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Dopo la pandemia, si avverte la necessità di una normalità che sarà però da intendere in un senso nuovo e a seguito delle riforme per ristrutturare l’Europa. Questi mesi di quarantena, infatti, hanno rappresentato un momento di sospensione della democrazia partecipativa e parlamentare, con alcuni eccessi, per esempio il caso dei “pieni poteri” al governo ungherese di Orbán. Ecco perché questa settimana portiamo all’attenzione a un testo che a breve sarà disponibile come ebook, a firma del Presidente del Movimento Europeo, Pier Virgilio Dastoli. Redatto con l’obiettivo di descrivere «un progetto, un metodo e un’agenda», ripercorre la storia delle politiche europee degli ultimi decenni, a partire dai dati necessari a comprendere il cambiamento di scenario e le ragioni della situazione attuale, tra neoliberismo e precarietà, crisi di sistema e passaggio da disoccupazione congiunturale a strutturale. La soluzione proposta è quella federale, con un bilancio all’altezza delle sfide e una sovranità europea: si tratta di una nuova  prospettiva economica e politica, che per poter essere realizzata ha anzitutto necessità di recuperare un solido rapporto di fiducia con i cittadini.

 

 

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Quando si verifica un rifiuto persistente da parte di un’autorità nazionale di conformarsi ad una decisione giudiziaria che le ingiunge di adempiere l’obbligo previsto dalla direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria e per un’aria più pulita in Europa, il potere di pronunciare una misura coercitiva detentiva spetta al giudice nazionale competente. Alla base di una tale decisione vi deve essere un fondamento giuridico “sufficientemente accessibile, preciso e prevedibile nella sua applicazione”. Inoltre deve essere rispettato il principio di proporzionalità previsto dall’articolo 52, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali; “In mancanza di un fondamento giuridico simile nel diritto nazionale, il diritto dell’Unione non conferisce a tale giudice la facoltà di ricorrere a una siffatta misura”.

È quanto afferma una sentenza della Corte del 19 dicembre 2019 nella causa tra la Deutsche Umwelthilfe eV, un’organizzazione non governativa per la tutela dell’ambiente, e il Freistaat Bayern (Land Baviera, Germania).

Come emerge da una sintesi reperibile sul sito istituzionale della Corte: “Condannato una prima volta nel 2012 a modificare il suo piano d’azione per la qualità dell’aria applicabile in tale città e poi, una seconda volta, nel 2016, pena l’applicazione di sanzioni pecuniarie, a conformarsi agli obblighi ad esso incombenti, anche mediante l’imposizione di divieti di circolazione per alcuni veicoli a motore diesel in diverse aree urbane, il Land Baviera si è tuttavia rifiutato di ottemperare a tali ingiunzioni ed è stato, di conseguenza, condannato una terza volta nel 2017 al pagamento di una penalità di EUR0 4000, da esso corrisposta. Poiché il Land Baviera ha continuato a non ottemperare a tali ingiunzioni e ha annunciato pubblicamente di non voler adempiere ai suoi obblighi, la Deutsche Umwelthilfe ha presentato un nuovo ricorso diretto, da un lato, all’irrogazione di una nuova penalità di EUR0 4000, accolto con ordinanza del 28 gennaio 2018 e, dall’altro, alla pronuncia di una misura coercitiva detentiva nei confronti dei responsabili del Land Baviera (e cioè il Ministro dell’ambiente e della tutela dei consumatori o, altrimenti, il Ministro presidente), domanda questa respinta con ordinanza emessa in pari data. Adito dal Land Baviera, il giudice del rinvio, il Tribunale amministrativo superiore del Land Baviera, da un lato, ha confermato la liquidazione della sanzione pecuniaria e, dall’altro, ha deciso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale in merito all’eventuale adozione di una misura coercitiva detentiva”.

Il testo completo della sentenza è disponibile cliccando qui.

