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Newsletter 20 Giugno/2022 - ULTIME DA BRUXELLES

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Gli strumenti giusti per affrontare una nuova forma di guerra

La pandemia ha inferto un duro colpo all’economia europea, a cui l’Unione ha reagito decidendo un programma di interventi finanziari senza precedenti: il NexgenerationEU e al tempo stesso congelando il patto di stabilità per permettere ai singoli Stati interventi mirati di sostegno all’economia nazionale e di riflesso europea. In quella occasione gli Stati europei hanno saputo dimostrare una prova di grande solidarietà e unità.

L’invasione della Russia all’Ucraina ha di nuovo messo alla prova l’unità e la solidarietà dell’Unione che ha deciso di schierarsi accanto all’Ucraina in difesa dei principi democratici europei, prendendo una serie di decisioni con le quali sono stati previsti aiuti militari, finanziari ed umanitari all’Ucraina e sanzioni economico-finanziarie alla Russia, con l’obiettivo di riportare il prima possibile i due Paesi ad un tavolo negoziale di pace.

In questa occasione, come nella precedente, è stata palese la necessità di essere compatti, di doversi difendere e sostenere non solo economicamente ma anche militarmente i nostri più profondi principi democratici grazie ai quali siamo potuti vivere per oltre 70 anni in un mondo libero e democratico.

Schierandoci a sostegno dell’Ucraina, anche se per nostra fortuna non abbiamo avuto vittime sul campo di battaglia, abbiamo però di fatto iniziato una guerra atipica che ha innescato un periodo di turbolenze economiche, finanziarie e sociali, che si prevede durerà a lungo e che già sta incidendo sul sistema economico in cui siamo sino ad oggi vissuti, cambiandolo in modo radicale.

Le sanzioni e le contro-sanzioni hanno infatti causato un brusco e consistente aumento dei prezzi dei prodotti derivanti da combustibili fossili, allargandosi anche ai prodotti manifatturieri e al costo dei servizi.

L’inflazione, fino a poco fa apparentemente inesistente e comunque sotto controllo, ha improvvisamente raggiunto livelli molto preoccupanti che hanno indotto la Banca Centrale Europea (BCE) ad intervenire dapprima con uno stop al quantitavive easing, quindi all’annuncio di un prossimo aumento dei tassi di interesse e infine con uno scudo finanziario per sostenere i paesi più colpiti da questa politica monetaria forzatamente più restrittiva. Difronte ai due primi strumenti i mercati hanno subito reagito facendo crollare il valore dei titoli di alcuni Stati maggiormente indebitati e facendo conseguentemente aumentare in modo pericoloso lo spread tra questi ed i bund tedeschi.

Dal momento che questa situazione sarebbe potuta diventare esplosiva non solo per i paesi con alto debito pubblico ma per l’intera eurozona, la BCE ha annunciato di voler anticipare la presentazione dello scudo in concomitanza con il primo rialzo dei tassi d’interesse previsto per il prossimo luglio.

Scopo di questo nuovo strumento sarà infatti quello di evitare la frammentazione dei mercati ed il peggioramento degli effetti inflattivi sugli stessi, in un momento in cui si è in presenza di alcune variabili per nulla rassicuranti, quali: la situazione geopolitica in Europa e la decisone di appoggiare l’Ucraina finchè questa riterrà necessario combattere contro il suo invasore; l’aumento dei prezzi di materie prime non solo petrolifere ma anche di quelle necessarie al settore alimentare; l’incertezza nelle catene di approvvigionamento di materie  prime e beni dalla Russia ma anche da altri paesi, soprattutto per quei prodotti necessari per attuare non solo la transizione ecologica, ritenuta uno degli obiettivi prioritari della Commissione e dell’Unione, ma anche il rilancio economico della stessa avviato subito dopo la pandemia con il NextGenerationEU.

La situazione economica, inoltre, si sta aggravando anche per i cambi climatici che stanno creando seri problemi di siccità con impatti negativi in particolare sul settore alimentare, oltre che nel settore delle energie alternative (per es. settore idroelettrico).

