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La chiusura della Presidenza Portoghese: un Consiglio europeo interlocutorio
Si è tenuto il 24-25 giugno scorso il Consiglio europeo, ultimo della presidenza portoghese, caratterizzata ancora dall’obiettivo di un’intensa lotta alla pandemia e dallo sforzo di mettere in atto tutte le possibili azioni per un pronto rilancio dell’economia europea.
Tutti gli Stati hanno ratificato le decisioni che hanno permesso di poter dare il via al piano di rilancio economico attraverso il Next generation eu. Quasi tutti gli Stati hanno altresì ultimato e presentato alla Commissione i loro piani di rilancio e resilienza, in linea con le indicazioni della Commissione europea per una crescita verde e digitale.
La Presidenza si è chiusa dunque con un bilancio positivo che vede una campagna vaccinale pienamente in corso in tutta l’Unione, con effetti positivi sia in termini sanitari che economici, malgrado le preoccupazioni legate allo sviluppo di ulteriori varianti del virus. L’impegno dei capi di Stato e di governo dovrebbe ora essere quello di prendere spunto dalle lezioni apprese e prepararsi congiuntamente a fronteggiare prossime e future crisi.
La presidenza slovena sarà segnata in campo di cooperazione internazionale in materia sanitaria dall’impegno dell’Unione ad una maggiore solidarietà verso i paesi più poveri, che stanno ancora fronteggiando il COVID-19 e le sue varianti, attraverso la facilitazione di approvvigionamento e distribuzione dei vaccini.
Il dibattito nell’Unione prosegue anche nella sua attività esterna nei confronti di quegli Stati, come ad esempio, Turchia, Russia, Libia ecc., con i quali c’è un interesse a mantenere rapporti di cooperazione in settori quali salute, clima, lotta al terrorismo, questioni regionali, ecc., ma con i quali occorre sempre mantenere alta l’attenzione in materia di rispetto dei diritti umani, sia attraverso il costante dialogo e sia – qualora questo non fosse sufficiente – attraverso il ricorso a mezzi più incisivi quali sanzioni economiche, è questo il caso in particolare della Russia.
Il Consiglio europeo ha inoltre discusso ma non ha raggiunto nessuna conclusione sulle rotte migratorie che destano preoccupazioni e sulla urgente necessità di attivare partenariati e progetti di cooperazione con paesi di origine e di transito di migranti attraverso azioni concrete da presentare al prossimo Consiglio europeo in autunno.
I capi di Stato e di governo, insieme alla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, hanno quindi affrontato il tema della ripresa economica dell’Unione e di temi ad essa strettamente collegati quali la tassazione digitale, ovvero i progressi compiuti per quanto riguarda l’Unione bancaria e l’Unione del Mercato dei capitali.
Per quanto riguarda l’Unione bancaria, i leaders hanno invitato la Commissione a presentare un piano di lavoro graduale ma con scadenze indefinite. Stessa richiesta per l’Unione del mercato dei capitali: un piano di azione con un focus su alcuni temi quali l’insolvenza delle imprese. Inoltre, per quanto riguarda il mercato dei capitali è stato ribadito il ruolo dello sviluppo della finanza verde – anche le obbligazioni – per la ripresa economica.
Su entrambi questi temi, il Consiglio europeo di dicembre farà il punto della situazione.
Il Consiglio europeo si è dunque limitato a ribadire nelle sue conclusioni lì impegno politico per il rispetto dei diritti fondamentali sia all’interno (caso Ungheria) sia all’esterno dell’Unione (Turchia e Russia, ecc.), nonché ha sollecitato nuovamente la Commissione per un completamento di quegli strumenti indispensabili per un reale e coordinato rilancio economico dell’Unione.
Il meccanismo europeo di stabilità (o MES) fu creato nel 2012 nel momento più drammatico della crisi finanziaria legata al debito pubblico greco ed è stato a lungo il simbolo di un’Unione europea incapace di risolvere con flessibilità e visione a lungo termine la questione di una prosperità condivisa e della convergenza delle politiche economiche degli Stati membri.
