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Von der Leyen, cento giorni per il nuovo governo dell’Europa

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Ursula von der Leyen e la sua “squadra” hanno ottenuto la fiducia di un’ampia maggioranza del Parlamento europeo con 461 voti favorevoli, 157 contrari e 89 astenuti. Le strane regole del Trattato prevedono che l’elezione del Presidente della Commissione avvenga con la maggioranza assoluta dei membri e il voto di fiducia per l’intera Commissione con la maggioranza assoluta dei votanti. Cosicché il nuovo “governo” dell’Europa ha superato la soglia di 107 voti surclassando i nove voti che avevano consentito alla presidente di essere eletta in luglio e unendo al consenso dei popolari (ivi compresi i parlamentari di Viktor Orban), dei socialisti (con l’astensione della pattuglia francese) e dei liberali la destra polacca e una maggioranza dei pentastellati. Nazionalisti e sinistre radicali hanno votato contro e l’astensione dei verdi si è arricchita di qualche franco tiratore nella maggioranza che UvdL ha definito “travolgente”.

Le correzioni di Ursula

La presidente ha corretto in quattro mesi e mezzo il tiro su questioni politicamente sensibili che rischiavano di alienarle la fiducia di socialisti e liberali come la “protezione del modo di vivere degli europei” o l’attribuzione delle competenze ai commissari indicati da governi con simpatie illiberali o la bocciatura di tre candidati-commissari a cominciare dalla francese Sylvie Goulard.
Nei prossimi cento giorni, la nuova Commissione ha preso l’impegno di mettere sul tavolo del Parlamento europeo e del Consiglio proposte su tre dimensioni che caratterizzeranno la sua azione:

Un patto verde europeo (European Green Deal) che comprenda leggi sul clima, la tassa sul Carbonio alle frontiere europee, un piano europeo di investimenti sostenibili, l’economia circolare, la biodiversità e la lotta alle micro-plastiche.
Strumenti legali per garantire la piena applicazione del Pilastro Sociale con un salario minimo garantito e uno schema di riassicurazione contro la disoccupazione in particolare giovanile
Un meccanismo addizionale per la difesa dello stato di diritto come parte integrante del Quadro Finanziario Pluriennale.

Per quanto riguarda il patto verde europeo, la nuova Commissione dovrà mostrare di avere la forza politica e la determinata indipendenza per contrastare l’ostilità della maggioranza delle imprese europee rappresentate in Business Europe (la “Confindustria” europea) ma anche di alcuni settori sindacali nella lotta alla riduzione delle emissioni al di sopra del 55% entro il 2030, nello sviluppo di un’economia industriale sostenibile e nella progressiva eliminazione dello spreco delle plastiche.


La ripresa del dialogo sociale

Per quanto riguarda la piena applicazione del Pilastro Sociale, la realizzazione di nuove politiche a cominciare dal salario minimo garantito esige la ripresa del dialogo sociale che si è interrotto da tempo e l’apertura di un cantiere europeo sulla democrazia economica.

Per quanto riguarda la difesa dello Stato di diritto, appare evidente che non basta rafforzare i meccanismi di monitoraggio delle violazioni negli Stati membri perché ciò non ha impedito l’adozione di leggi e di misure governative contro l’indipendenza della magistratura o le organizzazioni non governative. Il sostegno che la Commissione europea ha ricevuto nell’emiciclo da parlamentari ungheresi, cechi, rumeni e polacchi rischia di trasformarsi in una forma inaccettabile di restaurazione, dopo il periodo delle riforme avviato dal Parlamento europeo e dalla Commissione Juncker insieme alla campagna avviata dalla società civile con l’iniziativa dei cittadini europei #formyrights.eu.

 

Tre settori essenziali

Last but not least, l’azione della nuova Commissione rischia di essere frenata e poi paralizzata se essa non proporrà al Parlamento europeo una svolta in tre settori essenziali per il futuro dell’Europa:

- Un bilancio pluriennale dotato di un’autonoma capacità fiscale che garantisca beni comuni europei per tutti i paesi membri dopo il sostanziale fallimento della proposta francese di creare uno strumento finanziario separato per l’Eurozona. Per raggiungere questo risultato il bilancio europeo deve essere fondato su vere risorse proprie e non sui contributi nazionali, essere il frutto di un accordo interistituzionale fra Parlamento e Consiglio che garantisca il rispetto del principio democratico “no taxation without representation” e coprire l’arco di tempo di una legislatura (cinque anni) e non tracimare nella legislatura successiva (sette anni).

- Una politica mediterranea rinnovata, elemento essenziale della politica estera comune, che rischia di essere sottovalutata o addirittura ignorata da una Commissione alla cui testa (presidente e vicepresidenti esecutivi) ci sono solo esponenti dell’Europa del Nord.

- Un controllo della Conferenza europea sul futuro dell’Europa attraverso un’alleanza fra Commissione e Parlamento per evitare la deriva intergovernativa preconizzata dal “non paper” franco-tedesco che prefigura una sua conclusione con “raccomandazioni al Consiglio europeo che dovrà discuterle e applicarle”.

Pier Virgilio Dastoli

28 novembre 2019

 

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