In questo contesto, dunque, la BCE sta studiano lo scudo finanziario da inserire nel suo tool box per il controllo dell’inflazione con l’obiettivo di farla ritornare quanto prima al 2% e quello di evitare la frammentazione dei mercati.

In sintesi, lo scudo dovrebbe prevedere che alla scadenza di titoli di alcuni paesi, considerati ‘forti’, le risorse possano essere indirizzate all’acquisto di titoli di paesi considerati ‘più deboli’, quali quelli Italiani, Spagnoli e forse anche Francesi. Tra gli elementi su cui si sta decidendo ci sono:

  • Il tasso dei reinvestimenti in altri titoli delle risorse che si liberano e che dovrebbero essere pari a circa 200 miliardi di euro;
  • Quali saranno i paesi più bisognosi e quali quelli ‘penalizzati’ perché più forti;
  • Le regole che lo scudo dovrà rispettare, prima tra tutte quella di evitare di finanziare debiti pubblici nazionali, oltre essere previsti per un tempo ed un importo totale determinato, la possibilità di essere acquisiti solo sul mercato secondario e non alle aste e di essere rivenduti appena possibile.

Sicuramente lo scudo può avere un effetto positivo sui mercati contribuendo a regolare la liquidità, ma in quanto strumento monetario verrà applicato dalla BCE e non dagli Stati. Questo potrebbe causare fibrillazioni o richieste di condizionalità per il suo utilizzo. Ma non solo ….

Siamo infatti ancora difronte ad una sorta di spaccatura tra politica monetaria decisa della BCE e politica reale nelle sue forme di politica industriale, ambientale, sociale e ricerca ed innovazione decisi dal Consiglio e dal PE.

Quello monetario e quello economico sono però due settori strettamente collegati tra loro.

Si può arginare il divario tra Bund tedeschi e titoli italiani non solo con interventi esterni di carattere monetario, ma anche in modo strutturale con precisi interventi in settori particolarmente fragili, sotto forma di investimenti in grado di generare reddito e rendere il paese più sicuro. Il NextgenerationEU ha avuto sicuramente come obiettivo quello di sostenere e rilanciare le economie dei paesi colpiti dalla pandemia in un’ottica di solidarietà ma si tratta ancora di un sostegno delle economie dei singoli Stati.

La guerra ha invece evidenziato un altro e pericoloso tallone di Achille dell’Unione, per la quale è ricattabile: la mancanza di un’autonomia strategica in campo energetico dell’Unione.  

Questa carenza e la necessità di approvvigionarsi a prezzi decisamente crescenti ha innescato l’inflazione, che la BCE - nell’interesse dell’eurozona - sta arginando con strumenti finanziari in modo ‘autonomo’ rispetto a chi invece ha responsabilità politiche settoriali, cioè tipiche dell’economia reale, ma che spesso decide in base a interessi nazionali.

Sarebbe pertanto, opportuno almeno in questo settore, così vitale per la sopravvivenza economica dell’Unione, pensare ed agire in modo unitario, avviando una strategia comune europea da attuare immediatamente con risorse comuni e secondo un piano energetico europeo condiviso che tenga conto delle specificità dei vari paesi. Si tratta anche questa volta di agire ‘costi quel che costi’ come fu per ‘whatever it takes’, per assicurare quella autonomia strategica dell’Unione in campo energetico e una transizione ecologica comune, assolutamente necessaria non solo per l’ambiente ma per la stessa sopravvivenza dell’Unione.

Un simile cambio di passo, da decidere attraverso magari un Consiglio congiunto ambiente-industria, rassicurerebbe i mercati e farebbe considerare gli strumenti che la BCE sta studiando effettivamente efficaci. In mancanza di questo collegamento le misure rischiano di essere poco credibili, incisive e comunque molto limitate rispetto alle criticità da superare.

Il mercato ‘annusa questa debolezza’ e malgrado gli annunci della BCE di prevedere strumenti di sostegno come lo scudo a fronte di aumenti dei tassi, le borse continuano in modo preoccupante a oscillare….

Roma, 20-6-2022    

Anna Maria Villa                                                                              

 

 

 

 

 

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