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Newsletter 15 Luglio/2024 - L'EDITORIALE

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Tanto tuonò che piovve

Viktor Orban, i suoi dodici ministri e la cooperazione leale

Come fu deciso nel 2009, il governo ungherese di Viktor Orban ha assunto dal 1° luglio al 31 dicembre 2024 - per la seconda volta nella storia dell’Ungheria come paese membro dell’UE - la presidenza del Consiglio dell’Unione europea chiudendo così il trio Spagna-Belgio-Ungheria in un semestre di transizione istituzionale.

Viktor Orban è stato primo ministro dal 1998 al 2002 e poi, ininterrottamente, dal 2010 essendo stato rieletto per tre volte ed essendo così oggi il primo ministro più longevo fra i Ventisette.

Il suo partito Fidesz è passato sotto la sua guida da posizioni liberali e popolari a posizioni euroscettiche e di negazione dei valori comuni dell’Unione europea, sostenuto soprattutto nelle campagne dalla maggioranza degli ungheresi – come avviene del resto alla grande maggioranza dei partiti populisti di estrema destra in Europa – ma contestato nelle grandi città come Budapest mantenendo finora la maggioranza assoluta nel Parlamento nazionale.

Per le sue posizioni contrarie ai valori comuni dell’Unione europea il partito Fidesz è stato sospeso nel marzo 2019 dal Partito Popolare Europeo a cui aveva aderito fin dalla sua nascita e ne è uscito nel marzo 2021 quando il PPE ha cambiato il suo statuto rafforzando l’impegno al rispetto dello stato di diritto.

Come sappiamo, dopo le recenti elezioni europee il partito Fidesz ha promosso la costituzione al Parlamento europeo di un nuovo gruppo di “Patrioti” che ha sostituito l’8 luglio quello di Identità e Democrazia e che ha riunito quasi molti partiti euro-ostili di estrema destra con l’eccezione dell’AFD avendo come obiettivo la difesa delle nazioni, le radici giudaico-cristiane, la lotta all’immigrazione e la cancellazione del Patto Verde Europeo diventando il terzo gruppo parlamentare dopo i popolari e i socialisti e prima dei Conservatori e dei Liberali.

Nel 2018, il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza una risoluzione “legislativa” in cui ha chiesto al Consiglio di applicare l’art. 7.1 del Trattato sull’Unione europea dove è scritto che – su proposta dello stesso PE, di un terzo degli Stati membri o della Commissione – il Consiglio può constatare alla maggioranza dei 4/5 dei suoi membri che “esiste un rischio chiaro di violazione da parte di uno Stato membro dei valori comuni definiti all’art. 2” dello stesso Trattato.

Nonostante i pareri motivati della Commissione europea e le conseguenti sentenze della Corte di Giustizia, le reiterate denunce del Parlamento europeo e la sospensione delle sovvenzioni all’Ungheria per la constatata violazione dello stato di diritto, il Consiglio non è stato finora in grado di riunire la maggioranza dei 4/5 (e cioè nessuna delle dodici presidenze del Consiglio dell’Unione europea dal 2018 ad oggi ha posto la questione all’o.d.g.) per constatare il rischio grave della violazione dei valori definiti nell’art. 2, il che avrebbe aperto la strada ad una decisione all’unanimità del Consiglio europeo per constatare l’esistenza della violazione e poi del Consiglio di sospendere a maggioranza qualificata il diritto di voto nello stesso Consiglio e nel Consiglio europeo del governo ungherese.

Certo, ci sono state in tutti questi anni dichiarazioni di questo o quel ministro nazionale o della Commissione (dixi et salvavi animam meam) per sostenere l’idea che era venuto il momento di mettere fine alla protervia orbaniana, resa più insopportabile da continui atti di ostilità politica ed istituzionale, applicando integralmente l’art. 7 ma nulla è avvenuto lasciando al governo ungherese un grottesco “diritto all’immunità europea”.

Fondandoci su due risoluzioni del Parlamento europea che sollevavano dei dubbi motivati sulla capacità del governo ungherese di presiedere il Consiglio dell’Unione europea dal 1° luglio 2024, abbiamo lanciato in tempo utile e nello scorso maggio (LINK) un appello al Presidente del Consiglio europeo e al Presidente di turno belga del Consiglio dell’UE informando contemporaneamente la Presidente della Commissione, la Presidente del PE e il Presidente della Corte per chiedere - nel rispetto delle procedure previste dal Trattato e motivandolo con evidenti ragioni giuridiche - di modificare l’ordine delle presidenze deciso nel 2009 o prolungando la presidenza belga o anticipando la presidenza polacca.

