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Newsletter n.36/2020

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Dall’unilateralismo all’interdipendenza

Il risultato nelle elezioni presidenziali statunitensi del 3 novembre che ha premiato Joe Biden e Kamala Harris è in primo luogo una buona notizia per gli Stati Uniti dopo i quattro anni dell’amministrazione Trump e dopo i mesi drammatici della pandemia che ha posto il paese al più alto livello di contagi e di morti.

Quando Donald Trump uscirà dalla Casa Bianca il 20 gennaio, la democrazia americana riacquisterà la sua vitalità che è garantita dal sistema federale, dal controllo e bilanciamento reciproco (check and balance) teorizzato da Montesquieu per evitare l’assolutismo e salvaguardare le libertà dei cittadini e incardinato nella costituzione americana escludendo la radicalizzazione del bipartitismo all’interno di un sistema politico dove la distanza fra repubblicani e democratici si acuisce alla viglia delle elezioni presidenziali ma si riduce quando il nuovo presidente si insedia alla Casa Bianca lasciando il posto a differenze talvolta sostanziali all’interno dei due partiti in politica economica e nelle relazioni internazionali.

Per queste ragioni, una decisione della Corte Suprema a favore della pretesa di Trump di cancellare il risultato elettorale – considerato corretto da tutti gli osservatori internazionali – rappresenterebbe un vulnus gravissimo della Costituzione americana.

In secondo luogo è una buona notizia per chi sostiene i principi della democrazia liberale su cui è stata fondata la rivoluzione americana alla fine del diciottesimo secolo e che hanno ispirato le democrazie in statu nascendi nel mondo.

Si tratta di una sconfitta della ideologia della sovranità assoluta propagandata da Donald Trump (America first, secondo lo slogan usato da Woodrow Wilson nella campagna presidenziale del 1916), servita di esempio in altri regimi in tutti i continenti e sfruttata dai movimenti populisti nati in Europa, in linea di continuità con l’unilateralismo esacerbato di George Bush Jr debolmente contrastato da Barack Obama.

In terzo luogo è una buona notizia per l’Unione europea perché la politica estera di Joe Biden – che ha una vasta esperienza nelle relazioni internazionali – sarà fondata sui principi del multilateralismo se il Presidente Biden sarà coerente con il “manifesto” del candidato Biden pubblicato da Foreign Affairs nell’edizione di marzo/aprile 2020 (Why America must lead again) ispirando la sua azione nella lotta al cambiamento climatico su cui sono fondati gli Accordi di Parigi, nell’azione contro le pandemie all’interno dell’OMS, nei rapporti con gli alleati e nella difesa dei diritti fondamentali nel mondo.

L’elezione di Donald Trump alla fine del 2016 aveva nutrito l’illusione (o la speranza) che il suo unilateralismo avrebbe spinto l’Unione europea – dopo lo choc del referendum sull’uscita del Regno Unito del giugno 2016 – ad avviarsi con determinazione sulla via dell’autonomia strategica nelle relazioni internazionali e vi è chi ha addirittura auspicato altri quattro anni di cura trumpiana per spingere gli europei su questa via. Abbiamo invece dovuto constatare che l’Unione europea ha rallentato il suo cammino fra il 2017 e il 2019, paralizzata dallo strapotere del Consiglio europeo e che solo la pandemia del COVID-19 ha tardivamente spinto i governi e le istituzioni europee ad un approccio unitario limitato alla sola emergenza sanitaria.

Secondo la logica dell’autonomia strategica l’Unione europea dovrebbe invece attrezzarsi perché il nuovo multilateralismo dell’amministrazione Biden non sia fondato sulla solitaria leadership statunitense ma su un’alleanza democratica intercontinentale (nel suo “manifesto” il candidato Joe Biden proponeva un “Summit per la democrazia” annuale e la creazione di grandi coalizioni) al cui interno agisca una equal partnership fra Stati Uniti e Unione europea.

Perché ciò avvenga non basta certo la buona volontà della nuova amministrazione americana ma è necessaria la determinazione europea per cambiare rotta abbandonando il metodo intergovernativo e incamminarsi sulla via del modello federale che ha garantito la vitalità della democrazia statunitense.

Suggeriamo agli europei di rileggere la “Dichiarazione per l’interdipendenza” pronunciata da John Fitzgerald Kennedy il 4 luglio 1962 a Philadelphia e proporre un Summit euroamericano in occasione del sessantesimo anniversario di quella dichiarazione presentandosi al Summit con le carte in regola sulla via dell’unità politica del continente. 