Otto anni dopo la creazione del MES, una buona parte dei governi e dei governanti che erano stati alle origini delle sciagurate misure economiche e finanziarie ritenute allora indispensabili per far uscire l’Unione europea dalla crisi sono stati per alcune settimane convinti che la pandemia avrebbe colpito l’Unione a macchia di leopardo risparmiando i paesi finanziariamente solidi, che prestando denaro per un tempo limitato ai paesi più colpiti per limitare il peso delle spese sanitarie li avrebbero aiutati a combattere gli effetti del virus e che alla scadenza del prestito essi avrebbero dovuto rimborsare i presiti così generosamente elargiti.
Come nel 2012, si ritenne che il problema principale dell’economia europea fosse legato alla liquidità delle banche e che la soluzione – legata anche a passi in avanti sostanziali nell’Unione europea – dovesse essere trovata non già nella condivisione dei rischi da parte di tutto il sistema ma nella riduzione dei rischi bancari ognuno per sé.
Con la sola eccezione dell’Italia dove l’accettazione o la non accettazione del MES è diventata una disputa ideologica nazional-popolare precostituendo le condizioni per far cadere il governo Conte II, negli altri paesi la potenza degli effetti economici e finanziari della pandemia aveva spinto i leader ad aprire una discussione sull’essenza stessa dell’Unione europea con posizioni contrapposte fra i cosiddetti paesi frugali e i paesi che potremmo chiamare della coesione.
Il Consiglio è giunto ad un accordo sulla riforma del MES che, essendo uno strumento intergovernativo dedicato solo ai paesi dell’area dell’euro e finalizzato a sostenere le banche, dovrà essere ora approvato in tempi non certi da tutti i parlamenti nazionali dei diciannove.
Dopo il dramma nazional-popolare italiano su MES-SI e MES-NO nessuno più parla in Italia dell’uso del MES per uscire dalla crisi sanitaria ed il dibattito si è fortunatamente spostato sulla capacità del paese per adottare le riforme interne necessarie per rispettare le condizioni europee nell’uso del Next Generation EU e del Piano ad esso collegato (che, come sanno i nostri lettori, non è un Fund).
Abbiamo deciso di chiedere ad un gruppo di esperti ed accademici di riscrivere la cronaca dei mesi che hanno portato dalla apparente centralità del MES come strumento intergovernativo per i paesi dell’Eurozona al fine di combattere gli effetti di una pandemia che stava invece colpendo tutta l’Unione alle differenti iniziative (la “lettera dei Nove”, l’iniziativa franco-tedesca per un fondo di 500 miliardi di Euro a fondo perduto, le proposte della Commissione europea del Recovery Fund, il sostegno del Parlamento europeo…) che hanno spostato il dibattito dalla dimensione intergovernativa a quella comunitaria, dallo strumento dei prestiti a quello degli investimenti, dai contributi nazionali al debito europeo, dalla centralità del Consiglio ai poteri della Commissione.
Partendo dal tema della politica fiscale europea e della sua unione di bilancio (su cui il Movimento europeo ha fatto precise proposte insieme al Centro studi sul federalismo), si tratta ora di disegnare la nuova Europea a cominciare dalla governance (e cioè dal governo democratico) dell’UEM per fissare le regole, le politiche e le scadenze di un’Unione politica fra gli Stati e i cittadini che vorranno farne parte.
Si tratta di un compito complesso ma non complicato che non può essere lasciato alla responsabilità del Consiglio europeo (lo “spazio istituzionale della paralisi”, come ci ha ricordato Sergio Fabbrini) ma che deve essere assunto dal Parlamento europeo secondo una logica costituente.
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e contribuire al dibattito sul futuro dell’Europa a partire dalla Conferenza proposta da Emmanuel Macron nel marzo 2019.
Come sapete, la Conferenza è stata avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo e poi nelle sue regole di funzionamento adottate dal Comitato esecutivo.
