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La nostra Dichiarazione su una nuova politica migratoria europea ha ricevuto il sostegno dei Movimenti europei in Spagna, Francia e Polonia ed è stata considerata come la base per l'elaborazione di una presa di posizione comune del Movimento europeo Internazionale.
PER UNA NUOVA POLITICA MIGRATORIA EUROPEA
Altre vittime ci sono state durante questo week end nel Mediterraneo su un barcone anzi un gommone con 47 persone – donne, bambini e uomini – che si è rovesciato nelle acque di un mare forza 6 trascinando fra le onde il suo carico di umanità: secondo il gelido calcolo dei soccorritori diciassette persone sono state tratte in salvo ma trenta migranti sono dispersi e forse non si troveranno mai.
Di fronte a queste nuove morti con una confusa attribuzione delle responsabilità o accuse reciproche ci troviamo di fronte ad una ripetitiva e grottesca rappresentazione che non cambia la realtà di una situazione che si perpetua da oltre un decennio e che ha sepolto in quella tomba - che gli arabi chiamano Mar Bianco di Mezzo - decine di migliaia di persone.
Si tratta tuttavia di una minoranza di tutti coloro che hanno lasciato la vita e la speranza di una vita dignitosa nel deserto che separa l’Africa sub-sahariana dai paesi che si affacciano su quel mare, nelle carceri della Libia, nei campi di concentramento in Grecia, in Marocco e in Turchia e nelle impervie rotte terrestri della via dei Balcani.
A questo quadro drammatico si aggiunge ora la decisione della Commissione europea di fornire nuovi mezzi alla Guardia Costiera libica rafforzando così le sue capacità di riportare chi fugge dal terrore e dalle torture in un paese in cui sono noti i trattamenti disumani subiti dai migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana.
Questa decisione sarà per noi inaccettabile almeno fino a quando non sarà possibile creare in Libia dei centri - sotto il controllo dell’UNHCR e dell’OIM - per esaminare le richieste di asilo o l’inserimento in flussi legali o i rimpatri assistiti nei paesi di origine laddove saranno praticabili accordi bilaterali sostenendo nello stesso tempo il rappresentante delle Nazioni Unite nella promozione del processo di stabilizzazione assistito da un gruppo di contatto con una iniziativa del Consiglio di Sicurezza osteggiata dalla Russia.
Se i capi di Stato o di governo dell’Unione europea o i loro ministri degli interni chiamati a gestire operazioni di polizia studiassero la geografia che circonda il Mare Bianco di Mezzo si renderebbero conto della assurdità di una politica migratoria come è stata definita nel Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 che si chiude e si limita:
al controllo delle frontiere esterne,
ai respingimenti e alle riammissioni nei paesi di origine,
agli “ingenti investimenti” per creare delle infrastrutture di protezione,
agli ostacoli all’azione delle organizzazioni non governative,
all’ideologia del pull factor,
e al principio del paese di prima accoglienza.
Andando al di là dei principi della accoglienza e della ospitalità nel rispetto delle convenzioni internazionali, della Carta dei diritti fondamentali e della CEDU, si tratta di definire una nuova politica migratoria europea.
Essa deve coinvolgere nella misura del possibile i paesi di origine dei migranti e dei richiedenti asilo e facilitare il consenso delle opinioni pubbliche in particolare delle giovani generazioni contribuendo alla lotta contro le strumentalizzazioni e alle infondate paure ancestrali dei movimenti secolari di popolazioni.
Le istituzioni europee dovrebbero chiedere ad Eurostat un rapporto dettagliato
sui paesi di origine di chi emigra e di chi chiede asilo,
sui trend dello sviluppo demografico nei paesi in via di sviluppo ed in particolare nell’Africa sub-sahariana,
sulla crescita o meglio sulla decrescita demografica nei paesi dell’Unione europea e sui trend di invecchiamento delle nostre popolazioni,
sulle percentuali di cittadini di paesi terzi nei paesi dell’Unione europea suddivisi per regioni e anche fra aree urbane e aree agricole,
sulle aggregazioni di comunità etniche,
sui trend di matrimoni misti,
sui numeri della piccola e media imprenditoria insieme all’artigianato che fanno capo a cittadini non comunitari,
sugli equilibri di genere e generazionali.
Le istituzioni europee dovrebbero chiedete al Servizio Europeo per l’Azione Esterna un rapporto dettagliato
sulle vere ragioni dei push factors legati ai conflitti interni e ai conflitti fra stati,
sullo stato delle desertificazioni nei paesi dell’Africa sub-sahariana,
sulle cause e sugli effetti delle espropriazioni delle terre,
sul livello di mancata realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile 2030 in quei paesi ed in particolare “povertà e fame zero” (1-2), la “salute” (3), l’ “acqua pulita” (6), la “riduzione delle diseguaglianze” (10), la “lotta al cambiamento climatico” (13), la “pace” e la “giustizia” (16).
