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IL CONSIGLIO NAZIONALE DEL MOVIMENTO EUROPEO APPROVA UNA DICHIARAZIONE E SI CONFRONTA SUL TEMA DEGLI INVESTIMENTI EUROPEI

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Da sinistra a destra: Fabio Masini, Giampiero Auletta Armenise e Rocco CangelosiMartedì pomeriggio, 14 ottobre, si è svolta presso lo “Spazio Europa” la terza riunione del Consiglio Nazionale CIME del 2014. Principali punti all’ordine del giorno sono stati la formazione della nuova Commissione europea, il piano di attività dell’organizzazione per il 2015 e la preparazione dell’Assemblea Federale del Movimento Europeo Internazionale che si svolgerà a Roma il 28 e 29 novembre prossimi.

 

Dopo la chiusura dei lavori si è organizzato anche un dibattito dal titolo “INVESTIRE NELL’EUROPA, L’EUROPA CHE INVESTE” sul tema delle diverse opzioni che si stanno profilando rispetto alla necessità di finanziare investimenti europei in grado di rilanciare la crescita nell’UE. Sono intervenuti in tale occasione, tra gli altri, l’Amb. Rocco Cangelosi, Giampiero Auletta Armenise, Emma Bonino, il Prof. Fabio Masini.
IL PROGRAMMA (icon Programma dibattito (101.03 kB))

Il Consiglio nazionale del CIME ha poi approvato anche la seguente dichiarazione finale:

 

PREMESSA
Il Consiglio nazionale del Movimento europeo ha discusso della situazione europea alla vigilia del voto di fiducia del Parlamento europeo sulla Commissione Juncker il 22 ottobre e delle prospettive dell’azione federalista nel 2015.


Il dibattito del Consiglio nazionale si è inizialmente concentrato sui drammatici avvenimenti di queste settimane nei paesi vicini all’Unione e in particolare in Medio Oriente e in Ucraina con conseguenze non solo in termini militari e di sicurezza ma anche geopolitiche che pesano sullo stato politico ed economico dell’Unione.


In questo quadro il Movimento europeo ritiene da una parte che debba essere riaperta con urgenza la questione della difesa europea come strumento di peace keeping e poi di peace building; che debba essere sostenuta con forza la proposta di un intervento delle Nazioni Unite e che la Commissione europea e l’Alto Rappresentante debbano avviare una politica estera e di sicurezza volta a costruire una regione mediterranea di pace, di convivenza, di cooperazione e di mobilità delle persone nella prospettiva di una Comunità Euromediterranea.


La procedura di elezione del Presidente della Commissione ha rafforzato la dimensione politica dell’Unione perché il Consiglio europeo ha dovuto tener conto del risultato del voto del 22-25 maggio e delle scelte fatte dai partiti europei. Ciononostante, la democrazia nell’Unione non ha fatto gli indispensabili e sostanziali passi in avanti:


- la composizione della Commissione è avvenuta prevalentemente sulla base di scelte fatte dai governi nazionali, solo in parte coerenti con gli accordi di coalizione raggiunti nel Parlamento europeo lasciando aperte questioni politiche e dissensi su priorità strategiche che peseranno sul lavoro del nuovo esecutivo e sulle sue relazioni con l’Assemblea. A ciò si aggiungono la frammentazione dei portafogli e i rischi di una struttura che affida ai vicepresidenti un ruolo di controllo sostanzialmente limitato a un diritto di veto senza affidare loro settori adeguati dell’amministrazione europea;
- i partiti europei hanno mostrato di essere incapaci di contribuire “alla formazione della coscienza politica europea e all’espressione della volontà dei cittadini dell’Unione” (art. 10.4 TUE);
- il Consiglio europeo ha manifestato la volontà di imporre non solo alla Commissione ma anche al Parlamento europeo la sua agenda strategica per tutta la nuova legislatura.


