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Partecipazione del Presidente Dastoli a due iniziative, il 28 luglio p.v.:

Per la giornata di martedì 28 luglio, segnaliamo altresì la Conferenza online dal titolo: “Il punto su Europa e Italia”, promossa dal Laboratorio Europa dell’Eurispes. L’incontro, in programma dalle ore 16:00 alle ore 17:30, sarà visibile sulla pagina Facebook dell’Eurispes o sulla piattaforma Zoom (registrazione obbligatoria):
https://zoom.us/webinar/register/WN_yKMdlbG7S9uRHIPN3wp8LQ

 

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Gli affari europei divenuti comuni e che non possono più essere amministrati che in comune, mediante leggi comuni, e atti governativi comuni, continueranno in realtà, in barba a tutti i trattati “europei” a restare abusivamente nelle mani degli impotenti stati nazionali… Bene perciò hanno fatto i federalisti a non preoccuparsi in alcun modo della sorte dei due trattati detti europei. L’obiettivo nostro continua ad essere la costruzione di una forza politica europea che imponga ai nostri governi la convocazione della Costituente europea. Il resto sono chiacchiere”.

Così scriveva Altiero Spinelli in un articolo pubblicato su «Europa Federata» del 12 luglio 1957, in merito alla firma dei Trattati di Roma del 25 marzo di quello stesso anno.

Pur in un contesto attuale che vede variabili in gioco completamente diverse, lo spirito di queste affermazioni può essere ripreso, oggi, per comprendere i limiti di quanto stabilito dal lungo e faticoso vertice del Consiglio europeo conclusosi il 21 luglio scorso.

Si parte dalle forzature del presidente Charles Michel, considerando poi i tagli al bilancio del quadro pluriennale 2021 – 2027 su cui il Parlamento europeo si è già espresso il 23 luglio, sostenendo che l’accordo “deve essere migliorato per essere approvato”.

Vi invitiamo, per comprendere meglio alcuni nodi critici, a rivedere il dibattito ospitato da “Radio Radicale”, il 20 luglio scorso, con il Presidente Pier Virgilio Dastoli e il prof. Enrico Giovannini, portavoce di Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). Ci si augura che anche il settore dell’informazione svolga adeguatamente il proprio ruolo, perché sull’argomento i dettagli risultano fondamentali.

Per esempio, è bene sapere, rispetto al tema della ratifica delle decisioni da parte dei parlamenti nazionali, di cui si sta parlando molto e a volte senza precisare alcuni particolari, che, come ci ricorda Paolo Ponzano, docente di Storia dell'integrazione europea e di Governance europea, oltre che Segretario Generale del Movimento Europeo, i parlamenti “dovranno ratificare le nuove risorse proprie, ma non il quadro finanziario pluriannuale”.

Nei prossimi mesi, quindi, vedremo gli sviluppi di un iter complesso e ancora in salita. Vi diamo quindi appuntamento a settembre per la ripresa dei lavori, informandovi che è nostra intenzione ristrutturare questa newsletter.

Nell’augurarvi buone vacanze, vi chiediamo perciò un vostro riscontro in merito al servizio offerto e a come migliorarlo, scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

 

 

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Nonostante l’accordo raggiunto all’alba del 21 luglio, la performance istituzionale di Charles Michel è stata largamente al di sotto del ruolo di leadership e delle indispensabili capacità di mediazione fra interessi nazionali contrapposti a cui si unisce il fatto non marginale che il Presidente del Consiglio europeo dovrebbe tener conto anche dell’interesse europeo rappresentando davanti all’opinione pubblica uno dei volti dell’Unione e non solo “ventisette personaggi in cerca d’autore”.

L’inadeguatezza della sua performance è stata nettamente sottolineata dalla grande maggioranza dei gruppi politici nel Parlamento europeo nella sessione plenaria straordinaria del 23 luglio.

Nei corridoi dei palazzi del Parlamento europeo “Altiero Spinelli” e “Paul-Henri Spaak” circolava fra gli anciens della Convenzione sulla costituzione europea il riferimento al principio secondo cui il Consiglio europeo potrebbe decidere a maggioranza di riunire in una sola persona le cariche di presidente del Consiglio europeo e di Presidente della Commissione europea, al fatto che tale “unione personale” darebbe al PE un droit de regard sulle attività del Presidente del Consiglio europeo e alla regola secondo cui questa presidenza è fondata su un mandato di due anni e mezzo rinnovabile … o non rinnovabile.

Fra gli anciens non sono state inoltre apprezzate le interviste di Charles Michel dopo il Consiglio europeo del 17-21 luglio, il suo approccio low profile sugli elementi essenziali della Conferenza per il futuro dell’Europa, la sua ostilità all’idea di aprire la strada alla revisione dei trattati e la sua difesa del diritto di veto e del metodo del voto all’unanimità.

Per ora il Consiglio europeo funziona con una maggioranza di centro-destra (12 capi di governo PPE e 6 ALDE) in controtendenza rispetto al peso delle forze politiche nel Parlamento europeo.

Gli equilibri politici potrebbero tuttavia mutare nel 2023 quando arriveranno a scadenza i primi due anni e mezzo della presidenza Michel durante i semestri di presidenza del Consiglio svedese e spagnolo.

Charles Michel vs Ursula von der Leyen?