Sulla base di questi due rapporti e sapendo che i flussi migratori sono un fenomeno permanente mondiale e non solo continentale, le istituzioni europee dovrebbero a nostro avviso promuovere insieme alle Nazioni Unite, all’UNHCR e all’OIM entro la fine dell’anno e sotto presidenza spagnola una conferenza europea su una nuova strategia per le politiche migratorie che sia fondata sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile e sul Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
Essa dovrebbe essere organizzata secondo il modello della democrazia partecipativa adottato dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e dunque con la presenza attiva delle organizzazioni che lavorano nei paesi di origine partendo dall’impegno che il Patto mondiale sia adottato da tutti i paesi dell’Ue e quindi anche da Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria che non parteciparono nel 2018 alla Conferenza di Marrakech e che si astennero o votarono contro il Patto Mondiale nella Assemblea delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2018.
A conclusione della Conferenza dovrebbero essere a nostro avviso adottati
una nuova Convenzione che sostituisca integralmente il Regolamento di Dublino,
un protocollo, da accludere al Trattato di Lisbona e in vista della sua più ampia revisione, che superi il capitolo 2 del titolo 5 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sulle politiche relative ai controlli delle frontiere, all’asilo e all’immigrazione,
una proposta di bilancio rettificativo e suppletivo per creare uno strumento finanziario per il salvataggio in mare (European Sea Rescue o Mare Nostrum europeo) e per porre le basi di una Banca Euromediterranea per dare un impulso decisivo alla cooperazione economica dell’area e favorisca la cooperazione sub-regionale,
un mandato alla Commissione europea ed all’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di proporre al Consiglio e al Parlamento europeo un ampio piano di cooperazione allo sviluppo di tutto il continente africano per contribuire alla realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile sulla base di un partenariato pubblico-privato,
un programma di educazione delle giovani generazioni che integri e rafforzi le politiche di accoglienza e di ospitalità.
QUATTRO MODESTE PROPOSTE RIVOLTE AGLI INNOVATORI EUROPEI
La strada verso le elezioni europee nel 2024 sembra ancora lunga ma manca invece meno di un anno alla fine della nona legislatura europea iniziata nel 2019 all’insegna del Patto Verde (European Green Deal) e segnata poi dalla pandemia e dall’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina.
La data dell’apertura delle urne europee non è stata ancora fissata dal Consiglio ma i governi hanno già fatto sapere che è loro intenzione ignorare le proposte del Parlamento europeo sulla composizione della prossima assemblea, sulle liste transnazionali, sul diritto di elettorato attivo esteso ai sedicenni, sul rispetto dell’equilibrio di genere e su un accordo interistituzionale relativo al metodo per la scelta del candidato alla presidenza della Commissione europea (Spitzenkandidat) che fu suggerito dall’allora presidente del Parlamento europeo Martin Schulz nella errata convinzione che il PSE sarebbe stato nel 2014 il partito europeo di maggioranza relativa.
Qua e là tuttavia si sono già avviate delle discussioni sulle eventuali alleanze elettorali come è apparso recentemente nella fine del cosiddetto Terzo Polo in Italia, discussioni iniziate con gli incontri romani del capo gruppo del PPE al Parlamento europeo e presidente del partito ManfredWeber e la leader del Partito europeo dei conservatori Giorgia Meloni sull’ipotesi di una coalizione di centro-destra sul modello dei governi italiano e svedese che indichi come Spitzenkandidatin Roberta Metsola - un modello che potrebbe essere replicato in Finlandia dopo le recenti elezioni legislative - con l’obiettivo di annullare la “grande coalizione” fra PPE e S&D che ha caratterizzato lo scenario politico nel Parlamento europeo dal 1979 in poi ed il rapporto di fiducia fra l’assemblea e la Commissione europea.
Poiché la composizione della Commissione europea è stata fondata sulle maggioranze politiche nazionali che appartengono ai popolari, ai socialdemocratici e ai liberali ma anche ai verdi e ai conservatori dalla lista dei commissari non sono stati finora esclusi gli esponenti dei cinque gruppi principali nel Parlamento europeo e cioè i popolari, i socialdemocratici, i liberali, i verdi e i conservatori e nemmeno un commissario ungherese suggerito dal governo di Viktor Orban anche se il suo partito non fa più parte di un gruppo europeo.
Come molti ricordano, Ursula von der Leyen – scelta dal Consiglio europeo perché i gruppi politici del Parlamento europeo non avevano raggiunto un accordo sul nome di Manfred Weber che era stato candidato dal PPE con il metodo degli Spitztenkandidaten – era stata eletta dall’assemblea nel luglio del 2019 con una risicata maggiorata di nove voti e con molte astensioni anche fra i socialisti e i liberali ma la sua Commissione aveva invece ottenuto nel novembre successivo una più ampia maggioranza in quella che fu definita la “coalizione Ursula” con il sostegno dei popolari, dei socialdemocratici con l’eccezione dei socialisti francesi, dei liberali e degli eletti del Movimento 5 Stelle ma con il voto contrario della Lega insieme al Rassemblement national e di Fratelli d’Italia insieme al gruppo dei conservatori e l’astensione dei Verdi e di parte delle sinistre.
La nuova Commissione adottò un profilo innovatore fondato su quattro priorità: il Patto Verde, il salario minimo, la parità di genere e la transizione digitale, un profilo non totalmente in linea con la “agenda strategica” approvata dal Consiglio europeo subito dopo le elezioni europee nel giugno 2019.
