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Roma, Convegno "L'insegnamento di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita" (Comitato Nazionale per i 150 anni dalla nascita di Luigi Einaudi)
Roma, incontro “Perché è come riformare l’UE” (Fondazione Lelio e Lisli Basso, Salviamo la Costituzione e Movimento Europeo Italia)
Roma, presentazione del libro di Claudio Tito: "Nazione Europa. Perché la ricetta sovranista è destinata alla sconfitta" (Piemme editore)
27 marzo
Roma, XVIII riunione della Piattaforma sul futuro dell'Europa (Movimento europeo Italia)
Roma, Direzione Nazionale Seminariale Legacoop “Agenda europea”
Milano, Seminario “Oltre il voto di giugno. L’Europa è il fine della nostra democrazia” (FCE - Federazione Civici Europei, Circolo e Centro Studi Emilio Caldara)
27-28 marzo
Roma, Convegno “Alexander Langer. Ponti da costruire tra convivenza pacifica, conversione ecologica e federalismo europeo” (Centro studi storici europei e transnazionali Alizé dell’Università degli studi Link di Roma e Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano)
Un Patto per contribuire ad uscire dalla stagnazione istituzionale dell’Europa *
Il Patto dei Sindaci europei per una costituzione democratica per gli Stati uniti d’Europa - unitamente al Movimento europeo-Italia - rappresenta una coraggiosa iniziativa per cercare di sbloccare l’attuale situazione di stallo istituzionale dell’Unione europea che rischia di compromettere (e comunque di ridurne il significato in una prospettiva di intensificazione del legame tra “cittadini europei”) quei significativi passi in avanti che l’Unione europea ha saputo, soprattutto nella prima parte della legislatura, realizzare fronteggiando la sfida della pandemia con il coordinamento dei provvedimenti sanitari e dell’operazione vaccini.
Successivamente, con il piano di aiuti sociali SURE (che ha offerto un modello inedito di cassa integrazione europea a finalità formativa) ed ancora con il Recovery plan e l’avvio di una condizionalità “buona” per il sostegno agli Stati membri (ben diversa da quella dell’austerity) legata alle tre strategie europee della digitalizzazione, della sostenibilità ambientale e di quella sociale. Infine, con il regolamento del 2020, sul rispetto dello stato di diritto per ottenere risorse dell’Unione europea, che ha conferito un timbro garantista alle modalità di sostegno ai Paesi più in difficoltà. Sull’onda di questi successi, legittimati su base emergenziale, l’Unione europea ha saputo anche risolvere (pur sulla base di una debole base giuridica) l’aggravarsi del problema energetico ma è anche riuscita ad investire il consenso raggiunto (si è parlato, non a caso, di un hamiltonian moment) per cercare di portare a compimento con una certa energia le politiche promesse dalla cosiddetta “maggioranza Ursula”.
Il digital compass (imponente piano di regolazione del mondo digitale, integrato con l’AI, per liberare l’innovazione europea mettendola al contempo sotto il controllo umano nel rispetto dei diritti fondamentali della Carta); l’attuazione del Pilastro sociale europeo (saldando così strettamente competenze nazionali e sovranazionali sotto la regia degli organi di Bruxelles) che ha portato a rivoluzionarie normative come la direttiva sul salario minimo (inconcepibile nell’immediato passato), svariate direttive sulla parità di genere e sulla trasparenza dei rapporti di lavoro e infine ad introdurre un insieme di diritti universali, oltre alla distinzione un po’ vetusta tra lavoro autonomo e dipendente, di controllo e negoziazione sulle decisioni cosiddette algoritmiche delle piattaforme.
Con il recentissimo accordo sulla due diligence si mira infine a salvaguardare i diritti umani anche nelle filiere produttive della sub-fornitura grazie a nuovi doveri di controllo e sorveglianza per le grandi imprese.
Anche sul fronte Green (con qualche compromesso, forse eccessivo) sono stati varati provvedimenti importanti come quello sul cosiddetto ripristino della natura o sulle abitazioni sostenibili.
La Conferenza sul futuro dell’Unione (CoFoe) conclusasi nel Maggio del 2022 riteneva che questo capitale di credibilità dell’Unione europea potesse essere convertito in una serie di riforme istituzionali che rendessero permanenti le conquiste raggiunte e le completasse nella capacità strutturale, non più legata alle emergenze, di progettare il benessere e lo sviluppo della società paneuropea dotando le istituzioni di strumenti efficaci anche di ordine fiscale per sostenere le sfide del millennio soprattutto legate alle tecniche digitali e all’AI (basterà pensare che secondo l’ultimo Report del World Economic Forum l’ultima ondata dell’AI “generativa” potrebbe distruggere 89 milioni di posti di lavoro creandone appena 69 milioni).
Un completamento, ci pare, di un processo di osmosi tra ordinamenti avviato già oltre 60 anni prima e giunto a momenti di realizzazione molto avanzati ma che, in alcuni settori, stenta a trovare soluzioni credibili, anche per difetto di competenza dell’Unione europea, come tipicamente in quello dell’immigrazione, incancrenitosi nelle gestione securitaria dei flussi migratori e la politica estera comune che non è - anche dopo Lisbona – trasparente, non coinvolge istituzioni parlamentari europee e nazionali in uno sforzo comune, ha basi giuridiche nebulose ed utilizza strumenti non idonei agli scopi dichiarati come quello delle sanzioni economiche, si fonda ancora sull’unanimità che genera ricatti e rallentamenti dell’azione comune.
