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Per la crescita del Paese occorrono progetti efficaci,

garanzia per l’erogazione di risorse europee

Nelle scorse settimane abbiamo evocato la necessità di velocità ed efficienza nell’esecuzione dei progetti contenuti nel PNRR: si tratta di qualità e condizioni che non possono essere aggirate per godere delle risorse europee. Ma esse non sono sufficienti a garantirne l’erogazione. 

Occorre infatti che questi progetti siano anche utili per il Paese, per la sua crescita economica e per la sua coesione sociale. Per il Paese-Italia. in quanto inserito nella cooperazione europea. l’Unione europea richiede, infatti, che ciascuno dei progetti contenuti nel PNRR – nonché il PNRR nel suo complesso - sia in grado di produrre ed effetti duraturi per il bene comune.

Questo requisito viene declinato molto chiaramente dalla disciplina che le istituzioni europee vanno adottando per sostenere l’intera operazione finanziaria, da oggi sostenibile grazie alle risorse raccolte sul mercato internazionale. È infatti da segnalare con soddisfazione il successo che il 15 giugno ha avuto la prima operazione di prestito lanciata dalla Commissione europea, sulla base della “strategia di finanziamento per il NGEU” adottata il 14 aprile scorso: essa ha permesso di raccogliere 20 degli 800 miliardi collocando le prime emissioni obbligazionarie europee con scadenza 4 luglio 2031.

L’art. 19 del regolamento (UE) 2021/241 - che detta le “condizionalità” cui è subordinata l’erogazione delle risorse europee a ciascuno dei Paesi membri dell’Unione europea - è molto esplicito nell’individuare i parametri di efficacia che il PNRR globalmente, e ogni singolo progetto in esso contenuto singolarmente, devono raggiungere.

Vi si prevede: che esso rappresenti una risposta globale e adeguatamente equilibrata alla situazione economica e sociale, contribuendo in modo adeguato a tutti e sei i pilastri stabiliti dalle linee strategiche europee; che affronti in modo efficace le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per Paese; che rafforzi efficacemente il potenziale di crescita, contribuendo anche alla riduzione delle disuguaglianze e alla coesione economica, sociale e territoriale senza che nessuna misura arrechi un danno significativo agli obiettivi ambientali. Anzi, si chiede che le misure contemplate contribuiscano efficacemente alla transizione verde, oltre che alla transizione digitale, affrontando ancora una volta efficacemente le sfide che ne conseguono.

L’intero Piano deve dimostrare a priori di poter avere un impatto duraturo sullo Stato membro interessato, contemplando misure per l'attuazione di riforme e di progetti di investimento pubblico che rappresentino azioni coerenti.

Per quanto riguarda ogni singolo progetto si stabilisce poi che lo Stato membro deve contemplare modalità (ivi compresi il calendario, i traguardi, gli obiettivi e i relativi indicatori) tali da garantire un monitoraggio e un'attuazione efficaci dell’intero Piano.

Vi è poi una questione che non riguarda specificamente l’assetto del nostro Paese, ma che certo deve essere attentamente presidiata alla luce del criterio dell’efficacia del Piano. Il regolamento UE 2021/241 richiede che le strategie proposte dallo Stato membro nel proprio PNRR siano tali da prevenire, individuare e contrastare anche sul piano penale la corruzione, la frode e i conflitti di interessi nell'utilizzo dei fondi, comprese le modalità volte a evitare la duplicazione dei finanziamenti da parte del dispositivo “Recovery and Resilience Facility” e di altri programmi finanziari dell'Unione.

Di ciò abbiamo trattato diffusamente in una precedente newsletter dal titolo “Sulle tracce della corruzione nel PNRR italiano (a scapito della trasparenza?”), ma vale la pena di richiamare il punto, poiché la prevenzione della dispersione di risorse dell’Unione europea (anche per effetto di azioni penalmente rilevanti) è considerata da quest’ultima una condizione di efficacia del PNRR nazionale. Nel passaggio che si ricordava il PNRR afferma anche che è «necessario eliminare le duplicazioni e le interferenze tra diverse tipologie» di procedure (nel caso si parla delle ispezioni amministrative), le quali «da antidoti della corruzione sono divenute spesso occasione di corruzione».