Il Trattato di Lisbona non prevede che i singoli commissari vengano suggeriti da ciascun governo nazionale (“le scelte dei commissari si effettuano sulla base dei suggerimenti degli Stati membri”).
Se, per avventura, il PPE scegliesse la via della coalizione di centro-destra suggerita da Manfred Weber a Giorgia Meloni, abbandonando il metodo dell’accordo fra popolari e socialdemocratici e scegliendo come top-candidate alla presidenza della Commissione la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, questa via si scontrerebbe con l’ostacolo pressoché insormontabile dei candidati-commissari suggeriti da governi a guida socialdemocratica o liberale.
La via di Manfred Weber e Giorgia Meloni si scontrerebbe inoltre con i dissensi interni al PPE di quei partiti di ispirazione europeista (o, per dirla in italiano, “degasperiana”) che non potranno accettare un accordo con i sovranisti del Partito Conservatore soprattutto dopo il proclama nazionalista di Heidelberg del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e che temono che la eventuale candidatura di centro-destra di Roberta Metsola aprirebbe la strada nel Consiglio europeo alla scelta di un presidente della Commissione al di fuori del PPE dopo venti anni di presidenze popolari (Barroso-Juncker-Von der Leyen).
Dal punto di vista del campo innovatore, appare innanzitutto interessante il dibattito che sta emergendo in Francia fra gli (ex-) alleati della lista NUPES - che sostenne la candidatura di Jean-Luc Mélenchon alle presidenziali del 2022 - dove verdi, socialisti e comunisti hanno escluso l’ipotesi di una lista unica alle europee con La France Insoumise per ragioni europee e non nazionali preferendo salvaguardare la loro identità politica europea.
Il campo innovatore – a cui appartengono i socialdemocratici, i liberali ed i verdi che governano insieme in Germania, Belgio e Lussemburgo ma che potrebbe aprirsi ai popolari contrari ad un accordo di centro-destra e alla sinistra europeista - dovrebbe promuovere una comune azione politica per superare l’ostacolo di un sistema europeo imposto all’unanimità dal Consiglio europeo - in contrasto con il testo originario del Trattato di Lisbona e del trattato-costituzionale che prevedeva un collegio di diciotto membri – in cui si è stabilito che il collegio sia composto da un commissario per paese e che la lista dei membri della Commissione sia adottata dal Consiglio “di comune accordo con il presidente eletto” della Commissione.
Si inserisce qui la tortuosa procedura nel trattato di Lisbona per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Commissione e l’insediamento dell’intero collegio.
Il Presidente della Commissione europea è proposto a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo al Parlamento europeo “tenendo conto delle elezioni europee” con una procedura a cui si aggiunge una dichiarazione allegata al Trattato secondo cui il Parlamento europeo e il Consiglio europeo “hanno una responsabilità comune nel processo che deve condurre all’elezione del Presidente della Commissione” con modalità che avrebbero dovuto essere precisate in un accordo interistituzionale che non è mai stato concluso fra le due istituzioni.
La lista dell’intero collegio è invece adottata – come abbiamo detto più sopra – dal Consiglio sapendo che il Parlamento europeo deve poi approvarla con un voto di fiducia, che uno o più candidati della lista potrebbero essere respinti dall’assemblea in base al regolamento del Parlamento europeo dopo essere stati ascoltati dalle commissioni competenti per il “portafoglio” che verrebbe assegnato al candidato, che in caso di una decisione negativa dell’assemblea il Consiglio dovrebbe scegliere un nuovo candidato o insistere sul candidato prescelto rischiando un voto di sfiducia dell’intero collegio da parte della assemblea e che alla fine il Consiglio europeo è nuovamente chiamato ad esprimersi per “nominare” la Commissione a maggioranza qualificata.
Essendo consapevoli che, in mancanza di un accordo interistituzionale fra il Consiglio europeo e il Parlamento europeo sulla selezione di un candidato alla presidenza della Commissione, i capi di Stato o di governo agiranno dopo le elezioni europee per mantenere nelle loro mani la prerogativa di proporre alla assemblea il nome per la funzione di presidente, il campo innovatore dovrebbe a nostro avviso:
accantonare il metodo inefficace degli Spitzenkandidaten proponendo invece di unificare le presidenze della Commissione europea e del Consiglio europeo, secondo un principio consentito dal Trattato di Lisbona, attraverso la consultazione fra i gruppi politici del nuovo Parlamento ed il Consiglio europeo come è stabilito dalla dichiarazione n., 11 allegata al trattato per mettere fine alla ventennale egemonia dei popolari sulla presidenza della Commissione europea,
decidere di candidare alle elezioni europee in tutti i paesi membri singole personalità “in ragione della loro competenza, del loro impegno europeo e della loro indipendenza” destinate ad essere scelte in una rosa di nomi nella lista dei membri della futura Commissione europea mantenendo aperta la prospettiva delle liste transnazionali proposta a larga maggioranza dal Parlamento europeo,
elaborare gli elementi di un programma comune a cui dovrà conformarsi la nuova Commissione europea fondato sull’obiettivo di federare le competenze nei settori necessari ad assicurare beni pubblici a dimensione europea, di rafforzare la democrazia e il bilancio europei, di promuovere una politica migratoria per un’Europa che accoglie, di sviluppare una politica fiscale equa, di avviare un piano di cooperazione con il continente africano, di invertire la rotta della politica estera e della sicurezza verso la pace e il rispetto del diritto internazionale,
aprire una fase costituente per andare al di là del Trattato di Lisbona, attribuendo questa missione al Parlamento europeo eletto in collaborazione con i parlamenti nazionali e suggerendo la convocazione di assise interparlamentari come quelle che ebbero luogo a Roma nel novembre 1990 alla vigilia del Trattato di Maastricht affiancate da forme di democrazia partecipativa ispirate al metodo della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Su questa base il campo innovatore dovrebbe fare appello alle organizzazioni rappresentative della società civile affinché sostengano nella campagna elettorale europea i partiti che avranno condiviso il programma comune affinché questo campo possa conquistare la maggioranza assoluta nella nuova assemblea e condizionare con il voto dei suoi eletti l’agenda e la composizione della Commissione europea.