Il dossier dell’allargamento, infine, non è razionalmente affrontabile senza un radicale restatement dei Trattati.
Si oppongono, però, a questa svolta un numero piuttosto importante di governi ostili (secondo alcuni, ormai la maggioranza) a cedere ulteriore sovranità e a riprogettare le proprie politiche come contributo ad un progetto di benessere, sicurezza e sostenibilità sociale collettiva.
Il salto sarebbe nelle cose, è reso maturo proprio dai conflitti globali in cui manca una forza di mediazione e di compromesso essendosi frantumato il potere persuasivo dell’ONU, non sostituito da potenze continentali che cercano il dialogo come fu l’Europa di Helsinki.
La svolta è resa bene (nel Patto che discutiamo oggi) nel richiamo alla formula ancora mobilitante degli Stati Uniti d‘Europa che richiama la prima, storica, rivoluzione costituzionale della libertà (così come quella francese lo è stata della fraternità e dell’uguaglianza) ma che seppe coniugarla con l’invenzione del federalismo (in senso democratico e moderno) ponendo fine alla sovranità assoluta degli Stati i cui ordinamenti furono composti in un originale sistema di regole di natura costituzionale più ampia.
Si tratterebbe, come dice il Patto, di formare “un governo dell’Unione dotato di compiti limitati ma reali di fronte al Parlamento europeo a cui riconoscere la pienezza dei poteri politici, economici e legislativi, di bilancio e fiscali che lo finanzino, il superamento del potere di veto nel Consiglio, l’indirizzo fondamentale della politica estera e l’organizzazione di un sistema di sicurezza e difesa comune trasparente ed incentrato sulla difesa attiva della pace”.
Se vogliamo inquadrare questa prospettiva come costituzionalizzazione dell’Unione europea (che è già un ordinamento sui generis sovranazionale) si può certamente farlo integrando le migliori scuole del costituzionalismo continentale che, seguendo le indicazioni del più insigne tra i filosofi viventi Jürgen Habermas, sono già arrivate a mettere in discussione il legame nazionale fondato su elementi escludenti quali sangue, suolo, ma anche lingua, come idoneo e pertinente per gli ordinamenti democratici contemporanei (nell’elaborazione dell’immagine di una “solidarietà tra estranei”), posto che non si può negare che gli Europei vantino comunque profonde radici comuni in termine di cultura e valori.
Per vincere l’opposizione ostinata dei governi o anche la scelta di differire la svolta in un processo interminabile di piccoli avanzamenti e di continui compromessi, che fanno perdere all’opinione pubblica il senso stesso del processo, occorre però battersi ancora ed in modo creativo; trovare luoghi ove radicare e sviluppare questa tensione trasformativa, altrimenti i meccanismi previsti nei Trattati prevarranno strangolando ogni progetto, che miri ad assicurare ad un governo europeo la capacità di direzione della società europea nelle forche caudine delle conferenze intergovernative.
C’è un passo particolarmente brillante nel Patto dove si dice che “un ethos comune e una koinè culturale si sono sviluppate intorno alla comunità di diritto. La koinè politica si è sviluppata limitatamente alle elezioni europee e all’embrione dei partiti politici europei. Non ha pervaso le società, in una fase di arretramento delle visioni e di sopravvento degli egoismi nazionali, di crescita delle disuguaglianze, di crisi ambientali e di chiusure rispetto a fenomeni quali le migrazioni. Non ha superato barriere, quali quelle linguistiche, che meritano la più grande attenzione educativa e inclusiva”.
Come ex magistrato devo rimarcare che l’Europa dei diritti è una carta vincente ed è fondata su basi solidissime di una rete di 27 giurisdizioni nazionali che applicano, secondo comuni principi e metodi, il diritto dell’Unione europea sotto la guida della Corte di giustizia e l’ispirazione della Carta di Nizza.
Un ordine che duplica, senza generare alla fine ostacoli insormontabili per il cosiddetto dialogo tra Corti, quello che corre tra i giudici ordinari e la Corte costituzionale sulla base della Costituzione.
È quindi nel suo campo un modello di profonda armonizzazione che è già collegato, tramite la Convenzione europea, all’Europa in grande del Consiglio d’Europa.
Per replicarlo abbiamo però bisogno di trovare un terreno diverso da quello dei tribunali; un confronto allargato che abbia radici istituzionali e sociali.
Il Parlamento europeo come organo a mandato universale in alleanza strutturale con la rete di città ed i parlamenti nazionali che coinvolga l’opinione pubblica continentale, dai sindacati alle ONG sino alle associazioni produttive e dell’impresa per sviluppare in una tensione costituente un progetto comune, anche istituzionale, nel suo combinarsi con esempi virtuosi di policies avanzate o garantiste in molti settori per costruire finalmente l’Europa del futuro.
Il Patto individua bene questa risorsa essenziale per il cambiamento “la rilevanza delle autonomie locali non soltanto sul piano funzionale-amministrativo ma anche su quello istituzionale, costitutivo e legittimante dell’architettura democratica dei poteri pubblici europei quale raccordo fondamentale con tutte le comunità e tutti i cittadini, con una previsione nei Trattati di una specifica competenza normativa dell’Unione europea in materia che possa delineare un sistema di garanzie per i comuni e gli altri poteri locali, verso un necessario aggiornamento della Carta Europea delle Autonomie Locali”.