Ecco l’indice della nostra newsletter
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Ultime da Bruxelles dedicate a temi economici
- Speciale PNRR, a cura di Nicoletta Parisi e Dino Rinoldi
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi di lettura consigliata
- Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale
- La Conferenza sul futuro dell'Europa
- Next Generation EU a cura di Euractiv
- Europa dei diritti
- Europa in onda
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Come sapete, la Conferenza è stata avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo e poi nelle sue regole di funzionamento adottate dal Comitato esecutivo.
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- Ultime da Bruxelles dedicate a temi economici
- Speciale PNRR, a cura di Nicoletta Parisi e Dino Rinoldi
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L'EDITORIALE
C’era una volta il MES…
Il meccanismo europeo di stabilità (o MES) fu creato nel 2012 nel momento più drammatico della crisi finanziaria legata al debito pubblico greco ed è stato a lungo il simbolo di un’Unione europea incapace di risolvere con flessibilità e visione a lungo termine la questione di una prosperità condivisa e della convergenza delle politiche economiche degli Stati membri.
Otto anni dopo la creazione del MES, una buona parte dei governi e dei governanti che erano stati alle origini delle sciagurate misure economiche e finanziarie ritenute allora indispensabili per far uscire l’Unione europea dalla crisi sono stati per alcune settimane convinti che la pandemia avrebbe colpito l’Unione a macchia di leopardo risparmiando i paesi finanziariamente solidi, che prestando denaro per un tempo limitato ai paesi più colpiti per limitare il peso delle spese sanitarie li avrebbero aiutati a combattere gli effetti del virus e che alla scadenza del prestito essi avrebbero dovuto rimborsare i presiti così generosamente elargiti.
Come nel 2012, si ritenne che il problema principale dell’economia europea fosse legato alla liquidità delle banche e che la soluzione – legata anche a passi in avanti sostanziali nell’Unione europea – dovesse essere trovata non già nella condivisione dei rischi da parte di tutto il sistema ma nella riduzione dei rischi bancari ognuno per sé.
Con la sola eccezione dell’Italia dove l’accettazione o la non accettazione del MES è diventata una disputa ideologica nazional-popolare precostituendo le condizioni per far cadere il governo Conte II, negli altri paesi la potenza degli effetti economici e finanziari della pandemia aveva spinto i leader ad aprire una discussione sull’essenza stessa dell’Unione europea con posizioni contrapposte fra i cosiddetti paesi frugali e i paesi che potremmo chiamare della coesione.
Il Consiglio è giunto ad un accordo sulla riforma del MES che, essendo uno strumento intergovernativo dedicato solo ai paesi dell’area dell’euro e finalizzato a sostenere le banche, dovrà essere ora approvato in tempi non certi da tutti i parlamenti nazionali dei diciannove.
Dopo il dramma nazional-popolare italiano su MES-SI e MES-NO nessuno più parla in Italia dell’uso del MES per uscire dalla crisi sanitaria ed il dibattito si è fortunatamente spostato sulla capacità del paese per adottare le riforme interne necessarie per rispettare le condizioni europee nell’uso del Next Generation EU e del Piano ad esso collegato (che, come sanno i nostri lettori, non è un Fund).
Abbiamo deciso di chiedere ad un gruppo di esperti ed accademici di riscrivere la cronaca dei mesi che hanno portato dalla apparente centralità del MES come strumento intergovernativo per i paesi dell’Eurozona al fine di combattere gli effetti di una pandemia che stava invece colpendo tutta l’Unione alle differenti iniziative (la “lettera dei Nove”, l’iniziativa franco-tedesca per un fondo di 500 miliardi di Euro a fondo perduto, le proposte della Commissione europea del Recovery Fund, il sostegno del Parlamento europeo…) che hanno spostato il dibattito dalla dimensione intergovernativa a quella comunitaria, dallo strumento dei prestiti a quello degli investimenti, dai contributi nazionali al debito europeo, dalla centralità del Consiglio ai poteri della Commissione.
