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L’Ufficio di Informazione del Parlamento europeo in Italia organizza un Webinar l’8 settembre dalle 10:00 alle 12:00, in vista del discorso sullo State of the Union che sarà pronunciato dalla Presidente Ursula von der Leyen il 16 settembre a Strasburgo.

Il Direttore dell’Ufficio di Informazione del Parlamento europeo, Carlo Corazza, ci ha chiesto di contribuire all’organizzazione di questo Webinar chiedendo ai nostri membri di indicarci la loro disponibilità a partecipare.

Vi chiediamo dunque di indicarci (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) questa disponibilità entro il 4 settembre in modo da comunicarlo in tempo utile all’Ufficio del Parlamento europeo.

 

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Dopo il cosiddetto golpe del 15 luglio 2016, sessantamila persone sono state arrestate, interdette o sollevate dai pubblici uffici come se questa lista fosse già pronta negli uffici del dittatore Erdogan.

Un migliaio di avvocati sono finiti in carcere per ordine del Consiglio supremo dei giudici e tremila magistrati sono stati costretti alle dimissioni chiudendo così tutte le strade giudiziarie in Turchia e nel Consiglio d’Europa per la difesa dei diritti fondamentali.

Fra gli avvocati c’era Ebru Timtik, arrestata nel 2017 e condannata nel 2019 a tredici anni di carcere insieme al collega Aytac Unsal, sottoposta a torture fisiche e psicologiche e costretta a morire dopo 238 giorni di sciopero della fame avendole negato il diritto all’assistenza medica.

Eppure la Turchia fa parte – di diritto del Consiglio d’Europa e cioè del Comitato dei Ministri, dell’Assemblea consultiva e della Corte europea dei diritti dell’Uomo, ha un accordo di associazione con l’Unione europea di cui è ufficialmente paese candidato all’adesione, fa parte della NATO e dell’OCSE oltre che dell’OSCE e dell’UNESCO. È membro del G20 e a questo titolo potrebbe partecipare al Vertice a Riyadh a novembre 2020 ed essere invitata dall’Italia al Vertice di Bari nel novembre 2021.

Approfittando della viltà dei suoi partner, la Turchia usa e abusa del suo ruolo di attore regionale in Siria, in Libia, nei rapporti con l’Africa e con il mondo arabo ed ora ai confini o meglio nelle acque territoriali della Grecia per impadronirsi di giacimenti che non le spettano.

Dal 18 novembre 2020 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sarà presieduto dal ministro degli esteri tedesco Maas che, come sappiamo, assicura la presidenza dal Consiglio dell’Unione europea fino al 31 dicembre 2020.

Secondo un’espressione che circola negli ambienti diplomatici europei, le organizzazioni europee intendono usare con la Turchia il bastone e la carota mantenendo aperto il dialogo – che non è mai stato chiuso – come è avvenuto il 9 marzo 2020 nell’incontro a Bruxelles fra Charles Michel, Ursula von der Leyen e Recep Tayyip Erdogan che, secondo Michel, è stato “un passo nella giusta direzione” confermando gli  aiuti finanziari nel settore delle migrazioni.

La morte di Ebru Timtik è stata un omicidio di Stato condiviso o meglio sollecitato da tutte le autorità governative a cominciare dallo stesso Erdogan.

Evidentemente non bastano le sanzioni individuali, minacciate e per ora congelate, di cui hanno discusso i ministri degli esteri UE rinviando ogni decisione al Consiglio europeo straordinario del 24 settembre.

Come è avvenuto in altri momenti della storia europea di fronte all’annullamento dello stato di diritto in un paese del continente, la strada giusta è quella del congelamento delle relazioni con quello Stato sospendendo la sua partecipazione dal Comitato dei Ministri e dall’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e interrompendo l’accordo di associazione con l’Unione europea fino a data da destinarsi.

Nel caso del Consiglio d’Europa la decisione spetta separatamente su proposta della presidenza del Comitato dei Ministri che dovrebbe essere rinviata al 18 novembre 2020 quando essa sarà assunta dalla Germania per evitare un “conflitto di interessi” con l’attuale presidenza greca mentre nel caso dell’Unione europea la proposta dovrebbe venire dalla Commissione al Consiglio con il sostegno del Parlamento europeo.

Un messaggio inequivocabile in questa direzione dovrebbe essere inviato dal Parlamento al governo italiano alla vigilia del Consiglio europeo del 24 e 26 settembre.