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.
Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
-Attiriamo la vostra attenzione
- La settimana del Movimento europeo
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
- PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
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Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
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-Attiriamo la vostra attenzione
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- PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
L'EDITORIALE
QUATTRO MODESTE PROPOSTE RIVOLTE AGLI INNOVATORI EUROPEI
La strada verso le elezioni europee nel 2024 sembra ancora lunga ma manca invece meno di un anno alla fine della nona legislatura europea iniziata nel 2019 all’insegna del Patto Verde (European Green Deal) e segnata poi dalla pandemia e dall’aggressione di Vladimir Putin all’Ucraina.
La data dell’apertura delle urne europee non è stata ancora fissata dal Consiglio ma i governi hanno già fatto sapere che è loro intenzione ignorare le proposte del Parlamento europeo sulla composizione della prossima assemblea, sulle liste transnazionali, sul diritto di elettorato attivo esteso ai sedicenni, sul rispetto dell’equilibrio di genere e su un accordo interistituzionale relativo al metodo per la scelta del candidato alla presidenza della Commissione europea (Spitzenkandidat) che fu suggerito dall’allora presidente del Parlamento europeo Martin Schulz nella errata convinzione che il PSE sarebbe stato nel 2014 il partito europeo di maggioranza relativa.
Qua e là tuttavia si sono già avviate delle discussioni sulle eventuali alleanze elettorali come è apparso recentemente nella fine del cosiddetto Terzo Polo in Italia, discussioni iniziate con gli incontri romani del capo gruppo del PPE al Parlamento europeo e presidente del partito ManfredWeber e la leader del Partito europeo dei conservatori Giorgia Meloni sull’ipotesi di una coalizione di centro-destra sul modello dei governi italiano e svedese che indichi come Spitzenkandidatin Roberta Metsola - un modello che potrebbe essere replicato in Finlandia dopo le recenti elezioni legislative - con l’obiettivo di annullare la “grande coalizione” fra PPE e S&D che ha caratterizzato lo scenario politico nel Parlamento europeo dal 1979 in poi ed il rapporto di fiducia fra l’assemblea e la Commissione europea.
Poiché la composizione della Commissione europea è stata fondata sulle maggioranze politiche nazionali che appartengono ai popolari, ai socialdemocratici e ai liberali ma anche ai verdi e ai conservatori dalla lista dei commissari non sono stati finora esclusi gli esponenti dei cinque gruppi principali nel Parlamento europeo e cioè i popolari, i socialdemocratici, i liberali, i verdi e i conservatori e nemmeno un commissario ungherese suggerito dal governo di Viktor Orban anche se il suo partito non fa più parte di un gruppo europeo.
Come molti ricordano, Ursula von der Leyen – scelta dal Consiglio europeo perché i gruppi politici del Parlamento europeo non avevano raggiunto un accordo sul nome di Manfred Weber che era stato candidato dal PPE con il metodo degli Spitztenkandidaten – era stata eletta dall’assemblea nel luglio del 2019 con una risicata maggiorata di nove voti e con molte astensioni anche fra i socialisti e i liberali ma la sua Commissione aveva invece ottenuto nel novembre successivo una più ampia maggioranza in quella che fu definita la “coalizione Ursula” con il sostegno dei popolari, dei socialdemocratici con l’eccezione dei socialisti francesi, dei liberali e degli eletti del Movimento 5 Stelle ma con il voto contrario della Lega insieme al Rassemblement national e di Fratelli d’Italia insieme al gruppo dei conservatori e l’astensione dei Verdi e di parte delle sinistre.
La nuova Commissione adottò un profilo innovatore fondato su quattro priorità: il Patto Verde, il salario minimo, la parità di genere e la transizione digitale, un profilo non totalmente in linea con la “agenda strategica” approvata dal Consiglio europeo subito dopo le elezioni europee nel giugno 2019.
Il Trattato di Lisbona non prevede che i singoli commissari vengano suggeriti da ciascun governo nazionale (“le scelte dei commissari si effettuano sulla base dei suggerimenti degli Stati membri”).