Come recita l’introduzione di un recente volume sui Comuni come istituzioni, entro ed oltre lo Stato “le città intese come soggetto istituzionale di mediazioni e trasformazioni urbane, spazio di autogoverno locale e di promozione sociale, nell’evoluzione degli Stati costituzionali, tra dimensione sovra-statuale, processi federali e neo-municipalismo” ([1]).
Se riusciremo a compiere insieme questo percorso, allargato ai Comuni continentali (che in genere, anche nelle drammatiche prove referendarie, non hanno abbandonato il progetto federativo), di rigenerazione del progetto concepito a Ventotene, davvero l’Europa orizzontale, reticolare, partecipativa, refrattaria alla rivalità tra nazioni, vorrei dire cosmopolita e solidale potrebbe mettere in gravi difficoltà l’ottusità verticale delle Cancellerie.
[1] G. Allegri Introduzione al Volume a cura di G. Allegri, L. Forsina, A. Guerra, A. Longo La città come istituzione entro ed oltre lo Stato, Sapienza Università Editrice, 2023, p. 9
Il voluminoso rapporto, votato con una ristretta maggioranza dal Parlamento europeo il 22 novembre 2023 (LINK) con l’obiettivo di avviare per la prima volta dal 2009 la procedura per la revisione dei trattati, è sostanzialmente scomparso dall’agenda europea.
Non ne parlano i manifesti dei partiti europei in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 approvati dai loro congressi (LINK) o meglio
quello dei popolari i cui parlamentari si opposero infine a maggioranza il 22 novembre a quel rapporto costringendo tuttavia gli altri gruppi ad accettare in sede di emendamenti compromessi fortemente riduttivi rispetto all’ambizione iniziale della Commissione affari costituzionali,
quello dei socialisti che si esprime in modo articolato sulle politiche (policies) ma non sul modo in cui attuarle (politics) per nascondere le divergenze fra europeisti convinti ed europeisti tiepidi se non euro-nazionalisti,
quello dei liberali che esprime un teorico atto di fede verso una unione sempre più stretta (dixi et salvavi animam meam) e tace sul metodo e sui tempi per realizzarla tradendo così l’impegno del liberale Guy Verhofstadt spesosi a favore della Convenzione come provvisorio risultato della sua presidenza belga del Consiglio con la Dichiarazione di Laeken a dicembre 2001 che tracollò prima per la decisione dei governi di trasformare il già modesto trattato-costituzionale in un indecifrabile ermafrodita e poi con i referendum francese e olandese,
e poi quello dei Verdi che sceglie invece di uscire dal cul de sac in cui si è infilato il Parlamento europeo chiedendo di aprire le porte del labirinto della Convenzione preferendo la via più diretta del processo costituente.
Non vale la pena di parlare del manifesto delle sinistre europee paralizzate dal contrasto fra la maggioranza di sovranisti che rigettano per ragioni ideologiche il passato e il presente dell’Unione europea ritenendo invece che il futuro dell’Europa debba essere affidato alla improbabile vittoria del socialismo radicale a livello nazionale e una esigua minoranza di federalisti fedeli al messaggio del Manifesto di Ventotene.
Non si può naturalmente parlare dei mai concepiti e mai nati manifesti dei seguaci dell’Europa confederale delle Nazioni uniti o piuttosto disuniti nei “conservatori e – chissà perché - riformisti” e dei sovranisti puri e duri con forti pulsioni di estrema destra che appartengono nel Parlamento europeo al gruppo Identità (nazionale) a cui si accompagna grottescamente la parola Democrazia sapendo che gli uni e gli altri contestano il metodo sovranazionale dei candidati di punta (Spitzenkandidaten) alla presidenza della Commissione europea.
Non parla del rapporto del 22 novembre la comunicazione di Ursula von der Leyen del 20 marzo 2024 (LINK) sulle conseguenze dell’allargamento per le riforme interne in cui la ormai candidata di punta del PPE alla sua conferma dimentica il suo retorico “è venuto il momento della Convenzione” lanciato nell’emiciclo di Strasburgo nel lontano 15 settembre 2022 ed anche l’impegno che ha preso con il Parlamento europeo a gennaio 2024 di presentare entro la fine di febbraio una roadmap sul futuro dell’Europa avendo la Commissione preferito di condividere la scelta dei governi di garantire l’efficacia del funzionamento dell’Unione europea ampliata a trattati costanti.
Infine non ne parlano i governi che, divisi ormai su quasi tutto come è apparso nell’inconcludente Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, sono d’accordo sull’idea di impedire l’apertura del vaso di Pandora della revisione dei trattati attraverso la Convenzione perché gli Stati piccoli vogliono mantenere il potere di veto e un commissario per paese, i cosiddetti frugali sostenuti dalla Germania non vogliono cambiare le regole del bilancio, gli euro-nazionalisti non vogliono affidare maggiori competenze all’Unione europea e la Francia non vuole rinunciare alla sua gollista force de frappe in politica estera e di difesa.
Cosicché i ministri degli affari europei hanno predisposto il 19 marzo le conclusioni del successivo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo ripetendo la formula scritta dai diplomatici e dal segretariato del Consiglio che chiude definitivamente la porta alla riforma del Trattato di Lisbona.
