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In occasione del suo ottantacinquesimo anniversario, il Movimento Europeo ha realizzato un testo in onore di José María Gil-Robles Gil-Delgado. La sua figura è legata strettamente alla costruzione europea contemporanea e alla rappresentanza della Spagna all'interno dell'Unione, dapprima attraverso la militanza all'interno dell'Associazione spagnola per la cooperazione europea (AECE) e, per passi successivi, fino all'incarico di Presidente del Parlamento europeo, dal 1997 al 1999. Anche in tempi più recenti, Gil-Robles Gil-Delgado ha continuato ad offrire un contributo importante: è stato Presidente del Consiglio federale spagnolo del Movimento europeo (CFEME) tra il 1996 e il 2005 e del Movimento europeo internazionale (MEI) tra il 1999 e il 2005.

All'intero del testo “José Marìa Gil-Robles Gil-Delgado – Su aportación al pensamiento y a la construcción europea con motivo de su octagésimo quinto aniversario” si ritrovano i contributi di numerosi autori – tra cui anche quella del Presidente Dastoli con il suo “Homenaje a José Marìa Gil-Robles” – che consentono di delineare la figura di un esponente così importante dell'europeismo attraverso parole, immagini e interpretazioni dense di significato.

 

 

 

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Considerato il momento attuale, sia in Italia che in Europa, di avvio delle manovre economiche per il rilancio degli Stati membri e per concertare una modalità di uscita dalla crisi, vi proponiamo una sentenza del Tribunale dell'Ue del 24 settembre 2019 relativa alla controversia tra il noto gruppo bancario Hsbcche esercita tra le sue attività quella di banca di investimenti, banca di affari e banca commerciale” e la Commissione europea. La sentenza è interessante perché ha fornito chiarimenti sulle decisioni della Commissione in relazione a un mercato quale quello dei titoli derivati; anche senza disperderci in questioni per gli addetti ai lavori, è possibile fare alcune considerazioni sugli effetti generali provocati dalla compravendita di titoli derivati sui mercati finanziari. Proprio perché si tratta di attività ad alto livello di complessità effettuate dagli attori principali di questo mercato, è interessante approfondire questi meccanismi: nel loro insieme, contribuiscono a delineare il quadro in cui gli esperti si troveranno ad operare e ad effettuare scelte di politica economica. Come si può apprendere consultando la Consob, il mercato dei titoli derivati è quello in cui il valore degli stessi “Deriva dall'andamento del valore di una attività ovvero dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente”, ragion per cui “Il problema più complesso dei derivati è, da sempre, quello della determinazione del loro valore o, meglio della sua stima. È un aspetto particolarmente importante e, nello stesso tempo, critico, in quanto richiede complesse attività di analisi”.

Il caso in questione, nello specifico, parte dall'infrazione riscontrata da parte della Commissione europea in relazione ad attività effettuate da tre società del gruppo Hsbc dal 12 febbraio al 27 marzo 2007: “avevano violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando […] ad un’infrazione unica e continuata avente ad oggetto l’alterazione del corso normale di fissazione dei prezzi sul mercato dei derivati sui tassi di interesse in euro (Euro Interest Rate Derivatives; in prosieguo: gli «EIRD») legati all’«Euro Interbank Offered Rate» (Euribor) e/o all’Euro Over‑Night Index Average (EONIA) [articolo 1, lettera b), della decisione impugnata]".

Come si potrà notare leggendo il testo del provvedimento, ci si trova di fronte ad una complessa serie di operazioni effettuate da Hsbc, rispetto alle quali sarebbe emersa la “manipolazione dello «spread» tra due prodotti derivati”. Il gruppo bancario ha presentato ricorso contro la decisione della Commissione contestandola nei suoi vari punti e, in particolare, sostenendo che “i traders di HSBC hanno ricevuto dal trader di Barclays soltanto un’informazione molto frammentaria, limitata a quanto era strettamente necessario per la sua partecipazione alla sola manipolazione del 19 marzo 2007, e successivamente alla sua reiterazione. Non si può pertanto concludere che i traders di HSBC avrebbero dovuto, essi stessi, estrapolare dai frammenti di informazioni comunicati loro nell’ambito di un determinato comportamento – la manipolazione del 19 marzo 2007 – che un gruppo stabile di traders, la cui identità non è stata loro rivelata, partecipava ad altri comportamenti restrittivi della concorrenza nel mercato degli EIRD. […] Le motivazioni della decisione impugnata […] non consentono di dimostrare che HSBC fosse a conoscenza dei comportamenti costituenti un’infrazione delle altre imprese o potesse ragionevolmente prevederli”.

Le argomentazioni addotte da Hsbc sono state respinte, tuttavia con la sentenza del Tribunale dell'Ue è stato annullato l'articolo 2, lettera b) della decisione che, come si potrà leggere, prevedeva per il gruppo bancario una sanzione pari al non trascurabile importo di € 33.606.000! Entrambe le parti sono state condannate al pagamento delle spese processuali.