In Italia (come altrove) vi è la consapevolezza – maturata dalla prassi rilevata nel corso del primo anno di pandemia, ma ben presente a chi anche in epoca precedente vigilava sul mercato dei contratti pubblici - che non sia possibile abbassare la guardia a fronte del rischio di infiltrazioni criminose (organizzate e non) nell’uso dell’ingente ammontare di risorse finanziarie impegnate a fronteggiare i danni economici e sociali determinati dalla pandemia.

Si ricordano a mero titolo esemplificativo: il Rapporto di Libera, La tempesta perfetta - Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia del30 novembre 2020; il Report adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico già nel mese di marzo 2020 su Crime and Contagion. The impact of a pandemic on organized crime, seguito dal più specifico Report su Covid-19 Vaccine and the threat of illecit trade, del 21 dicembre 2020; la Relazione adottata il 24 febbraio 2021 dal Ministero degli Interni italiano sull’attività svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nel primo semestre del 2020.

Nicoletta Parisi e Dino Rinoldi

 

 

 

 

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Esiti del Consiglio Ecofin del 18 giugno

Il Consiglio Ecofin del 18 giugno – preceduto dalla riunione dell’Eurogruppo, ha affrontato alcuni temi importanti per il rilancio economico dell’Unione europea.

Alcuni tra questi sono comuni a tutti gli Stati membri, mentre altri riguardano in particolare gli Stati della zona euro, che partecipano al Semestre europeo. A questi ultimi, la Commissione ha sollecitato un’attenzione maggiore alle politiche di bilancio future. I debiti contratti per contrastare la pandemia debbono essere al più presto bilanciati da una maggior produttività e redditività, resa possibile grazie all’attivazione di politiche fiscali sostenibili e investimenti produttivi, entrambi in grado di favorire anche una transizione verde e digitale dell’Europa, così come indicato dalla Commissione europea.

I fondi messi a diposizione con il Next generation EU, in particolare il Recovery plan, uniti a quelli previsti per le politiche di coesione e agli altri strumenti finanziari diretti ed indiretti, potranno se ben utilizzati, garantire una ‘rinascita europea’, caratterizzata da una crescente equità sociale ed un più marcato ruolo a livello internazionale dell’Unione.

Su questi obiettivi ambiziosi, sicuramente condivisibili ed auspicabili, gravano però diverse incognite. Da parte degli Stati membri occorre una pronta e corretta attuazione di piani, programmi e progetti il cui scopo principale deve essere oltre quello di favorire una rapida transizione verde e digitale e anche una convergenza delle politiche economiche nazionali per il rilancio del mercato interno. Da parte delle Istituzioni europee, invece, gli aspetti critici potrebbero riguardare il mancato e pronto completamento dell’Unione economica e monetaria (UEM). L’aspetto finanziario, infatti è sicuramente fondamentale per la ripresa dell’economia reale.

Nel 2008, in risposta alla crisi finanziaria e dei debiti sovrani, venne infatti lanciata quale punto strategico dell’UEM, l’unione bancaria, con l’obiettivo di stabilizzare il settore bancario e quindi finanziario della zona euro, riconoscendo l’importante ruolo che ricoprono le banche nel fronteggiare crisi e rilanciare l’economia.

Come noto, l’Unione bancaria si poggia su tre pilastri. Brevemente essi sono: il ‘Single Supervision Mechanism’ (Meccanismo di supervisione unico - SSM) che potrebbe essere definito una sorta di meccanismo sovrannazionale di vigilanza; il Single Resolution Mechanism (Meccanismo di risoluzione unica - SRM) per la pronta risoluzione di problematiche riguardanti il settore bancario, costituito da un Single resolution board (SRB) e un Single resolution fund (SRF); terzo ed ultimo pilastro- ma certamente non meno importante nell’architettura del sistema - l’Assicurazione sui depositi a garanzia delle stesse banche e dei titolari degli stessi.

Lo scorso gennaio, con l’approvazione da parte dell’ECOFIN della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, si è compiuto un primo passo avanti nel completamento dell’Unione bancaria, anticipando di due anni al 2022 l’attivazione del Backstop al single resolution fund per evitare crisi sistemiche.