Bisogna preparare il terreno, coinvolgendo singoli candidati e le reti della società civile, affinché denuncino i rischi dell’immobilismo intergovernativo e diplomatico – che sarebbe comunque inevitabile se, per ipotesi assurda, si creasse nel Consiglio europeo una maggioranza semplice di capi di Stato o di governo favorevole alla procedura ordinaria dell’articolo 48 TUE – e creino le condizioni per l’avvio di un processo costituente dal basso con l’insurrezione pacifica di assemblee di cittadine e di cittadini e nelle istituzioni parlamentari nazionali ed europea promuovendo parallelamente la convocazione di una nuova Conferenza sul futuro dell’Europa che abbia al suo centro un modello di democrazia partecipativa e di assise interparlamentari aperte ai rappresentanti dei paesi candidati e dei poteri locali e regionali.
In questo quadro appare necessario convocare due contro-Vertici - in occasione della quarta (18 luglio 2024, Regno Unito) e della quinta (7-8 novembre 2024, Ungheria) riunione della Comunità Politica Europea - che abbiano all’ordine del giorno i temi della pace, della democrazia e della giustizia sociale e sollecitando l’assemblea del Forum della società civile di Marsiglia dal 25 al 27 aprile ad approvare questa proposta.
Roma, 25 marzo (anniversario della firma dei Trattati di Roma)
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024.
Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Il "Patto dei Sindaci" europei
- La settimana del Movimento europeo
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
- Pubblicazione Bando per ricerca volontario
- Attiriamo la vostra attenzione
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
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Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Il "Patto dei Sindaci" europei
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L'EDITORIALE
CHE FARE DOPO LE ELEZIONI EUROPEE?
Il voluminoso rapporto, votato con una ristretta maggioranza dal Parlamento europeo il 22 novembre 2023 (LINK) con l’obiettivo di avviare per la prima volta dal 2009 la procedura per la revisione dei trattati, è sostanzialmente scomparso dall’agenda europea.
Non ne parlano i manifesti dei partiti europei in vista delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno 2024 approvati dai loro congressi (LINK) o meglio
quello dei popolari i cui parlamentari si opposero infine a maggioranza il 22 novembre a quel rapporto costringendo tuttavia gli altri gruppi ad accettare in sede di emendamenti compromessi fortemente riduttivi rispetto all’ambizione iniziale della Commissione affari costituzionali,
quello dei socialisti che si esprime in modo articolato sulle politiche (policies) ma non sul modo in cui attuarle (politics) per nascondere le divergenze fra europeisti convinti ed europeisti tiepidi se non euro-nazionalisti,
quello dei liberali che esprime un teorico atto di fede verso una unione sempre più stretta (dixi et salvavi animam meam) e tace sul metodo e sui tempi per realizzarla tradendo così l’impegno del liberale Guy Verhofstadt spesosi a favore della Convenzione come provvisorio risultato della sua presidenza belga del Consiglio con la Dichiarazione di Laeken a dicembre 2001 che tracollò prima per la decisione dei governi di trasformare il già modesto trattato-costituzionale in un indecifrabile ermafrodita e poi con i referendum francese e olandese,
e poi quello dei Verdi che sceglie invece di uscire dal cul de sac in cui si è infilato il Parlamento europeo chiedendo di aprire le porte del labirinto della Convenzione preferendo la via più diretta del processo costituente.
Non vale la pena di parlare del manifesto delle sinistre europee paralizzate dal contrasto fra la maggioranza di sovranisti che rigettano per ragioni ideologiche il passato e il presente dell’Unione europea ritenendo invece che il futuro dell’Europa debba essere affidato alla improbabile vittoria del socialismo radicale a livello nazionale e una esigua minoranza di federalisti fedeli al messaggio del Manifesto di Ventotene.
Non si può naturalmente parlare dei mai concepiti e mai nati manifesti dei seguaci dell’Europa confederale delle Nazioni uniti o piuttosto disuniti nei “conservatori e – chissà perché - riformisti” e dei sovranisti puri e duri con forti pulsioni di estrema destra che appartengono nel Parlamento europeo al gruppo Identità (nazionale) a cui si accompagna grottescamente la parola Democrazia sapendo che gli uni e gli altri contestano il metodo sovranazionale dei candidati di punta (Spitzenkandidaten) alla presidenza della Commissione europea.
Non parla del rapporto del 22 novembre la comunicazione di Ursula von der Leyen del 20 marzo 2024 (LINK) sulle conseguenze dell’allargamento per le riforme interne in cui la ormai candidata di punta del PPE alla sua conferma dimentica il suo retorico “è venuto il momento della Convenzione” lanciato nell’emiciclo di Strasburgo nel lontano 15 settembre 2022 ed anche l’impegno che ha preso con il Parlamento europeo a gennaio 2024 di presentare entro la fine di febbraio una roadmap sul futuro dell’Europa avendo la Commissione preferito di condividere la scelta dei governi di garantire l’efficacia del funzionamento dell’Unione europea ampliata a trattati costanti.
Infine non ne parlano i governi che, divisi ormai su quasi tutto come è apparso nell’inconcludente Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, sono d’accordo sull’idea di impedire l’apertura del vaso di Pandora della revisione dei trattati attraverso la Convenzione perché gli Stati piccoli vogliono mantenere il potere di veto e un commissario per paese, i cosiddetti frugali sostenuti dalla Germania non vogliono cambiare le regole del bilancio, gli euro-nazionalisti non vogliono affidare maggiori competenze all’Unione europea e la Francia non vuole rinunciare alla sua gollista force de frappe in politica estera e di difesa.