Partendo dal tema della politica fiscale europea e della sua unione di bilancio (su cui il Movimento europeo ha fatto precise proposte insieme al Centro studi sul federalismo), si tratta ora di disegnare la nuova Europea a cominciare dalla governance (e cioè dal governo democratico) dell’UEM per fissare le regole, le politiche e le scadenze di un’Unione politica fra gli Stati e i cittadini che vorranno farne parte.
Si tratta di un compito complesso ma non complicato che non può essere lasciato alla responsabilità del Consiglio europeo (lo “spazio istituzionale della paralisi”, come ci ha ricordato Sergio Fabbrini) ma che deve essere assunto dal Parlamento europeo secondo una logica costituente.
ULTIME DA BRUXELLES
La chiusura della Presidenza Portoghese: un Consiglio europeo interlocutorio
Si è tenuto il 24-25 giugno scorso il Consiglio europeo, ultimo della presidenza portoghese, caratterizzata ancora dall’obiettivo di un’intensa lotta alla pandemia e dallo sforzo di mettere in atto tutte le possibili azioni per un pronto rilancio dell’economia europea.
Tutti gli Stati hanno ratificato le decisioni che hanno permesso di poter dare il via al piano di rilancio economico attraverso il Next generation eu. Quasi tutti gli Stati hanno altresì ultimato e presentato alla Commissione i loro piani di rilancio e resilienza, in linea con le indicazioni della Commissione europea per una crescita verde e digitale.
La Presidenza si è chiusa dunque con un bilancio positivo che vede una campagna vaccinale pienamente in corso in tutta l’Unione, con effetti positivi sia in termini sanitari che economici, malgrado le preoccupazioni legate allo sviluppo di ulteriori varianti del virus. L’impegno dei capi di Stato e di governo dovrebbe ora essere quello di prendere spunto dalle lezioni apprese e prepararsi congiuntamente a fronteggiare prossime e future crisi.
La presidenza slovena sarà segnata in campo di cooperazione internazionale in materia sanitaria dall’impegno dell’Unione ad una maggiore solidarietà verso i paesi più poveri, che stanno ancora fronteggiando il COVID-19 e le sue varianti, attraverso la facilitazione di approvvigionamento e distribuzione dei vaccini.
Il dibattito nell’Unione prosegue anche nella sua attività esterna nei confronti di quegli Stati, come ad esempio, Turchia, Russia, Libia ecc., con i quali c’è un interesse a mantenere rapporti di cooperazione in settori quali salute, clima, lotta al terrorismo, questioni regionali, ecc., ma con i quali occorre sempre mantenere alta l’attenzione in materia di rispetto dei diritti umani , sia attraverso il costante dialogo e sia – qualora questo non fosse sufficiente – attraverso il ricorso a mezzi più incisivi quali sanzioni economiche, è questo il caso in particolare della Russia.
Il Consiglio europeo ha inoltre discusso ma non ha raggiunto nessuna conclusione sulle rotte migratorie che destano preoccupazioni e sulla urgente necessità di attivare partenariati e progetti di cooperazione con paesi di origine e di transito di migranti attraverso azioni concrete da presentare al prossimo Consiglio europeo in autunno.
I capi di Stato e di governo, insieme alla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, hanno quindi affrontato il tema della ripresa economica dell’Unione e di temi ad essa strettamente collegati quali la tassazione digitale, ovvero i progressi compiuti per quanto riguarda l’Unione bancaria e l’Unione del Mercato dei capitali.
Per quanto riguarda l’Unione bancaria, i leaders hanno invitato la Commissione a presentare un piano di lavoro graduale ma con scadenze indefinite. Stessa richiesta per l’Unione del mercato dei capitali: un piano di azione con un focus su alcuni temi quali l’insolvenza delle imprese. Inoltre, per quanto riguarda il mercato dei capitali è stato ribadito il ruolo dello sviluppo della finanza verde – anche le obbligazioni – per la ripresa economica.
Su entrambi questi temi, il Consiglio europeo di dicembre farà il punto della situazione.
