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Newsletter n.38/2020 - La giurisprudenza europea

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Considerato il momento decisivo che stiamo attraversando per gli accordi sul bilancio che coinvolgono le istituzioni europee, questa settimana ci sembra opportuno ritornare sul tema delle controversie interistituzionali che coinvolgono la Corte di Giustizia Ue. Passiamo in disamina infatti un caso che ha visto, da un lato, Parlamento e Consiglio e, dall’altro, la Commissione, chiamata in causa a seguito dell’emanazione del regolamento delegato n. 275/2014, “che modifica l’allegato I del regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il meccanismo per collegare l’Europa”. La questione trattata entra nei dettagli delle competenze della Commissione; secondo il Parlamento, infatti, il regolamento del 2014 sarebbe da annullare in quanto la Commissione “avrebbe violato il potere conferitole in forza dell’articolo 21, paragrafo 3, del regolamento n. 1316/2013, giacché quest’ultima, attraverso l’articolo 1 del regolamento impugnato, ha aggiunto una parte VI all’allegato I del regolamento n. 1316/2013 anziché adottare un atto delegato distinto”. Il ricorso è stato presentato dal Parlamento europeo  il 7 gennaio 2014 e il 22 ottobre del medesimo anno il Consiglio è stato autorizzato ad intervenire a sostegno delle conclusioni del ricorrente.

La sentenza del 17 marzo 2016 ha fatto chiarezza. Per quanto il testo della stessa sia complesso, riteniamo che vi siano due punti chiave per comprendere, in sintesi, le motivazioni di tale decisione, e sono i seguenti:

  1. occorre constatare, da un lato, che per ragioni di chiarezza normativa e di trasparenza del processo legislativo, la Commissione non può, nell’ambito dell’esercizio di un potere di «integrare» un atto legislativo, aggiungere un elemento al testo stesso di tale atto. Un simile inserimento, infatti, rischierebbe di creare confusione sulla base giuridica di tale elemento, giacché il testo stesso di un atto legislativo conterrebbe un elemento derivante dall’esercizio, da parte della Commissione, di un potere delegato che non le consente di emendare o abrogare tale atto”;
  2. un elemento adottato dalla Commissione nell’esercizio di un potere conferitole di «integrare» un atto legislativo, ma che forma parte integrante di tale atto, non può, di conseguenza, essere sostituito o eliminato nell’esercizio di tale potere che ha portato alla sua adozione, atteso che tali interventi richiedono un potere di «modificare» detto atto. Spetterebbe quindi al legislatore intervenire ove divenga necessario sostituire o eliminare l’elemento aggiunto, o dettando esso stesso un atto legislativo o conferendo alla Commissione un potere delegato di «modificare» l’atto in questione. L’inserimento, nell’ambito dell’esercizio di un potere di «integrare» un atto legislativo, di un elemento nel testo stesso di tale atto osterebbe infatti a un’applicazione effettiva di un tale potere”.

La Corte ha quindi annullato il regolamento delegato n. 275/2014, mantenendone gli effetti, “fino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può eccedere i sei mesi a decorrere dalla data della pronuncia della presente sentenza, di un nuovo atto sostitutivo del regolamento suddetto”. Inoltre, la Commissione europea è stata condannata al pagamento delle spese; il Consiglio ha sostenuto le proprie spese. Per approfondire, clicca qui.

 

 

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