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  • Dialogo italo-tedesco: a causa del prolungamento del Consiglio europeo straordinario del 17 e 18 luglio, si è dovuto far slittare l'incontro online "EBD De-Briefing European Council" promosso dal Movimento europeo tedesco in collaborazione con il Movimento europeo italiano, come annunciato nella Newsletter precedente. Sarà nostra cura fornire, attraverso i nostri canali informativi (sito e pagina Facebook), nuovi aggiornamenti sulla riprogrammazione dell'evento non appena possibile. Restate dunque collegati !
  • Lunedì 20 luglio, riunione costitutiva del Coordinamento Giovanile Nazionale del Movimento Europeo Italia promossa dal Movimento europeo allo scopo di creare un gruppo di lavoro che riunisca ragazze e ragazzi rappresentanti delle principali associazioni giovanili per uno scambio di idee, proposte, interessi e informazioni comuni.
  • Resoconto della riunione della “Piattaforma italiana per la Conferenza sul futuro dell'Europa” (9 luglio 2020, quarantesimo anniversario del Club del Coccodrillo).

 

 

 

 

 

 

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Quanto emerge a caldo, al vertice del Consiglio europeo ancora in corso - un appuntamento che ha suscitato numerose aspettative e che però si è mosso tra veti e disaccordi da ogni parte - è che l’Unione europea ha urgente necessità di riforme: di metodo. Se ci si trova in questa situazione e come sottolineiamo nell’editoriale, è a causa del prevalere del metodo intergovernativo rispetto al metodo comunitario. L’immagine ricorrente del Consiglio europeo è inoltre quella di un vertice senza solidarietà e, forse, senz’anima. Tirare ciascuno la corda per sé non è infatti ciò che di meglio possano esprimere i leader europei, specialmente in un momento tanto delicato. Ma il fatto che ciò si verifichi ci aiuta a comprendere fino in fondo la natura della crisi che l’Unione europea sta attraversando. Basti pensare alla figura più criticata di questo vertice, cioè il premier olandese Mark Rutte. Si tratta di un premier che ha mostrato il lato non solidale, “avaro” dell’Olanda; eppure, è un leader apparentemente europeista. Ha sconfitto nel 2017 l’avversario Geert Wilders, che avrebbe voluto l’Olanda fuori dalla Ue, proprio con le trattative appena avviate per la Brexit. Il rischio di implosione dell’Unione rimane la peggiore prospettiva, ma essa va presa in considerazione e studiata, naturalmente per correre ai ripari. Ce ne parla il Presidente del Movimento europeo Italia - Pier Virgilio Dastoli, che pone l’accento su un aspetto che, paradossalmente, per difendere un principio democratico quale l’unanimità, finisce per determinare una paralisi istituzionale: “Per eliminare il diritto di veto bisogna cambiare i trattati. Per eliminare la regola della unanimità nel Consiglio europeo e nel Consiglio bisogna cambiare i trattati. Bisogna dare più poteri alla Commissione europea che deve evolvere verso il ruolo di governo dell’Unione. Bisogna aumentare il potere di decisione legislativa e finanziaria del Parlamento europeo perché ogni passaggio al voto a maggioranza nel Consiglio è stato accompagnato dalla codecisione dell’assemblea europea. Bisogna far rispettare le regole del Trattato che attribuiscono al Consiglio europeo - e al suo Presidente - solo un ruolo di orientamento e non di decisione legislativa e finanziaria. Bisogna passare ad una sovranità condivisa europea nei settori in cui gli Stati nazionali hanno di fatto perso la loro sovranità in un mondo interdipendente e globalizzato. Per cambiare i trattati bisogna introdurre un metodo democratico che eviti il diritto di veto e elimini il voto all’unanimità.  Bisogna riconoscere che il potere costituente spetta al Parlamento europeo che discute, elabora e decide a nome delle cittadine e dei cittadini che lo hanno eletto e non ai governi nazionali”. E inoltre, come sostenuto dal Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, “Se noi non saremo all'altezza e non risponderemo con coraggio e senso della giustizia a questa moltitudine, che ha il diritto ad un futuro sereno, per sé e per i propri figli, non avremo soltanto un grande problema di costruzione europea, ma di vera e propria tenuta delle istituzioni democratiche”. È ricordando questo monito che si può cogliere la sfida di quest’epoca, non solo di questi giorni.

