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Newsletter 28 Ottobre/2024 - L'EDITORIALE

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SALTA A STRASBURGO IL CORDONE SANITARIO CONTRO L’ESTREMA DESTRA

IN PERICOLO LA DEMOCRAZIA EUROPEA

Nella sessione plenaria del Parlamento europeo, che si è chiusa giovedì a Strasburgo, il cordone sanitario che dovrebbe escludere i gruppi e i partiti di estrema destra o comunque euro-ostili dal processo decisionale dei legislatori europei nella loro dimensione parlamentare, è stato già infranto almeno due volte sul tema delle politiche migratorie.

Si è formata infatti una maggioranza - per ora occasionale - fra i popolari europei guidati dal bavarese della CSU Manfred Weber, e i tre gruppi della destra estrema: i “Patrioti per l’Europa”, diretti dal giovane lepenista francese Jordan Bardella ma teleguidati da Viktor Orbán, eredi del gruppo “Identità e Democrazia” a cui appartiene la Lega; i Conservatori e Riformisti capitanati dal meloniano Nicola Procaccini e dal polacco Joachim Brudzinski e il nuovo gruppo delle “Nazioni sovrane in Europa” guidato dal tedesco dell’AFD René Aust e dal polacco Stanisław Tyszka.

Insieme, i quattro gruppi possono costituire numericamente la maggioranza assoluta del Parlamento europeo con 377 deputati che potrebbero ancora aumentare se si aggiungesse qualcuno dei trentuno non iscritti, raggiungendo così l’obiettivo di avvicinarsi al record di 400 membri sui 720 che conta l’intera Assemblea di Strasburgo.

Il cordone sanitario del resto si è già infranto in alcuni paesi membri perché partiti nazionalisti sono già al governo o potrebbero entrare in governi di coalizione nazionali o regionali dove le recenti elezioni li hanno premiati, come è avvenuto in Belgio e nei Paesi Bassi e come potrebbe avvenire in Bulgaria o in Cechia, dove il partito ANO dell’ex liberale Andrej Babis potrebbe vincere con la maggioranza assoluta le elezioni legislative nel 2025, o in Spagna dove il Partito Popolare strizza l’occhio a Vox nelle regioni autonome.

E nessuno può escludere che, in una situazione di ingovernabilità regionale o federale, la CDU tedesca guidata da Friedrich Merz finisca per accarezzare l’idea di un accordo con gli estremisti di Alternative für Deutschland.

Per non parlare dei governi di destra in Finlandia e Svezia dove i Veri finlandesi e i Demokraterna svedesi, appartenenti al gruppo ECR, hanno dato vita ad alleanze che hanno preceduto e aperto la strada alla formazione del Governo Meloni in Italia.

Aggiungiamo che Il cordone sanitario si è infranto anche in Austria perché la FPÖ, arrivata in testa alle elezioni legislative, è stata sì, almeno per ora, esclusa dal futuro Governo a Vienna ma ha portato sulla poltrona della presidenza del Parlamento austriaco il leader Walter Rosenkranz in odore di simpatie neonaziste, e lo ha fatto grazie al voto dei popolari del Cancelliere, uscente e in pectore, Karl Nehammer.

Tornando alle aule di Strasburgo, la convergenza fra i quattro gruppi di centro-destra ha funzionato con relativo successo in almeno due occasioni legate alle politiche migratorie:

  • la prima quando si è trattato di respingere la richiesta dei Verdi sostenuta dal gruppo socialista e da quello liberale di Renew Europe (con scarsa convinzione di alcuni dei loro membri) di discutere sulla vicenda italo-albanese;
  • la seconda quando si è votato un emendamento al bilancio 2025 per la creazione di un fondo a sostegno della costruzione di muri anti-immigrati presentato da Alternative für Deutschland.

Nel primo caso un’ampia maggioranza dei parlamentari presenti in aula ha deciso di non iscrivere all’ordine del giorno il caso albanese.

Il che ha messo in evidenza le simpatie che quel modello riscuote in Europa e che peraltro si erano già manifestate nella riunione di undici Capi di Governo a margine del Consiglio europeo alla quale ha partecipato anche la Prima Ministra socialdemocratica danese Mette Frederiksen e ha avuto la estemporanea e molto discutibile benedizione di Ursula von der Leyen.

Nel secondo caso, l’emendamento dell’AFD è stato approvato dall’aula con il sostegno di tutto il centro-destra ivi compreso il PPE spingendo socialisti, liberali, verdi e sinistra a votare contro la risoluzione – politicamente necessaria ad accompagnare gli emendamenti al bilancio 2025 al fine di giustificare le proposte di aumento - che infine non è stata adottata dalla Assemblea rendendo così più complicata la posizione politica del Parlamento europeo nei negoziati con il Consiglio sotto presidenza ungherese, il quale è fortemente contrario all’aumento di quel bilancio e ha proposto molti tagli al progetto della Commissione europea.

Un significativo segnale della volontà del PPE di Manfred Weber - che prima delle elezioni europee aveva lavorato alacremente, anche se senza risultato, sull’ipotesi di una alleanza con l’ECR di Giorgia Meloni - di usare la politica dei due forni privilegiando il forno di destra è stato del resto dato quando si è trattato di organizzare il calendario delle audizioni dei candidati-commissari dal 4 al 12 novembre.

In questa occasione è stata infatti dispiegata un’abile regia per mettere al sicuro i candidati di centro-destra, a cominciare dall’italiano Raffaele Fitto.

