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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e contribuire al dibattito sul futuro dell’Europa a partire dalla Conferenza proposta da Emmanuel Macron nel marzo 2019.

Come sapete, la Conferenza è stata avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo e poi nelle sue regole di funzionamento adottate dal Comitato esecutivo.

Ecco l’indice della nostra newsletter

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità,
Ultime da Bruxelles dedicate a temi economici

- Rubrica "Pillole d'Europa"
Eventi principali, sull’Europa in Italia
Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale
- La Conferenza sul futuro dell'Europa
Next Generation EU a cura di Euractiv
Europa dei diritti
Campagna di informazione sull'Europa e Europa in onda

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 


 

L'EDITORIALE

Le carenze del Consiglio europeo (e del Consiglio) nella politica migratoria
e i poteri del Parlamento europeo

Nel corso della sua prima legislatura 1979-1984 come assemblea eletta a suffragio universale e diretto e dunque agendo a nome delle cittadine e dei cittadini europei, il Parlamento europeo ha usato un potere costituente implicito che lo ha portato ad adottare il 14 febbraio 1984 il “progetto di Trattato che istituisce l’Unione europea” e due poteri espliciti che lo hanno portato a respingere il 13  dicembre 1979 il progetto di bilancio per l’esercizio 1980 adottato dal Consiglio e a presentare il 22 settembre 1982 un ricorso in carenza contro il Consiglio CEE per la mancata attuazione della politica dei trasporti, come parte essenziale per la realizzazione del mercato interno, su cui il Trattato CEE prevedeva una scadenza vincolante alla fine del periodo transitorio.

In questo secondo caso, la Corte di Giustizia delle Comunità europee ha emesso nel 1985 una sentenza di condanna del Consiglio CEE (13/1983) chiarendo che il compito di controllo politico del Parlamento europeo sulla Commissione e sul Consiglio non può subire limiti che lederebbero la sua posizione istituzionale.

Dal 1982 ad oggi il Parlamento europeo ha fatto sul piano formale dei passi in avanti dal punto di vista dei suoi poteri espliciti perché ha il diritto di proporre modifiche ai trattati, ha conquistato un posto sostanziale come autorità legislativa e condivide con il Consiglio dell’Unione il ruolo di autorità di bilancio con l’eccezione rilevante delle decisioni sulla politica fiscale anche se non ha mostrato la sua determinazione a usare fino in fondo i suoi nuovi poteri.

Come sappiamo, il Trattato di Lisbona ha ampiamente innovato il sistema europeo in materia di asilo e di immigrazione con l’obiettivo di stabilire una politica comune di  asilo conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15-16 ottobre 1999, ha esteso all’immigrazione legale la procedura legislativa ordinaria che pone su un piano di uguaglianza il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione e ha reso costituzionalmente vincolante il principio di solidarietà e di equa condivisione delle responsabilità fra gli Stati membri.

In questo quadro le istituzioni europee sono obbligate ad agire nel pieno rispetto, oltre che del Trattato, della Carta dei Diritti fondamentali – che, a nostro avviso prevale, sul Trattato –e delle convenzioni internazionali delle Nazioni Unite come quella di Ginevra sui rifugiati del 28 luglio 1951, del Protocollo del 31 gennaio 1967 e della Convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979 sulla ricerca ed il salvataggio in mare.

Dal 4 maggio 2016 è stata avviata dalla Commissione Juncker una procedura di revisione del Regolamento di Dublino III su cui il Parlamento europeo ha adottato delle sue proposte di emendamento nel quadro della procedura legislativa ordinaria prevista dal Trattato di Lisbona mentre il Consiglio europeo ha concluso nel giugno 2018 (con l’accordo dell’allora capo del governo Giuseppe Conte) ultra vires e dunque in violazione del Trattato che la revisione del regolamento di Dublino III avrebbe dovuto essere approvata dal Consiglio dell’Unione all’unanimità.

Terminata la legislatura 2014-2019 e nel pieno della pandemia la Commissione Von der Leyen ha presentato il 22 settembre 2020 una nuova proposta di “Patto sulla migrazione e l’asilo” che tiene solo in parte conto degli emendamenti adottati dal Parlamento europeo al testo del maggio 2016 e fa addirittura un passo indietro sulla obbligatorietà della ricollocazione dei richiedenti asilo che rappresenta la chiave di volta nell’art. 13 dello stesso regolamento di Dublino III.

