le elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 che hanno confermato l’egemonia dei popolari rendendo insieme inevitabile l’accordo della storica “grande coalizione” ed escludendo dalla maggioranza le forze anti-sistema europeo; è continuata con la scelta di Ursula von der Leyen come candidata a succedere a sé stessa; ed è sfociata infine nel voto a larga maggioranza del 18 luglio 2024 nel Parlamento europeo che le ha dato la fiducia anche sulla base delle sue priorità politiche che qui ricordiamo (LINK).

Dal 18 luglio 2024 si è aperta la caccia alle candidature nella futura Commissione europea, che secondo il Trattato di Lisbona (art. 17.5) avrebbe dovuto essere composta da un numero inferiore a quello degli Stati membri ma che i governi – smentendo sé stessi dopo il referendum irlandese del 12 giugno 2008 – decisero di mantenerne la composizione con un numero di commissari pari a quello degli Stati membri.

Le discussioni sugli equilibri politici all’interno della futura Commissione sono sufficientemente note alle nostre lettrici e ai nostri lettori che sanno come le scelte dei candidati sono  fatte sulle basi dei “suggerimenti” degli Stati membri anche se tutta la lista dei candidati viene poi adottata dal Consiglio “di comune accordo con il Presidente della Commissione”, che il Trattato nulla prevede per quanto riguarda l’equilibrio di genere e quello fra le forze politiche limitandosi a dire che i candidati sono scelti per la loro competenza generale (europea), il loro impegno europeo e la loro indipendenza (dagli interessi nazionali).

Ci si può e ci si deve dunque adontare per il fatto che è prevedibile che ci sarà un forte squilibrio di genere e che i governi hanno praticamente ignorato la richiesta di Ursula von der Leyen di indicare una doppia candidatura uomo/donna. Ma la stessa Ursula von der Leyen avrebbe potuto e dovuto usare i propri contatti informali con i Capi di Stato o di governo per garantire il relativo equilibrio (12 su 27) nella Commissione uscente.

Ci si può adontare – e qualcuno lo ha già fatto – che gli equilibri politici nella maggioranza che ha dato la fiducia alla Presidente non saranno rispettati nella scelta dei commissari sapendo che nella Commissione uscente c’erano inizialmente nove popolari e nove  socialisti. Ma abbiamo  ricordato che i candidati sono “suggeriti” dagli Stati e sappiamo che dal 2019 al 2024 i governi a trazione socialista o con presenza socialista hanno lasciato progressivamente il posto a più governi a trazione popolare o conservatrice.

L’equilibrio politico potrà essere garantito solo nella cosiddetta ripartizione dei “portafogli” che è formalmente nella esclusiva responsabilità della Presidente che “decide l’organizzazione interna delle Commissione al fine di assicurare la coerenza, l’efficacia e la collegialità della sua azione” concretizzandola nelle “lettere di missione” indirizzate ad ognuno dei suoi colleghi e nominando dei vicepresidenti oltre all’Alto Rappresentante senza che sia specificato nel Trattato quanti debbano essere e se essi debbano essere “esecutivi” o di “coordinamento”.

Il Parlamento europeo -  come ha fatto in passato usando la propria autonoma decisione di sottoporre i singoli candidati commissari ad un rigoroso esame sulla competenza, l’impegno europeo e l’indipendenza – potrà molto difficilmente modificare lo squilibrio di genere o quello politico; ma dovrà intervenire con determinazione sulla preparazione del programma della legislatura a partire dalla definizione degli orientamenti per le singole politiche e delle priorità di metodo prima che esso venga presentato al voto dell’aula (art. 17.7) come conseguenza dell’approvazione di tutta la Commissione esprimendo la sua volontà politica che potrebbe non coincidere necessariamente con quella espressa dal Consiglio europeo nella “agenda strategica 2024-2029”.

Ci sono in questo quadro alcune scelte essenziali che determineranno il destino della legislatura e il futuro dell’Unione europea, che sono state in parte indicate da Ursula von der Leyen nel suo discorso  del 18 luglio 2024 e che appaiono nel “rapporto Letta” sul mercato interno (LINK) e nel prossimo “rapporto Draghi” sulla competitività per il quale disponiamo per ora solo del discorso pronunciato a La Hulpe il 16 aprile 2024 (LINK) e l’ottima anticipazione pubblicata da Marco Bresolin su La Stampa il 29 agosto 2024 (LINK).

Sulla base delle priorità che abbiamo indicato più volte come Movimento europeo, vorremmo sintetizzare qui alcune riflessioni e proposte che riguardano sia le priorità politiche che il metodo di lavoro delle istituzioni.

Un dossier sarà determinante per il lavoro e il ruolo della Commissione europea fino a che la riforma dell’Unione non farà uscire il sistema europeo dalla forma ermafrodita voluta dalla Convenzione sul futuro dell’Europa nel 2003 dove fu determinante il ruolo di interdizione dei rappresentanti dei governi nazionali con una forma resa ancora più ibrida nel passaggio dal trattato-costituzionale del 2004 al Trattato di Lisbona del 2009.

Esso riguarda il Quadro Finanziario Pluriennale, il cui programma scade alla fine del 2027 dopo la modesta revisione di metà percorso nel febbraio 2024 e che farà seguito alla conclusione del piano denominato Next Generation EU che terminerà ineluttabilmente il 31 dicembre 2026.