 

 

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Andando ultra vires, il Consiglio europeo ha adottato all’alba del 21 luglio il Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, sottraendo questo ruolo ai ministri del bilancio dei 27 e rischiando di vanificare il negoziato fra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo che si dovrebbe concludere – in base all’articolo 312 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – con l’approvazione (o la disapprovazione) del Parlamento europeo e la decisione all’unanimità del Consiglio.

Se il Parlamento europeo disapprovasse non ci sarebbe un Quadro Finanziario Pluriennale e la procedura dovrebbe ripartire da zero con l’avvio dei dodicesimi provvisori per il bilancio annuale del 2021 fino a che il Consiglio e il Parlamento europeo raggiungeranno un accordo con l’intervento ad adiuvandum della Commissione europea.

Il Trattato di Lisbona è silente su chi ha il diritto di iniziativa nella presentazione della proposta di regolamento da cui nasce il Quadro Finanziario Pluriennale ma l’iniziativa viene normalmente dalla Commissione europea che lo fece per il periodo dal 2014 al 2020 (sotto la presidenza di José Manuel Barroso), lo ha ripetuto nel maggio 2018 (sotto la presidenza di Jean-Claude Juncker) e ha rinnovato la proposta modificandola solo parzialmente il 27 maggio 2020 (sotto la presidenza di  Ursula von der Leyen).

Il silenzio del Trattato di Lisbona ha come conseguenza che se la Commissione europea fosse insoddisfatta dell’accordo raggiunto dai governi non potrebbe utilizzare l’arma del ritiro della sua proposta – come avviene nella procedura legislativa – perché il Consiglio potrebbe ignorare l’insoddisfazione della Commissione europea.

In questo caso si tratta di un’ipotesi teorica perché Consiglio e Commissione europea hanno condiviso un approccio “frugale” con una proposta di quadro Finanziario 2021-2027 al di sotto sia di quello 2014-2020 che delle priorità indicate dal Parlamento europeo.

L’Assemblea ha espresso il 23 luglio 2020 una prima opinione fortemente negativa chiedendo in particolare di rafforzare importanti politiche comuni, di cancellare i rimborsi (rebates) a cinque paesi che ritengono di essere contributori netti e di rendere giuridicamente ed esplicitamente vincolante la clausola del rispetto dello stato di diritto.

La posizione del Parlamento europeo è politicamente forte ma è istituzionalmente debole perché l’Assemblea può solo approvare o disapprovare la proposta del Consiglio (europeo) ma non può presentare emendamenti.

Inoltre il Parlamento europeo non ha alcun potere né sulle entrate (risorse proprie) né sul piano di rilancio (European Recovery Fund) né sul Next Generation EU, un potere che spetta invece di diritto e di fatto ai parlamenti nazionali a cui i governi si rivolgeranno per chiederne l’accordo.

In tempi normali, il Parlamento europeo avrebbe potuto aprire un conflitto interistituzionale con il Consiglio disapprovandone la proposta e costringendo l’Unione europea a entrare nella fase dei dodicesimi provvisori.

Poiché non viviamo in tempi normali è difficile immaginare che l’Assemblea si esprima formalmente con un voto di disapprovazione che apparirebbe all’opinione pubblica come un rigetto del piano di rilancio triennale (European Recovery Fund e cioè le nuove entrate e il debito pubblico europeo) e del Next Generation EU (e cioè le spese).

Il Parlamento europeo può invece adottare tre decisioni complementari:

  • chiedere alla Commissione europea (mettendo sul piatto il rapporto di fiducia votato a novembre 2019) di usare il suo potere di indebitarsi sui mercati internazionali dei capitali per aggiungere ai 750 miliardi del piano di rilancio triennale 250 miliardi da versare nel bilancio europeo per incrementare le politiche comuni decurtate dal Consiglio (europeo). Contrariamente alle entrate del piano di rilancio che saranno dedicate solo al Next Generation EU, il debito supplementare potrebbe essere utilizzato per aumentare tutto il bilancio europeo non sottoforma di sovvenzioni a singoli stati ma per garantire beni pubblici per l’insieme delle cittadine e dei cittadini europei con entrate che non graveranno sui contributi nazionali degli Stati membri. Trattandosi di beni pubblici per l’insieme dell’Unione europea i titoli del “tesoro europeo” potrebbero essere irredimibili – come aveva proposto il governo spagnolo – e non rimborsabili fra il 2028 e il 2058.
  • esigere dal Consiglio l’introduzione nel regolamento relativo al Quadro Finanziario Pluriennale della clausola della mid-term review nel primo semestre del 2024 alla vigilia delle elezioni europee che dovrebbe coincidere con l’entrata in vigore delle nuove risorse proprie proposte dalla Commissione europea.
  • promuovere delle “assise interparlamentari”, come quelle che si svolsero a Roma nel novembre 1990 alla vigilia delle Conferenze intergovernative che sfociarono nel Trattato di Maastricht, per far convergere in un unico spazio di democrazia rappresentativa il potere del Parlamento europeo di approvare (o disapprovare) il Quadro Finanziario Pluriennale e i poteri dei parlamenti nazionali di ratificare le nuove risorse proprie e approvare il doppio strumento delle entrate e delle spese come risposta al post-COVID19. Si otterrebbe così la garanzia di un dibattito unico in cui convergerebbero la difesa degli interessi nazionali con l’espressione politica dell’interesse europeo, accelerando le procedure di decisione parlamentari che richiesero due anni e dieci mesi fra dicembre 2013 e ottobre 2016.

 

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