Se, per avventura, il PPE scegliesse la via della coalizione di centro-destra suggerita da Manfred Weber a Giorgia Meloni, abbandonando il metodo dell’accordo fra popolari e socialdemocratici e scegliendo come top-candidate alla presidenza della Commissione la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, questa via si scontrerebbe con l’ostacolo pressoché insormontabile dei candidati-commissari suggeriti da governi a guida socialdemocratica o liberale.
La via di Manfred Weber e Giorgia Meloni si scontrerebbe inoltre con i dissensi interni al PPE di quei partiti di ispirazione europeista (o, per dirla in italiano, “degasperiana”) che non potranno accettare un accordo con i sovranisti del Partito Conservatore soprattutto dopo il proclama nazionalista di Heidelberg del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki e che temono che la eventuale candidatura di centro-destra di Roberta Metsola aprirebbe la strada nel Consiglio europeo alla scelta di un presidente della Commissione al di fuori del PPE dopo venti anni di presidenze popolari (Barroso-Juncker-Von der Leyen).
Dal punto di vista del campo innovatore, appare innanzitutto interessante il dibattito che sta emergendo in Francia fra gli (ex-) alleati della lista NUPES - che sostenne la candidatura di Jean-Luc Mélenchon alle presidenziali del 2022 - dove verdi, socialisti e comunisti hanno escluso l’ipotesi di una lista unica alle europee con La France Insoumise per ragioni europee e non nazionali preferendo salvaguardare la loro identità politica europea.
Il campo innovatore – a cui appartengono i socialdemocratici, i liberali ed i verdi che governano insieme in Germania, Belgio e Lussemburgo ma che potrebbe aprirsi ai popolari contrari ad un accordo di centro-destra e alla sinistra europeista - dovrebbe promuovere una comune azione politica per superare l’ostacolo di un sistema europeo imposto all’unanimità dal Consiglio europeo - in contrasto con il testo originario del Trattato di Lisbona e del trattato-costituzionale che prevedeva un collegio di diciotto membri – in cui si è stabilito che il collegio sia composto da un commissario per paese e che la lista dei membri della Commissione sia adottata dal Consiglio “di comune accordo con il presidente eletto” della Commissione.
Si inserisce qui la tortuosa procedura nel trattato di Lisbona per quanto riguarda l’elezione del Presidente della Commissione e l’insediamento dell’intero collegio.
Il Presidente della Commissione europea è proposto a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo al Parlamento europeo “tenendo conto delle elezioni europee” con una procedura a cui si aggiunge una dichiarazione allegata al Trattato secondo cui il Parlamento europeo e il Consiglio europeo “hanno una responsabilità comune nel processo che deve condurre all’elezione del Presidente della Commissione” con modalità che avrebbero dovuto essere precisate in un accordo interistituzionale che non è mai stato concluso fra le due istituzioni.
La lista dell’intero collegio è invece adottata – come abbiamo detto più sopra – dal Consiglio sapendo che il Parlamento europeo deve poi approvarla con un voto di fiducia, che uno o più candidati della lista potrebbero essere respinti dall’assemblea in base al regolamento del Parlamento europeo dopo essere stati ascoltati dalle commissioni competenti per il “portafoglio” che verrebbe assegnato al candidato, che in caso di una decisione negativa dell’assemblea il Consiglio dovrebbe scegliere un nuovo candidato o insistere sul candidato prescelto rischiando un voto di sfiducia dell’intero collegio da parte della assemblea e che alla fine il Consiglio europeo è nuovamente chiamato ad esprimersi per “nominare” la Commissione a maggioranza qualificata.
Essendo consapevoli che, in mancanza di un accordo interistituzionale fra il Consiglio europeo e il Parlamento europeo sulla selezione di un candidato alla presidenza della Commissione, i capi di Stato o di governo agiranno dopo le elezioni europee per mantenere nelle loro mani la prerogativa di proporre alla assemblea il nome per la funzione di presidente, il campo innovatore dovrebbe a nostro avviso:
accantonare il metodo inefficace degli Spitzenkandidaten proponendo invece di unificare le presidenze della Commissione europea e del Consiglio europeo, secondo un principio consentito dal Trattato di Lisbona, attraverso la consultazione fra i gruppi politici del nuovo Parlamento ed il Consiglio europeo come è stabilito dalla dichiarazione n., 11 allegata al trattato per mettere fine alla ventennale egemonia dei popolari sulla presidenza della Commissione europea,
decidere di candidare alle elezioni europee in tutti i paesi membri singole personalità “in ragione della loro competenza, del loro impegno europeo e della loro indipendenza” destinate ad essere scelte in una rosa di nomi nella lista dei membri della futura Commissione europea mantenendo aperta la prospettiva delle liste transnazionali proposta a larga maggioranza dal Parlamento europeo,
elaborare gli elementi di un programma comune a cui dovrà conformarsi la nuova Commissione europea fondato sull’obiettivo di federare le competenze nei settori necessari ad assicurare beni pubblici a dimensione europea, di rafforzare la democrazia e il bilancio europei, di promuovere una politica migratoria per un’Europa che accoglie, di sviluppare una politica fiscale equa, di avviare un piano di cooperazione con il continente africano, di invertire la rotta della politica estera e della sicurezza verso la pace e il rispetto del diritto internazionale,
aprire una fase costituente per andare al di là del Trattato di Lisbona, attribuendo questa missione al Parlamento europeo eletto in collaborazione con i parlamenti nazionali e suggerendo la convocazione di assise interparlamentari come quelle che ebbero luogo a Roma nel novembre 1990 alla vigilia del Trattato di Maastricht affiancate da forme di democrazia partecipativa ispirate al metodo della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Su questa base il campo innovatore dovrebbe fare appello alle organizzazioni rappresentative della società civile affinché sostengano nella campagna elettorale europea i partiti che avranno condiviso il programma comune affinché questo campo possa conquistare la maggioranza assoluta nella nuova assemblea e condizionare con il voto dei suoi eletti l’agenda e la composizione della Commissione europea.