Il Quadro Finanziario Pluriennale è l’atto politico ed economico più importante dell’Unione europea perché esso determina

  • l’ambizione e lo sviluppo delle politiche comuni,
  • le condizioni per la loro implementazione,
  • la garanzia di beni pubblici/comuni a dimensione europea o in un equo partenariato fra l’Unione europea e gli Stati,
  • gli strumenti per la convergenza delle economie nazionali e regionali come premessa per la competitività della economia europea,
  • nelle nuove circostanze geopolitiche i mezzi per sostenere le riforme interne nei paesi candidati,
  • e le risorse per dotare l’Unione europea di una crescente autonomia strategica ivi compreso un sistema permanente per l’introduzione di un debito pubblico europeo i cui interessi siano a carico del bilancio europeo (sulle risorse proprie vi ricordiamo le proposte del Movimento europeo e del Centro Studi sul Federalismo LINK).

Fin dai trattati di Roma era scritto che le Comunità europee prima e l’Unione europea che esse avrebbero dovuto dotarsi  “dei mezzi necessari per raggiungere i loro obiettivi e per realizzare le loro politiche” (art. 311 TFUE).

Sappiamo che – superato il periodo transitorio in cui il bilancio ancora annuale era finanziato dalle risorse provenienti dalla tariffa esterna comune, sconfitta da Charles de Gaulle la strategia federalista del Presidente della Commissione europea Walter Hallstein di finanziare il bilancio con risorse proprie e cioè con tasse europee  e divenute inadeguate le risorse “improprie” derivanti da un’aliquota delle imposte indirette armonizzata – il bilancio divenuto pluriennale prima quinquennale nel 1988 e poi per quattro volte settennale dal 1993 è in larghissima parte finanziato dai contributi nazionali degli Stati sulla base del loro PNL creando le due, solo apparenti, categorie di contributori e beneficiari netti.

Qualcuno  definì il Next Generation EU, nato dalle conseguenze della pandemia, un “momento hamiltoniano” facendo riferimento al bilancio federale dei futuri Stati Uniti d’America perché la Commissione europea fu autorizzata a finanziarsi sui mercati dei capitai creando un provvisorio debito pubblico europeo che – se non cambieranno le modalità di finanziamento europeo – dovrà essere rimborsato dagli Stati membri nella parte relativa alle sovvenzioni e non ai prestiti dimenticando che Alexander Hamilton decise di prendere a carico della federazione statunitense non solo i debiti  pubblici delle ex colonie provocati dalla guerra di indipendenza ma anche di creare imposte federali per finanziare il bilancio federale.

Il Parlamento europeo dovrebbe avvisare formalmente e con urgenza la Commissione europea - che si è assunta dal 1988 la responsabilità non prevista dai Trattati di presentare al Consiglio e alla Assemblea una progetto sulle “prospettive finanziarie pluriennali” - che esso sarà disponibile a sedersi al tavolo dei negoziati con il  Consiglio sul regolamento, che fissa il quadro finanziario annuale a partire dal 2028 e che esigerà la sua approvazione senza cui non ci  sarà nessun regolamento e nessun bilancio annuale ma solo dodicesimi provvisori (art. 312.4 TFUE), solo a condizione che

  • le prospettive abbiano una durata quinquennale (art. 312.1 TFUE),
  • sia l’ammontare delle spese necessarie alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea fino al 2032 a determinare il livello delle entrate e non il contrario,
  • le spese debbano essere finanziate integralmente da risorse proprie (art. 311 TFUE) senza pregiudizio di altre entrate,
  • la proposta di regolamento preveda un accordo interistituzionale che contenga le “misure necessarie per facilitarne l’adozione” (art. 312.5 TFUE) ivi compreso un metodo di cooperazione fra il Consiglio e il Parlamento sulle risorse proprie europeo che garantisca nei fatti l’applicazione del principio democratico “no taxation without representation”  e la possibilità che il Consiglio europeo adotti alla unanimità “una decisione che autorizzi il Consiglio a votare a maggioranza qualificata” (art. 312.2 TFUE).

Il Parlamento europeo dovrebbe anche annunciare che la sua approvazione del regolamento che fissa il quadro finanziario pluriennale sarà condizionata da prospettive economiche tali da rispondere ai reali bisogni dell’Unione europea, dei paesi candidati e delle relazioni con le organizzazioni regionali vicine con particolare riferimento ad un Piano strategico con l’Unione africana.

Come avvenne nel 1979 quando il conflitto fra il Consiglio e il Parlamento europeo sul bilancio per l’esercizio del 1980 - chiamato a rispondere alle sfide interne dell’integrazione monetaria, alle crescenti diseguaglianze a cominciare dalla disoccupazione strutturale, allo sviluppo delle nuove tecnologie, ai segnali di un ambiente progressivamente deteriorato e al dramma della fame nel mondo – sfociò nell’atto di “insurrezione parlamentare” del voto di rigetto del progetto di bilancio presentato dai governi e poi nella decisione della assemblea di assumersi una autonoma responsabilità per far cambiare rotta alle Comunità europee paralizzate dal metodo funzionalista di Jean Monnet, così la maggioranza dell’Assemblea dovrà essere pronta a rispondere alle pulsioni nazionaliste di molti governi aprendo la via ad un processo costituente.

Ventotene, 2 settembre 2024coccodrillo

 

 

  

 

 

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