Cosicché i ministri degli affari europei hanno predisposto il 19 marzo le conclusioni del successivo Consiglio europeo del 21 e 22 marzo ripetendo la formula scritta dai diplomatici e dal segretariato del Consiglio che chiude definitivamente la porta alla riforma del Trattato di Lisbona.
Bisogna preparare il terreno, coinvolgendo singoli candidati e le reti della società civile, affinché denuncino i rischi dell’immobilismo intergovernativo e diplomatico – che sarebbe comunque inevitabile se, per ipotesi assurda, si creasse nel Consiglio europeo una maggioranza semplice di capi di Stato o di governo favorevole alla procedura ordinaria dell’articolo 48 TUE – e creino le condizioni per l’avvio di un processo costituente dal basso con l’insurrezione pacifica di assemblee di cittadine e di cittadini e nelle istituzioni parlamentari nazionali ed europea promuovendo parallelamente la convocazione di una nuova Conferenza sul futuro dell’Europa che abbia al suo centro un modello di democrazia partecipativa e di assise interparlamentari aperte ai rappresentanti dei paesi candidati e dei poteri locali e regionali.
In questo quadro appare necessario convocare due contro-Vertici - in occasione della quarta (18 luglio 2024, Regno Unito) e della quinta (7-8 novembre 2024, Ungheria) riunione della Comunità Politica Europea - che abbiano all’ordine del giorno i temi della pace, della democrazia e della giustizia sociale e sollecitando l’assemblea del Forum della società civile di Marsiglia dal 25 al 27 aprile ad approvare questa proposta.
Roma, 25 marzo (anniversario della firma dei Trattati di Roma)
PATTO DEI SINDACI. UNA COSTITUENTE DEMOCRATICA EUROPEA PER GLI “STATI UNITI D’EUROPA”
Un Patto per contribuire ad uscire dalla stagnazione istituzionale dell’Europa *
Il Patto dei Sindaci europei per una costituzione democratica per gli Stati uniti d’Europa - unitamente al Movimento europeo-Italia - rappresenta una coraggiosa iniziativa per cercare di sbloccare l’attuale situazione di stallo istituzionale dell’Unione europea che rischia di compromettere (e comunque di ridurne il significato in una prospettiva di intensificazione del legame tra “cittadini europei”) quei significativi passi in avanti che l’Unione europea ha saputo, soprattutto nella prima parte della legislatura, realizzare fronteggiando la sfida della pandemia con il coordinamento dei provvedimenti sanitari e dell’operazione vaccini.
Successivamente, con il piano di aiuti sociali SURE (che ha offerto un modello inedito di cassa integrazione europea a finalità formativa) ed ancora con il Recovery plan e l’avvio di una condizionalità “buona” per il sostegno agli Stati membri (ben diversa da quella dell’austerity) legata alle tre strategie europee della digitalizzazione, della sostenibilità ambientale e di quella sociale. Infine, con il regolamento del 2020, sul rispetto dello stato di diritto per ottenere risorse dell’Unione europea, che ha conferito un timbro garantista alle modalità di sostegno ai Paesi più in difficoltà. Sull’onda di questi successi, legittimati su base emergenziale, l’Unione europea ha saputo anche risolvere (pur sulla base di una debole base giuridica) l’aggravarsi del problema energetico ma è anche riuscita ad investire il consenso raggiunto (si è parlato, non a caso, di un hamiltonian moment) per cercare di portare a compimento con una certa energia le politiche promesse dalla cosiddetta “maggioranza Ursula”.
Il digital compass (imponente piano di regolazione del mondo digitale, integrato con l’AI, per liberare l’innovazione europea mettendola al contempo sotto il controllo umano nel rispetto dei diritti fondamentali della Carta); l’attuazione del Pilastro sociale europeo (saldando così strettamente competenze nazionali e sovranazionali sotto la regia degli organi di Bruxelles) che ha portato a rivoluzionarie normative come la direttiva sul salario minimo (inconcepibile nell’immediato passato), svariate direttive sulla parità di genere e sulla trasparenza dei rapporti di lavoro e infine ad introdurre un insieme di diritti universali, oltre alla distinzione un po’ vetusta tra lavoro autonomo e dipendente, di controllo e negoziazione sulle decisioni cosiddette algoritmiche delle piattaforme.
Con il recentissimo accordo sulla due diligence si mira infine a salvaguardare i diritti umani anche nelle filiere produttive della sub-fornitura grazie a nuovi doveri di controllo e sorveglianza per le grandi imprese.
Anche sul fronte Green (con qualche compromesso, forse eccessivo) sono stati varati provvedimenti importanti come quello sul cosiddetto ripristino della natura o sulle abitazioni sostenibili.
La Conferenza sul futuro dell’Unione (CoFoe) conclusasi nel Maggio del 2022 riteneva che questo capitale di credibilità dell’Unione europea potesse essere convertito in una serie di riforme istituzionali che rendessero permanenti le conquiste raggiunte e le completasse nella capacità strutturale, non più legata alle emergenze, di progettare il benessere e lo sviluppo della società paneuropea dotando le istituzioni di strumenti efficaci anche di ordine fiscale per sostenere le sfide del millennio soprattutto legate alle tecniche digitali e all’AI (basterà pensare che secondo l’ultimo Report del World Economic Forum l’ultima ondata dell’AI “generativa” potrebbe distruggere 89 milioni di posti di lavoro creandone appena 69 milioni).