Roma, 17 aprile 2023
ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE
La nostra Dichiarazione su una nuova politica migratoria europea ha ricevuto il sostegno dei Movimenti europei in Spagna, Francia e Polonia ed è stata considerata come la base per l'elaborazione di una presa di posizione comune del Movimento europeo Internazionale.
PER UNA NUOVA POLITICA MIGRATORIA EUROPEA
Altre vittime ci sono state durante questo week end nel Mediterraneo su un barcone anzi un gommone con 47 persone – donne, bambini e uomini – che si è rovesciato nelle acque di un mare forza 6 trascinando fra le onde il suo carico di umanità: secondo il gelido calcolo dei soccorritori diciassette persone sono state tratte in salvo ma trenta migranti sono dispersi e forse non si troveranno mai.
Di fronte a queste nuove morti con una confusa attribuzione delle responsabilità o accuse reciproche ci troviamo di fronte ad una ripetitiva e grottesca rappresentazione che non cambia la realtà di una situazione che si perpetua da oltre un decennio e che ha sepolto in quella tomba - che gli arabi chiamano Mar Bianco di Mezzo - decine di migliaia di persone.
Si tratta tuttavia di una minoranza di tutti coloro che hanno lasciato la vita e la speranza di una vita dignitosa nel deserto che separa l’Africa sub-sahariana dai paesi che si affacciano su quel mare, nelle carceri della Libia, nei campi di concentramento in Grecia, in Marocco e in Turchia e nelle impervie rotte terrestri della via dei Balcani.
A questo quadro drammatico si aggiunge ora la decisione della Commissione europea di fornire nuovi mezzi alla Guardia Costiera libica rafforzando così le sue capacità di riportare chi fugge dal terrore e dalle torture in un paese in cui sono noti i trattamenti disumani subiti dai migranti che provengono dall’Africa sub-sahariana.
Questa decisione sarà per noi inaccettabile almeno fino a quando non sarà possibile creare in Libia dei centri - sotto il controllo dell’UNHCR e dell’OIM - per esaminare le richieste di asilo o l’inserimento in flussi legali o i rimpatri assistiti nei paesi di origine laddove saranno praticabili accordi bilaterali sostenendo nello stesso tempo il rappresentante delle Nazioni Unite nella promozione del processo di stabilizzazione assistito da un gruppo di contatto con una iniziativa del Consiglio di Sicurezza osteggiata dalla Russia.
Se i capi di Stato o di governo dell’Unione europea o i loro ministri degli interni chiamati a gestire operazioni di polizia studiassero la geografia che circonda il Mare Bianco di Mezzo si renderebbero conto della assurdità di una politica migratoria come è stata definita nel Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 che si chiude e si limita:
al controllo delle frontiere esterne,
ai respingimenti e alle riammissioni nei paesi di origine,
agli “ingenti investimenti” per creare delle infrastrutture di protezione,
agli ostacoli all’azione delle organizzazioni non governative,
all’ideologia del pull factor,
e al principio del paese di prima accoglienza.
Andando al di là dei principi della accoglienza e della ospitalità nel rispetto delle convenzioni internazionali, della Carta dei diritti fondamentali e della CEDU, si tratta di definire una nuova politica migratoria europea.
Essa deve coinvolgere nella misura del possibile i paesi di origine dei migranti e dei richiedenti asilo e facilitare il consenso delle opinioni pubbliche in particolare delle giovani generazioni contribuendo alla lotta contro le strumentalizzazioni e alle infondate paure ancestrali dei movimenti secolari di popolazioni.
Le istituzioni europee dovrebbero chiedere ad Eurostat un rapporto dettagliato
sui paesi di origine di chi emigra e di chi chiede asilo,
sui trend dello sviluppo demografico nei paesi in via di sviluppo ed in particolare nell’Africa sub-sahariana,
sulla crescita o meglio sulla decrescita demografica nei paesi dell’Unione europea e sui trend di invecchiamento delle nostre popolazioni,
sulle percentuali di cittadini di paesi terzi nei paesi dell’Unione europea suddivisi per regioni e anche fra aree urbane e aree agricole,
sulle aggregazioni di comunità etniche,
sui trend di matrimoni misti,
sui numeri della piccola e media imprenditoria insieme all’artigianato che fanno capo a cittadini non comunitari,
sugli equilibri di genere e generazionali.