 

coccodrillo

 

 


 

Attiriamo la vostra attenzione

Ecco una serie di eventi a cui il Movimento europeo parteciperà in questa settimana:

  • Incontro online con Silvia Costa, Commissario Straordinario del Governo per gli interventi di restauro e valorizzazione dell'ex carcere borbonico dell'isola di Santo Stefano a Ventotene, con la partecipazione del Presidente Pier Virgilio Dastoli e del socio onorario del Movimento europeo Gabriele Panizzi, 9.11.2020
  • Incontro online tra Pier Virgilio Dastoli (Presidente Movimento europeo Italia), Bernd Hüttemann (Segretario generale EBD - Movimento europeo Germania) e Viktor Elbling (Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania in Italia) su azioni comuni Germania-Italia, 9.11.2020
  • Incontri “Blockchain & European Public Funds”, organizzati dal Direttore esecutivo dei Partner europei per l’ambiente (EPE), Raymond Van Ermen con la partecipazione del Presidente Pier Virgilio Dastoli, 9.11.2020
  • Club di Venezia, terzo Workshop Euro-Mediterraneo dei comunicatori sul tema "COVID-19, disinformation and polarization: What is next for the migration narrative in the Euro-Mediterranean region?". Con la partecipazione del Presidente Pier Virgilio Dastoli, 10-11.11.2020
  • “Futuro Prossimo”, CSV Lazio in dialogo con Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Movimento Europeo Italia, titolo del dibattito: “Quo vadis Europa? Capire l’Unione europea: le conquiste, i nodi irrisolti, le prospettive”, 11.11.2020, h 18. Per partecipare, compilare il seguente modulo online https://tinyurl.com/yxk5daj5. Per informazioni e supporto: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • Assemblea della casa editrice “Il Mulino” - con la partecipazione del Presidente Pier Virgilio Dastoli, 14.11.2020, h 10:30

 


 

Vi segnaliamo

 


 

Documenti chiave

 


 

Testi della settimana

 


 

 Carta dei diritti fondamentali

Questa settimana ci occupiamo dell’articolo 46 della Carta dei diritti fondamentali, che tratta il tema del diritto alla tutela consolare e diplomatica. Ci è sembrato interessante per volgere lo sguardo  verso una materia che riguarda le relazioni internazionali, anche in sintonia con uno dei principali temi della settimana, quello cioè delle elezioni americane. Considerando poi anche semplicemente la dimensione interna all’Unione europea, si può individuare un particolare aspetto di interesse nella questione non ancora definita in tutti i suoi aspetti della Brexit: l’uscita del Regno Unito dalla Ue ha comportato un lavoro intenso da parte della rete consolare, per esempio quella italiana, come si può leggere sul sito del Ministero degli Esteri, per far fronte al mutamento di scenario intervenuto. L’obiettivo principale è stato quello di garantire un adeguamento delle prassi e delle tutele per le cittadine e i cittadini insediatisi nel Regno Unito – in questo caso dall’Italia – per i quali la Brexit ha rappresentato un sopravvenuto elemento di incertezza e di potenziale perdita di diritti acquisiti. Lo comprendiamo riportando il testo dell’articolo della Carta, che preesisteva al referendum della permanenza del Regno Unito nella Ue e rispetto al quale si ha un prima, dato per acquisito anche nei rapporti con gli Stati da cui è formato fino al 23 giugno 2016, e un dopo ancora incerto: “Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”.

 


 

La giurisprudenza europea

La Corte di giustizia dell'Ue interviene anche su questioni commerciali riguardanti i rapporti con i Paesi terzi. Questa settimana, tenuto conto di un momento di passaggio che sta attraversando tutto il mondo con le elezioni americane, vogliamo portare alla vostra attenzione una sentenza del 29 luglio 2019 che riguarda una controversia attinente alle pratiche di dumping operate dai Paesi con cui l'Ue ha rapporti di natura commerciale. Le parti in causa sono state, da un lato, la ricorrente Shanxi Taigang Stainless Steel Co. Ltd, con sede in Taiyuan (Cina), azienda operante nel settore della produzione e distribuzione di prodotti in acciaio e, dall'altro, la Commissione europea, convenuta in primo grado, e la Eurofer, associazione europea dell'acciaio, interveniente in primo grado.

