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LA “CARTA” DELLA DISUNIONE DI  MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI

La stampa europea ha dato notizia con un notevole e forse eccessivo rilievo alla firma di una “carta dei valori europei” da parte di una quindicina di partiti che si sono autodefiniti “patriottici”, fra i quali la Lega e Fratelli d’Italia, e che hanno tentato di condividere delle comuni priorità nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Dal punto di vista degli equilibri politici in Europa e in particolare nel Parlamento europeo si tratta di una non-notizia perché i partiti che hanno firmato la “Carta” non hanno nessuna intenzione di creare un nuovo partito europeo e – contrariamente ad alcuni commenti della stampa e alcune avventate affermazioni di Matteo Salvini – hanno messo subito in chiaro che i loro parlamentari europei non si riuniranno in un unico gruppo politico ma resteranno in Identità e Democrazia (la Lega) e nei Conservatori e Riformisti (Fratelli d’Italia) e che il partito di Viktor Orban resterà per ora fra i non-iscritti.

Nell’incertezza sulla lista definitiva di chi ha firmato la “Carta” - da cui si sono già dissociati tedeschi, svedesi, olandesi e rumeni - e nella certezza che ciascuno dei cosiddetti “patrioti” difenderà l’apparente sovranità nazionale della propria patria non solo rispetto alle regole dell’Unione europea ma anche nei confronti delle altre patrie rendendo impossibile un’azione comune,  abbiamo già verificato che i firmatari della “Carta” rappresentano  poco più del 13% dei delegati “istituzionali” nella Conferenza (parlamentari europei e nazionali, rappresentanti dei governi) mentre è per ora difficile calcolare quanti saranno i cittadini che si ispireranno alla “Carta” fra gli ottocento sorteggiati nei panels transnazionali e fra gli ottanta che dovrebbero essere coinvolti nelle sessioni plenarie della Conferenza.

Come metro di giudizio possiamo dire che ben poche delle seimila idee che sono state pubblicate sulla Piattaforma Digitale sembrano ispirarsi o ispirare la “Carta dei valori europei”.

Secondo i “patrioti”, la via federalista allontana l’Unione europea dai popoli “che ne sono il cuore” e che devono essere invece protetti nelle loro dimensioni nazionali poiché sono “le nazioni che devono difendere la loro integrità e sovranità territoriale” e perché “le nazioni si sentono spogliate dal loro diritto ad esercitare i loro legittimi poteri sovrani”.

I firmatari della “Carta” si oppongono alla creazione di un “superstato europeo” considerandolo come una “manifestazione della pericolosa e invasiva ingegneria sociale del passato...che deve indurre ad una legittima resistenza” e denunciano “l’iperattivismo moralista dell’Unione europea che ha portato ad imporre un monopolio ideologico”.

Nel difendere la famiglia tradizionale e il principio secondo cui “la sovranità in Europa sia e debba rimanere in capo alle nazioni europee”, i firmatari ritengono necessario creare un insieme di competenze inviolabili degli Stati membri affidandone la difesa alle corti costituzionali nazionali per opporsi “alla violenta imposizione di entità politicamente più forti su quelle più deboli” e alla proposta di abolire il diritto di veto.

Il contenuto della “Carta” confligge con le priorità europee più volte ribadite dal governo di Mario Draghi (da ultimo nella lettera dei diciassette governi europei contro la legge ungherese omofoba) ed esige un chiarimento nella maggioranza che lo sostiene che dovrebbe avvenire con un voto parlamentare sulla posizione che l’Italia sarà chiamata ad assumere nella Conferenza sul futuro dell’Europa legittimando la posizione che sarà espressa da Luigi Di Maio e Vincenzo Amendola a  nome del governo e dai tre parlamentari del PD, del Movimento 5 Stelle e della Lega tenendo anche conto che Forza Italia – attraverso Antonio Tajani – ha ribadito ancora ieri su “Il Corriere della Sera” l’impegno a favore degli “Stati Uniti d’Europa”.