Ciononostante, è stata introdotta nei regolamenti sulla politica di coesione economica, sociale e territoriale non solo la condizionalità sul rispetto dello Stato di diritto ma anche quella della conformità dell’uso dei fondi europei ai diritti fondamentali di cui fanno certamente parte quello di asilo e il principio di solidarietà e di equa condivisione della responsabilità fra gli Stati membri.

Il Consiglio europeo straordinario del 24-25 maggio 2021 – ignorando la richiesta di Mario Draghi - ha chiuso nuovamente la porta al negoziato sulla definizione di una politica comune dell’asilo e dell’immigrazione legale con un formale rinvio al Consiglio europeo del 25-26 giugno violando ancora una volta il Trattato di Lisbona.

Innovando rispetto all’articolo 175 del Trattato CEE del 1957 – che, come sanno i giuristi, si ispira al diritto francese e a quello tedesco che pongono sullo stesso piano l’astensione dal decidere al rifiuto di decidere – l’art. 265 del Trattato di Lisbona assoggetta al controllo giurisprudenziale della Corte di Giustizia non solo il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio dell’Unione ma anche il Consiglio europeo e la Banca Centrale Europea.

Noi riteniamo che, trascorsi ormai più di cinque anni dall’avvio del negoziato per la revisione del regolamento di Dublino III, sia venuto ora il momento per il Parlamento europeo di ricorrere alla Corte di Giustizia contro il Consiglio europeo per violazione dell’art. 15 TUE che gli vieta di esercitare funzioni legislative e perché ha deciso di impedire al Consiglio dell’Unione di decidere a maggioranza qualificata.

Poiché il Consiglio dell’Unione si rifiuta di decidere sulla revisione del regolamento di Dublino III e poiché il Trattato, contrariamente alla politica dei trasporti, non prevede un termine di tempo per la realizzazione di una politica comune di asilo pur definendone gli elementi fondamentali ma lasciando aperta la questione dei “criteri e dei meccanismi di determinazione dello Stato membro responsabile dell’esame della domanda di asilo” e salvaguardando il dritto di ogni Stato di “fissare il volume di entrata dei cittadini di paesi terzi sul proprio territorio”, in attesa della necessaria revisione del Trattato la strada da percorrere è quella del rigoroso rispetto della condizionalità dei diritti fondamentali e del principio vincolante di solidarietà su cui si è già espressa la Corte di Giustizia nei confronti della Polonia e dell’Ungheria.

Come autorità di bilancio, il Parlamento europeo deve esigere che la Commissione europea faccia valere senza ritardi nell’attribuzione dei fondi europei (di tutti i fondi europei) questa condizionalità e, nel caso in cui si astenesse dal farlo, di usare nei suoi confronti l’articolo 265 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per un ricorso in carenza davanti alla Corte di Giustizia.

Nello stesso tempo, e come è stato evidenziato nell’audizione di Alberto Maritati davanti alla Commissione delle petizioni del Parlamento europeo il 27 maggio in occasione della presentazione della petizione del Movimento europeo, occorre esigere l’applicazione rigorosa della stessa condizionalità sul rispetto dei diritti fondamentali da parte della Agenzia Frontex.

Roma-Bruxelles, 31 maggio 2021

coccodrillo

 

 

 


 ULTIME DA BRUXELLES

Il rilancio dell’economia reale attraverso ricerca, digitalizzazione e turismo

La sessione del 28 maggio del Consiglio Competitività ha affrontato temi importanti per il rilancio della economia europea. Per i non addetti ai lavori, potrà essere utile una breve spiegazione. Il Consiglio competitività è una delle postazioni consiliari, che ha come compito quello di rafforzare la competitività e la crescita in Europa. A differenza del Consiglio Ecofin che si occupa più degli aspetti finanziari e monetari il Consiglio Competitività tratta questioni riguardanti l’economia reale. Ha dunque un ruolo importante nel rilancio dell’economia europea. Proprio per questo, la sua funzione è complessa e copre diverse politiche, riguardanti tre settori principali: mercato interno, industria e commercio, innovazione-ricerca e spazio.  Alle sue riunioni partecipano pertanto i vari ministri competenti per area. I temi in discussioni nella sessione del 28 maggio verranno divisi secondo il settore di riferimento:

A. Settore Ricerca innovazione e spazio

È stato adottato un ‘general approach’ (accordo di massima) sulla revisione del Regolamento che disciplina “the European high performance computing joint undertaking (HPC)”, ossia il progetto comune europeo di calcolo ad alte prestazioni. Ciò consentirà all’interno dell’Unione europea una nuova generazione di tecnologie digitali, per realizzare supercomputer e computer quantistici, per rafforzare l’economia dei dati e lo sfruttamento di tecnologie quali l’intelligenza artificiale, analisi dei dati, e la cybesecurity. Tutto ciò, fornirà applicazioni che permetteranno sviluppi di settori strategici quali quello della salute e dei cambiamenti climatici e non solo.

Questo regolamento si inserisce in un contesto già predefinito, che ha visto prendere decisioni importanti quali: il Regolamento Horizon Europe – il programma europeo per lo sviluppo e l’innovazione in Europa; il Regolamento sul programma digitale europeo per il supporto di programmi digitali di interesse comune; il Regolamento “Connecting Europe facility” per il sostegno in progetti comuni riguardanti i trasporti, le telecomunicazioni, e l’energia, quindi anche infrastrutture digitali; la Comunicazione della Commissione ‘Una strategia europea per i dati’, con lo scopo di creare uno spazio comune europeo per i dati, infrastrutture cloud sicure; la Comunicazione della Commissione sul futuro digitale dell’Unione europea; la nuova Strategia Industriale, che auspica che l’Unione  europea diventi leader nella transizione verde e digitale; e da ultimo la Comunicazione della Commissione ‘”Europe’s moment: Reapir and Prepare for the Next Generation”.

È evidente, pertanto, che la revisione del regolamento è assolutamente essenziale per il rilancio dell’economia europea, soprattutto in alcuni settori quali quello ambientale e digitale, ma sicuramente con effetti positivi anche su tutti gli altri settori, come ad esempio sulla salute. Il Covid ha infatti messo in luce l’importanza di una gestione sicura, pronta e condivisa di dati e della loro analisi per prevedere ad esempio andamenti delle pandemie e decidere interventi adeguati. Questa è anche la ragione per cui il Regolamento sarà in parte finanziato dal bilancio pluriennale dell’Unione europea 2021-2027 e dovrebbe con una durata di  12 anni, dal 2021 (entrata in applicazione) sino al 2033, dotare l’Unione europea di un’infrastruttura sicura ed iperconnessa di super calcolo e relative applicazioni con standard di qualità a livello mondiale.

Altro tema affrontato per la parte ‘Ricerca’ del Consiglio, è stato quello di rendere la ricerca attrattiva per i “cervelli”. Il Consiglio ha infatti adottato nelle sue conclusioni una serie di indicazioni strategiche allo scopo di creare migliori condizioni di lavoro, sviluppo professionale e di mobilità all’interno dell’Unione europea, tali da favorire l’attrattività per i giovani ricercatori. Questo tema, sollecitato anche dalla pandemia, non è certo nuovo per i ministri dell’Unione europea. Già a partire dal 2003 era stata sottolineata la necessità di garantire ai ricercatori condizioni adeguate di lavoro e di sviluppo professionale; nel 2008 si era parlato addirittura di una quinta libertà: quella di rendere il mercato del lavoro dei ricercatori più libero e competitivo attraverso adeguate condizioni di lavoro offerte nei vari Stati membri. Queste richieste, reiterate nel corso degli anni insieme alla richiesta rivolta agli Stati membri di attuare politiche e piani per favorire la circolazione dei cervelli all’interno dell’UE al fine di creare un c.d. open science system, non hanno però dato esiti significativi.