Si attendeva che in occasione di questo Consiglio, la Commissione presentasse una proposta condivisa con il Parlamento europeo riguardante l’assicurazione sui depositi, compiendo così un ulteriore passo avanti per il completamento del terzo pilastro dell’Unione bancaria. Questo punto è molto importante. Infatti, riguarda il coinvolgimento privato nel rilancio dell’economia europea come auspicato da molti. Gli investitori privati hanno bisogno di certezze e garanzie per poter affidare i propri risparmi ad operatori finanziari per sostenere progetti pluriennali, strategici e produttivi. Grazie proprio a questo, tra l’altro, si potrebbero programmare ulteriori investimenti in grado di accelerare la ripresa economica e quindi anche il rimborso dei debiti contratti nel corso della pandemia.

Su questo punto però, non sono state illustrate proposte ma è stato fornito solo un aggiornamento sullo stato dei lavori anche per la dichiarata opposizione della Germania in attesa delle elezioni federali del prossimo 26 settembre.

Altre informative hanno infine riguardato la preparazione di atti normativi che disciplinino i servizi finanziari e la preparazione del prossimo incontro tra i Ministri finanziari e i governatori delle banche centrali, previsto per il 7-10 luglio.

Il semestre europeo 2021 con attenzione  da parte della Commissione europea in particolare alla pronta sostenibilità delle politiche di bilancio degli Stati membri, anche in vista del rimborso dei debiti contratti durante l’emergenza, rimanda al tema assolutamente necessario della riforma del bilancio dell’Unione europea con la previsione di una diversa governance ed il ricorso ad una maggiore disponibilità di risorse proprie derivanti da settori quali la web tax e la border carbon tax, necessarie per finanziare quei progetti transnazionali, quali ad esempio  la difesa. la sicurezza, la politica estera, la politica migratoria, le grandi infrastrutture materiali ed immateriali, progetti assolutamente necessari sui quali l’Unione europea deve poter contare per poter crescere. Ci auguriamo dunque che la Conferenza sul futuro dell’Europa potrà proporre proposte concrete.

Anna Maria Villa

 

 

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Quale futuro per l’Europa:

alcune riflessioni alla partenza della maratona europea

Il 17 giugno si è svolta l’audizione a Lisbona di ventisette cittadini e cittadine - scelti dai governi con oscuri criteri - con i tre copresidenti dell’Executive Board e la prima vera sessione plenaria della Conferenza - ancora chiusa alla partecipazione degli ottanta vincitori del sorteggio europeo organizzato dalla Commissione europea attraverso una società privata - si è riunita a Strasburgo il 19 giugno.

Durante la sessione è stata sollevata la questione dell’assenza dei cittadini così come dell’esclusione dei paesi candidati all’adesione e della necessità di passare dal metodo di una lunga serie di brevi dichiarazioni (un minuto ciascuna) ad un vero dibattito e ad un autentico dialogo fra i cittadini e le istituzioni. Nessuno invece ha sollevato la questione dell’esclusione dalla piattaforma digitale del 5% della popolazione europea composta da chi risiede legalmente nell’Unione europea e proviene da paesi terzi.

Alcuni di noi si sono attivati fin dall’inizio quando è partito il lungo e complicato negoziato fra le istituzioni europee, altri lo hanno fatto durante i lunghi mesi della pandemia e molti attendono ancora di inserirsi fra chi correrà a vario titolo questa speciale maratona europea.

Nonostante la relativa moltiplicazione degli eventi dedicati alla Conferenza, il dibattito è rimasto per ora chiuso agli “addetti ai lavori” e il cantiere dell’Unione europea sembra destinato soprattutto a loro considerando fra gli addetti ai lavori i rappresentanti delle reti della società civile che fanno parte degli ambienti di Bruxelles che ruotano da anni intorno alle istituzioni europee.