Un discorso a parte riguarda evidentemente Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni che confonde il metodo confederale con l’estremismo nazionalista e fa finta di ignorare la distanza abissale fra l’antifascismo di Charles de Gaulle e le pulsioni neofasciste di molti dei suoi elettori così come il fatto  che i post-gollisti al Parlamento europeo eletti nel movimento Les Répulicains appartengono al PPE e nelle recenti elezioni regionali in Francia sono stati ovunque avversari dei candidati del Rassemblement National di Marine Le Pen.

Last but not least appare urgente e necessario che il governo italiano agisca rapidamente a livello europeo per costruire una alleanza di innovatori sui temi centrali del dibattito sul futuro dell’Europa perché fino ad ora nessun governo ha reagito ufficialmente alla lettera che dodici governi immobilisti hanno gettato sul tavolo della Conferenza.

È evidente che le priorità di una siffatta alleanza dovranno essere molto distanti dalla “Carta” dei cosiddetti patrioti.

 

coccodrillo

 

 

 

 

 

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Come sapete, la Conferenza è stata avviata il 9 maggio 2021 a Strasburgo e dovrebbe concludersi nella prossima primavera.

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 L'EDITORIALE

LA “CARTA” DELLA DISUNIONE DI MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI

La stampa europea ha dato notizia con un notevole e forse eccessivo rilievo alla firma di una “carta dei valori europei” da parte di una quindicina di partiti che si sono autodefiniti “patriottici”, fra i quali la Lega e Fratelli d’Italia, e che hanno tentato di condividere delle comuni priorità nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa.

Dal punto di vista degli equilibri politici in Europa e in particolare nel Parlamento europeo si tratta di una non-notizia perché i partiti che hanno firmato la “Carta” non hanno nessuna intenzione di creare un nuovo partito europeo e – contrariamente ad alcuni commenti della stampa e alcune avventate affermazioni di Matteo Salvini – hanno messo subito in chiaro che i loro parlamentari europei non si riuniranno in un unico gruppo politico ma resteranno in Identità e Democrazia (la Lega) e nei Conservatori e Riformisti (Fratelli d’Italia) e che il partito di Viktor Orban resterà per ora fra i non-iscritti.

Nell’incertezza sulla lista definitiva di chi ha firmato la “Carta” - da cui si sono già dissociati tedeschi, svedesi, olandesi e rumeni - e nella certezza che ciascuno dei cosiddetti “patrioti” difenderà l’apparente sovranità nazionale della propria patria non solo rispetto alle regole dell’Unione europea ma anche nei confronti delle altre patrie rendendo impossibile un’azione comune,  abbiamo già verificato che i firmatari della “Carta” rappresentano  poco più del 13% dei delegati “istituzionali” nella Conferenza (parlamentari europei e nazionali, rappresentanti dei governi) mentre è per ora difficile calcolare quanti saranno i cittadini che si ispireranno alla “Carta” fra gli ottocento sorteggiati nei panels transnazionali e fra gli ottanta che dovrebbero essere coinvolti nelle sessioni plenarie della Conferenza.

Come metro di giudizio possiamo dire che ben poche delle seimila idee che sono state pubblicate sulla Piattaforma Digitale sembrano ispirarsi o ispirare la “Carta dei valori europei”.

Secondo i “patrioti”, la via federalista allontana l’Unione europea dai popoli “che ne sono il cuore” e che devono essere invece protetti nelle loro dimensioni nazionali poiché sono “le nazioni che devono difendere la loro integrità e sovranità territoriale” e perché “le nazioni si sentono spogliate dal loro diritto ad esercitare i loro legittimi poteri sovrani”.

I firmatari della “Carta” si oppongono alla creazione di un “superstato europeo” considerandolo come una “manifestazione della pericolosa e invasiva ingegneria sociale del passato...che deve indurre ad una legittima resistenza” e denunciano “l’iperattivismo moralista dell’Unione europea che ha portato ad imporre un monopolio ideologico”.

Nel difendere la famiglia tradizionale e il principio secondo cui “la sovranità in Europa sia e debba rimanere in capo alle nazioni europee”, i firmatari ritengono necessario creare un insieme di competenze inviolabili degli Stati membri affidandone la difesa alle corti costituzionali nazionali per opporsi “alla violenta imposizione di entità politicamente più forti su quelle più deboli” e alla proposta di abolire il diritto di veto.