Il Consiglio europeo si è dunque limitato a ribadire nelle sue conclusioni lì impegno politico per il rispetto dei diritti fondamentali sia all’interno (caso Ungheria) sia all’esterno dell’Unione (Turchia e Russia, ecc.), nonché ha sollecitato nuovamente la Commissione per un completamento di quegli strumenti indispensabili per un reale e coordinato rilancio economico dell’Unione.
Anna Maria Villa
SPECIALE PNRR
“Governare” il PNRR italiano …
…. ma dov’è la società civile?
A. “Governare” il PNRR italiano …
1. Un’ “impresa” come quella rappresentata dal PNRR deve essere governata in modo stringente in tutte le proprie fasi, al fine di garantirne il successo. Il decreto legge “semplificazioni 2” (n. 77/2021) – del quale è già iniziato il processo di conversione in legge che deve concludersi entro il 30 luglio (v. Atto Camera n. 3146) – non a caso dedica a questo aspetto la prima parte, con i densi (e non semplici) articoli da 2 a 16.
Secondo un principio stabilito nel Trattato di Unione, quest’ultima rispetta l’identità nazionale insita nella struttura fondamentale di ciascuno Stato membro (art. 4.2 TUE), dunque rispetta l’organizzazione giuridica costituzionale dei poteri dello Stato. E’ tuttavia noto che ciò non comporta una totale impermeabilità dell’organizzazione istituzionale interna e delle procedure alla disciplina europea. Del resto già l’art. 11 Cost. consente limitazioni della sovranità nazionale in funzione della partecipazione all’Unione (v. Corte cost., sentenza n. 170/1984).
Anche per il caso del PNRR la complessa disciplina europea che sovraintende all’erogazione delle risorse finanziarie del NextGenerationEU condiziona le modalità di attuazione della loro spendita da parte del singolo Stato. E’ il caso del regolamento UE 2092/2020 che - dettando un regime generale di condizionalità ai fini della protezione delle risorse finanziarie dell’Unione - lega l’erogazione di fondi europei al rispetto dei principi dello Stato di diritto (sui cui valori si fonda l’Unione, come pure ciascuno dei suoi Stati membri: art. 2 TUE) e ne fa discendere vincoli anche procedurali per l’ordinamento nazionale. E’ anche il caso del regolamento UE 241/2021 che istituisce un dispositivo per la ripresa e resilienza (quel Recovery and Resilience Facility di 672,5 miliardi di euro tanto spesso inappropriatamente chiamato in Italia o, addirittura, Recovery Fund). Esso pretende dagli Stati l’adozione di misure per una «sana governance economica» (art. 10), ancorando l’attuazione del PNRR per esempio a «tutte le opportune misure per tutelare gli interessi finanziari dell'Unione e per garantire che l'utilizzo dei fondi in relazione alle misure sostenute dal dispositivo sia conforme al diritto dell'Unione e nazionale applicabile, in particolare per quanto riguarda la prevenzione, l'individuazione e la rettifica delle frodi, dei casi di corruzione e dei conflitti di interessi. A tal fine, gli Stati membri prevedono un sistema di controllo interno efficace ed efficiente nonché provvedono al recupero degli importi erroneamente versati o utilizzati in modo non corretto» (art. 22).
Dell’architettura contemplata dall’Italia a questo titolo bisogna dar conto, rilevando pure ciò che ad essa manchi.
2. Il menzionato decreto legge affida la responsabilità dell’indirizzo sull’attuazione del PNRR, nonché di impulso e di coordinamento generale a una Cabina di regia, situata presso la Presidenza del Consiglio e presieduta dal Presidente del Consiglio. Essa è “a geometria variabile”: vi partecipano, volta a volta, i Ministri (e i Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio) competenti per la materia interessata nella singola riunione; i Presidenti delle Regioni e delle Provincie autonome se sono coinvolte questioni di portata regionale/provinciale; il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome, se le questioni superano l’ambito territoriale di una sola di esse. Possono essere invitati i delegati dei soggetti attuatori e degli organismi associativi, nonché i rappresentanti del partenariato economico e sociale (art. 2). Poteri di indirizzo, impulso e coordinamento tecnico nelle materie della transizione digitale e della transizione ecologica sono esercitati dai rispettivi Comitati, i quali tengono informata la Cabina di regia, che può partecipare ai lavori tramite un proprio delegato. Il Ministro per gli affari regionali partecipa alle sedute della Cabina di regia e dei due menzionati Comitati quando emergano problemi di coordinamento con l’esercizio delle competenze costituzionalmente attribuite a Regioni, Provincie autonome ed enti locali.