Le istituzioni europee dovrebbero chiedete al Servizio Europeo per l’Azione Esterna un rapporto dettagliato
sulle vere ragioni dei push factors legati ai conflitti interni e ai conflitti fra stati,
sullo stato delle desertificazioni nei paesi dell’Africa sub-sahariana,
sulle cause e sugli effetti delle espropriazioni delle terre,
sul livello di mancata realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile 2030 in quei paesi ed in particolare “povertà e fame zero” (1-2), la “salute” (3), l’ “acqua pulita” (6), la “riduzione delle diseguaglianze” (10), la “lotta al cambiamento climatico” (13), la “pace” e la “giustizia” (16).
Sulla base di questi due rapporti e sapendo che i flussi migratori sono un fenomeno permanente mondiale e non solo continentale, le istituzioni europee dovrebbero a nostro avviso promuovere insieme alle Nazioni Unite, all’UNHCR e all’OIM entro la fine dell’anno e sotto presidenza spagnola una conferenza europea su una nuova strategia per le politiche migratorie che sia fondata sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile e sul Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
Essa dovrebbe essere organizzata secondo il modello della democrazia partecipativa adottato dalla Conferenza sul futuro dell’Europa e dunque con la presenza attiva delle organizzazioni che lavorano nei paesi di origine partendo dall’impegno che il Patto mondiale sia adottato da tutti i paesi dell’Ue e quindi anche da Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria che non parteciparono nel 2018 alla Conferenza di Marrakech e che si astennero o votarono contro il Patto Mondiale nella Assemblea delle Nazioni Unite del 19 dicembre 2018.
A conclusione della Conferenza dovrebbero essere a nostro avviso adottati
una nuova Convenzione che sostituisca integralmente il Regolamento di Dublino,
un protocollo, da accludere al Trattato di Lisbona e in vista della sua più ampia revisione, che superi il capitolo 2 del titolo 5 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea sulle politiche relative ai controlli delle frontiere, all’asilo e all’immigrazione,
una proposta di bilancio rettificativo e suppletivo per creare uno strumento finanziario per il salvataggio in mare (European Sea Rescue o Mare Nostrum europeo) e per porre le basi di una Banca Euromediterranea per dare un impulso decisivo alla cooperazione economica dell’area e favorisca la cooperazione sub-regionale,
un mandato alla Commissione europea ed all’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza di proporre al Consiglio e al Parlamento europeo un ampio piano di cooperazione allo sviluppo di tutto il continente africano per contribuire alla realizzazione degli obiettivi dello sviluppo sostenibile sulla base di un partenariato pubblico-privato,
un programma di educazione delle giovani generazioni che integri e rafforzi le politiche di accoglienza e di ospitalità.
Roma, primo incontro di creazione di un gruppo di amiche ed amici del Giardino dei Giusti di Roma (promosso dalla Fondazione Gariwo)
18 aprile
Roma, Seminario Fondazione Astrid sul tema “Blockchain come soluzione di sistema: regole, garanzie e prospettive di mercato”
Roma, incontro Italian Network for the Euro-Mediterranean Dialogue
Invertire la rotta. Mobilitazione nazionale contro la conversione in legge del Decreto Cutro. #NONSIAMODACCORDO
19 aprile
Roma, presentazione del volume “Discriminazione algoritmica. Una prospettiva comparata” di Elena Falletti (Giappichelli, 2022)
Meeting CERV Remembrance 2023 (Foster Europe)
Roma, Consiglio di Presidenza Movimento europeo
IN EVIDENZA
VI SEGNALIAMO
18-23 aprile, Roma. Festival delle Scienze di Roma presso l’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”. Tema della XVIII edizione, “Immaginari”. Prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, con la partnership di Codice Edizioni, è promosso da Roma Capitale-Assessorato alla Cultura e realizzato con Asi-Agenzia spaziale italiana e Infn-Istituto nazionale di fisica nucleare. Oltre 100 incontri tra conferenze, laboratori, exhibit, spettacoli ed eventi per famiglie. PROGRAMMA COMPLETO. Per ulteriori informazioni visitare il sito del Festival.
Martedì 18 aprile, ore 15:30-18:30, Roma. Convegno, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, su “Le alterne vicissitudini della protezione italiana ai richiedenti asilo: dalla protezione umanitaria a quella speciale”. ULTERIORI INFORMAZIONI E PROGRAMMA.
Mercoledì 19 aprile, ore 17:00, Roma. Presentazione del volume “Discriminazione algoritmica. Una prospettiva comparata” di Elena Falletti (Giappichelli, 2022). L’incontro, che si svolgerà in modalità mista presenza/distanza, è promosso dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso e dal Movimento europeo. Sarà possibile seguire la diretta streaming sul canale YouTube della Fondazione Basso. PROGRAMMA.
Sabato 22 aprile 2023, ore 10:30-13:30, Roma. Presso lo Spazio espositivo MACRO (ex mattatoio) Convegno "MIGRANTICIDIO: UN CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ - Diritto di migrare, diritti dei migranti", promosso da Associazione Nazionale Giuristi Democratici, Centro di Ricerca ed Elaborazione per la Democrazia, Mani Rosse Antirazziste. PROGRAMMA.