Se si esaminano le modalità della partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla Conferenza e alle sue strutture parallele e cioè la Piattaforma Digitale e i Panels transnazionali, ci rendiamo conto delle differenze sostanziali fra il metodo per ora applicato alla maratona europea e i metodi usati nei Paesi Bassi, in Belgio, in Irlanda, in Islanda e in Francia per coinvolgere le opinioni pubbliche nazionali che, in parte, si sono trasformati in momenti deliberativi.

Vi invitiamo a valutare in primo luogo l’impatto dell’apertura del dibattito sul futuro dell’Europa sulle opinioni pubbliche nazionali – senza parlare dell’opinione pubblica europea auspicabilmente in statu nascendi – attraverso i dati della Piattaforma digitale lanciata solennemente dai tre copresidenti dell’executive board il 19 aprile 2021.

In più di due mesi di attività la Piattaforma – che è considerata “il cuore della Conferenza” con l’obiettivo di offrire “l’opportunità di esprimersi, raccontare l’Europa in cui si vorrebbe vivere e contribuire a plasmare il nostro futuro” - è stata raggiunta da meno di 18000 cittadine e cittadini (con un numero irrisorio di associazioni fra cui la prima è stata il Movimento europeo in Italia) e cioè meno di trecento cittadini al giorno con un trend di crescita che tende a diminuire se non ad arrestarsi.

Se questo ritmo fosse mantenuto e se non saranno assunte iniziative forti di cui vorremmo discutere con voi oggi, arriveremo alla fine della Conferenza con meno di centomila partecipanti, una cifra da paragonare – si parva licet – ai duecentomila cittadini che reagirono al Libro Bianco della Commissione Juncker sul futuro dell’Europa diffuso in un’altra epoca della storia dell’integrazione europea e, soprattutto, al milione di firme che sono richieste dal Trattato di Lisbona affinché venga presa in considerazione una iniziativa di cittadini europei.

Aggiungiamo alla lista dei partecipanti le 4800 idee, i 9200 commenti, i 1150 eventi e le 27000 approvazioni e avremo un quadro chiaro della necessità ed urgenza di riflettere ora in Italia e poi nelle reti a cui ciascuno di noi appartiene sulle politiche di comunicazione, di informazione e di sensibilizzazione della sfera pubblica e della sfera privata per creare quello spazio aperto immaginato da Habermas dove possa essere finalmente avviato un ampio dibattito sul futuro dell’Europa.

Per chi si occupa di comunicazione è evidente che il comunicare è strettamente legato sia all’oggetto della comunicazione (che riguarda sia le policies che le politics) che all’obiettivo che si vuole raggiungere in termini di sensibilizzazione e di partecipazione con l’atto del comunicare.

Voi sapete bene che il Movimento europeo considera da tempo che – dopo molti anni dalla firma del Trattato di Lisbona considerato a quel tempo da Angela Merkel come la costituzione europea per i successivi cinquanta anni – sia necessario riaprire il cantiere dell’Unione europea sia in termini di policies che di politics nella prospettiva di un aggiornamento dei trattati, un esercizio a cui si sono dedicate le istituzioni europee e nazionali (e cioè gli addetti ai lavori) con una cadenza di più o meno sei anni dall’Atto Unico fino al Trattato di Lisbona.

In termini di policies e prendendo come base di partenza i nove argomenti della Piattaforma digitale che la Commissione ha scelto in modo difforme dalla “dichiarazione comune” prendendo a prestito le politiche comuni così come sono presentate sui siti delle sue direzioni generali e dunque a trattati costanti,  è evidente che occorre aggiornare le politiche della salute, dell’economia e della giustizia sociale, del ruolo dell’UE nel mondo, dello stato di diritto, della trasformazione digitale e della migrazione per renderle coerenti con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e della transizione ecologica, della democrazia europea (o meglio  delle dimensioni complementari delle democrazie: rappresentativa, partecipativa, paritaria e di prossimità) e dell’identità culturale o meglio del sentimento di  appartenenza ad una comune identità di cui fanno parte le politiche per i giovani e per l’educazione.

L’aggiornamento delle policies riguarda nello stesso tempo il contenuto delle politiche che sono state attuate finora o che fanno parte delle priorità della Commissione Von der Leyen (archiviando l’inutile “agenda strategica” adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2019) sia il tema della distribuzione delle competenze esclusive, condivise o di sostegno fra l’Unione europea e gli Stati membri che è una questione di politics.