Le attività della Cabina di regia sono supportate da una Segreteria tecnica, sempre situata presso la Presidenza del Consiglio (art. 4), alla quale è anche affidato il compito di superare il dissenso che potrebbe venirsi a creare fra organi, istituzioni ed enti nell’attuazione del PNRR (art. 13).
La Cabina di Regia riferisce periodicamente al Parlamento e alla Conferenza unificata e al Consiglio dei Ministri.
3. Il d.l. 77/2021 istituisce un Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale, composto dai rappresentanti delle parti sociali, di Governo, Regioni, Provincie autonome, enti locali, rispettivi organismi associativi, categorie produttive e sociali, del sistema dell’università e della ricerca scientifica. Esso contempla anche la partecipazione anche della società civile (art. 3).
Il Tavolo svolge una funzione consultiva nelle materie collegate all’attuazione del PNRR e può segnalare alla Cabina di regia ogni profilo ritenuto rilevante per la realizzazione del Piano stesso, anche al fine di favorire il superamento di circostanze ostative e facilitare l’efficace e celere attuazione degli interventi.
B….. ma dov’è la società civile?
4. L’attuazione degli interventi contemplati nel PNRR compete a ciascuna istituzione, pubblica amministrazione, ente locale sulla base delle proprie competenze istituzionali, ovvero sulla base di una specifica attribuzione determinata nel PNRR, o, ancora, avvalendosi di soggetti attuatori esterni se individuati nel PNRR (art. 9).
Si dispone l’istituzione di un Servizio centrale per il PNRR (composto da sei uffici di livello dirigenziale, evidentemente ciascuno dedicato ad una delle sei missioni contemplate dal PNRR), con compiti di coordinamento operativo (oltre che – come si dirà – di monitoraggio, rendicontazione e controllo: art. 6). Esso rappresenta il “punto di contatto” fra autorità italiane e UE, ai sensi di quanto stabilisce l’art. 22 del regolamento UE 2021/241.
Alle esigenze di coordinamento nella fase dell’attuazione provvede ciascun ente sulla base della propria autonomia organizzativa, attraverso propri uffici di livello dirigenziale ovvero istituendo apposite unità di missione sempre di livello dirigenziale (art. 8).
Ai fini di accelerare l’avvio e la realizzazione degli interventi ciascun ente può avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house qualificate, nonché di esperti particolarmente qualificati (art. 10).
Le procedure relative alla gestione finanziaria delle risorse del PNRR sono stabilite dal Ministro dell’economia e delle finanze e fanno riferimento a un conto aperto presso la Tesoreria statale (art. 15).
Per rafforzare la capacità amministrativa delle stazioni appaltanti pubbliche Sogei assicura supporto tecnico e Consip quello amministrativo (art. 11).
Per contribuire alla razionalizzazione, al miglioramento e alla semplificazione delle norme viene istituita un’Unità ad hoc e si valorizza l’Ufficio per la semplificazione già situato presso il Dipartimento per la funzione pubblica (art. 5) con l’obiettivo di superare gli ostacoli normativi, regolamentari e burocratici che potrebbero rallentare l’attuazione del PNRR.
5. Il monitoraggio, il controllo e la rendicontazione – anche a fini di contrasto alla corruzione – vengono concentrati dentro il ricordato Servizio centrale per il PNRR.
Il Servizio è affiancato da un Ufficio dirigenziale istituito presso la Ragioneria generale dello Stato (organo del Ministero dell’economia e delle finanze), al quale sono affidate anche funzione di audit. La Corte dei Conti viene individuata come l’istituzione deputata al controllo successivo sulla gestione delle risorse (art. 7).
