La Carta dei diritti fondamentali si sofferma sul tema del lavoro in numerosi articoli. Ma ce n’è uno, l’articolo 15, che sintetizza quali siano i principi alla base del diritto al lavoro e alla libera circolazione dei lavoratori nello spazio Schengen. Come già si è visto, il perimetro di applicazione di tali diritti è alquanto esteso, perché si rivolge ad ogni individuo, includendo perciò sia ogni cittadino dell’Unione, come recita il comma 2, sia i cittadini dei paesi terzi autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri, comma 3. Ma partiamo dall’inizio: l’articolo 15 inizia con l’affermare che “ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata”. Questo è già di per sé un comma che afferma non solo il diritto al lavoro, quando quello a scegliere liberamente la propria attività, opponendosi quindi al lavoro forzato e a tutte le possibili forme di costrizione e condizionamento di cui ancora oggi purtroppo le cronache quotidiane confermano l’esistenza. Inoltre, non facendo riferimento al territorio dell’Unione, che pure è quello di applicazione della Carta, sembra voler affermare un principio universale che dovrebbe poter valere ovunque nel mondo.
Lo spazio europeo viene menzionato invece nei commi 2 e 3, quando si afferma che la libertà, più che il diritto, di “cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro” è garantita per tutti i cittadini europei. Non solo. Come si è detto, il comma 3 è dedicato ai cittadini dei paesi terzi, i quali, se “autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri, hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione”. In poche righe vengono sintetizzati una serie di principi che, se applicati, possono da un lato contribuire a sviluppare un concetto di lavoro dignitoso, dall’altro generare benessere per la collettività: i cittadini dovrebbero essere infatti ulteriormente rassicurati dal fatto di sapere che i loro acquisti avvengono al termine di un ciclo produttivo sano e rispettoso dei diritti dei lavoratori.