 

coccodrillo

 

 

 

 

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Hanno assassinato Ebru Timtik, nel silenzio assordante dell’Europa dei diritti

Dopo il cosiddetto golpe del 15 luglio 2016, sessantamila persone sono state arrestate, interdette o sollevate dai pubblici uffici come se questa lista fosse già pronta negli uffici del dittatore Erdogan.

Un migliaio di avvocati sono finiti in carcere per ordine del Consiglio supremo dei giudici e tremila magistrati sono stati costretti alle dimissioni chiudendo così tutte le strade giudiziarie in Turchia e nel Consiglio d’Europa per la difesa dei diritti fondamentali.

Fra gli avvocati c’era Ebru Timtik, arrestata nel 2017 e condannata nel 2019 a tredici anni di carcere insieme al collega Aytac Unsal, sottoposta a torture fisiche e psicologiche e costretta a morire dopo 238 giorni di sciopero della fame avendole negato il diritto all’assistenza medica.

Eppure la Turchia fa parte – di diritto del Consiglio d’Europa e cioè del Comitato dei Ministri, dell’Assemblea consultiva e della Corte europea dei diritti dell’Uomo, ha un accordo di associazione con l’Unione europea di cui è ufficialmente paese candidato all’adesione, fa parte della NATO e dell’OCSE oltre che dell’OSCE e dell’UNESCO. È membro del G20 e a questo titolo potrebbe partecipare al Vertice a Riyadh a novembre 2020 ed essere invitata dall’Italia al Vertice di Bari nel novembre 2021.

Approfittando della viltà dei suoi partner, la Turchia usa e abusa del suo ruolo di attore regionale in Siria, in Libia, nei rapporti con l’Africa e con il mondo arabo ed ora ai confini o meglio nelle acque territoriali della Grecia per impadronirsi di giacimenti che non le spettano.

Dal 18 novembre 2020 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sarà presieduto dal ministro degli esteri tedesco Maas che, come sappiamo, assicura la presidenza dal Consiglio dell’Unione europea fino al 31 dicembre 2020.

Secondo un’espressione che circola negli ambienti diplomatici europei, le organizzazioni europee intendono usare con la Turchia il bastone e la carota mantenendo aperto il dialogo – che non è mai stato chiuso – come è avvenuto il 9 marzo 2020 nell’incontro a Bruxelles fra Charles Michel, Ursula von der Leyen e Recep Tayyip Erdogan che, secondo Michel, è stato “un passo nella giusta direzione” confermando gli  aiuti finanziari nel settore delle migrazioni.

La morte di Ebru Timtik è stata un omicidio di Stato condiviso o meglio sollecitato da tutte le autorità governative a cominciare dallo stesso Erdogan.

Evidentemente non bastano le sanzioni individuali, minacciate e per ora congelate, di cui hanno discusso i ministri degli esteri UE rinviando ogni decisione al Consiglio europeo straordinario del 24 settembre.

Come è avvenuto in altri momenti della storia europea di fronte all’annullamento dello stato di diritto in un paese del continente, la strada giusta è quella del congelamento delle relazioni con quello Stato sospendendo la sua partecipazione dal Comitato dei Ministri e dall’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa e interrompendo l’accordo di associazione con l’Unione europea fino a data da destinarsi.

Nel caso del Consiglio d’Europa la decisione spetta separatamente su proposta della presidenza del Comitato dei Ministri che dovrebbe essere rinviata al 18 novembre 2020 quando essa sarà assunta dalla Germania per evitare un “conflitto di interessi” con l’attuale presidenza greca mentre nel caso dell’Unione europea la proposta dovrebbe venire dalla Commissione al Consiglio con il sostegno del Parlamento europeo.

Un messaggio inequivocabile in questa direzione dovrebbe essere inviato dal Parlamento al governo italiano alla vigilia del Consiglio europeo del 24 e 26 settembre.

 

coccodrillo

 

 


 

Le attività del Movimento europeo

L’Ufficio di Informazione del Parlamento europeo in Italia organizza un Webinar l’8 settembre dalle 10:00 alle 12:00, in vista del discorso sullo State of the Union che sarà pronunciato dalla Presidente Ursula von der Leyen il 16 settembre a Strasburgo.

Il Direttore dell’Ufficio di Informazione del Parlamento europeo, Carlo Corazza, ci ha chiesto di contribuire all’organizzazione di questo Webinar chiedendo ai nostri membri di indicarci la loro disponibilità a partecipare.

Vi chiediamo dunque di indicarci (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) questa disponibilità entro il 4 settembre in modo da comunicarlo in tempo utile all’Ufficio del Parlamento europeo.