Il contenuto della “Carta” confligge con le priorità europee più volte ribadite dal governo di Mario Draghi (da ultimo nella lettera dei diciassette governi europei contro la legge ungherese omofoba) ed esige un chiarimento nella maggioranza che lo sostiene che dovrebbe avvenire con un voto parlamentare sulla posizione che l’Italia sarà chiamata ad assumere nella Conferenza sul futuro dell’Europa legittimando la posizione che sarà espressa da Luigi Di Maio e Vincenzo Amendola a  nome del governo e dai tre parlamentari del PD, del Movimento 5 Stelle e della Lega tenendo anche conto che Forza Italia – attraverso Antonio Tajani – ha ribadito ancora ieri su “Il Corriere della Sera” l’impegno a favore degli “Stati Uniti d’Europa”.

Un discorso a parte riguarda evidentemente Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni che confonde il metodo confederale con l’estremismo nazionalista e fa finta di ignorare la distanza abissale fra l’antifascismo di Charles de Gaulle e le pulsioni neofasciste di molti dei suoi elettori così come il fatto  che i post-gollisti al Parlamento europeo eletti nel movimento Les Répulicains appartengono al PPE e nelle recenti elezioni regionali in Francia sono stati ovunque avversari dei candidati del Rassemblement National di Marine Le Pen.

Last but not least appare urgente e necessario che il governo italiano agisca rapidamente a livello europeo per costruire una alleanza di innovatori sui temi centrali del dibattito sul futuro dell’Europa perché fino ad ora nessun governo ha reagito ufficialmente alla lettera che dodici governi immobilisti hanno gettato sul tavolo della Conferenza.

È evidente che le priorità di una siffatta alleanza dovranno essere molto distanti dalla “Carta” dei cosiddetti patrioti.

 

coccodrillo

 

 

 


 ULTIME DA BRUXELLES

Qualche luce e molte ombre nel programma della presidenza slovena

È iniziata il primo luglio la presidenza slovena al Consiglio dell’Unione europea, l’ultima del trio composto da Germania, Portogallo e appunto Slovenia, che si è trovato ad affrontare la più grave crisi sanitaria ed economica, che ha colpito non solo l’Unione ma il mondo intero negli ultimi anni.

La presidenza slovena inizia in un momento delicato per l’Unione europea. La crisi pandemica ed economico e sociale ha messo in luce tutta una serie di criticità e di sfide, che l’Unione dovrà affrontare per poter rilanciare la propria economia, ma soprattutto per poter riguadagnare la fiducia da parte dei propri cittadini.

Ora più che mai è necessario attuare riforme, concludere percorsi avviati ma non ancora completati, per poter realizzare una nuova Europa, più attenta alle esigenze dei cittadini, con un proprio ruolo internazionale, leader in campo ambientale e sociale. Tutti temi e obiettivi di cui si avvertiva forte l’esigenza già prima della crisi pandemica.

Per poter realizzare tutto ciò, occorre però anche aprire coraggiosamente e con determinazione un dibattito strutturato il più ampio possibile su temi strategici. Questo è infatti l’obiettivo de la Conferenza sul futuro dell’Europa, che ha avuto un avvio non senza difficoltà e non si è ancora sviluppata con quelle potenzialità, necessarie per poter approdare a risultati concreti e decisivi.

Nel corso della presidenza slovena si terrà il 22 e 23 ottobre una sessione plenaria della Conferenza, accompagnata da una serie di panel tematici per dialogare e confrontarsi sui temi che i cittadini ritengono più importanti per il futuro dell’Unione. La Presidenza organizzerà il 16 novembre un Forum strategico a Bled al quale parteciperanno dirigenti europei che hanno avuto ruoli decisivi negli ultimi anni nell’attuazione di politiche europee per favorire il dialogo, la condivisione, per conoscersi meglio e trovare soluzioni condivise in grado di far avanzare il rilancio europeo. In questa occasione, verrà peraltro affrontato uno dei temi più importanti a fondamento delle politiche dell’Unione: il futuro corso che si intenderà dare ai valori europei, che sono alla base dello stato di diritto, di diritti riguardanti la libertà di stampa, di espressione, la tutela dell’ambiente, nonché di alleanze fra partners internazionali che condividono gli stessi valori, temi su cui il governo sloveno ha mostrato più di un’ambiguità.

