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ROMA, 7 NOVEMBRE 2012

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Fra le innovazioni della Costituzione europea innestate nel trattato di Lisbona ci sono le “disposizioni che si riferiscono ai principi democratici” che concernono l’uguaglianza fra i cittadini, la democrazia rappresentativa e alcune forme di democrazia partecipativa secondo una formula che comprende il dialogo dei cittadini con le istituzioni, la consultazione della società civile e il diritto di iniziativa legislativa concesso a un milione di cittadini europei simile all’iniziativa popolare concessa a cinquantamila cittadini italiani.

Per avere un’idea della situazione italiana, durante questa legislatura sono stati presentati quasi novemila disegni di legge, di cui il 90% di origine parlamentare, il 9% di origine governativa, lo 0,7 di origine regionale e lo 0,3% di origine popolare con un rapporto inverso nei ddl approvati: il 76% è di origine governativa, il 22 % di origine parlamentare e il restante 2% è diviso a metà fra una legge di iniziativa popolare e una di iniziativa regionale. Nel diritto costituzionale europeo, dove non esiste un governo federale e la Commissione ha un diritto quasi esclusivo di iniziativa legislativa, il trattato di Amsterdam aveva già concesso al Parlamento europeo e al Consiglio il potere di chiedere alla Commissione di proporre un atto normativo nei limiti delle competenze attribuite all’Unione dai trattati, ma il Parlamento europeo ha fatto un uso molto limitato di questo potere. Ora è arrivato anche il diritto dei cittadini attraverso il Trattato di Lisbona. Dopo una lunga attesa, necessaria per mettere a punto le norme di attuazione del Trattato e consentire agli Stati di adeguarsi alle norme europee, i cittadini europei possono da sei mesi fare pieno uso del potere di iniziativa che è stato concesso loro. Fino ad ora tredici iniziative (http://ec.europa.eu/citizens-initiative/public/initiatives/ongoing/details/2012/000010) sono state considerate eleggibili dalla Commissione che, se esse otterranno un milione di firme, potrà tradurle in atti normativi. Applicando un’inaccettabile discriminazione, il trattato prevede che la Commissione debba giustificare le ragioni del rifiuto ad agire solo se l’iniziativa viene dal PE e non se viene da un milione di cittadini. I primi ad agire sono stati i giovani per rivendicare più diritti con il programma Erasmus e il Servizio Volontario Europeo, poi con una tariffa roaming uguale per tutti. E’ poi arrivato il diritto all’acqua, al voto nelle elezioni legislative per tutti gli europei, alla qualità dell’educazione, alla gestione responsabile dei rifiuti, alla difesa della terra dai pesticidi e infine al pluralismo dei media. Per ognuna di queste iniziative, i promotori hanno indicato con precisione la base giuridica scegliendo con necessario realismo le regole del mercato interno e non del diritto all’informazione per difendere il pluralismo nei media, evitando in tal modo la prevedibile tagliola dell’esecutivo europeo. Secondo la logica del rispetto delle competenze dell’Unione è difficile giustificare l’eleggibilità dell’iniziativa che vuol difendere il diritto alla vita fin dal momento del concepimento e di quella che vuole sopprimere le politiche europee contro il cambiamento climatico e per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Secondo una logica inversa, non si comprende la ragione giuridica che ha spinto la Commissione a rifiutare l’iscrizione dell’iniziativa per un reddito minimo garantito fondata su due articoli della Carta dei diritti: la dignità umana e la sicurezza sociale e l’aiuto sociale proprio il giorno in cui Eurostat ci comunicava che la povertà aveva raggiunto in Europa la cifra drammatica di 116 milioni di persone. Entro il 1° novembre 2013, tredici milioni di firme potrebbero giungere sui tavoli della Commissione e la nuova legislatura che inizierà nel giugno 2014 avrà la responsabilità di dare consistenza giuridica alla democrazia partecipativa. Tutto ciò non basta perché la soluzione della crisi europea non può arrivare solo da un trattato che ha mostrato tutte le sue debolezze e contraddizioni. Dall’8 all’11 novembre si riunirà nella Fortezza da Basso a Firenze il Forum sociale europeo, dieci anni dopo la grande mobilitazione popolare del novembre 2002. Uno dei temi centrali sarà quello del recupero della dimensione democratica nell’Unione per salvare il progetto di un’Europa solidale e sovranazionale. Il Movimento Europeo, che è uno dei partner del Forum, proporrà di chiedere ai cittadini che firmeranno le iniziative legislative di impegnarsi contemporaneamente per la convocazione di un’assemblea costituente destinata a gettare le basi di un’unione autenticamente federale. Con un impegno collettivo potremmo far giungere in pochi mesi a Bruxelles milioni di firme per far vivere il sogno di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene.


(L'Unità, 7 novembre 2012)

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