Le cittadine e i cittadini dovrebbero chiedersi e dirci quale dovrebbe essere per loro in una futura Unione europea il contenuto delle policies e quali politics saranno necessarie per attuarle.

Sappiamo anche che alcune policies sono state escluse o non sono state esplicitamente previste sulla Piattaforma digitale e che riguardano questioni essenziali per l’aggiornamento delle policies come il completamento dell’Unione economica e monetaria con la modifica degli strumenti di governance adottati dal 2012 in poi e la capacità fiscale dell’Unione europea insieme al tema del debito pubblico europeo e delle risorse per sostenerlo così come non compaiono fra gli argomenti alcune politics come le prospettive dell’ampiamento dell’Unione europea ai Balcani che comprende il tema dei suoi confini politici che fu affrontato senza seguito  dalla Commissione Prodi nella sua proposta di una “politica di prossimità”, la sua autonomia strategica nel settore della difesa e il tema dell’integrazione differenziata.

Su tutte queste questioni aleggia il fantasma della revisione dei trattati che il Parlamento europeo non ha potuto inserire nella “Dichiarazione Comune” anche se la sua tesi è che il fatto che non compaia non esclude che essa possa essere sollevata durante i lavori della Conferenza lasciando impregiudicati i contenuti del progetto di revisione, il metodo e l’agenda per portarla a termine.

Pudicamente, il fantasma è evocato qua e là da chi mette sul tavolo la questione del superamento del voto all’unanimità nel Consiglio europeo (che si è auto-attribuito in questi anni poteri di decisione non previsti dal Trattato ampliando in tal modo le aree sottoposte al voto all’unanimità) e nel Consiglio dell’Unione.

Chi mette sul tavolo questa questione sa bene che l’esperienza ha mostrato che essa non può essere affrontata e risolta né applicando le “clausole della passerella” – che richiedono una decisione unanime del Consiglio europeo – né attraverso il metodo delle cooperazioni rafforzate quasi praticamente inapplicate da quando sono state introdotte per la prima volta nel Trattato di Amsterdam.

L’unica strada praticabile è quella della revisione dei trattati sapendo che non ci si può limitare a eliminare qua e là il voto all’unanimità ma che occorre creare un sistema di pesi e contrappesi (check and balance) che implica una revisione di tutto il sistema di politics coinvolgendo i poteri della Commissione europea, del Parlamento europeo, dei parlamenti nazionali e riflettendo anche sul ruolo della BCE e della Corte di Giustizia insieme ai rapporti fra l’area dell’Euro e quella del mercato unico.

Sappiamo infine che il tema delle politics (inadeguate e inefficienti) deve essere presentato alle opinioni pubbliche come una delle cause dei costi della non-Europa, che ci sono articoli dei trattati che - a causa di esse – sono rimasti inapplicati e che ce ne sono altri che sono stati disapplicati o che sono stati applicati con una interpretazione contraria ai principi di fondo dei trattati e che la strada per ritornare alla logica dell’integrazione europea è quella di aggiornare le policies e cambiare le politcs nella prospettiva di una maggiore integrazione che noi riteniamo debba essere di natura federale.

Grazie per la vostra attenzione e per il lavoro comune che abbiamo avviato il 6 settembre 2019 e che speriamo di poter continuare insieme a voi ancora a lungo se avremo le forze per farlo.

coccodrillo

 

 

 

 

 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e contribuire al dibattito sul futuro dell’Europa a partire dalla Conferenza proposta da Emmanuel Macron nel marzo 2019.

Come sapete, la Conferenza è stata avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo e poi nelle sue regole di funzionamento adottate dal Comitato esecutivo.

Ecco l’indice della nostra newsletter

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Ultime da Bruxelles dedicate a temi economici

- Attualità dalle istituzioni europee

- Speciale PNRR, a cura di Nicoletta Parisi e Dino Rinoldi

Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi di lettura consigliata

Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- La Conferenza sul futuro dell'Europa

Next Generation EU a cura di Euractiv

Europa dei diritti

- Europa in onda

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