Il testo della sentenza è consultabile integralmente cliccando qui.

 

 

 

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La crisi pandemica ha posto seri interrogativi nel mondo del lavoro. Nello scenario attuale, alcuni settori stanno subendo le conseguenze della riduzione dei fatturati e altri stanno beneficiando dell'opportunità di un riposizionamento strategico. È però fuori discussione il fatto che, al di là degli accresciuti vantaggi limitati ad alcuni settori, la crisi in corso sta costringendo una vasta platea di lavoratori a ricollocarsi. Ecco perché questa settimana trattiamo il diritto di accesso ai servizi di collocamento gratuito. Come afferma l'articolo 29 della Carta dei diritti fondamentali, tale diritto vale per qualsiasi individuo; anche la versione inglese del testo della Carta pone la questione non in termini di scenario prospettico futuro, ma di concreta e attuale opzione, utilizzando l'indicativo presente.

I servizi di collocamento aiutano i lavoratori ad iniziare un percorso lavorativo oppure ad attuare modifiche nel corso della propria carriera. Vista con le lenti d'ingrandimento, la materia è tutt'altro che semplice, anzitutto per la differenziazione delle modalità attraverso cui operano tali servizi. In Italia, per esempio, possono essere strutture pubbliche (Centri per l'Impiego) o private (Agenzie per il lavoro) a gestire i servizi per l'impiego e anche le modalità di intervento sono differenziate: infatti, le Agenzie per il Lavoro si differenziano a seconda che si occupino di lavoro in somministrazione, di intermediazione nella ricerca di una occupazione, di ricerca e selezione del personale ovvero di supporto alla ricollocazione professionale. Sono numerosi gli interventi del legislatore che si sono susseguiti in tale ambito, già dagli anni '90, con dei graduali correttivi posti in essere. Nonostante le energie profuse, permane una debolezza in tali strutture: le difficoltà nel servizio da esse svolte sono oggettive, poiché hanno il compito da un lato di informare il prestatore di lavoro sui suoi obblighi e sui suoi diritti, rispondendo al contempo alla necessità di raggiungere l'obiettivo del suo impiego, dall'altro di interpretare le esigenze di un mondo del lavoro sempre più mutevole e soggetto a frequenti riposizionamenti delle imprese a livello non solo europeo, ma globale. Il mondo del lavoro presenta inoltre notevoli differenze tra gli Stati membri, perciò i risultati raggiunti dai servizi di collocamento si differenziano all'interno degli stessi. Non vi è però dubbio alcuno sul fatto che, a maggior ragione in uno scenario quale quello attuale, offrire sempre più risposte adeguate a chi cerca lavoro perché lo ha perduto, indipendentemente dalla propria volontà, diventa una priorità per la classe politica, anche avvalendosi dell'attività svolta dai servizi di collocamento e potenziandone gli strumenti a disposizione.

 

 

 

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 di Anna Maria Villa

Una professionalità eccezionale ha bisogno di uno sforzo comune

 

La decisione del Presidente della Repubblica di affidare l’incarico per la formazione di un nuovo governo al Prof. Mario Draghi è stata accettata con un ampio consenso nazionale ed internazionale.

La situazione dell’Italia, come noto, è estremamente critica. Siamo un paese provato da anni di crisi economico-finanziaria e sociale, arrancante e disorientato. La crisi pandemica inserendosi su questa situazione l’ha notevolmente aggravata, trasformandola in una crisi politica che rischia di diventare una preoccupante crisi di sistema.

L’incarico di formare un nuovo governo per rimettere in moto questo paese ad una professionalità di spicco può però non essere sufficiente. Il coraggio e le capacità di Draghi, che con il suo famoso ‘whatever it takes’ ha salvato l’euro, sono state possibili in un contesto diverso da quello italiano. Draghi era presidente della BCE, organismo indipendente e grazie anche ad un accordo politico ha potuto assumersi tutta la responsabilità di un’azione storica senza precedenti. Il suo intervento fu provvidenziale, riconosciuto universalmente e tutt’oggi seguito.

In Italia la situazione attuale è simile per la gravità e la necessità di un intervento rapido e qualificato, ma diversa. Draghi dovrà affrontare ostacoli di fronte ai quali anche le migliori scelte tecniche potrebbero non essere attuabili perché non accettate.  Il futuro governo, che dovrà adottare queste scelte coraggiose, dovrà necessariamente essere sostenuto e votato dal Parlamento. Ma le difficoltà di natura politica derivano dal fatto che le forze politiche da tempo hanno promesso ad un elettorato non completamente consapevole cose che non possono essere attuate o comunque anche se lo erano, dovevano essere accompagnate da altre riforme ed interventi che ne garantissero la sostenibilità per non avere un carattere esclusivamente assistenzialistico e quindi non sostenibile con il debito pubblico del nostro paese, debito ancora sostenibile fino al 2023 grazie all’intervento della BCE.  L’economia infatti resta debole, non vi è crescita della produttività e quindi del PIL. Le conseguenze di questo stato di fatto sono sotto i nostri occhi.

