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18-23 May 2020

 

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Tuesday 19 May

Wednesday 20 May

Thursday 21 May

 


                                      

 

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Questa settimana, riteniamo interessante proporre la lettura di questo testo, “Il lungo addio – La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti”, per due motivi. Il primo è che, come si può intuire dal titolo, tratta le dinamiche globali contemporanee e lo spostamento dell’asse delle interrelazioni secondo logiche un tempo impensabili. Inoltre, considerato il fatto che pone all’attenzione l’unilateralismo della politica americana di Trump, sarà interessante monitorare le evoluzioni che ci saranno da qui a quando, nei prossimi mesi, la campagna elettorale statunitense entrerà – compatibilmente con l’emergenza coronavirus – nella sua fase più calda.

Questo testo, da un lato, disegna un’Europa costretta a stringere rapporti d’interesse con Russia e Cina e dall'altro si sofferma su un nuovo bipolarismo tra USA e Cina, riscontrabile specialmente nel settore delle nuove tecnologie, in cui si assiste oggi ad un'aspra competizione.

 

 

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Ci troviamo in un momento cruciale per il futuro. Si tenta al contempo di uscire dall’emergenza e di disegnare una prospettiva e le politiche economiche rappresentano una priorità. Un primo segnale positivo deriva dal voto a larga maggioranza sulla risoluzione presentata in sessione plenaria, per un intervento economico adeguato, il recovery fund di 2mila miliardi di cui abbiamo già parlato nell’editoriale. Le numerose iniziative messe in atto dalle istituzioni europee per soccorrere gli Stati potranno ovviare al disagio di questi mesi, nell’attesa di una rapida soluzione del problema coronavirus, grazie all’individuazione di un vaccino. Ma si naviga a vista in uno scenario in cui non mancano né proposte, né ostacoli, individuabili riportando tre punti di vista autorevoli. In primo luogo, il Presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno, al termine della riunione dei ministri dell’economia di venerdì, ha teso a sottolineare che gli interventi attuati in questi mesi rappresentano “misure di emergenza” e che “abbiamo bisogno di qualcosa di più, per velocizzare la ripresa economica e assicurare una crescita comune e non separatamente” [...]. “Sento un ampio consenso sull'uso della ripresa come opportunità per accelerare la modernizzazione delle nostre economie, in Italia in particolare, la transizione verso un'economia verde e digitale. Anche le politiche per riavviare il mercato unico e preservare l'integrità delle catene di approvvigionamento, che dimostrano l'interdipendenza delle nostre economie, rappresentano una priorità”. In merito al recovery fund, segnaliamo poi una proposta originale formulate dal Presidente della Open Society Foundations, George Soros, che, intervistato sul “Sole 24 Ore” di questa domenica, sostiene che per attuare le sue politiche di intervento sull’economia, la BCE dovrebbe optare per “l’emissione di bond perpetui […] anche se ora penso che andrebbero chiamati consols (titoli consolidati) perché è con questo nome che le obbligazioni perpetue sono state utilizzate con successo dalla Gran Bretagna a partire dal 1751 e dagli Stati Uniti dagli anni settanta del  1800. I bond perpetui sono stati confusi con i “coronabond”, che il Consiglio europeo ha respinto – e a ragion veduta poiché implicano una mutualizzazione del debito accumulato che gli stati membri non sono disposti ad accettare. Tale confusione ha avvelenato il dibattito. Ritengo che la situazione attuale rafforzi la mia proposta relativa ai titoli consolidati. La corte tedesca ha dichiarato che gli interventi della Bce erano legali in quanto rispettavano il requisito di proporzionalità degli acquisti di titoli rispetto alla partecipazione degli stati membri nel capitale della Bce. Ma l’implicazione ovvia era che gli acquisti non proporzionali allo schema di sottoscrizione del capitale potessero essere messi in discussione e considerati ultra vires dalla corte. I bond da me proposti aggirerebbero questo problema poiché verrebbero emessi dall’Ue come entità complessiva, sarebbero automaticamente proporzionali e tali resterebbero. […]  La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen dice che l’Europa ha bisogno di circa un trilione di euro per combattere questa pandemia, a cui andrebbe aggiunto un altro trilione di euro per il cambiamento climatico. Se venissero autorizzati dagli Stati membri, i titoli consolidati potrebbero coprire questi importi. Purtroppo, la Germania e gli Stati della “Lega anseatica” guidata da Paesi Bassi sono nettamente contrari.Ma dovrebbero rivedere la loro posizione”. È qui che si riscontra il nocciolo duro del problema attuale, come affermato anche dal Vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, ieri: “In cinque non fanno la popolazione dell’Italia, contano per un decimo di quella dell’Unione europea e un sesto del suo reddito. Eppure sono l’ostacolo più grande nella più grande delle tragedie. Olanda, Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia, in ordine di sprezzante intransigenza, sono emerse in queste settimane a Bruxelles come le grandi riduttrici: schierate a colpi di veti per rendere il più piccolo e inutile possibile ciò che va sotto il nome di Recovery Initiative, in realtà un arcipelago di programmi che dovrebbero formare la risposta europea alla più profonda e imprevedibile recessione in tempo di pace. Non solo questi cinque Paesi riescono a contenere e sfilacciare i contorni di questo pacchetto per l’Unione europea che, ormai è chiaro, sarà un bel po’ sotto i mille miliardi. Tornano anche a scucire quanto già tessuto. In questi giorni sono intenti a ridurre il celebrato programma di garanzie per 200 miliardi della Banca europea degli investimenti”. Una situazione superabile, aggiungiamo in conclusione, eliminando in questi casi il potere di veto, che paralizza la possibilità di scelte coraggiose.