Nulla si dice del concorso dell’Autorità Nazionale Anticorruzione al proposito: occorre pensare che essa conservi intatte le proprie prerogative e che gli altri organi individuati si colleghi esercitando la propria funzione di coordinamento assegnatale dalla “legge Severino” (l. 190/2012, art.1.1-2).
Nelle ipotesi in cui il Presidente del Consiglio riscontri il verificarsi di situazioni che mettono a rischio l’attuazione del PNRR, per comportamenti di Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, assegna al soggetto attuatore (su proposta della Cabina di regia o del Ministro competente) un termine non superiore a trenta giorni per adempiere; se l’inerzia perdura il Consiglio dei Ministri esercita un potere sostitutivo individuando l’amministrazione, l’ente, l’organo o l’ufficio, o i commissari ad acta, ai quali affidare, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari, oppure di occuparsi dell’esecuzione dei progetti (art. 12).
6. Per l’intero ciclo di gestione del PNRR, dunque, il decreto ha costruito una struttura istituzionale complessa, mettendo a regime organi ed enti già esistenti con alcuni di nuova costituzione.
Qualche perplessità suscita la facoltà di istituire strutture di missione alternative alla struttura istituzionale esistente (supra, punto 4): ci si potrebbe domandare se questa scelta non avrebbe potuto essere evitata a vantaggio di un investimento finanziario per il rafforzamento delle competenze e del funzionamento dell’esistente e se dunque la norma non riveli piuttosto una certa sfiducia in qualche apparato dello Stato e se, infine, questo tassello insieme ai tanti altri che prevedono l’istituzione di nuovi organi e uffici non finisca per creare una struttura istituzionale parallela a quella ordinamentale.
Ma più evidente è rilevare cosa manchi da tutto questo impianto istituzionale dedicato alle funzioni di indirizzo, esecuzione, controllo ai fini di una rapida, efficace ed efficiente esecuzione del PNRR. E quanto distante sia questo assetto da alcune parole contenute nel discorso del Presidente del Consiglio Mario Draghi, alla presentazione del programma di Governo in Senato il 17 febbraio scorso: proprio parlando del PNRR italiano egli disse che «Nei momenti più difficili della nostra storia l’espressione più alta e nobile della politica si è tradotta in scelte coraggiose, in visioniche fino a un attimo prima sembravano impossibili. Perché prima di ogni nostra appartenenza viene il dovere di cittadinanza». Vale la pena di ricordare che questo discorso è stato preceduto dalla affermazione del vice presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato secondo cui «Nel volontariato (…) ci sono milioni di persone che si occupano quotidianamente dell’interesse collettivo» (v. 7-Corriere della Sera,29 gennaio 2021, p. 39). Il Ministro Giovannini si era espresso già l’11 marzo scorso su quanto fosse «Fondamentale il punto di vista della società civile per finalizzare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza».
Del resto opporsi al «declino delle istituzioni (…) è battaglia quotidiana dei cittadini» (così l’ex Ministro Rino Formica, Domani, 21 febbraio 2021, p. 5). O, almeno, così noi speriamo che avvenga.
La cittadinanza di cui parla il Presidente Draghi non è solo quella italiana, ma anche quella europea, che ci richiama a responsabilità e doveri ben chiariti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ove si ricorda che «il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure della comunità umana e delle future generazioni». Espressione, quest’ultima, che ci riporta al titolo che l’Unione ha voluto dare alla propria manovra finanziaria miliardaria: NextGenerationEU.
La nostra convinzione è che occorra contribuire alla miglior realizzazione del PNRR italiano mettendo in campo uno sforzo congiunto: accanto ai compiti delle Pubbliche Amministrazioni, sia italiana che dell’UE, bisogna che venga responsabilizzata la società civile, rendendo anzitutto protagonista il mondo dell’associazionismo privato a fianco delle pubbliche istituzioni.
D’altronde la gran parte dei progetti contenuti nel PNRR italiano è in fin dei conti destinata ai cittadini stessi, alle comunità territoriali in cui essi vivono, perseguendo effetti duraturi e capaci di determinare crescita economica, sviluppo sociale, stabilità anche per le future generazioni.