DEMOCRAZIA EUROPEA E DEMOCRAZIE NAZIONALI
Il livello embrionale e dunque inadeguato della democrazia europea è tuttavia e principalmente il frutto dell’incapacità dei governi, delle classi dirigenti e dei parlamenti nazionali di mettere in campo una strategia condivisa sull’Europa, sul processo ulteriore di integrazione e sulle indispensabili cessioni di sovranità.


Mese dopo mese, decisione dopo decisione, è venuta meno in questi anni di crisi la coscienza europea senza la quale si potranno correggere solo in minima parte le storture delle politiche adottate nella maggior parte dei casi dai Capi di Stato e di governo riuniti nel Consiglio europeo con il sostegno, ciascuno, del proprio parlamento nazionale.


Quel che appare sempre di più – e non solo nei parlamenti dei paesi dove hanno vinto alle elezioni europee i movimenti euro-ostili – è il lamento sulla perdita di sovranità e sulla centralità della trojka insieme all’esigenza di risposte nazionali: tutto ciò prevale nettamente sulla consapevolezza che, al contrario, la vera causa della crisi sia il deficit d’Europa.


Quel che manca è la volontà dei governi di realizzare insieme gli obiettivi fissati dai trattati con una violazione del principio costituzionale della cooperazione leale, in una situazione in cui il Parlamento europeo potrebbe portare su alcune materie essenziali il Consiglio davanti alla Corte di Giustizia con una serie di ricorsi in carenza utilizzando il precedente della politica dei trasporti.


Quel che più manca è un progetto europeo all’altezza delle sfide del 21mo secolo che sia la sintesi – com’è avvenuto agli inizi del processo di integrazione – di valori comuni e di interessi condivisi. Nessun governo nazionale è stato capace di proporre gli elementi essenziali di questo progetto né è stato avviato un dialogo fra i governi le cui maggioranze politiche dovrebbero essere portatrici di una visione di più integrazione.


CITTADINI E ISTITUZIONI
I messaggi espressi dalle urne attraverso un tasso di astensione del 57% , la crescita di movimenti euro-ostili e l’elevato livello di sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee non sono stati compresi dai governi e dai partiti negli Stati membri ed è rimasta inascoltata la protesta dei giovani che hanno massicciamente disertato le elezioni europee.


In mancanza di risposte rapide e adeguate i contrasti fra i paesi membri aumenteranno e i cittadini tenderanno a rifugiarsi nell’illusione che i loro problemi possano essere più facilmente risolti da un salto all’indietro nell’Europa dei nazionalismi.


Se ciò avverrà, le conseguenze saranno estremamente pesanti sia per i paesi la cui economia appare oggi più solida sia per quelli che soffrono gli effetti della crisi economica e sociale: il progetto europeo potrebbe così fallire!


Il Movimento Europeo ritiene che sia ancora possibile bloccare quest’involuzione rilanciando la prospettiva di un’autentica unità politica su basi federali senza di cui saranno impossibili progressi irreversibili sulla via dell’integrazione economica e monetaria.


PROSPETTIVE ECONOMICHE
L’Unione, per portare a compimento l’integrazione economica e monetaria, ha bisogno in primo luogo di un piano di investimenti per una crescita sostenibile e armoniosa, rispettosa della qualità della vita e dell’ambiente e finalizzata alla lotta alle diseguaglianze, alla povertà e alla disoccupazione strutturale in particolare giovanile e femminile.


Il progetto di un piano di 300 miliardi di Euro in tre anni che è stato posto al centro del programma di Jean-Claude Juncker deve essere radicalmente rivisto.


I nuovi investimenti europei non potranno essere finanziati da risorse già previste nelle prospettive pluriennali 2014-2020 e provenienti in larga parte da contributi nazionali, risorse già molto limitate e dedicate alle politiche esistenti, né principalmente da interventi privati ma da autentiche risorse proprie e da un ampio uso dello strumento dei prestiti e mutui garantiti dal bilancio europeo.


Il piano di investimenti dovrà essere dunque modificato nella qualità delle sue risorse e delle spese secondo queste priorità ma anche nella quantità del suo ammontare che appare largamente al di sotto delle necessità dell’Unione e delle possibilità offerte dai mercati finanziari.