Alcuni ci hanno risposto “in punta di diritto” pur mostrando empatia per il nostro allarme, altri come il ministro Tajani ci hanno bacchettato dicendo che confondevamo la politica con le istituzioni e l’ineffabile Charles Michel ci ha invitato a rileggere l’art. 16.9 TUE (LINK) dimenticando di leggere non solo l’art. 236 TFUE ma di interpretare il Trattato e di applicare al governo ungherese le regole interne del funzionamento del Consiglio e del Consiglio europeo.

Siamo, del resto, ancora in paziente attesa del rapporto che la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha affidato alla penna del suo vicepresidente Sefcovic in risposta al nostro appello (LINK).

Tanto tuonò che piovve!

Dopo il 1° luglio e legittimato a suo dire dalle insegne della presidenza del Consiglio dell’Unione europea e dal motto trumpiano “make Europe great again”, Viktor Orban è salito su un volo di Stato (pagato da chi?) e ha iniziato a girare per il mondo fra Kiev, Mosca, Pechino e Washington per “contribuire alla pace universale” dimenticandosi di informare preliminarmente Charles Michel, Ursula von der Leyen e Josep Borrell della sua missione internazionale nel pieno disprezzo della cooperazione leale fra istituzioni, un principio che appare anche nell’incipit del sito della presidenza di turno del Consiglio UE.

Alla vigilia del 1° luglio, il Consiglio ha organizzato il 25 giugno una inutile e grottesca audizione del governo ungherese pregando chi lo rappresentava di stare attento “in punta di diritto” al rispetto delle regole e il rappresentante ungherese ha assicurato i suoi colleghi che a Budapest avrebbero tenuto conto delle osservazioni del Consiglio.

Invitata dal Consiglio europeo il 27 giugno, la Presidente del PE Roberta Metsola si è dimenticata – nella confusione della transizione istituzionale e concentrandosi sulla sua rielezione il 16 luglio – di ricordare ai Capi di Stato e di governo le risoluzioni del PE sulla incapacità ungherese di presiedere il Consiglio dell’UE e il rapporto del 22 novembre  2023 in cui si chiede una revisione del Trattato di Lisbona, fra cui l’art 7 TUE.

Finalmente e adontati dai viaggi internazionali di Viktor Orban, Charles Michel, Josep Borrell e ben 25 rappresentanti permanenti – incoraggiati da un parere motivato del Servizio Giuridico del Consiglio – hanno detto in coro “ohibò” e il Coreper II ha iscritto all’o.d.g. (fra “eventuali e varie”, per evitare di dover decidere) del 9 luglio, ma a presidenza ungherese iniziata, la “missione di pace” avviata da Viktor Orban.

Il rappresentante ungherese ha cercato di sdrammatizzare - così come i direttori dell’integrazione europea dei 27 avevano cercato di sdrammatizzare in contemporanea la questione riuniti a Budapest - sostenendo che i viaggi di Viktor Orban non impegnavano la presidenza del Consiglio dell’UE e che si trattava di incontri bilaterali.

I venticinque ambasciatori, pur professionalmente compassati, hanno tenuto il punto e hanno detto: “così non si fa e ciò non deve più avvenire”.

In punta di diritto” sembra che non si possa più tornare indietro e che, se si togliesse la poltrona della presidenza da sotto le terga di Viktor Orban, sarebbe violato il principio del sistema di uguale rotazione fissato dall’art. 16.9 a cui tiene molto l’ineffabile Charles Michel.

Dovremmo dunque adeguarci “in punta di diritto” non mancando tuttavia di ricordare che avevamo avvisato i naviganti europei fin dal mese di maggio che un temporale inter-istituzionale era in arrivo.

Ci permettiamo ora di attirare l’attenzione delle istituzioni europee sugli oltre trecento eventi programmati dalla presidenza ungherese verificando attentamente quali di questi eventi rientrano nelle sue competenze e quali fanno invece parte dei poteri di altre istituzioni: nel rispetto della cooperazione leale (LINK al programma).

Montpellier, 12 luglio 2024
coccodrillo

 

  

 

 

 

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