Proprio perché il PNRR li riguarda direttamente, i cittadini devono poter essere al corrente “in tempo reale”, dunque essere immediatamente consapevoli di come sono utilizzate le ingenti risorse messe a disposizione dall'Unione europea; essi devono poter anche partecipare, tramite strumenti di monitoraggio, alla valutazione dell’agire della pubblica amministrazione all’atto dell’esecuzione dei progetti contenuti nel PNRR. La trasparenza è uno strumento di democrazia.
7. Allora perché non utilizzare il PNRR proprio per avviare pure un percorso di conoscenza, partecipazione, responsabilità della società civile?
A questo fine stanno nascendo molti progetti di cittadini.
Ne indichiamo uno, per il quale stiamo intensamente lavorando: «LIBenter (per L’Italia Bene comune Nuova Trasparente Europea Responsabile»: www.libenteritalia.eu).
E’ un’iniziativa che si propone di garantire la trasparenza nell’esecuzione del PNRR e dare alla Pubblica Amministrazione la consapevolezza di un controllo sociale diffuso esercitato dai cittadini, nel quadro di un diritto di cittadinanza sostanziale, responsabile, fondata sulla conoscenza.
LIBenter ha, dunque, un obiettivo, semplice da comprendere ma di ambiziosa realizzazione: rendere monitorabili i progetti (almeno i più significativi) contenuti nel PNRR. Per raggiungere quest’obiettivo, si lavorerà su tutto l’arco temporale (2021/2026) di attuazione del PNRR, affinché ciascun progetto scelto sia eseguito per bene monitorandone l’esecuzione tramite il coinvolgimento della cittadinanza organizzata in equipe di esperti e in comunità monitoranti.
30 giugno 2021, ore 17:00, incontro online "Conférence sur l'Avenir de l'Europe" promosso da GRASPE-Groupe de Réflexion sur l’avenir du Service Public Européen. L'incontro vedrà la partecipazione di Sandro Gozi, presidente dell’Unione dei federalisti europei, membro del Parlamento europeo e della Conferenza, già Sottosegretario agli Affari europei, di Francesca Ratti, già Segretario generale aggiunto del Parlamento europeo e di Paolo Ponzano, Segretario generale del Movimento europeo. Ulteriori informazioni sul programma e sulle modalità di collegamento sono disponibili QUI.
2 luglio 2021, ore 10:00-13:00, Convegno “Indagini informatiche e diritti fondamentali” promosso dall’Università degli Studi di Perugia - Dipartimento di Giurisprudenza nell’ambito delle attività del Modulo Jean Monnet “CIBER - Cybersecurity Issues and Breaches in European Rules: a practical approach” finanziato dalla Commissione Europea – EACEA- all’interno del Programma ERASMUS+.
2 luglio 2021, ore 14:00, segui in diretta streaming le Consultazioni ufficiali del processo Y20. Per la prima volta nella storia, nel 2021 l’Italia presiede il G20. La Young Ambassadors Society (YAS) è responsabile di Youth 20 (Y20), l'engagement group ufficiale del G20 dedicato ai giovani, in collaborazione con l’ufficio Sherpa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e in coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Youth 20 nasce con l'obiettivo di consentire ai giovani di esprimere le loro idee e visioni per il futuro ai Capi di Stato e di Governo del G20. La Young Ambassadors Society ha deciso di convocare delle consultazioni su base nazionale in modo da poter coinvolgere nel processo Y20 le idee e le proposte di giovani e associazioni giovanili di tutta Italia. L'incontro si terrà in italiano e sarà trasmesso in live streaming sulla pagina Facebook della Young Ambassadors Society.
INDICATIVE LEADERS’ AGENDA 2021-2022, presentata dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel al vertice del 24 e 25 giugno 2021. È un programma di lavoro per il Consiglio europeo il cui obiettivo è rispondere alle sfide cui devono far fronte i cittadini, le imprese e i paesi dell'UE.
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