 


 

 


 

 Carta dei diritti fondamentali

“Ogni cittadino ha diritto all’istruzione e all’accesso alla formazione professionale e continua”; così recita il primo comma dell’articolo 14 della Carta, dedicato al diritto all’istruzione nell’Unione europea. Ripartire dall'istruzione e dalla cultura è una spledida dichiarazione d’intenti, un motto che, teoricamente, trova tutti d’accordo. Ma il discorso è complesso e le asperità della programmazione nel settore lasciano intendere di trovarsi di fronte a un percorso ad ostacoli. Lo si nota anche per ciò che riguarda la storia dell’Europa recente, dove esiste un gap notevole in termini di conoscenza di quanto avvenne durante il secondo conflitto mondiale e delle ragioni storiche che hanno portato ai Trattati di Roma, all’idea di un’Europa che ripudia la guerra e si impegna per cooperare per un mondo nuovo, in cui la risoluzione delle controversie avvenga attraverso la strada della diplomazia. Senz’altro la conoscenza e l’istruzione concorrono a definire uno spazio di interrelazioni in cui la diversità può essere vista come una fonte di ricchezza e una opportunità per il dialogo. È in tal senso,  per esempio, che va avanti l’impegno del Movimento europeo, che ha scelto di far conoscere il cammino dei padri e delle madri fondatori dell’Unione europea soprattutto nelle scuole; molto è stato progettato, ma il percorso è ancora lungo se si pensa alla sconfortante mancanza di conoscenza registrata tra gli studenti delle scuole medie e superiori e degli studenti universitari sulla storia italiana, anche nei luoghi che hanno vissuto dal vivo i conflitti, per esempio nell’area del basso Lazio; tutto ciò nonostante il fatto che Ventotene rappresenti la culla del pensiero europeista contemporaneo.

Ciò testimonia come, se è vero che il diritto all’istruzione, come afferma il secondo comma, “Comporta la facoltà di accedere gratuitamente all’istruzione obbligatoria”, d’altro canto nelle nuove generazioni si avverte un preoccupante senso di distacco dalla storia e – se è vero che la storia è maestra di vita – c’è da chiedersi quali siano i modelli seguiti da molti studenti, quali idee di futuro l’istruzione obbligatoria, di cui possono usufruire gratuitamente, trasmetta loro. È un discorso da tener presente non solo nel nostro Paese, perché anche in altri Stati europei la formazione scolastica non basta più e c’è necessità di riprogettarla, affinché quanto affermato dalla Carta sia adeguato alle sfide del presente.

Ma è il comma 3 dell’articolo 14 a suscitare i maggiori interrogativi; afferma infatti che “La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Si apre con tale comma il tema della ripartizione delle competenze nel settore della formazione. Per quanto l’educazione e la formazione si svolgano nel rispetto delle leggi nazionali, vale la pena di evidenziare che in ambito europeo esistono numerosi programmi che coinvolgono al più alto livello gli studenti, i ricercatori e i docenti e che tale patrimonio non andrebbe disperso dai paventati tagli alla cultura che il prossimo Quadro finanziario pluriennale sembrerebbe aver prospettato. È piuttosto da sottolineare che l’Europa interviene spesso nel settore; solo per citare un esempio, si pone qui l’attenzione sulla raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018, relativa alle competenze per l’apprendimento permanente. All’interno di essa, si fa riferimento al rapporto tra il pilastro sociale europeo e il sistema della formazione e si menziona esplicitamente il fatto che essa debba aver luogo all’interno di uno “spazio europeo dell’istruzione”. Nel primo considerando della suddetta raccomandazione, si afferma infatti che “Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente di qualità e inclusivi, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentono di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro”. Ciò significa che all’interno dell’Unione europea, ben oltre le leggi nazionali menzionate dalla Carta, la prospettiva entro cui la formazione dovrebbe svolgersi ha un orizzonte europeo e mette in primo piano il valore sociale della stessa: le competenze di ciascuno possono così essere adeguate alla portata delle trasformazioni sociali e tecnologiche del mondo del lavoro. Considerato poi il fatto che i cittadini europei hanno il diritto a scegliere in quale Stato membro insediarsi, formarsi, studiare e lavorare, ben oltre la dimensione nazionale, quello del diritto all’istruzione è un ambito in cui si può intravedere, come afferma la raccomandazione sopracitata, “la prospettiva di uno spazio europeo dell’istruzione che possa «sfruttare a pieno le potenzialità rappresentate da istruzione e cultura quali forze propulsive per l’occupazione, la giustizia sociale e la cittadinanza attiva e mezzi per sperimentare l’identità europea in tutta la sua diversità»”.