Il tempo a disposizione, come già sottolineato in altre occasioni, è molto limitato per un compito così impegnativo e il ruolo che giocheranno le Presidenze di turno slovena e francese da ora alla chiusura dei lavori sarà sicuramente essenziale. Il Consiglio - in tutte le sue postazioni - rappresenta i governi dei 27 paesi europei e la presidenza ha di fatto il potere di indirizzare l’agenda dei lavori, adottare atti normativi, ed esercitare un’azione di coordinamento su tutte le questioni in discussione. Inoltre, gran parte della Conferenza si svolgerà nel semestre di presidenza della Slovenia, che – rappresentando il Consiglio - parlerà a nome di quest’ultimo.

Ritornando al programma appena presentato, si vede come l’attenzione di tutte e tre le  presidenze è stata concentrata principalmente su interventi sanitari ed economici di contrasto agli effetti della pandemia, passando dalle iniziali azioni di carattere emergenziale, alla successive di sostegno quali la scoperta e l’approvazione dei vaccini, lo stanziamento di risorse finanziarie a sostegno dell’economia pur mantenendo misure di limitazione alla circolazione, e da ultimo la distribuzione dei vaccini alla popolazione europea, grazie alla quale si è potuto procedere ad una urgente e necessaria riapertura dei vari settori economici.

Occorre ora affrontare la parte più difficile del percorso da cui i cittadini si aspettano dei risultati tangibili, vale a dire, il rilancio effettivo dell’economia europea, grazie alla corretta e pronta attuazione dei singoli piani di resilienza e rilancio economico e sociale nazionali, ma anche il completamento di strategie avviate ma ancora non definitivamente accettate (a titolo di esempio Unione economica e monetaria, unione bancaria, Patto per l’immigrazione, stato di diritto ecc.) e la proposta di soluzioni per migliorare la governance ed il ruolo dell’Unione nel mondo

Sicuramente è importante imparare dalle lezioni apprese in questi ultimi mesi, che hanno messo in luce l’importanza di agire coordinati ed uniti per essere più forti ed affrontare quelle crisi che nessun paese da solo sarebbe in grado di affrontare. Altra lezione appresa in questo periodo è stata quella della necessità di una maggiore autonomia strategica dell’Unione sia per quanto riguarda la produzione/approvvigionamento di beni e servizi considerati strategici per il mantenimento della sicurezza sanitaria dei cittadini europei, del tenore di vita e sviluppo economico sociale dell’Unione, ma anche in settori ugualmente importanti quali quello della sicurezza energetica, di difesa da attacchi esterni digitali ecc.

La presidenza slovena sulla carta ha messo al centro della sua azione nei prossimi sei mesi obiettivi di maggior coordinamento, rilancio di settori importanti quali agricoltura e turismo, nonché il sostegno a progetti comuni quali il miglioramento di infrastrutture europee per assicurare la continuità di servizi essenziali per il rilancio e la resilienza dell’economia dell’Unione. Ci si riferisce in particolare alle reti transeuropee di energia, di trasporto per favorire la mobilità anche però attraverso veicoli elettrici, rivedendo quindi, il sistema di scambio di quote di emissione di CO2 (ETS) attualmente in uso in Europa, ma anche la revisione e lo sviluppo di adeguate reti informatiche per garantire un sistema europeo condiviso e più sicuro per evitare attacchi informatici. Diretta conseguenza di questi obiettivi è la revisione della strategia industriale per rafforzare la viabilità delle catene di valore europeo, permettendo la partecipazione alle stesse anche delle PMI, e sempre nel rispetto degli obiettivi ambientali e digitali che si è data l’Europa che sarà al centro della presidenza francese.

Nel fare questo sarà sicuramente sostenuta la ricerca, l’innovazione ma anche una più attenta politica sociale che punterà a migliorare la qualità di vita dei cittadini europei attraverso un mercato del lavoro che avrà un’attenzione particolare rivolta non solo ai giovani ma anche a chi ha già un’esperienza e anche se alla fine della propria carriera lavorativa, può essere ancora di aiuto alla società.

