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Newsletter 3 Maggio/2021 - ULTIME DA BRUXELLES

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I tempi per attuare le strategie industriali rischiano di vanificarne gli obiettivi

Tutti siamo consapevoli dell’enorme perdita in termini di vite umane che il COVID-19 ha causato nel mondo e che le misure adottate in attesa dei vaccini, sebbene necessarie per contrastare questa pandemia limitandone la diffusione, hanno a loro volta causato notevoli effetti perversi sia a livello sociale che economico.

Il sostegno finanziario deciso dall’Unione europea a favore degli Stati membri è stato senza precedenti, anche se il processo di ratifica dell’aumento del massimale delle risorse proprie non si è ancora completato in tutti i paesi e questo comporterà forse un ritardo nell’erogazione degli stessi rispetto ai tempi previsti.

Già prima della pandemia, la situazione economica dell’Unione presentava delle criticità e la Commissione proprio per superare questi ostacoli alla crescita aveva presentato il 10 marzo dello scorso anno, poco prima della serie di lockdown - ‘una nuova strategia industriale’ che faceva parte di un pacchetto di proposte a sostegno di un rilancio dell’economia ed in particolare dell’industria europea. Era infatti necessario recuperare lo scostamento con i principali partner mondiali (in particolare USA e CINA) in settori strategici.

Il pacchetto prevede una comunicazione sulle barriere che ancora ostacolano il completamento del mercato interno, un piano di azione per il completamento dello stesso, una nuova strategia industriale ed una strategia per le PMI che, come noto, rappresentano la parte principale dell’industria europea e che sono spesso oberate da oneri amministrativi complessi e costosi che ne limitano l’azione e lo sviluppo, e che la strategia appunto vuole ridurre.

Obiettivo di questo pacchetto è dunque migliorare l’integrazione ed il funzionamento del mercato interno, essere uniti forti e coesi, favorendo in questo modo crescita occupazione e nuove opportunità per i cittadini europei.

L’industria - grande e piccola - è considerata l’attore principale, in un processo di transizione verde e digitale, preannunciato nello European Green Deal, la legge vincolante per tutti i paesi europei in risposta ai cambiamenti climatici, che aveva sancito la neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050 e quindi la necessaria adozione di nuovi modelli organizzativi e di produzione per le imprese.

La nuova strategia industriale si basa in sintesi su alcuni fattori fondamentali quali un mercato unico più integrato e digitale,  condizioni di parità per l’industria a livello mondiale (attraverso una posizione europea coesa a livello multilaterale), un forte sostegno allo sviluppo sostenibile dell’industria europea, anche attraverso nuovi modelli di produzione e di consumo che possano favorire condivisione, prestito, riparazione, riutilizzo di materiali e prodotti, in modo tale da allungare il loro ciclo di vita, contribuendo a ridurre quanto più possibile  i rifiuti  e l’utilizzo nuove materie prime (la c.d. economia circolare).

Questo comporta processi innovativi, ma anche di formazione e riqualificazione del personale, accesso ai finanziamenti necessari, soprattutto per le PMI.

La nuova strategia prevede inoltre il ricorso a nuove ‘alleanze’ tra imprese – già rivelatesi positive in alcuni ambiti quali quello del riciclaggio delle batterie e della plastica - anche in altri settori quali quello delle industrie a basse emissioni di carbonio, i-cloud, piattaforme digitali…

La strategia industriale, infine, propone su un nuovo modello di governance, a cui partecipano tutti gli attori della politica economica, vale a dire grandi e piccole imprese, prestatori di servizi, autorità pubbliche, università e centri di ricerca, per avere decisioni condivise, rapide, facilmente attuabili e per fare sistema.

Dopo i lunghi mesi di lotta al Covid-19 e i numerosi cambiamenti intervenuti anche a livello globale, ed infine dopo il Next generation EU, la strategia industriale seppur innovativa rischia di non essere più pienamente adeguata alla situazione reale dell’Unione e alle nuove necessità emerse anche a livello internazionale.