APPELLO "Invertire la rotta" contro la conversione in legge del Decreto Cutro (Appello promosso da Il Tavolo Asilo e immigrazione e numerose organizzazioni che lavorano per i migranti)
SUL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEI VALORI DELL’UNIONE E DEI DIRITTI FONDAMENTALI CON CARATTERE DI URGENZA
Noi cittadine e cittadini dell’Unione europea, associazioni, persone fisiche di paesi terzi residenti nell’Unione europea
Viste le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio ed in particolare il punto 23.e
Vista la lettera della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen del 26 gennaio 2023 ai Capi di Stato e di governo, una lettera che sembrerebbe rappresentare un mutamento di approccio della Commissione europea rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali ad un’Europa che respinge e che esclude
Viste le richieste al Consiglio europeo dei governi di Austria, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia
Considerando gli articoli 20, 24 e 227 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando gli articoli 77, 78, 79 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed in particolate gli articoli 1, 2, 4, 5, 15, 18, 19
Considerando la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951
Considerando la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo del 1985
Considerando la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1950
Considerando che i Capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla lotta alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza
Considerando che nulla è stato detto dal Consiglio europeo sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre fra Stati, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri in molti casi non sono realizzabili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi bilaterali con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa
Considerando che nulla è stato detto dal Consiglio europeo sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie
Considerando che il prossimo Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni che dovrà dare seguito alle conclusioni del Consiglio europeo si terrà il 9 marzo sotto presidenza svedese.
Riteniamo che il Parlamento europeo debba respingere le conclusioni del Consiglio europeo - usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone - in particolare il paragrafo 23.e in cui si afferma:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissionea mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Chiediamo di sapere – in quanto movimento di cittadine, cittadini e persone contribuenti – se saranno esclusi finanziamenti per la costruzione di muri e fili spinati, su quale linea di bilancio saranno prelevati questi fondi, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola, come si verificherà la pertinenza e la necessità delle spese effettuate, poiché tali ingenti fondi dovrebbero essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei nonché da tutte le persone che risiedono nell’Unione europea.
Il 28 febbraio la Petizione è stata presentata al Parlamento europeo con il sostegno dei Movimenti europei di Italia, Francia, Polonia e Spagna, di Emergency, Eumans, Medel, la rete The Last20, Concord Italia, Legambiente e Open Arms e con il sostegno di mille cittadine e cittadini europei e oltre cento soggetti collettivi.
In data 2 marzo, una analoga Petizione è stata presentata anche alla Camera dei Deputati.
LA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E' ANCORA APERTA AD EVENTUALI SOTTOSCRIZIONI
INVIANDO UN’EMAIL ALL'INDIRIZZO Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SUL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEI VALORI DELL’UNIONE E DEI DIRITTI FONDAMENTALI CON CARATTERE DI URGENZA
Noi cittadine e cittadini dell’Unione europea, associazioni, persone fisiche di paesi terzi residenti nell’Unione europea
Viste le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio ed in particolare il punto 23.e
Vista la lettera della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen del 26 gennaio 2023 ai Capi di Stato e di governo, una lettera che sembrerebbe rappresentare un mutamento di approccio della Commissione europea rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali ad un’Europa che respinge e che esclude
Viste le richieste al Consiglio europeo dei governi di Austria, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia
Considerando gli articoli 20, 24 e 227 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando gli articoli 77, 78, 79 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed in particolate gli articoli 1, 2, 4, 5, 15, 18, 19
Considerando la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951
Considerando la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo del 1985
Considerando la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1950
Considerando che i Capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla lotta alla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza
Considerando che nulla è stato detto dal Consiglio europeo sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre fra Stati, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri in molti casi non sono realizzabili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi bilaterali con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa
Considerando che nulla è stato detto dal Consiglio europeo sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie
Considerando che il prossimo Consiglio dei ministri della Giustizia e degli Affari Interni che dovrà dare seguito alle conclusioni del Consiglio europeo si terrà il 9 marzo sotto presidenza svedese.
Riteniamo che il Parlamento europeo debba respingere le conclusioni del Consiglio europeo - usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone - in particolare il paragrafo 23.e in cui si afferma:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissionea mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Chiediamo di sapere – in quanto movimento di cittadine, cittadini e persone contribuenti – se saranno esclusi finanziamenti per la costruzione di muri e fili spinati, su quale linea di bilancio saranno prelevati questi fondi, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola, come si verificherà la pertinenza e la necessità delle spese effettuate, poiché tali ingenti fondi dovrebbero essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei nonché da tutte le persone che risiedono nell’Unione europea.
Il 28 febbraio la Petizione è stata presentata al Parlamento europeo con il sostegno dei Movimenti europei di Italia, Francia, Polonia e Spagna, di Emergency, Eumans, Medel, la rete The Last20, Concord Italia, Legambiente e Open Arms e con il sostegno di mille cittadine e cittadini europei e oltre cento soggetti collettivi.
In data 2 marzo, una analoga Petizione è stata presentata anche alla Camera dei Deputati.
LA PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E' ANCORA APERTA AD EVENTUALI SOTTOSCRIZIONI
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