 


 

Consigli di lettura

Questa settimana, ricordiamo i 250 anni della nascita di un filosofo che, con la sua dottrina e la sua costruzione epistemologica, ha fornito un contributo assai rilevante all’impostazione del pensiero moderno. Si tratta di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, nato a Stoccarda il 27 agosto 1770, che si ricorda in particolare per la Fenomenologia dello spirito, opera in cui si afferma la dialettica quale momento essenziale della coscienza e del pensiero. La ricorrenza è però anche l’occasione per ricollegarci ad Altiero Spinelli, di cui ricorre l’anniversario della nascita, avvenuta il 31 agosto 1907, e al fatto che Hegel sia stato un filosofo considerato tra i suoi punti di riferimento nel corso della sua formazione, dapprima avviata al marxismo e poi evolutasi in fasi successive. La filosofia hegeliana rappresenta infatti la tappa successiva al marxismo. Spinelli ne parla in “Come ho tentato di diventare saggio”, affermando che “Mi piacque molto la grandiosa filosofia della storia nella quale lo spirito del mondo si incarna in una successione avventurosa ma anche dialetticamente rigorosa di epoche e filosofie […] Tutto ciò mi incantava come un poema, e ne ho spesso riletto qualche pagina bellissima, ma mi lasciava incredulo”. Anche l’interesse per Hegel è tuttavia un passaggio nella formazione di Spinelli che poi continuerà con l’adesione alla filosofia crociana, in cui la storia è intesa come “storia della libertà, cioè della creazione umana continua, nella quale non c’è un punto d’arrivo finale, ma ogni approdo è il principio di una nuova navigazione”. Si tratta di spunti interessanti per ripercorrere i passaggi che hanno caratterizzato la formazione di Spinelli e che possono essere ripercorsi per comprendere quale sia stato l’humus intellettuale entro cui è stata concepita l’idea dell’integrazione europea odierna, avviata per altro il 28 agosto 1943 con la fondazione, a Milano, del Movimento federalista europeo. Le pagine da cui sono tratte queste citazioni sono disponibili cliccando qui.

 


 

 Agenda della settimana

 

Monday 31 August

Tuesday 1 September

Wednesday 2 September

Thursday 3 September

 

 

 

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I diari di Altiero Spinelli rappresentano un caposaldo per comprendere la storia, le evoluzioni e le contraddizioni in seno alle istituzioni europee. Ne suggeriamo la lettura perché il padre fondatore dell’Europa unita oggi avrebbe sicuramente modo di commentare la situazione che si è attraversata. Come interpreterebbe affermazioni quali quelle secondo cui gli Stati sono “i padroni dei Trattati”? Ripercorrere la visione dell’autore sui fatti europei dell’epoca ci permette di intuire come avrebbe letto l’attualità. Questi volumi ripercorrono tutta la vita di Spinelli dal dopoguerra fino alla sua scomparsa; constano infatti di tre edizioni: 1948-1969, 1970-1976, 1976-1986. Sono testi ancora attuali, in cui l’autore esprime il proprio dissenso verso un approccio che non consenta l’avanzamento verso la costituzione di un’Europa federale. Per esempio, commentava così l’esito del vertice di Parigi del 9 e 10 dicembre 1974 che, se anche portò alla decisione dell’elezione del Parlamento europeo a suffragio universale diretto a partire dal 1978 e a dar vita al Consiglio europeo, fu caratterizzato dal metodo intergovernativo: “Sono depresso e umiliato da questa imbecillità politica della Commissione. Veramente sono tutte qui anime di burocrati. Sanno parlare bene di singoli dossier preparati dai e coi servizi, ma sono incapaci di avere una visione politica qualsiasi” (Diario, pag.294). È grazie ad una critica costante dei limiti dell’azione istituzionale di allora e di oggi che il processo europeo può andare avanti, nelle direzione di una federazione verso cui sembra di muoversi a piccoli passi: non è il sogno di un salto federale rivoluzionario, immaginato da Spinelli, ma si è tradotto in un processo di lungo corso che, dopo aver camminato sulle sue gambe, ha ancora uno slancio molto forte e continua a tenere unita l’Europa, a quasi ottant’anni dall’ideazione del Manifesto di Ventotene.    