Un completamento, ci pare, di un processo di osmosi tra ordinamenti avviato già oltre 60 anni prima e giunto a momenti di realizzazione molto avanzati ma che, in alcuni settori, stenta a trovare soluzioni credibili, anche per difetto di competenza dell’Unione europea, come tipicamente in quello dell’immigrazione, incancrenitosi nelle gestione securitaria dei flussi migratori e la politica estera comune che non è - anche dopo Lisbona – trasparente, non coinvolge istituzioni parlamentari europee e nazionali in uno sforzo comune, ha basi giuridiche nebulose ed utilizza strumenti non idonei agli scopi dichiarati come quello delle sanzioni economiche, si fonda ancora sull’unanimità che genera ricatti e rallentamenti dell’azione comune.
Il dossier dell’allargamento, infine, non è razionalmente affrontabile senza un radicale restatement dei Trattati.
Si oppongono, però, a questa svolta un numero piuttosto importante di governi ostili (secondo alcuni, ormai la maggioranza) a cedere ulteriore sovranità e a riprogettare le proprie politiche come contributo ad un progetto di benessere, sicurezza e sostenibilità sociale collettiva.
Il salto sarebbe nelle cose, è reso maturo proprio dai conflitti globali in cui manca una forza di mediazione e di compromesso essendosi frantumato il potere persuasivo dell’ONU, non sostituito da potenze continentali che cercano il dialogo come fu l’Europa di Helsinki.
La svolta è resa bene (nel Patto che discutiamo oggi) nel richiamo alla formula ancora mobilitante degli Stati Uniti d‘Europa che richiama la prima, storica, rivoluzione costituzionale della libertà (così come quella francese lo è stata della fraternità e dell’uguaglianza) ma che seppe coniugarla con l’invenzione del federalismo (in senso democratico e moderno) ponendo fine alla sovranità assoluta degli Stati i cui ordinamenti furono composti in un originale sistema di regole di natura costituzionale più ampia.
Si tratterebbe, come dice il Patto, di formare “un governo dell’Unione dotato di compiti limitati ma reali di fronte al Parlamento europeo a cui riconoscere la pienezza dei poteri politici, economici e legislativi, di bilancio e fiscali che lo finanzino, il superamento del potere di veto nel Consiglio, l’indirizzo fondamentale della politica estera e l’organizzazione di un sistema di sicurezza e difesa comune trasparente ed incentrato sulla difesa attiva della pace”.
Se vogliamo inquadrare questa prospettiva come costituzionalizzazione dell’Unione europea (che è già un ordinamento sui generis sovranazionale) si può certamente farlo integrando le migliori scuole del costituzionalismo continentale che, seguendo le indicazioni del più insigne tra i filosofi viventi Jürgen Habermas, sono già arrivate a mettere in discussione il legame nazionale fondato su elementi escludenti quali sangue, suolo, ma anche lingua, come idoneo e pertinente per gli ordinamenti democratici contemporanei (nell’elaborazione dell’immagine di una “solidarietà tra estranei”), posto che non si può negare che gli Europei vantino comunque profonde radici comuni in termine di cultura e valori.
Per vincere l’opposizione ostinata dei governi o anche la scelta di differire la svolta in un processo interminabile di piccoli avanzamenti e di continui compromessi, che fanno perdere all’opinione pubblica il senso stesso del processo, occorre però battersi ancora ed in modo creativo; trovare luoghi ove radicare e sviluppare questa tensione trasformativa, altrimenti i meccanismi previsti nei Trattati prevarranno strangolando ogni progetto, che miri ad assicurare ad un governo europeo la capacità di direzione della società europea nelle forche caudine delle conferenze intergovernative.
C’è un passo particolarmente brillante nel Patto dove si dice che “un ethos comune e una koinè culturale si sono sviluppate intorno alla comunità di diritto. La koinè politica si è sviluppata limitatamente alle elezioni europee e all’embrione dei partiti politici europei. Non ha pervaso le società, in una fase di arretramento delle visioni e di sopravvento degli egoismi nazionali, di crescita delle disuguaglianze, di crisi ambientali e di chiusure rispetto a fenomeni quali le migrazioni. Non ha superato barriere, quali quelle linguistiche, che meritano la più grande attenzione educativa e inclusiva”.
Come ex magistrato devo rimarcare che l’Europa dei diritti è una carta vincente ed è fondata su basi solidissime di una rete di 27 giurisdizioni nazionali che applicano, secondo comuni principi e metodi, il diritto dell’Unione europea sotto la guida della Corte di giustizia e l’ispirazione della Carta di Nizza.
Un ordine che duplica, senza generare alla fine ostacoli insormontabili per il cosiddetto dialogo tra Corti, quello che corre tra i giudici ordinari e la Corte costituzionale sulla base della Costituzione.
È quindi nel suo campo un modello di profonda armonizzazione che è già collegato, tramite la Convenzione europea, all’Europa in grande del Consiglio d’Europa.
Per replicarlo abbiamo però bisogno di trovare un terreno diverso da quello dei tribunali; un confronto allargato che abbia radici istituzionali e sociali.
