Un caos europeo politicamente preorganizzato dal centro-destra
Dopo alcuni giorni di inutili schermaglie parlamentari fra il PPE, che annuncia così la sua tattica nella nuova legislatura europea - usando la benevola disponibilità delle destre inizialmente emarginate dal cosiddetto cordone sanitario antifascista e pro-europeo - per smantellare le più importanti politiche europee partendo dallo European Green Deal, e l’europeismo progressista di socialdemocratici, liberali e verdi si è finalmente giunti ad un inevitabile accordo sulle procedure di nomina dei commissari europei.
Si è già iniziato con la Commissione giuridica (JURI) - presieduta dal liberale bulgaro Lilhan Kyuchyuk espresso dal partito della minoranza turca “per i diritti e le libertà” affiancato dalla CDU tedesca Marlon Walsmann, dal “fratello d’Italia” Mario Mantovani, dalla laburista olandese Lara Wolters e dal popolare bulgaro Emil Radev – che sottoporrà tutti i ventisei candidati commissari ad uno screening severo sulla loro moralità e su eventuali conflitti di interesse in linea di massima senza audizioni a meno che la commissione parlamentare non ritenga necessario chiarire eventuali dubbi direttamente con un candidato.
Si apprende da fonti parlamentari che almeno dieci curricula di candidati hanno sollevato delle domande o dei dubbi fra i parlamentari, e che fra questi dieci ci sarebbe anche quello di Raffaele Fitto, sapendo che vige il principio che tutti sono innocenti salvo prova contraria e che nel 2019 cadde di fronte alla commissione giuridica la candidata macroniana Sylvie Goulard – “benedetta” frettolosamente qualche settimana prima al seminario federalista di Ventotene – rapidamente sostituita da Thierry Breton.
Per la cronaca italiana siederanno nel Jury parlamentare il pentastellato Mario Furore, il PD Brando Benifei, la forzista ed ex PD Caterina Chinnici, il patriota leghista Raffaele Stancanelli e il PD Alessandro Zan.
Dopo lo screening etico davanti alla commissione giuridica e se tutti i candidati passeranno l’esame, inizieranno il 4 novembre fino al 12 novembre le audizioni davanti alle commissioni di merito affiancate da parlamentari di commissioni uti materiae..
Se tutto andrà senza sostituzione di candidati commissari e tenendo conto che dal 2004 al 2019 sono stati mandati a casa ben otto candidati commissari e cioè due per ogni inizio di legislatura, l’intero collegio dovrebbe essere votato dalla assemblea il 27 novembre alla maggioranza dei membri per essere formalmente approvato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata facendo così slittare la sua entrata in funzione il 1° gennaio a meno che Charles Michel non proponga una eccezionale approvazione online o per procedura scritta.
Secondo fonti parlamentari, il cortocircuito fra i “portafogli” - creato ad arte da Ursula von der Leyen secondo il principio romano divide et impera - sfocerà in un preordinato caos parlamentare con la scelta delle commissioni istruita dai popolari insieme ai loro alleati di destra per ostacolare un esame rigoroso dei futuri impegni dei commissari sulle politiche già avviate nelle precedente legislatura e in via di implementazione come
- lo European Green Deal (che la Commissione vorrebbe ribattezzare European Industrial and Green Deal in omaggio alle reticenze delle industrie potenzialmente inquinanti, al principio demolitore della “neutralità tecnologica” e alla campagna contro la biodiversità agricola),
- lo stato di diritto che si vorrebbe sottrare anche alla competenza della commissaria Kos responsabile dell’allargamento
- o la politica occupazionale che non compare esplicitamente nel portafoglio della socialista rumena Minzatu
- o “the Union of equality” che comprende le persone in difficoltà affidata secondariamente alla liberale belga Lahbib responsabile della protezione civile
- o il ruolo residuale della cultura e dell’istruzione nascoste nel portafoglio “per le persone, le competenze e la preparazione” in condominio con il portafoglio per l’equità generazionale
- o l’assenza di ogni riferimento all’economia sociale che coinvolge tutto il mondo delle cooperative
- o infine last but not least l’insistenza nel voler collegare le politiche migratorie agli affari interni che continueranno ad essere separati dalla giustizia rendendo più difficile il completamento dello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.
Vale la pena di attirare l’attenzione sul ruolo di cenerentola delle commissioni affidato alla commissione affari costituzionali (AFCO) dove la presidenza è occupata manu militari dal parlamentare CDU tedesco Sven Simon, un partito che votò a larga maggioranza contro il rapporto di revisione del Trattato di Lisbona del 22 novembre 2023 (peraltro sostenuto solo da una esigua minoranza della assemblea).
Essa si occuperà solo delle relazioni interistituzionali e non si farà carico invece del tema della riforma dell’Unione europea che Ursula von der Leyen ha tenuto gelosamente per sé prendendo atto con intima soddisfazione, condivisa da Roberta Metsola, del fatto che l’idea di convocare una convenzione è stata definitivamente sotterrata dai governi e in particolare da quello italiano la cui posizione non è “ambigua” come qualcuno ha detto sbadatamente ma esplicitamente contraria alla riforma dei trattati.
Se questa è la tattica del PPE e dunque dei tredici candidati commissari di questa composita famiglia politica, i parlamentari degli altri gruppi S&D. Renew e Verdi dovranno rapidamente attrezzarsi per suggerire ai loro colleghi più fortunati una delle domande che saranno al centro delle tre ore di audizioni.
Per fare un esempio concreto: Stefano Bonaccini o Camilla Laureti o Dario Nardella o Cristina Guarda della commissione AGRI potrebbero suggerire ad Antonio Decaro o ad Annalisa Corrado o ad Alessandra Moretti o ad Ignazio Marino della commissione ENVI una domanda sui rapporti fra agricoltura e ambiente.
Secondo questo metodo dovranno essere suggerite delle domande sui temi critici che abbiamo citato più sopra annunciando che il Movimento europeo in Italia farà lo stesso con tutti i parlamentari italiani al Parlamento europeo e che lo suggeriremo ai nostri sessanta membri collettivi sfruttando, se lo ritengono opportuno, le nostre domande e contando sull’impegno del Movimento europeo internazionale, dei suoi consigli nazionali e delle organizzazioni internazionali.
Al lavoro e alla lotta!
Roma, 7 ottobre 2024