La pandemia ha rinnovato l’urgenza di intervenire. Per questo il Consiglio ha coinvolto la Commissione per lo sviluppo di strumenti e misure che possano favorire l’impegno e la mobilità dei ricercatori, anche attraverso una maggior collaborazione tra Stati ed ha chiesto ai governi di impegnarsi nell’attuare riforme nazionali adeguate grazie anche al supporto di programmi dedicati. Occorre combattere il precariato, restituire dignità ai ricercatori, abbattere le numerose barriere che ancora esistono, che potrebbero ostacolare l’incontro ottimale tra domanda ed offerta di lavori qualificati. E in questo settore, rivolto ai giovani, un’attenzione particolare va data alle donne. Ovviamente per realizzare la nuova impostazione dell’ERA (European Research Area) sarà necessario intervenire sulle qualifiche accademiche e anche sulle scuole superiori, in generale sui vari percorsi formativi. Obiettivo fondamentale è permettere l’accesso delle “eccellenze” con promozione del talento e riduzione delle diseguaglianze.  I ministri hanno avuto anche uno scambio di vedute sulle prospettive future della ricerca in Europa. Il Consiglio è stato inoltre informato dalla Commissione sulle attività di cooperazione internazionale in corso.

La parte del Consiglio competitività dedicata allo Spazio invece - sulla base di una nota preparata dalla Presidenza Portoghese - ha discusso uno dei temi più importanti all’attenzione dei leader mondiali del settore dello spazio, quello della gestione del traffico spaziale, che deve essere indirizzata ad un uso sostenibile dello stesso pur nel rispetto delle competenze dei vari attori.

B. Mercato interno e competitività

I ministri sono stati informati sui progressi realizzati in merito alla proposta di Regolamento per un mercato unico per i servizi digitali, dato lo sviluppo dell’e-commerce accelerato dalle restrizioni causate dalla pandemia. La proposta ha lo scopo di garantire il corretto funzionamento del mercato interno per i servizi di intermediazione digitali attraverso regole comuni per operare in un ambiente informatico sicuro, prevedibile e dove i diritti fondamentali dei cittadini siano rispettati. Il Consiglio europeo del 25 marzo scorso ha infatti invitato la Commissione a lavorare rapidamente sul Digital Service Act e sul Digital Markert Act per formulare una proposta di regolamentazione per un ambiente digitale che favorisca innovazione e competitività, ma anche rispetto dei valori europei. Lo scorso 9 marzo la Commissione ha presentato il Digital Compass che segna la visione della trasformazione digitale europea con target precisi da raggiungere al 2030.

Il dibattito tra ministri ha sottolineato dunque la necessità di far leva sulla competitività e sull’influenza a livello globale dell’Unione europea, attraverso un ambizioso pacchetto di servizi digitali (secondo il Digital Services Act e il Digital Market Act) che permetta di approvare una serie di regole chiare e idonee per agire nel mercato digitale del futuro, assicurando contemporaneamente una cornice legale e flessibile che favorisca innovazione e competitività, ma anche rispetto dei diritti fondamentali. È importante che l’Unione europea abbia una propria sovranità digitale - indipendente ed aperta.  Il digitale infatti sta cambiando radicalmente il modo di vivere dei cittadini e sicuramente giocherà un ruolo fondamentale nelle sfide future in ogni settore, È importante dunque che ciò avvenga nel rispetto dei valori e libertà fondamentali europee, tra le quali ovviamente la protezione dei dati e le norme sulla privacy.

Strettamente connesso ai due precedenti temi è quello della Nuova Strategia Industriale europea, su cui si è tenuto un dibattito tra ministri. Questi ultimi hanno sottolineato la necessità di una sempre maggiore integrazione del Mercato interno, per sostenere la resilienza soprattutto delle piccole medie imprese, e la necessità di una diversificazione degli approvvigionamenti di materie prime necessarie per i settori strategici (farmaceutico, semi conduttori ecc.).

Il Consiglio ha quindi adottato delle conclusioni sul settore del Turismo, che sottolineano il ruolo del turismo per i prossimi dieci anni nel l contribuire al rilancio economico dell’Unione europea.  Il turismo dovrà però essere sostenibile, resiliente, digitale, globale e sociale. Già nel marzo 2019, il Consiglio aveva sottolineato come il turismo rappresenti un volano di crescita, di creazione di posti di lavoro e coesione sociale in Europa, concetti peraltro ribaditi anche in altri contesti, per esempio nell’European Green deal e nel Piano di investimenti per un’Europa verde e sostenibile. Il turismo vedeva infatti nel 2019, 20,3 milioni di persone impiegate solo in Europa, contribuendo al 9,5% al PIL europeo. La pandemia lo ha fortemente colpito. Necessita quindi di interventi consistenti ed immediati, anche per il ruolo di integrazione sociale che svolge nel mercato interno. Questi interventi, però, riguardano anche settori ad esso strettamente collegati e da cui il turismo di fatto dipende (per es. il settore dei trasporti). Le catene di valore delle attività turistiche sono infatti complesse e possibili criticità di un settore collegato possono avere un forte impatto sul turismo stesso.