Il voto nelle commissioni parlamentari avviene a maggioranza semplice e, ancor di più, la fiducia all’intera Commissione viene espressa anch’essa in aula dalla maggioranza semplice dei voti espressi.

Ciò rende spuntata l’arma della minaccia formulata della Presidente del Gruppo Socialista Iratxe Garcia Pérez di non votare la fiducia se Ursula von der Leyen non rinnegherà il suo sostegno al modello albanese.

La “maggioranza Ursula”, che ha permesso alla Presidente della Commissione europea di ottenere il 18 luglio 2024 un confortevole voto di fiducia, potrebbe diventare molto variabile se una parte dei socialisti e dei liberali o ancor di più dei verdi decidesse di voltare le spalle alla nuova Commissione europea aprendo in tal modo la strada ad un voto favorevole dei conservatori su ispirazione dei parlamentari di Fratelli d’Italia al fine di garantire la maggioranza dei voti espressi legata alla presenza in aula al momento del voto rovesciando il non-voto di Giorgia Meloni al Consiglio europeo e il voto contrario di Fratelli d’Italia in aula.

Come giudicare le prospettive? Se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, finite le schermaglie per l’organizzazione interna del Parlamento, dove il cordone sanitario è stato rispettato per le elezioni dei vicepresidenti e degli uffici di presidenza delle commissioni parlamentari con l’esclusione dei “patrioti” e dei sovranisti ma con l’ingresso dell’ECR, la “maggioranza Ursula” dovrebbe teoricamente funzionare nel lavoro legislativo collegato alle proposte che presenterà la Commissione europea e che dovrebbero essere coerenti con le priorità presentate dalla stessa Presidente il 18 luglio tenendo anche conto della divaricazione fra PPE e ECR da una parte e “patrioti” e sovranisti dall’altra in politica estera.

Temiamo che il bicchiere dovrà essere invece considerato inesorabilmente più che mezzo vuoto considerando la convergenza fra tutte le destre del Parlamento sulle politiche migratorie, sulla transizione ambientale, sulla dimensione sociale e anche sulla difesa dei diritti fondamentali.

Va tenuto conto, a questo proposito, del fatto che sugli atti legislativi l’Assemblea di Strasburgo si deve esprimere normalmente con la maggioranza dei membri e che sulle politiche migratorie e sulla transizione ambientale molti dubbi serpeggiano anche fra i socialisti e i liberali.

Senza contare il fatto che il PPE controllerebbe ormai la maggioranza nella Commissione con quattordici commissari su ventisette e con il ruolo preponderante della sua Presidente. La quale pare intenzionata a sfruttare l’apparente caos delle deleghe e le pulsioni conservatrici per spingere verso quello che abbiamo definito un “gattopardismo” europeo (LINK).

Un “gattopardismo” che è strettamente legato del resto alla prospettiva di una riforma dell’Unione europea e della sua governance anche in vista dell’allargamento verso i Balcani occidentali e l’Europa orientale con lo scontro fra il sempre più tiepido europeismo organizzato e la determinazione di tutti i sovranisti che hanno posto nei loro programmi il rafforzamento del ruolo degli Stati e dei loro apparenti interessi nazionali.

Va ricordato a questo proposito che il progetto di una revisione del Trattato di Lisbona ha avuto nel Parlamento europeo uscente il sostegno di solo il 40% dell’Assemblea ed il voto contrario della grande maggioranza dei quattro gruppi di destra.

La politica estera e di sicurezza con la nuova componente della difesa assegnata non a caso a due baltici (Kaja Kallas e Andrius Kubilius) – che divide per ora le destre sulla guerra in Ucraina - è sub judice per quello che avverrà negli Stati Uniti il 5 novembre perché l’elezione di Donald Trump potrebbe sgretolare il sempre meno granitico sostegno europeo a Zelensky e modificare tattiche e strategie in Medio Oriente.

Insomma, la frammentazione della “maggioranza Ursula” e la tendenza ad abbandonare il cordone sanitario potrebbero avere un negativo effetto politico ed istituzionale che non è da sottovalutare e sul quale anzi varrebbe la pena di avviare una attenta riflessione, mobilitando chi è impegnato a sostenere il dinamismo del sistema europeo fondato per anni sulla dialettica o sulla conflittualità fra il Parlamento europeo e il Consiglio.

Il progressivo spostamento a destra degli equilibri politici nel Consiglio influisce infatti sulle posizioni nel Parlamento europeo con la prevalenza delle logiche nazionali e intergovernative nei Gruppi politici dove le delegazioni dei partiti condizionano le posizioni europee annullando la dialettica istituzionale e paralizzando il dinamismo interno del sistema europeo che ha consentito di superare talvolta l’immobilismo dei Governi.

Vorremmo lanciare un urgente e forte messaggio di allarme, chiamare a un’insurrezione pacifica tutti coloro che nelle istituzioni di Bruxelles e negli Stati membri sono portatori di interessi legati allo sviluppo delle politiche europee, alla garanzia di beni pubblici che solo l’Unione europea può assicurare attraverso il diritto europeo e il suo primato sulle giurisdizioni nazionali e, in definitiva, alla difesa della democrazia.

Obiettivi primari da perseguire insieme con quello di un bilancio che sia davvero il piano economico in grado di creare le condizioni di investimenti europei per garantire beni pubblici indispensabili alla giusta transizione ambientale, sociale e digitale con le dimensioni finanziarie indicate da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività che indica gli obiettivi ma non gli strumenti e le risorse necessarie per raggiungerli.

Roma, 28 ottobre 2024 (ANNIVERSARIO DELLA MARCIA FASCISTA SU ROMA)

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