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Newsletter n.34/2020 - La giurisprudenza europea

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Questa settimana vi presentiamo una controversia risoltasi in sede di Corte di Giustizia dell’Ue il 7 novembre 2019. Le parti interessate sono l’Alliance for Direct Democracy in Europe ASBL (ADDE), partito politico europeo con sede a Bruxelles, da un lato e, dall’altro, il Parlamento europeo. Negli atti del processo è descritta la controversia nel dettaglio: “Il 30 settembre 2014 la ricorrente (l’Alliance for Direct Democracy in Europe ASBL, ndr) ha presentato, in forza dell’articolo 4 del regolamento n. 2004/2003, una domanda di finanziamento a carico del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio finanziario 2015. Nella riunione del 15 dicembre 2014, l’ufficio di presidenza del Parlamento europeo ha adottato la decisione FINS-2015-14, che ha concesso alla ricorrente una sovvenzione massima di EUR 1 241 725 per l’esercizio finanziario 2015. Il 18 aprile 2016 il revisore esterno ha adottato la sua relazione di revisione con cui ha ritenuto inammissibili, per l’esercizio 2015, talune spese per un importo di EUR 157 935,05.5 A partire da maggio 2016, i servizi del Parlamento hanno effettuato ulteriori controlli […] Con lettera del 14 ottobre 2016, il direttore generale delle finanze del Parlamento ha informato la ricorrente che, a seguito della relazione di revisione esterna e dei controlli ulteriori effettuati dai servizi del Parlamento, una serie di spese era stata considerata inammissibile per l’esercizio finanziario 2015 […] Nella riunione del 12 dicembre 2016, l’ufficio di presidenza del Parlamento europeo ha adottato la sua decisione FINS-2017-13, con cui ha concesso alla ricorrente una sovvenzione massima di EUR 1 102 642,71 per l’esercizio finanziario 2017 e ha previsto che il prefinanziamento fosse limitato al 33% dell’importo massimo della sovvenzione, e ciò dietro presentazione di una garanzia bancaria a prima richiesta (in prosieguo: «la decisione impugnata relativa all’esercizio finanziario 2017»). Tale decisione è stata firmata e comunicata alla ricorrente il 15 dicembre 2016”.

Ciò ha determinato l’insorgere di una controversia in sede di CGUE; il 27 gennaio 2017: la ricorrente ha chiesto l’annullamento di tali provvedimenti, cioè sia della decisione di ritenere inammissibili alcune spese, sia quella di limitare il prefinanziamento al 33% dell’importo massimo della sovvenzione dietro presentazione di una garanzia bancaria; il Parlamento europeo ha chiesto, viceversa, il rigetto del ricorso in quanto infondato.  

In particolare, la ricorrente ha contestato il fatto che la decisione non sarebbe stata né equa, né imparziale, tra l’altro perché “l’ufficio di presidenza del Parlamento, […] costituito dal presidente e dai quattordici vicepresidenti del Parlamento, non comprende un solo rappresentante dei partiti cosiddetti «euroscettici»”. Il testo della sentenza è complesso e affronta vari aspetti della questione che andrebbero trattati nel dettaglio. Con riferimento al tema al centro della newsletter di questa settimana, nella sentenza si possono trovare anche dei riferimenti ad alcuni sondaggi condotti dalla ricorrente in relazione al referendum del 23 giugno 2016 sulla Brexit. Infatti, “il Parlamento ha sostenuto che il sondaggio effettuato in sette Stati membri era orientato sul Regno Unito e verteva essenzialmente sul referendum sul Brexit, a favore dell’UKIP.Per quanto riguarda i sondaggi effettuati dopo le elezioni legislative nel Regno Unito tra giugno e dicembre 2015, dalla decisione impugnata relativa all’esercizio finanziario 2015 risulta che le relative spese sono state considerate inammissibili per due motivi, vale a dire il divieto di finanziamento indiretto di un partito politico nazionale, previsto all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 2004/2003, e il divieto di finanziare campagne referendarie, stabilito all’articolo 8, quarto comma, dello stesso regolamento. Infatti, secondo detta decisione, tali sondaggi vertevano soprattutto sul referendum sul Brexit e taluni vertevano anche in parte su questioni di politica nazionale”. Tuttavia, secondo la Corte, il Parlamento europeo non ha dimostrato che il sondaggio in questione potesse essere di “qualche utilità alla campagna referendaria sul Brexit nel Regno Unito”, né “di una qualche utilità per l’UKIP”.

La CGUE ha quindi accolto il primo punto del ricorso, relativo all’inammissibilità di alcune spese sostenute dall’Alliance for Direct Democracy in Europe ASBL per l’esercizio finanziario 2015, mentre ha respinto il secondo, relativo alla concessione di una sovvenzione alla ricorrente per l’esercizio finanziario 2017. Le spese relative al procedimento sono state poste a carico di entrambe le parti. Per conoscere nel dettaglio questa sentenza, clicca qui.

 

 

 

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