Il Parlamento europeo come organo a mandato universale in alleanza strutturale con la rete di città ed i parlamenti nazionali che coinvolga l’opinione pubblica continentale, dai sindacati alle ONG sino alle associazioni produttive e dell’impresa per sviluppare in una tensione costituente un progetto comune, anche istituzionale, nel suo combinarsi con esempi virtuosi di policies avanzate o garantiste in molti settori per costruire finalmente l’Europa del futuro.
Il Patto individua bene questa risorsa essenziale per il cambiamento “la rilevanza delle autonomie locali non soltanto sul piano funzionale-amministrativo ma anche su quello istituzionale, costitutivo e legittimante dell’architettura democratica dei poteri pubblici europei quale raccordo fondamentale con tutte le comunità e tutti i cittadini, con una previsione nei Trattati di una specifica competenza normativa dell’Unione europea in materia che possa delineare un sistema di garanzie per i comuni e gli altri poteri locali, verso un necessario aggiornamento della Carta Europea delle Autonomie Locali”.
Come recita l’introduzione di un recente volume sui Comuni come istituzioni, entro ed oltre lo Stato “le città intese come soggetto istituzionale di mediazioni e trasformazioni urbane, spazio di autogoverno locale e di promozione sociale, nell’evoluzione degli Stati costituzionali, tra dimensione sovra-statuale, processi federali e neo-municipalismo” ([1]).
Se riusciremo a compiere insieme questo percorso, allargato ai Comuni continentali (che in genere, anche nelle drammatiche prove referendarie, non hanno abbandonato il progetto federativo), di rigenerazione del progetto concepito a Ventotene, davvero l’Europa orizzontale, reticolare, partecipativa, refrattaria alla rivalità tra nazioni, vorrei dire cosmopolita e solidale potrebbe mettere in gravi difficoltà l’ottusità verticale delle Cancellerie.
[1] G. Allegri Introduzione al Volume a cura di G. Allegri, L. Forsina, A. Guerra, A. Longo La città come istituzione entro ed oltre lo Stato, Sapienza Università Editrice, 2023, p. 9
LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO
25 marzo
Roma, Convegno "L'insegnamento di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita" (Comitato Nazionale per i 150 anni dalla nascita di Luigi Einaudi)
Roma, incontro “Perché è come riformare l’UE” (Fondazione Lelio e Lisli Basso, Salviamo la Costituzione e Movimento Europeo Italia)
Roma, presentazione del libro di Claudio Tito: "Nazione Europa. Perché la ricetta sovranista è destinata alla sconfitta" (Piemme editore)
27 marzo
Roma, XVIII riunione della Piattaforma sul futuro dell'Europa (Movimento europeo Italia)
Roma, Direzione Nazionale Seminariale Legacoop “Agenda europea”
Milano, Seminario “Oltre il voto di giugno. L’Europa è il fine della nostra democrazia” (FCE - Federazione Civici Europei, Circolo e Centro Studi Emilio Caldara)
27-28 marzo
Roma, Convegno “Alexander Langer. Ponti da costruire tra convivenza pacifica, conversione ecologica e federalismo europeo” (Centro studi storici europei e transnazionali Alizé dell’Università degli studi Link di Roma e Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano)
IN EVIDENZA
VI SEGNALIAMO
25 marzo, ore 10:00-13:00, Roma. Convegno "L’insegnamento di Luigi Einaudi a 150 anni dalla nascita" presso la Sala della Protomoteca del Campidoglio in Roma alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In occasione di questo anniversario, istituzioni pubbliche e private coinvolte hanno costituito un Comitato promotore delle celebrazioni dalla nascita di Luigi Einaudi che coordinerà i circa 150 eventi che si svolgeranno nell’arco dell’anno organizzati dalle Fondazioni, gli Istituti di Ricerca, le Associazioni, i Comuni, le Scuole e le Università intestate a suo nome e in stretta correlazione con il suo pensiero e la sua storia. PROGRAMMA.
25 marzo, ore 16:00, Roma. Presso la Facoltà di Giurisprudenza, sala lauree, della Sapienza Università di Roma, la Fondazione Lelio e Lisli Basso, Salviamo la Costituzione e Movimento Europeo Italia promuovono l’incontro “Perché è come riformare l’UE”. Coordina Gaetano Azzariti. Introduce Franco Ippolito. Relazioni di Pier Virgilio Dastoli e Nicoletta Parisi. Interventi di Giuseppe Allegri, Maria Romana Allegri, Claudio De Fiores, Elena Granaglia, Maria Rosaria Marella, Fausta Guaraniello, Pasqualina Napoletano, Dino Rinoldi, Laura Ronchetti. Conclude Giuseppe Bronzini. L’incontro verrà trasmesso anche in streaming sul canale YouTube della Fondazione Basso. PROGRAMMA.
27 marzo, ore 10:30-13:00, Roma. Il Movimento europeo riunirà per la diciottesima volta la sua Piattaforma sul futuro dell’Europa, creata nel settembre del 2019 in preparazione della Conferenza sul futuro dell’Europa proposta dal Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron nella sua lettera ai cittadini europei del 4 marzo 2019. L’incontro si svilupperà intorno ai seguenti temi: 1) Presentazione del “Libro verde” del Movimento europeo in vista delle elezioni europee del prossimo mese di giugno; 2) Risultati del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo; 3) Risoluzione del Parlamento su allargamento e approfondimento approvata dalla plenaria il 29 febbraio; 4) Difesa europea; 5) Programmi dei partiti europei. Sarà possibile seguire l’incontro in collegamento da remoto, inviando una mail di conferma all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro martedì 26 marzo.
