Via Angelo Brunetti, 60   06.36001705  06.87755731  segreteriacime@tin.it  segreteria@movimentoeuropeo.it

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

 

 di Anna Maria Villa

Meccanismo europeo di Stabilità: uno strumento in più in una situazione di crisi finanziaria

 

Lo scorso 27 gennaio i rappresentanti permanenti degli Stati dell’area euro hanno firmato la Riforma del MES dopo un lungo negoziato, che aveva visto sciogliere i principali nodi politici durante il Governo – Conte 1 con il Ministro Tria, raggiungere l’accordo nell’eurogruppo lo scorso 20 novembre e ottenere l’approvazione del Consiglio europeo del 10 dicembre scorso.

Il presidente dell’eurogruppo, l’irlandese Danohe, ha definito la Riforma del MES: “una pietra miliare nell’ulteriore sviluppo dell’Unione economica e monetaria che rafforzerà la capacità di prevenzione e risoluzione delle crisi dell’area euro”.

Cerchiamo di capire perché.

Il MES nacque nel 2012 a seguito della crisi del 2008, quando le grandi difficoltà finanziarie in cui si trovavano molti Stati fecero sorgere l’esigenza di istituire un meccanismo di salvataggio dell’area euro attraverso un apposito Trattato.

L’art.123 del Trattato vieta, infatti, agli Stati Membri e alla BCE di salvare gli Stati in difficoltà per scongiurare così il rischio di facili indebitamenti.

La soluzione fu trovata dapprima nella creazione di un Fondo temporaneo (EFSM) con cui erano stati salvati Grecia, Irlanda e Portogallo e quindi di uno permanente: il MES, al quale anche l’Italia (anni 2010-11), difronte al rischio di non poter sostenere il proprio debito pubblico, si era espressa in modo favorevole.

Il MES nasce come organismo intergovernativo della zona euro, costituito sulla base di uno specifico Trattato, con un capitale virtuale di 705 miliardi di euro versato dagli Stati che vi partecipano. Tra questi il maggiore contributore è la Germania con un versamento pari al 27% del capitale. L’Italia contribuisce per il 18%.

Compito principale del MES è quello di evitare il contagio ad altri Stati di crisi finanziarie legate ai debiti sovrani e al sistema bancario di uno Stato, attraverso la concessione allo stesso di prestiti a fronte di una rigida condizionalità da rispettare.

Il paese che ottiene un prestito sottoscrive un Memorandum of Understanding (MoU) che indica le misure che si impegna a realizzare, le quali consistono prevalentemente in riforme strutturali e tagli alla spesa. Il negoziato è seguito dalla Commissione europea con la BCE e/o il FMI (se coinvolto). Una volta ottenuto il prestito da rimborsare è compito dello Stato beneficiario adottare tutte le misure correttive necessarie volte a contrastare le debolezze che hanno favorito la propria crisi, mentre spetta alla Commissione un’azione di monitoraggio (sorveglianza rafforzata dello Stato membro) con il quale la stessa si farà garante della corretta attuazione degli impegni sottoscritti dallo Stato verso il MES. Se la Commissione, nel corso del suo monitoraggio, giunge alla conclusione che la situazione economica e finanziaria dello Stato membro può avere effetti negativi sulla stabilità finanziaria della zona euro, lo comunica al Consiglio di amministrazione del MES, che, deliberando a maggioranza qualificata, può raccomandare allo Stato membro interessato di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico (early warning system). Questo avvertimento non comporta sanzioni.

Il MES è dunque un’entità a sé stante nell’ambito europeo, con una sua organizzazione, un suo consiglio d’amministrazione (costituito dai Ministri delle finanze degli Stati) e un suo statuto che detta le regole in base alle quali opera. Pertanto, richiedere un prestito al MES, non vuol dire chiederlo all’Europa, ma ad un organismo internazionale, che agisce “secondo le regole fissate dal suo statuto, salvo eventuali deroghe” (ad esempio gli Stati membri con i conti e parametri in ordine potranno rivolgersi al MES, senza l’istruttoria preliminare sulla propria situazione economica, come normalmente richiesto).

Con la Riforma appena adottata, pur cambiando solo pochi dei 48 articoli del precedente Trattato, sono stati introdotti importanti meccanismi di ulteriore tutela finanziaria.

Vediamo in sintesi quali.