Su questo terreno il Movimento Europeo ha già inviato a Jean-Claude Juncker una sua precisa proposta (“EFIGE: European Fund for Investments, Growth and Employment”) e sostiene con determinazione l’iniziativa dei cittadini europei “New Deal 4 Europe”. L’occasione della revisione a metà percorso (mid term review) delle prospettive finanziarie pluriennali dovrà essere colta dal Parlamento europeo e dalla Commissione per iscrivere in modo permanente nel bilancio europeo le nuove risorse proprie, la garanzia dei prestiti e mutui (project bond) e la politica europea di investimenti pubblici per la crescita sostenibile e la lotta alla disoccupazione.


Nel caso in cui fosse impossibile raggiungere un accordo unanime nel Consiglio, il piano dovrebbe rappresentare il primo passo per un autentico bilancio dell’Eurozona.


DIRITTI FONDAMENTALI E PROSPETTIVE SOCIALI
L’Unione deve ripartire in secondo luogo dalla promozione e dalla protezione dei diritti, individuali e collettivi.


Ciò vuol dire accelerare l’adesione dell’Unione alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, aprire una procedura per l’adesione alla Carta Sociale di Torino riveduta, condurre rapidamente a termine la creazione del Procuratore europeo indipendente dalle magistrature nazionali, rilanciare il programma di Stoccolma nel quadro di una effettiva comunitarizzazione dello spazio di sicurezza, libertà e giustizia, creare un Servizio Civile Europeo, riformare lo strumento dell’Iniziativa dei Cittadini Europei, adottare misure più forti a sostegno dei giovani ma anche adottare politiche di solidarietà e di inclusione dei cittadini provenienti da paesi terzi, nel pieno rispetto dei diritti sanciti dalla Carta evitando operazioni che appaiono controproducenti e discriminatorie (su questo punto il Movimento Europeo ha adottato una dichiarazione sull’iniziativa del Consiglio Mos Maiorum).


PROSPETTIVE COSTITUZIONALI
Il Movimento Europeo ha accolto con forte preoccupazione la decisione della commissione affari costituzionali del PE di avviare l’elaborazione di un rapporto di iniziativa sulle potenzialità del Trattato rinviando a una fase successiva il rapporto sulla revisione di Lisbona e sul futuro dell’Unione.


Il Movimento Europeo considera questa decisione incoerente, inefficace e non trasparente. I due rapporti devono essere paralleli e complementari e condurre il PE a elaborare e adottare un progetto ambizioso per sostituire a termine il Trattato sull’Unione europea con nuovo Patto costituzionale.


In questo spirito il Movimento Europeo ribadisce la sua convinzione che, in assenza di un’iniziativa dei governi, il Parlamento europeo debba assumere il ruolo costituente che fu esercitato dalla prima assemblea eletta a suffragio universale e diretto su proposta di Altiero Spinelli.


PROPOSTE E IMPEGNI
Per raggiungere questo risultato è necessaria tuttavia una grande mobilitazione per spiegare ai cittadini le vere ragioni per cui non si riesca a uscire dalla crisi sapendo che è la crisi istituzionale che acuisce la crisi economica e sociale e non viceversa e che solo una più forte integrazione politica ed economica può far riaccendere i motori della crescita.


Sulla base di queste considerazioni, il Movimento Europeo ha deciso lanciare una propria iniziativa e di proporre al Congresso federale del Movimento Europeo Internazionale - che si riunirà in Campidoglio a Roma dal 28 al 29 novembre 2014 - l’avvio di una campagna per un’Europa federale, solidale e democratica.


Il Movimento europeo propone che questa campagna si concluda domenica 28 giugno 2015 (a chiusura delle commemorazioni del settantesimo anniversario della fine del Secondo Conflitto Mondiale e in occasione del trentesimo anniversario della grande manifestazione organizzata a Milano da federalisti, poteri locali e sindacati europei) con iniziative popolari in cento luoghi significativi della storia europea.

 

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