Tra i primi atti di cui Draghi dovrà occuparsi vi è una profonda revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) votato dal precedente governo e sul quale si è aperta la crisi, perché non adeguato alle sfide che il paese deve affrontare e sul quale si devono ancora dettagliare gli interventi previsti.

Quest’anno, la stesura del PNRR si inserisce, inoltre, in un particolare contesto. Oltre a quello abituale del Semestre europeo, è possibile (ed auspicabile) poter ricorrere alle risorse del Next Generation EU per potenziare le riforme e gli investimenti strategici per la crescita economica.

Nello scorso mese di novembre, la Commissione europea ha iniziato il consueto ciclo annuale di coordinamento e monitoraggio degli equilibri macroeconomici dell’area euro del Semestre europeo con la pubblicazione dell’Annual Growth Strategy (AGS), dove sono indicati gli obiettivi strategici di politica economica per l’anno successivo, vale a dire il 2021.

Oltre questo documento la Commissione ha come sempre pubblicato il Rapporto sul meccanismo di allerta. Questi due documenti sono tra loro collegati. Mentre nel primo si valuta il raggiungimento degli obiettivi strategici dell’anno trascorso, la situazione occupazionale, le tendenze macroeconomiche dell’area euro e sulla base di queste si indicano i nuovi obiettivi, con il secondo si individuano quei paesi che presentano squilibri macroeconomici (per esempio il calo della competitività) che potrebbero rivelarsi dannosi non solo per il singolo stato, ma per l’intera area euro.

Sulla base di questi due documenti, la Commissione analizzerà i Piani di ripresa e resilienza e i programmi di stabilità, che verranno sottoposti alla sua valutazione entro il prossimo 30 aprile dagli SM ed esprimerà specifiche raccomandazioni per ciascun paese (le c.d. country specific recommendations - CSR).

In base alla normale procedura del Semestre europeo, dopo un confronto bilaterale tra Commissione e Stati Membri, le CSR potranno essere integrate nei Piani nazionali, i quali – dopo l’approvazione dei Parlamenti nazionali - verranno inviati a Bruxelles e definitivamente approvati dal Consiglio europeo del prossimo giugno.

Quest’anno, dunque, i PNRR potranno prevedere interventi eccezionali grazie alle consistenti risorse messe a disposizione dal Next Generation EU. Questi interventi dovranno però  rispettare le CSR del 2019-20 ed essere coerenti con gli obiettivi strategici indicati dalla Commissione per i finanziamenti (transizione verso un’economia verde e digitale, riforme strutturali).

Il rapporto sul meccanismo di allerta per l’Italia 2020 sottolinea dunque la necessità  per il nostro paese di aumentare la produttività e la crescita per diminuire il rapporto debito/Pil e correggere gli squilibri macroeconomici e questo potrà essere realizzato solo attraverso ambiziose riforme esplicitamente indicate, quali quella della giustizia, della PA, Fiscale, dell’istruzione, del lavoro, ecc, oltre a politiche di bilancio prudenti e investimenti produttivi, i c.d. buoni investimenti, in grado di realizzare una transizione ecologica verso un’economia verde e sostenibile nonché una trasformazione digitale.

Non vi è alcun dubbio che Mario Draghi saprà offrire il mix ottimale ed efficace di interventi per rilanciare questo paese. Il vero scoglio però sarà la capacità dei partiti di dare massima fiducia e collaborazione a Draghi nell’interesse del paese in Parlamento.

L’eccezionalità di un finanziamento così importante e l’indicazione di una professionalità di così alto livello da parte del Presidente Mattarella per la formazione di un nuovo governo non possono essere sprecate. Sono condizioni eccezionali che possono riportare il nostro paese finalmente a crescere e fare quel salto di qualità nelle condizioni di vita, ormai da troppo tempo richiesto da tutti. Non da ultimo, l’Italia ha anche un’altra responsabilità non meno importante: saper approfittare con risultati positivi di uno sforzo finanziario dell’Europa mai deciso precedentemente per fronteggiare la crisi causata dal Covid-19 per una crescita economica e una maggior resilienza difronte a nuove crisi, significa contribuire al processo di integrazione europea e far diventare in futuro simili strumenti, di accresciuta solidarietà tra Stati, non più eccezionali ma più accettabili e quindi accessibili, grazie ai risultati positivi che saremo in grado di ottenere  e che avranno positivi riflessi su tutta l’Europa.

 

 

 

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