Innanzitutto il c.d. backstop. Di regola, quando una banca è in una situazione critica per essere dismessa in modo ordinato (vale a dire mantenendo l’operatività verso i clienti, al fine di non creare danni agli stessi) può attingere a risorse provenienti dal Fondo unico di Risoluzione delle Banche. Le risorse del Fondo sono costituite da somme versate per questo scopo annualmente da grosse banche. Una sorta di assicurazione o meglio messa in comune dei rischi finanziari. Il Fondo è gestito da un Comitato unico di risoluzione (Single Resolution Board) che è un organismo incorporato all’interno della Commissione europea.  Poiché il Fondo ad oggi non ha grandi risorse in quanto creato da poco, per fronteggiare le richieste di possibili ingenti risorse da parte delle banche è stato necessario prevedere un apposito meccanismo di backstop in grado di mettere a disposizione del sistema bancario ulteriori risorse provenienti dal MES, con lo scopo finale di tutelare quanto più possibile i risparmiatori. La sua entrata in funzione inizialmente prevista nel 2024 è stata anticipata al 2022, dal momento che la Commissione e la BCE hanno valutato positivamente le attuali condizioni generali del sistema bancario dell’area euro.

Altro punto importante sono le Clausole di azione collettiva sul debito (CACs). Si tratta di clausole già inserite dal 2013 in tutti i prospetti finanziari, che fissano le condizioni contrattuali dei BOND pluriennali. Con esse lo Stato emittente può modificare i termini contrattuali se conta su una maggioranza di creditori favorevoli. Lo Stato può ricorrere a tali clausole quando - trovandosi in difficoltà finanziarie - intende gestire il proprio default in modo più ordinato e senza discriminazioni fra creditori. Queste clausole saranno deliberate con la riforma "a maggioranza" con un voto unico di tutti i creditori e non più con voto separato per ogni tipologia di titolo di Stato detenuto, rendendo così più sicure le azioni di ristrutturazione del debito in corso, difronte a possibili interventi di grandi speculatori (c.d. hold-out), che comprando a valori molto bassi, potrebbero impedire col loro voto la ristrutturazione del debito, chiedendo anche il rimborso al 100% dei loro titoli. Fatto importante: per accedere a queste clausole, non è previsto un preventivo e automatico meccanismo di ristrutturazione del debito.

Altro punto importante della riforma sono le Linee di credito precauzionali: Precautionary Condition Credit line e Enhaced condition credit (il c.d. MES sanitario). Per evitare che piccole crisi diventino choc sistemici, sono state previste queste due linee di credito applicabili ad uno Stato in difficoltà che non ha ancora perso il ricorso al finanziamento di mercato. Le linee sono utilizzabili ad esempio per specifiche esigenze, come pagare le pensioni o fronteggiare l’emergenza sanitaria, con procedure e condizionalità più semplificate.

L’accesso a queste linee di credito è deciso sempre dal Consiglio di amministrazione del MES e prevede anche una valutazione complessiva del paese da parte della Commissione europea e dalla BCE

Nella riforma, inoltre, non è previsto nessun bail-in del debito pubblico. La riforma prevede - difronte ad una richiesta di finanziamento avanzata da parte di uno Stato - semplicemente che il MES partecipi insieme alla Commissione all’analisi del debito, sentita la BCE, e firmi il Memorandum of Understanding, che quindi non sarà più sottoscritto dalla BCE. Se Commissione e MES si trovano in disaccordo sull’analisi di sostenibilità, l’ultima parola spetta comunque alla Commissione, che agisce come organo comunitario a differenza del MES che è una istituzione intergovernativa. La Commissione, quindi, è l’organo di ultima istanza. Con la riforma del MES, pertanto non è avvenuto alcun trasferimento dei compiti di sorveglianza di bilancio dalla Commissione (organo comunitario che decide a maggioranza) al consiglio del MES (organismo intergovernativo che decide con diritto di veto di ciascun stato membro nelle scelte più importanti.)

Il Fondo Monetario Internazionale, inoltre, che prima era uno degli attori e poteva partecipare al salvataggio del paese, dopo la riforma lo farà, ma con un suo programma di aiuti distinto da quello europeo.

Il MES è dunque un "prestatore di ultima istanza" con la missione di soccorrere paesi che non riescono più a finanziarsi sul mercato emettendo propri bond. Se l’Italia (o qualsiasi altro Paese) si trova a non poter più riuscire a raccogliere risorse sul mercato dei capitali, perché i titoli sono considerati troppo rischiosi e nessuno li acquista più neppure a prezzi elevati, il Meccanismo europeo di stabilità, con il suo capitale condiviso fra i 19 Stati dell’Eurozona, potrebbe intervenire prestando denaro a un tasso notevolmente più basso. Il MES costituisce quindi una difesa comune contro il default e un’opportunità di ristrutturare il proprio debito in modo ordinato senza correre i rischi di ricorrere in emergenza al mercato dei capitali.