 

 

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In sintonia con gli argomenti di questa settimana, parliamo dell’articolo 37 della Carta, che definiisce il diritto alla protezione dell’ambiente. È molto ambizioso nel fissare quale debba essere l’impegno dell’Unione europea, perché afferma che le sue politiche debbano essere orientate ad un “livello elevato di tutela”. Non solo: secondo questo articolo, esso deve tendere al “miglioramento della sua qualità”. Ci si è espressi con determinazione, poiché nei Trattati e nelle Costituzioni la differenza tra l’utilizzo dell’indicativo presente rispetto al futuro non è di poco conto. Ciascun cittadino europeo si vede quindi riconosciuto il diritto a vivere in un ambiente salubre; non una generica dichiarazione d’intenti, ma un ambito entro il quale l’Unione europea è chiamata a fissare degli obiettivi e a realizzarli.

Si menziona poi un principio conforme alla tutela dell’ambiente, cioè quello dello sviluppo sostenibile, rispetto al quale l’Unione europea ha il ruolo di garante. Nell’Europa attuale ci si può dire soddisfatti confrontando i diritti sanciti sulla Carta e con la situazione di fatto? Non molto. È vero che sono stati compiuti passi in avanti, per esempio in tema di lotta alle emissioni, di contrasto all’inquinamento di gas serra, sia a livello micro, per esempio introducendo nuovi standard per i gas di scarico delle automobili, sia a livello macro, innestando una cultura ecologica in ambito industriale. Tuttavia, il lavoro ancora da svolgere è davvero enorme e non sembra che in questo settore ci si trovi davvero a remare tutti nella stessa direzione. Si aggiunga che gli obiettivi fissati per il 2020 in tema di riduzione del livello di inquinamento, come previsti dalla Direttiva 2009/29/CE (cosiddetta 20 20 20), non sono stati raggiunti.

È poi notizia recente, del 28 aprile scorso, quella secondo cui Germania, Lussemburgo, Irlanda e Romania non hanno ancora inviato alla Commissione europea i piani nazionali integrati per l'energia e il clima al 2030, come è emerso nella recente videoconferenza tra i ministri Ue per l'Energia. La loro presentazione sarebbe dovuta avvenire entro la fine del 2019. Adesso, a fronte dell’emergenza coronavirus, si immagina che vi sarà un ulteriore ritardo. Il tema in discussione ha sia un’importanza in sé, che in connessione con le sue ricadute sociali, con il suo rapporto con il settore delle nuove tecnologie che è possibile implementare per convergere verso gli obiettivi green, con la graduale introduzione di energie rinnovabili che possano al contempo ridurre i livelli di inquinamento e creare occupazione.

Rispetto a tutto questo, peraltro, si avverte una differenziazione dell’Europa che è anche testimoniata dal diverso livello di successo ottenuto dai partiti verdi, più rappresentativi in Paesi come la Francia e la Germania. Spiace per esempio constatare che attualmente, nel gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, non vi si sia nemmeno un rappresentante per l’Italia e, rispetto a questo ambito di convergenza delle politiche europee, uno Stato fondatore sarebbe chiamato ad un ruolo propulsivo che purtroppo ad oggi non si vede nell’Assemblea europea.

 

 

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La complessità del funzionamento delle istituzioni europee richiede studio e, soprattutto, la conoscenza dei Trattati. Per potersi orientare nel mare magnum della comunicazione sull’Europa,  dove ci trova di fronte a un surplus di informazioni che spesso non è facilmente decifrabile, vi proponiamo una guida. Si tratta di una dispensa per corsi di giornalismo su temi europei, realizzata nell’ambito di un programma di formazione promosso dalla DG Comunicazione della Commissione Europea e sintetizza il ruolo delle istituzioni e degli organi dell’Unione europea, oltre a riportare i principali cenni storici. Ci è sembrato uno strumento interessante per neofiti ma anche per addetti ai lavori e, da questo numero in poi, sarà scaricabile su questa newsletter.

 

 

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