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20 maggio 2021, ore 11.00, “Dalla Repubblica all’Europa: le radici del futuro” Lectio Magistralis di Daniela Preda, Ordinario di storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Genova. A conclusione del corso di formazione “Destinazione Europa”, realizzato dall’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale Liguria, nel 75° anniversario della Repubblica (L’incontro sarà visibile in diretta streaming sul canale YouTube ILSREC).
21 maggio 2021, ore 18.00-20.00, "Evento Internazionale di Lancio Online RescEU - Cosa succederebbe se l'Europa non esistesse?", promosso dal Movimento europeo Italia. Il progetto REscEU (finanziato dal programma Europa per i Cittadini) nasce con l’intenzione di aumentare la consapevolezza dei vantaggi forniti dall’unione Europea nei confronti dei cittadini. Tramite un processo di gamification, il progetto REscEU porterà alla creazioni di Escape Room formative in undici paesi europei, per far comprendere meglio gli effetti ed i benefici dell’UE tramite il gioco di ruolo. L’obiettivo del progetto è far realizzare ai partecipanti come l’Unione Europea incida nella vita quotidiana delle persone, facendo emergere i vantaggi che solitamente sono dati per scontati. REGISTRAZIONE
IN EVIDENZA
APPELLO "Facciamo pace a Gerusalemme" (Tavola della Pace, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, Centro di Ateneo per i Diritti Umani "Antonio Papisca" dell'Università di Padova, Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova - 11 maggio 2021)
Sono ora ventuno i parlamenti nazionali che hanno dato il loro accordo all’aumento del massimale delle risorse proprie europee fino al 2%, necessario per consentire alla Commissione europea di creare debito pubblico europeo e finanziare il Recovery Plan (o Next Generation EU).
Mancano ancora sei parlamenti all’appello lanciato dalla Commissione europea, dal Presidente del Parlamento europeo Sassoli ma dallo stesso Consiglio europeo ma si tratta delle assemblee più recalcitranti che potrebbero ritardare sine die l’avvio dei finanziamenti europei ai paesi colpiti dagli effetti devastanti della pandemia.
In prima fila c’è l’Austria il cui governo “popolare” – nonostante la coalizione con i verdi europeisti – si è messo alla testa di chi si oppone alla riforma dell’Unione (non-paper dei dodici) e al piamo di azione sociale (non-paper degli undici).
Si contendono il secondo posto fra gli euroscettici i finlandesi la cui Corte costituzionale ha obbligato il Parlamento al quasi impossibile esercizio di un voto a maggioranza super-qualificata scatenando il filibustering dell’opposizione (i “veri finlandesi”) che si divertono a leggere nell’emiciclo favole europee e i polacchi con la maggioranza parlamentare bloccata dal “no” di diciannove puri e duri oppositori del debito europeo.
Vengono poi i Paesi Bassi che uniscono alla loro nota “frugalità” (che viene notoriamente contraddetta dalla politica fiscale allegra verso le multinazionali) i lunghi negoziati per la formazione di un nuovo governo dopo le elezioni legislative del 17 marzo insieme all’Ungheria di Viktor Orban infragilito dalla rinata coalizione delle opposizioni che potrebbe mettere in discussione la sua leadership alle elezioni nel 2022.
Ultima fra i ritardatari la Romania, diventata forse il paese più instabile nell’Unione per i contrasti fra il presidente della Repubblica, conservatore europeista con la maggioranza governativa liberale e anch’essa europeista e il partito socialista euroscettico e travolto dagli scandali ma giunto a sorpresa in testa alle elezioni dello scorso dicembre che si ispira al sovranismo polacco e ungherese.
La Commissione ha sottolineato più volte che, dopo l’ultima ratifica, dovrà trascorrere un mese per avviare la creazione del debito europeo.
Nel frattempo, a Bruxelles è iniziato da parte della Commissione l’esame dei primi quindici PNRR presentati da Italia, Portogallo, Germania, Grecia, Francia, Slovacchia, Danimarca, Spagna, Lettonia, Lussemburgo, Belgio, Austria (pur mancando all’appello la ratifica del suo parlamento), Polonia (idem), Ungheria (idem) e Slovenia che saranno poi presentati al Consiglio in giugno.