La pandemia è stata un’emergenza non prevista che non si può affrontare solo attraverso erogazione di finanziamenti aggiuntivi ma anche attraverso una strategia industriale, che comporti atti normativi, vincolanti per gli Stati per realizzare un mercato interno coeso e funzionante.

Quello finanziario e quello c.d. regolamentare sono infatti due aspetti essenziali per la ripresa economica.

Per questa ragione il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione una rielaborazione della strategia presentata lo scorso anno, tenendo presente due fasi distinte:

  • Una fase c.d. di ‘ripresa’ pronta ed immediata, attraverso una trasformazione verde e digitale, un’autonomia strategica dell’Unione (non dipendenza dall’estero in settori strategici, essenziali ai processi economici ed industriali)
  • La fase della ‘ricostruzione’ e della ‘resilienza’ dell’Unione, da realizzare attraverso il corretto funzionamento del mercato interno, una ricapitalizzazione di quelle imprese produttive che nel corso dell’anno hanno sofferto, il salvataggio dei posti di lavoro anche attraverso una riqualificazione professionale dei lavoratori perché nessuno deve essere lasciato indietro.

La revisione sarà proposta dalla Commissione entro il primo semestre 2021. Solo successivamente, inizieranno i passaggi necessari alla sua attuazione.

Si tratta di presentazione di atti normativi che comportano decisioni da prendere (normalmente a maggioranza), sottoposte al vaglio dei 27 paesi, che quindi potranno essere influenzate da interessi nazionali o anche settoriali.

Tutto ciò richiederà negoziazioni spesso non brevi nei diversi passaggi decisionali (gruppi-Coreper-Consiglio). Infatti, anche se nella presentazione delle proposte normative, la Commissione tiene sempre conto dei risultati delle consultazioni pubbliche (attraverso le quali i cittadini europei, i gruppi di interesse possono inviare la loro posizione, e delle indicazioni dei Parlamenti nazionali, i quali in otto settimane possono esprimere un loro parere) le decisioni dei passaggi successivi richiedono tempi non brevi e possono incontrare opposizioni da parte di Stati membri e/o minoranze di blocco.

A questi tempi di negoziazione, i cui risultati potrebbero essere inoltre variabili per quanto riguarda il testo finale approvato, si aggiungono poi i tempi di pubblicazione dell’atto normativo e della sua trasposizione nei vari ordinamenti nazionali e non da ultimo quelli per la sua corretta applicazione attraverso atti amministrativi.  

Infine, la non corretta applicazione della norma può dare corso ad una procedura di infrazione, con ulteriori tempi non facilmente stimabili.

Quello sommariamente descritto è in realtà un processo complesso e lungo, la cui durata ‘stride’ di fronte ad una situazione di emergenza economica e sociale da affrontare con urgenza con decisioni rapide ed attuazione immediata delle stesse soprattutto in settori di interesse comune.

Le necessità, infatti, a cui bisogna rispondere possono non essere più le stesse nel giro di breve tempo se non sono prontamente affrontate e le misure decise inadeguate.

Queste, dunque sono le tempistiche europee, mentre i maggiori attori internazionali con i quali l’Europa si rapporta, decidono ed attuano subito le loro scelte, perché il procedimento normativo non è il frutto delle decisioni di 27 Stati sovrani ma spesso di uno solo o di una federazione di Stati.

Di fronte a questi tempi e a queste modalità operative, che l’Unione europea utilizza per attuare il proprio modello economico-sociale, si rischia di rimanere indietro, di non stare al passo con i nuovi ritmi globali, con le nuove esigenze e quindi si può facilmente causare un malcontento generale ed aumentare quella sfiducia che serpeggia tra i cittadini (in particolare dalla crisi 2008).

È tempo quindi di avviare una riflessione urgente su questa governance, la quale poggia sui Trattati in vigore, che dovrebbero essere rivisti. La prossima Conferenza sul futuro dell’Europa potrebbe essere l’occasione giusta per riaprire il cantiere dell’Unione.

Anna Maria Villa

 

 

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