Tutto ciò prevede a livello globale una conferma di partner strategici storici quali gli Stati Uniti, la Nato, ma anche Israele, i paesi Indo – Pacifici.

In politica estera comune, la presidenza intende dare priorità alla lotta all’immigrazione illegale, con un rafforzamento delle frontiere esterne, ma anche la promozione di partenariati più forti con i paesi di origine e transito degli emigranti. A questo riguardo la presidenza far avanzare i negoziati sul Patto per l’immigrazione e l’asilo con lo scopo di armonizzare i sistemi dei 27 Stati membri, e trovare un consenso politico per attuare i principi di responsabilità dell’Unione, rafforzando la cooperazione e la solidarietà ma anche i rimpatri dei migranti illegali.

Tutto ciò dovrà essere portato avanti, sostenendo lo stile di vita europeo, i valori dell’Unione primo tra tutti il rispetto della persona e della dignità personale, e non solo rispetto dello stato di diritto, ma anche di criteri uguali per tutti, questo coordinandosi con tutti gli attori principali della società civile, in particolare i media, che giocano, come noto, un ruolo molto importante nella sensibilizzazione dei cittadini europei. La corretta attuazione dello stato di diritto avrà infatti come conseguenza una maggiore fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni e tra stati membri tra loro.

A tal proposito, la presidenza propone la costituzione di un organismo di studio ed analisi dei diversi sistemi giuridici e costituzionali dei 27 Stati membri con lo scopo di proporre alla Commissione pareri strutturati, quali infrastrutture normative di base per migliorare il funzionamento dell’Unione con il rischio, tuttavia, di indebolire il ruolo della Corte europea.

C’è dunque bisogno di una Unione più forte e coesa all’interno (anche attraverso la piena applicazione delle regole dello spazio Schengen limitato per la pandemia) , che sia un esempio per altri paesi vicini, soprattutto i Balcani con i quali la presidenza intende avviare un dialogo anche in vista di futuri allargamenti che favoriranno in quei paesi un volano alle riforme interne e uno strumento di stabilità regionale e con i quali verrà  organizzata una Conferenza UE-Balcani Occidentali (anche per sostenere l’entrata dell’Albania e della  Macedonia del Nord) .

Si tratta, come si può osservare, in sostanza di obiettivi già indicati a livello europeo, e temi che toccano questioni riguardanti principi fondamentali europei quali il rispetto e la dignità umana, il dialogo e la conoscenza approfondita oltre ovviamente a temi globali quali la cybersicurezza, l’immigrazione, le catastrofi ambientali, la pandemia ecc.… Ma da diverse parti si sono levati dubbi sulla reale portata dell’impegno sloveno.

Il premier Jansa, infatti, è uno dei sostenitori del primo ministro ungherese Orban, e delle posizioni estremiste espresse da quest’ultimo. Preoccupano inoltre alcune dichiarazioni del presidente Jansa sull’esistenza di due pesi e due misure in Europa, che se non gestiste adeguatamente potrebbero portare anche ad una crisi dell’Unione. Oppure affermazioni del tipo che non si può parlare di democrazia illiberale anteponendola alla democrazia liberale quanto piuttosto di differenza tra democrazia (che può assumere diverse forme) e tecnocrazia (brussellese). Fanno anche riflettere le leggi promulgate dal suo governo sia in campo ambientale che autorizzano discariche in siti protetti, ovvero il ritiro dei finanziamenti alla agenzia di stampa pubblica STA con la giustificazione di evitare la presenza di un giornalismo di parte.

Insomma, quello sloveno, appare teoricamente come un programma in linea con gli obiettivi dell’Unione, ma la politica sinora seguita dal premier non può non far sorgere perplessità circa una vera comunanza di idee e di aspirazioni. Conoscersi è importante se si vuole veramente cambiare verso una direzione condivisa.  

Il problema, quindi rimane sempre lo stesso, e cioè non tanto è importante l’individuazione delle sfide che debbono essere affrontate che sono ormai ben note a chi è chiamato a decidere, quanto piuttosto le modalità per affrontarle.