 

 

 

 

 

 

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Questa settimana portiamo alla vostra attenzione una controversia tra Commissione europea e Repubblica Ceca (sostenuta dal Regno dei Paesi bassi), recentemente conclusasi – il 9 luglio scorso – attinente alla gestione delle risorse proprie dell’Ue.

I fatti ebbero origine il 20 maggio 2008, quando l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha adottato una relazione finale attinente a un’indagine riguardante verifiche relative all’importazione di accendini tascabili a pietra focaia provenienti dal Laos, nel corso del periodo compreso tra il 2004 e il 2007. In detta relazione si affermava che «gli elementi di prova dell’origine cinese accertati nel corso della missione ispettiva basta[va]no a far sì che gli Stati membri avvi[assero] un procedimento amministrativo di accertamento fiscale».

Secondo la relazione, era necessario «che gli Stati membri attu[assero] verifiche a posteriori e, se del caso, indagini sugli importatori interessati e che essi avvi[assero], con urgenza, un procedimento di recupero, ove ciò non fosse già avvenuto».

Le conclusioni della stessa relazione riguardavano 28 casi di importazioni di merci nella Repubblica ceca. Gli uffici doganali cechi competenti hanno adottato misure per procedere alla rettifica e al recupero fiscale in questi casi. 

Non è stato tuttavia possibile, per nessuno dei casi summenzionati, effettuare la rettifica entro un termine di tre mesi dalla data di notifica della versione ceca della relazione dell’OLAF. Tra il novembre 2013 e il novembre 2014, la Repubblica Ceca, conformemente alla normativa applicabile, ha iscritto nel sistema di informazione WOMIS (Write‑Off Management and Information System) i casi di impossibilità di recupero dell’importo delle risorse proprie dell’Unione. 

Nel luglio e nel dicembre 2014 la Repubblica Ceca ha fornito alla Commissione europea, su richiesta di quest’ultima, ulteriori informazioni. [...] Il Direttore della direzione «Risorse proprie e programmazione finanziaria» della direzione generale del bilancio della Commissione europea ha informato [con una lettera, ndr] le autorità ceche che le condizioni per la dispensa dall’obbligo di mettere a disposizione dell’Unione le risorse proprie, previste all’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento n. 1150/2000, non ricorrevano in nessuno dei casi suddetti. Egli ha invitato le autorità ceche ad adottare le misure necessarie affinché fosse accreditato sul conto della Commissione europea l’importo di 53 976 340 corone ceche (CZK) (circa EUR 2 112 708) (in prosieguo: l’«importo in questione»), entro il primo giorno feriale successivo al diciannovesimo giorno del secondo mese successivo al mese in cui detta lettera è stata inviata. Egli ha aggiunto che ogni ritardo avrebbe dato luogo al pagamento di interessi in applicazione dell’articolo 11 del regolamento n. 1150/2000”.

A seguito di tale provvedimento, il 30 marzo 2015 la Repubblica Ceca “ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione asseritamente contenuta nella lettera controversa. Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale [dell’Ue, n.d.r.] l’11 giugno 2015, la Commissione europea ha sollevato un’eccezione di irricevibilità del ricorso, per il motivo che la lettera controversa non configurava una decisione impugnabile con ricorso di annullamento. La Repubblica ceca ha presentato le sue osservazioni su tale eccezione.

Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 luglio 2015, la Repubblica Slovacca ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica Ceca. […]

Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale ha accolto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione europea e, pertanto, ha respinto il ricorso della Repubblica Ceca in quanto irricevibile, dal momento che era diretto contro un atto non impugnabile con ricorso di annullamento, senza statuire sulla domanda di intervento della Repubblica Slovacca".

Da qui il ricorso alla CGUE, da parte della Repubblica Ceca, del 13 settembre 2018, volta a:

“–      annullare l’ordinanza impugnata;

–       respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione;

–       rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sulla fondatezza del ricorso, e

–       condannare la Commissione alle spese”.

L’esito della controversia è stato sfavorevole alla Repubblica Ceca, che il 9 luglio scorso si è vista respingere il ricorso e condannare al pagamento delle spese proprie e di quelle sostenute dalla Commissione europea. Tra le motivazioni della Corte, si riporta il fatto che “la Repubblica ceca ha erroneamente assimilato gli interessi di mora di cui uno Stato membro può essere debitore nell’ambito del sistema di risorse proprie dell’Unione a spese legali che, a suo avviso, possono ostacolare l’accesso alla giustizia”.

Suggeriamo comunque di leggere il testo intero della sentenza, cliccando qui.

 

 

 

 

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