La vicenda vede il suo inizio con una denuncia depositata il 13 maggio 2014 dalla Eurofer, cui è seguita, il 26 giugno 2014, la pubblicazione, da parte della Commissione europea, di “un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. […] L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio all’industria dell’Unione europea ha riguardato il periodo compreso tra il 10 gennaio e il 31 dicembre 2013. […] Nell’avviso di apertura la Commissione ha informato le parti interessate che essa prevedeva di selezionare gli Stati Uniti come un paese terzo a economia di mercato adeguato. […] Essa ha invitato le parti interessate a presentare le loro osservazioni al riguardo, indicando al contempo che, secondo le informazioni a sua disposizione, gli altri paesi a economia di mercato che potevano essere presi in considerazione per la scelta del paese di riferimento erano la Repubblica dell’India, la Repubblica del Sudafrica, la Repubblica di Corea e Taiwan. La ricorrente non ha presentato alcuna domanda per ottenere lo status di società operante in economia di mercato […].

Il 6 luglio 2014 essa ha presentato le sue osservazioni sulla scelta del paese di riferimento ritenendo che gli Stati Uniti rappresentassero una scelta inappropriata e suggerendo di utilizzare Taiwan. Il 13 febbraio 2015, dietro sua richiesta, essa è stata sentita dalla Commissione. Il 24 marzo 2015, detta istituzione ha adottato il regolamento (UE) n. 2015/501, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (GU 2015, L 79, pag. 23). Tale regolamento ha istituito un dazio antidumping provvisorio del 24,3% sulle esportazioni di tali prodotti da parte della ricorrente verso l’Unione per un periodo di sei mesi a decorrere dal 26 marzo 2015. In seguito a vari scambi di corrispondenza con la ricorrente, nel corso dei quali quest’ultima ha ribadito le sue obiezioni riguardanti la scelta degli Stati Uniti, anziché di Taiwan, come paese di riferimento, la Commissione, il 26 agosto 2015, ha adottato il regolamento controverso, che ha modificato il regolamento di esecuzione 2015/501 e ha istituito un dazio antidumping del 24,4% sulle importazioni nell’Unione di detti prodotti fabbricati dalla ricorrente”.

La Shanxi Taigang Stainless Steel Co. Ltd ha proposto un primo ricorso il 20 novembre 2015 e un secondo il 2 luglio 2018, ma entrambi sono stati respinti. Le motivazioni addotte dalla Corte per il respingimento vertono sia sulla fondatezza degli argomenti dalla ricorrente che sul fatto che tali argomentazioni siano inoperanti. In particolare, nel testo della sentenza si apprende che “non si può esigere che la Commissione operi adeguamenti relativi a fattori influenzati da parametri che non sono la risultante delle forze del mercato”. Per approfondire, clicca qui.

 


 

Consigli di lettura

Stati Uniti e Unione europea alleati storici? Vero, storici. Ma il presente delle relazioni tra le due parti non sembra più paragonabile a quello di 75 anni fa. Ce ne parla uno studio dell’Ispi che Vi invitiamo a leggere, questa settimana, per comprendere come è cambiato nel tempo l’asse euro-atlantico. Anche la presidenza Obama, considerata quella che avrebbe rilanciato l’alleanza instaurata all’indomani del secondo conflitto mondiale con il Piano Marshall, è analizzata dagli autori come un momento da contestualizzare nella cornice delle relazioni internazionali, per come si sono configurate durante gli otto anni dal 2008 al 2016: Obama ha interpretato infatti il suo ruolo, si afferma, come quello di ”Un presidente disincantato verso l’Europa, che ritiene una regione ormai stabile e matura, senza più bisogno dell’assistenza americana. Per Obama, il presidente nato alle Hawaii e cresciuto in Indonesia, le priorità geopolitiche sono altre: America Latina, Medio Oriente e, soprattutto, Asia”.

E adesso? Pur considerando una differenza sostanziale tra Donald Trump e Joe Biden, la configurazione delle interrelazioni globali vede, secondo gli studiosi dell’Ispi, “La regione europea ormai non più determinante sullo scenario internazionale. I grandi teatri dello scontro geopolitico oggi sono altri”. Nasce perciò l’esigenza di comprendere a fondo su quali basi e con quali partner l’Unione europea possa rilanciare il suo ruolo, per il futuro, nelle relazioni internazionali; un ruolo che può e deve rendersi protagonista, soprattutto in tema di democrazia, diritti e libertà.

 


 

 Agenda della settimana

Forward look: 9-22 November 2020

 

Monday 9 November

 

Tuesday 10 November

 

Wednesday 11 November

 

Thursday 12 November

 

Friday 13 November

 

 

 

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