 

 

 

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In merito al diritto di famiglia, spesso la Corte di Giustizia europea è chiamata ad interpretazioni dei Trattati. Ne è un esempio la recente sentenza del 27 febbraio 2020, riguardante la possibilità di violazione dell’articolo 20 del TFUE nel caso del matrimonio “tra un cittadino marocchino di maggiore età e una cittadina spagnola di maggiore età che non aveva mai esercitato la propria libertà di circolazione all’interno dell’Unione”, avvenuto il 13 novembre 2015. A seguito di ciò, l’uomo presentava domanda di permesso di soggiorno temporaneo, in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione, ma tale richiesta veniva respinta, il 20 gennaio 2016, dall’autorità amministrativa competente “sulla base del rilievo secondo cui la moglie non aveva dimostrato di soddisfare i requisiti di cui all’articolo 7 del regio decreto 240/2007. Più in particolare, si considerava che la moglie non aveva dimostrato di disporre di risorse economiche sufficienti per provvedere ai bisogni del coniuge mentre, ai sensi di detto articolo 7, l’obbligo di disporre di tali risorse incombeva esclusivamente ad essa”. Il marito presentava contro tale decisione un ricorso amministrativo, che veniva accolto considerando che l’articolo 7 del regio decreto 240/2007 non era applicabile a lui, familiare di una cittadina spagnola. Tuttavia, l’amministrazione dello Stato proponeva a sua volta appello avverso tale decisione dinanzi al giudice del rinvio. Quest’ultimo sollevava in merito alla controversia una serie di punti, tra cui la violazione dell’articolo 20 del TFUE da parte dello Stato spagnolo. Come si può leggere nella ricostruzione dei fatti:

  • “il giudice del rinvio si interroga sul punto se l’articolo 20 TFUE non osti alla prassi spagnola che impone al cittadino spagnolo che non abbia mai esercitato la propria libertà di circolazione all’interno dell’Unione di provare che dispone di risorse finanziarie sufficienti per se stesso e il coniuge per non diventare un onere per il sistema previdenziale. Detto giudice rileva, più in particolare, che questa prassi automatica dello Stato spagnolo, senza possibilità di adattamento a situazioni particolari, potrebbe essere in contrasto con l’articolo 20 se comportasse che il cittadino spagnolo debba lasciare il territorio dell’Unione”;
  • “il giudice del rinvio ritiene che, in ogni caso, l’articolo 20 TFUE sia violato dalla prassi dello Stato spagnolo consistente nel rifiutare automaticamente il ricongiungimento familiare di un cittadino di un paese terzo con un cittadino spagnolo che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, in base all’unico rilievo secondo cui detto cittadino non dispone di un certo tenore di vita, senza che le autorità abbiano esaminato se esiste, tra il cittadino dell’Unione e detto cittadino di un paese terzo, un rapporto di dipendenza di una natura tale per cui, in caso di diniego dell’autorizzazione a quest’ultimo di un diritto di soggiorno derivato, detto cittadino sarebbe costretto, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione complessivamente considerato”.

Ecco quindi che in tali circostanza il Tribunal Superior de Justicia de Castilla-La Mancha (Corte superiore di giustizia di Castiglia-La Mancia, Spagna) decideva di sospendere il procedimento e di consultare la Corte. Nella dettagliata sentenza del 27 febbraio scorso, essa ha affermato, da un lato, che l’articolo 20 TFUE osta alla prassi spagnola di cui sopra e, dall’altro, che l’articolo 20 TFUE “deve essere interpretato nel senso che non sussiste un rapporto di dipendenza, tale da giustificare la concessione di un diritto di soggiorno derivato ai sensi di detto articolo, per la sola ragione che il cittadino di uno Stato membro, di maggiore età e che non abbia mai esercitato la propria libertà di circolazione, e il coniuge, di maggiore età e cittadino di un paese terzo, sono tenuti alla convivenza, in forza degli obblighi derivanti dal matrimonio secondo il diritto dello Stato membro di provenienza del cittadino dell’Unione europea”.