 

 

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Mentre scriviamo è sorta la terza alba sul Palazzo d’Europa a Bruxelles dove sono riuniti – “in presenza” – i capi di Stato e di governo dei ventisette paesi membri dell’Unione europea sotto la presidenza del belga liberale Charles Michel e con la partecipazione istituzionalmente muta della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. I leader si sono dati un nuovo appuntamento – che qualcuno ha definito “con la Storia” alle 16h00.

Non sappiamo se alla fine si troverà un minimo comun denominatore fra i molti dilemmi di un negoziato esclusivamente intergovernativo incomprensibile per l’opinione pubblica europea: il rapporto fra sovvenzioni (grants) e prestiti (loans), l’ammontare globale del piano di rilancio europeo dopo la pandemia (European Recovery Fund ribattezzato Next Generation EU), le modalità di attribuzione delle sovvenzioni agli Stati membri, le condizionalità per la concessione dei prestiti, l’ammontare delle spese nel bilancio europeo pluriennale, i rimborsi (rebates) agli Stati che si sono autodefiniti contributori netti, la difesa dello stato di diritto.

Charles Michel, che ha mostrato evidenti limiti di leadership, ha affermato con una insostenibile leggerezza che “senza accordo l’Unione sarà debole” ignorando il fatto che se i capi di Stato e di governo usciranno dal Palazzo d’Europa senza accordo non ci sarà più Unione.

Giuseppe Conte, da parte sua, ha dovuto sperimentare due anni di frequentazione dei Consigli europei prima di capire che occorre rimuovere l’ostacolo del diritto di  veto (peraltro brandito come una minaccia più volte dall’Italia del governo Cinque Stelle-Lega) ed eliminare per conseguenza il voto all’unanimità. Nessuno ha probabilmente spiegato a Giuseppe Conte che per rimuovere l’ostacolo del diritto di veto ed eliminare il voto all’unanimità occorre modificare i trattati ma che, per modificarli, occorre scegliere una diversa modalità di revisione perché gli Stati (“i padroni dei trattati”) hanno voluto mantenere il principio perverso della revisione all’unanimità e delle unanimi ratifiche nazionali.

All’olandese Mark Rutte, liberale come Charles Michel, è mancato poi il senso dell’humor se non un sano pragmatismo quando ha affermato che una situazione eccezionale richiede una risposta eccezionale proponendo l’applicazione alla distribuzione delle sovvenzioni del voto all’unanimità nel Consiglio europeo.

Al Presidente francese Emmanuel Macron è mancato infine il senso del ridicolo quando ha annunciato alla stampa  “i motori del mio aereo sono accesi” per significare che, se non si fosse trovato rapidamente un accordo, sarebbe tornato all’Eliseo.

Come scrisse nella sua fiaba “I vestiti nuovi dell’imperatore”  Hans Christian Andersen: il re è nudo e cioè sono ormai messi a nudo davanti all’opinione pubblica europea i difetti essenziali di quello che Jacques Delors chiamava “il metodo dell’ingranaggio”.

Eppure quello stesso ingranaggio, revisionato nel tempo, ha mostrato la banalità di soluzioni istituzionali che hanno consentito – nella normalità dello stare insieme – lo sviluppo di politiche comuni: il potere di iniziativa della Commissione europea a cui si accompagna il ruolo complementare ed essenziale di mediazione come garante dei trattati e il metodo della “conciliazione fra Parlamento europeo a nome dei cittadini che lo hanno eletto e il Consiglio a nome dei governi nazionali con decisioni a maggioranza qualificata.

Un presidente del PE, che non aveva studiato il greco, lo battezzò “il trilogo” pensando che il dia-logo fosse tra due e che dunque il nuovo metodo con tre soggetti istituzionali dovesse essere appunto un tri-logo. Possiamo anche accettare questa innocente violazione della cultura greca a condizione di cambiare il motore del sistema istituzionale dell’Unione per sostituire un ingranaggio che si è inceppato davanti all’emergenza della pandemia.

Il re o meglio i re e le regine (che si sono auto-definiti “i padroni dei trattati”) sono ormai impudicamente nudi. Come abbiamo detto più volte, l’iniziativa spetta ora al Parlamento europeo che troverà – ne siamo certi – un buon alleato istituzionale nella Commissione europea e il sostegno della maggioranza delle cittadine e dei cittadini europei.

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