È ovvio che come qualsiasi istituto di credito, le risorse vanno restituite ed il modo per farlo è ristrutturando il proprio debito e la propria capacità di produrre reddito attraverso riforme reali, non solo annunciate.

Accettare e quindi poter contare sul MES non significa pertanto necessariamente ricorrervi, è una delle possibili opzioni che il gestore pubblico può prendere in considerazione.  Chi ha la responsabilità di governo dovrà attuare con serietà e puntualità nell’interesse del paese tutte le azioni necessarie per non essere costretto a farlo. Ma non accettarlo significa non disporre di una opzione in più, di un ulteriore possibile strumento di salvataggio in casi di emergenza.

Come per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), la scelta delle azioni e il possibile ricorso ai fondi messi a disposizione a livello UE dipende da chi ha la responsabilità di governo: anche in questo caso non è lo strumento in sé che va criticato e deve far riflettere, quanto piuttosto la necessità o meno di un suo utilizzo che dipende sempre e solo dalla capacità di chi ha la responsabilità delle scelte.

 

 

 

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva

 

La settimana si apre con dei punti interrogativi ancora aperti su due fronti, italiano ed europeo. In entrambi i casi, il discorso verte sul ruolo dell'Unione europea per rispondere alle sfide impegnative che ci attendono.

Da un lato, infatti, nel contesto di crisi di governo attualmente in corso nel nostro Paese, è comparsa sulla scena una nuova formazione politica che prende il nome di “Europeisti” e che dichiara di voler dare il proprio contributo al prosieguo dei lavori, a fronte della “scossa” giunta dal gruppo politico “Italia viva”. Per inquadrare al meglio la prospettiva del Movimento europeo sulla situazione e contestualizzarla nel quadro complessivo europeo, vi rimandiamo alla lettura dell'intervento del Presidente, Pier Virgilio Dastoli, disponibile tra i testi di questa settimana. In particolare, l'analisi parte da un corretto inquadramento del concetto di “Europeismo”, risalendo alla definizione che Altiero Spinelli pubblicò sull'enciclopedia Treccani. È il segno che la risposta non può essere semplice. Ricollegandoci alla situazione attuale, è inoltre importante sottolineare un ulteriore punto: come afferma il Presidente Dastoli, essere europeisti non significa semplicemente opporsi ai sovranisti: “La discriminante non potrà essere limitata all’alternativa fra europeismo e sovranismo, ma fra la scelta del metodo federale indispensabile per creare un vero spazio pubblico europeo e un generico europeismo incapace di dare risposte adeguate ai problemi del nostro tempo e delle nuove generazioni europee“.

Dall'altro lato, le incertezze attuali su scala europea sono quelle relative alla capacità dell'Unione europea di rispondere alle necessità dei cittadini. Con riferimento al settore delle politiche sanitarie, è balzata in settimana scorsa all'attenzione – ed è ancora in attesa di essere risolta – la questione relativa all'adempimento del contratto tra la Commissione europea e Astrazeneca, attualmente in ritardo nella fornitura dei vaccini per il Covid19. Un'Europa più coesa, più efficiente, più legittimata agli occhi dei cittadini, più trasparente, più dotata delle opportune risorse è quella che urge realizzare per disporre sempre più dei mezzi necessari a gestire accordi complessi come quello sulla fornitura dei vaccini e così importanti per la salute di tutti i cittadini europei. In relazione all'argomento – seppure connesso in via indiretta, trattando anche il tema della sostenibilità sociale a livello europeo – vi ricordiamo che il prossimo 3 febbraio, alle ore 18.30, si svolgerà il convegno dal titolo “L’Unione Europea e le sfide della sostenibilità ambientale e sociale” nell'ambito di un progetto della Rete italiana dei Centri di Documentazione Europea, con il contributo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea; il Movimento europeo sarà partner dell'evento, che si svolgerà in diretta facebook sulla pagina Isesp Cde RC.

Vi segnaliamo inoltre:

 

 

 

 centricoo

altiero

ImmagineLIBRO VERDE xsito

 BannerPROCESSO UE

bileurozona

rescue

casaeuropa

agorabanner

coccodrillo

banner fake


Le Nostre Reti

eumov

eucivfor

logo asvis

Comitato Eeinaudi desktop 1 1

ride logoretepace

routecharlemagne


Partner e Sostenitori

parleuitarapprita

banner12

banner11


 ed logo

Gioiosa Jonica  -  Modena  -  Nuoro  - Capo d’Orlando


 

Registrati per ricevere le nostre newsletter.
 

Sostieni le iniziative del Movimento Europeo con una piccola donazione


© Movimento Europeo - Via Angelo Brunetti, 60  ||  Realizzato da logoims

Search