27 marzo, ore 11:00, Milano. La Federazione Civici Europei (FCE) promuove il Seminario dal titolo “Oltre il voto di giugno. L’Europa è il fine della nostra democrazia”, organizzato dal Circolo e Centro Studi “Emilio Caldara”. PROGRAMMA.
27 marzo, ore 14:00-16:00, Roma. Legacoop Nazionale organizza una Direzione Nazionale Seminariale incentrata sulla tematica “Agenda europea”. L’iniziativa sarà suddivisa in due panel: “IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA: il pilastro sociale, l’integrazione, le riforme” e “ECONOMIA SOCIALE E COOPERAZIONE NELLA UE: I Manifesti dei network cooperativi per Elezioni Europee 2024”.
27-28 marzo, Roma. Il Centro studi storici europei e transnazionali Alizé dell’Università degli studi Link di Roma e la Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano promuovono il Convegno dal titolo “Alexander Langer. Ponti da costruire tra convivenza pacifica, conversione ecologica e federalismo europeo”. ULTERIORI INFORMAZIONI E MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE ONLINE. PROGRAMMA COMPLETO.
SAVE THE DATE ! 5 aprile, ore 9:00-13:30, Firenze. Conferenza “Democrazia e Rule of Law in Europa. Criticità e sfide aperte alla vigilia delle elezioni per il parlamento europeo”, co-organizzato da MEDEL (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés) con Magistratura Democratica, Movimento Europeo Italia, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Università degli Studi di Firenze. La conferenza sarà trasmessa in diretta streaming all’indirizzo https://www.unifi.it/webtv. PROGRAMMA.
SAVE THE DATE ! 12 aprile, ore 9:00-17:30, Roma. Convegno “Immigrazione in Europa e diritti fondamentali. Quale progetto per la prossima legislatura europea?” co-organizzato da MEDEL (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés) con Magistratura Democratica, Movimento Europeo Italia, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Università degli Studi Roma Tre. L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming. Sarà disponibile il servizio di traduzione simultanea. Per partecipare, si prega di compilare il modulo seguente: https://forms.gle/kfoJYXiFTN8iFrHW6. PROGRAMMA.
Calendario delle attività della Camera dei deputati in materia di Unione europea (Settimana 25-31 marzo). Ufficio Rapporti con l'Unione europea
BANDO PER RICERCA VOLONTARIO
Negli ultimi due anni il Movimento europeo in Italia sta intensificando le proprie attività nell'ambito del programma Erasmus Plus, con l'obiettivo di poter coinvolgere le giovani cittadine ed i giovani cittadini europei nel processo di integrazione culturale e sociale della nostra Europa.
Con l'approvazione a fine 2023 del progetto Erasmus Plus KA2 “EUth: Strengthening Youth and Democracy in Europe”, abbiamo finalmente la possibilità di coinvolgere in maniera più diretta le nostre organizzazioni membre, rivolgendoci direttamente a voi per la ricerca di una giovane interessata, di età compresa fra i 18 ed i 35 anni, che voglia fungere da supporto all’attuale project manager del ME–IT nell’ambito di suddetto progetto.
Tale attività volontaria verrebbe esercitata, in particolare, nel corso degli eventi internazionali previsti ed organizzati sia all’estero che in Italia e delle attività preparatorie legate agli stessi.
A tal proposito siamo lieti di annunciarvi l'apertura del bando per l’individuazione di uno Staff-support member volontario nell’ambito del progetto Erasmus Plus KA2 “EUth: Strengthening Youth and Democracy in Europe”.
Le candidature resteranno aperte fino al giorno 5 aprile 2024.
Il link per accedere alla candidatura si trova nella parte finale del testo del bando, QUI ALLEGATO.
ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE
Ci serve davvero l’Europa? Non staremo perdendo tempo ed energie dietro a un’idea? Quella di oggi è la terra dei diritti immaginata a Ventotene? Mentre l’Unione è sotto attacco da più parti, accusata di essere una matrigna distante dai problemi reali dei cittadini, Emma Bonino e Pier Virgilio Dastoli, protagonisti indiscussi del progetto europeista, scelgono di intraprendere un viaggio nella memoria personale e collettiva che ci riguarda tutti da vicino. Ripercorrono lotte e progressi, sconfitte e conquiste, recuperano le tracce delle esistenze e delle aspirazioni di tante donne e tanti uomini che si sono battuti per costruire e difendere questo ideale, e invitano a prendere coscienza di quanto ancora resta da fare, senza però commettere l’errore di dimenticare, o peggio di gettare via, l’enorme lavoro svolto finora.
Il risultato è un dialogo serrato e coinvolgente, stimolato dalle ricostruzioni del documentarista Luca Cambi, in cui si dà conto delle innumerevoli tappe di questo processo, si ravviva il dibattito sulle nuove sfide che ci attendono, e si offre il ritratto appassionato e avvincente di Altiero Spinelli, vero padre fondatore capace di intuire e ispirare con lungimiranza, in un continente lacerato dalla guerra, quei principi di fratellanza, pace e libertà a cui ancora oggi dobbiamo tendere.