Il testo integrale della sentenza è disponibile cliccando qui.

 

 

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La famiglia, luogo di formazione della personalità, considerata “istituzione primaria”, nel lessico sociologico, trova il suo inquadramento giuridico nella Carta dei diritti fondamentali all’articolo 9, che garantisce “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia […] secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Similmente, tali diritti sono richiamati anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, all’articolo 12, che recita: ”A partire dall’età minima per contrarre matrimonio, l’uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che regolano l’esercizio di tale diritto” con una differenza fondamentale fra la Carta che fa riferimento alla persona e alla Convenzione che fa riferimento a uomo e donna. La Carta menziona poi all’articolo 33 la garanzia della protezione della famiglia, sotto il piano giuridico, economico e sociale. A pochi giorni dalla Giornata Internazionale della Famiglia del 15 maggio scorso, vogliamo qui soffermarci su un particolare aspetto, riguardante il rapporto tra le leggi nazionali menzionate nell’articolo 9 e le istituzioni europee. Queste ultime, infatti, nonostante il richiamo alla competenza degli Stati membri nel garantire i diritti sopracitati, hanno visto accrescere il proprio ruolo nel tempo. Afferma infatti Lina Panella, docente ordinario di Diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Messina: “L’integrazione tra storie, culture, identità, ma nel rispetto della democrazia e dei valori degli Stati membri, ci sembra che trovi un esempio significativo in quanto è avvenuto nell’ambito della protezione della“famiglia” o per meglio dire nell’evoluzione del diritto di famiglia”[1].

Discipline come la sociologia e la filosofia aiutano, assieme alla giurisprudenza, a comprendere il valore etico di questi diritti, ancor di più in un mondo sempre più interconnesso e, come direbbe Zygmunt Bauman, in una “società liquida”. Le parole del filosofo possono essere facilmente fraintese, se la lettura non fosse attenta: il senso delle analisi di Bauman non è in realtà affatto di rassegnazione di fronte alla “liquidità” delle esistenze e alla volatilità di molte esperienze, nell’epoca del tempo sospeso e delle ricorrenti crisi di sistema. L’idea di fondo, sottostante alle numerose pubblicazioni di Bauman, è che vada ricercata l’integrità e la lealtà nei rapporti e nella vita e che, a tale scopo, proprio di fronte ad una dimensione fuggevole, sia molto importante poter coltivare rapporti solidi, durevoli nel tempo, di amicizia e di amore. È per dare consistenza a questa possibilità che il diritto europeo interviene sempre più di frequente. Continua in merito la prof.ssa Panella, “Con la direttiva 2004/38 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, si è, infatti, provveduto a disciplinare il diritto dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari extracomunitari a circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, precisando, a tal fine, che nella nozione di “familiare” sono inclusi non solo il coniuge, ma anche il partner che abbia contratto con il cittadino europeo un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro che la equipari al matrimonio, nonché i discendenti diretti di età inferiore a ventuno anni o a carico e quelli del coniuge o partner e, infine, gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner (art. 2)”. Come si può notare, ci troviamo di fronte ad uno scenario in cui si può verificare una pluralità di situazioni che sempre più frequentemente richiedono di essere trattate in una dimensione sovranazionale. Per quanto riguarda il ricongiungimento familiare, per esempio, il discorso è da intendersi in un’ottica che sempre più di frequente travalica i confini degli Stati. Ce ne parla ancora nelle conclusioni del suo saggio Lina Panella, sottolineando che “La Corte di cassazione (italiana, ndr) si dimostra sempre più aperta verso i principi di diritto internazionale e di diritto europeo, quando afferma che l’interesse preminente da tutelare è quello del minore”, istanza che a sua volta si ricollega sia all’art. 3 della Convenzione di New York che all’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 

[1] Le citazioni sono tratte dal saggio “LO SPAZIO DI LIBERTÀ, SICUREZZA E GIUSTIZIA E LAFAMIGLIA NELLA PLURALITÀ DEI MODELLI CULTURALI”, all’interno di “Lo Spazio Europeo di Libertà, Sicurezza e Giustizia a vent’anni dal Consiglio europeo di Tampere”, a cura di Angela di Stasi, Lucia Serena Rossi, Napoli, Editoriale Scientifica, 2020, pp.  215 – 231.

 

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