Peraltro condividendo che le modalità utilizzate sino ad oggi sia dall’Unione come il dialogo ad alto livello, summit, compromessi politici, non da ultimo l’attuale governance europea,  non sono stati sufficienti a far raggiungere obiettivi importanti ed urgenti  (come l’Unione economica e monetaria ad esempio, una politica fiscale comune, la gestione dei migranti, ecc.) assolutamente necessari perché si possa parlare realmente di stabilità economica e finanziaria europea e quindi un ruolo più incisivo dell’Europa nel mondo, occorrerà capire come la Presidenza tenterà effettivamente di ‘cambiare rotta’ e soprattutto verso quale direzione orienterà i lavori consiliari e i contributi dei panels alla Conferenza sul futuro dell’Europa.

Probabilmente la presidenza slovena passerà senza imprimere cambiamenti nello scenario europeo, date le distanze già segnalate tra la stessa ed altri Stati e le istituzioni europee, e questo sarà negativo perché ci farà ‘perdere altro tempo prezioso’.

 Stiamo infatti camminando in ordine sparso ormai da troppo tempo, accanto a giganti coesi e compatti al loro interno, con cui diciamo di voler competere …. E rischiamo che le nostre deboli gambe non ci permetteranno mai di recuperare la distanza ormai accumulata per inadeguatezza del nostro sistema decisionale e di governance, che non ci permette progressi verso una maggiore integrazione.

Sicuramente conoscersi in profondità da un punto di vista di esperienza lavorativa e/o costituzionale sarà sicuramente utile, anche se forse il servizio giuridico della Commissione è già in possesso di simili elementi. Forse quello di cui c’è urgente bisogno invece, è andare subito al cuore del problema: favorire quanto più possibile un ampio e strutturato dialogo sulle nuove modalità decisionali. E molti Stati sono corresponsabili di questa mancata e massiccia partecipazione popolare. Sembra, infatti, che si limitino ad assistere senza compiere il minimo sforzo, quasi la questione non li riguardasse da vicino.

E visto che stiamo seguendo il campionato europeo, possiamo tentare un paragone calcistico. L’UE continua a muoversi come ha sempre fatto nell’affrontare le sfide nel corso degli anni e cioè …a piccoli passi e di volta in volta quando si presenta l’esigenza di doverlo per forza fare e non si può fare a meno di intervenire. Questa modalità ormai non è più sufficiente. Equivale a cercare di continuare la partita senza attaccare e senza segnare goals, ma solo cercando di perdere tempo, cioè senza impegnarsi per vincere, ma solo per non essere eliminati. E questo soprattutto partendo da una situazione di svantaggio competitivo, rischia di non essere sufficiente per rimanere tra i primi in classifica, come si dice invece di voler fare. La sola soluzione dunque è cambiare gioco.

Nel nostro caso, quindi, per rimanere competitivi dobbiamo poter prendere quelle decisioni che l’attuale sistema basato ad esempio sull’unanimità impedisce di prendere, penalizzando tutta l’Unione per il beneficio parziale e temporaneo di alcuni stati oppositori. Ci auguriamo che nei panel previsti per sostenere la Conferenza sul futuro dell’Unione (ma anche in altre iniziative nazionali) si affronteranno seriamente questi temi formulando proposte di riforma, essenziali e non più rinviabili se vogliamo concretamente dare una svolta al processo di integrazione e rendere l’Unione più competitiva e con un suo ruolo autonomo a livello globale. In caso contrario, l’Unione continuerà ad apparire divisa, incerta, ostaggio di pochi e quindi debole, non solo dai suoi competitors, ma anche dagli stessi cittadini che a quel punto potrebbero di nuovo dare ascolto e fiducia a coloro, che non sono mai stati favorevoli ad una vera Unione europea.

Anna Maria Villa

 


ATTUALITA'

Parlamento europeo – sessione plenaria Lunedì 5 luglio - Giovedì 8 luglio, Strasburgo

 

Lunedì 5 luglio 2021

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Martedì 6 luglio 2021

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A cura del MFE/GFE Genova

 

 

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