I ministri hanno quindi ribadito la necessità di cooperazione, trasparenza, formazione professionale per una condotta responsabile nella gestione delle attività turistiche, sostenibilità delle attività turistiche soprattutto costiere, la digitalizzazione, la resilienza, e la maggior connettività con tutte le aree territoriali. Il Consiglio chiede alle autorità competenti di dare vita a programmi di sviluppo turistico in linea con i principi del Green Deal europeo e sollecita l’utilizzo dei fondi del Quadro finanziario Pluriennale e del Next generation EU. Chiede infine alla Commissione di predisporre un’Agenda per il Turismo 2030-50, da presentare entro il 2021, con obiettivi da raggiungere e una sorta di cruscotto di monitoraggio delle iniziative. Ma è importante considerare il turismo una politica rilevante per la ripresa economica dell’Unione europea nel rispetto non solo dell’ambiente ma anche della cultura e dei valori delle comunità locali. 

Un Consiglio, dunque sicuramente importante che ha visto sottolineare, di nuovo e in modo coerente con altre decisioni prese a livello UE, l’assoluta necessità di attuare celermente le indicazioni strategiche sui vari temi, in linea agli obiettivi fondamentali del Recovery Plan (di transizione verde e digitale). Le decisioni sono state prese, le indicazioni date, le risorse sono ormai disponibili, non rimane che un’attuazione coerente e soprattutto rapida da parte dei 27 governi. 

 

Anna Maria Villa

 

 


 PILLOLE D'EUROPA

Gli Stati membri hanno completato il processo di ratifica dell’aumento del massimale delle risorse proprie fino al 2% del PIL globale europeo.

In ventidue casi c’è stata una ratifica parlamentare ma in cinque casi non è stato necessario un voto parlamentare perché il Trattato precisa che la decisione sull’aumento entra in vigore “dopo la sua approvazione da parte degli Stati membri conformemente alle loro regole costituzionali rispettive”.

Si attendono ora a Bruxelles alcune formali comunicazioni da parte di capi di Stato che non hanno ancora firmato l’atto di ratifica.

A partire da questo momento la Commissione europea potrà iniziare a creare debito pubblico europeo per finanziare il Recovery Plan (che alcuni si ostinano a chiamare scioccamente Recovery Fund) che dovrà essere dotato di 750 miliardi di Euro.

Per evitare che alla scadenza del debito i rimborsi vengano posti a carico degli Stati e cioè dei contribuenti bisognerà creare vere risorse proprie europee come chiede da tempo il Movimento europeo allo scopo di colpire “mali europei” (carbonio che inquina, elusione e evasione fiscale, giochi d’azzardo e tabacco....) garantendo così beni pubblici a tutte le cittadine e a tutti i cittadini europei.

L’intervento dei parlamenti nazionali appare per ora necessario in base al principio no taxation without representation perché sono gli Stati nazionali che finanziano, per un ammontare che supera il 70% del totale delle cosiddette risorse proprie (che dunque proprie non sono anche se gli Stati sono obbligati a versarle) il bilancio europeo attraverso contributi nazionali equiparati al loro prodotto interno lordo.

L’introduzione di tasse europee, che vadano a colpire distorsioni economiche, sociali e ambientali oltre che assicurino l’equo funzionamento del mercato interno, conseguirebbe nello stesso tempo alcuni rilevanti risultati nel processo di integrazione europea:

  • Eliminerebbe quelle distorsioni
  • Renderebbe priva di contenuto l’annosa polemica sul “giusto ritorno” (ricordate il “I want my money back” di Margaret Thatcher?)
  • Consentirebbe di introdurre il principio del voto a maggioranza qualificata nel Consiglio dell’Unione come secondo ramo dell’autorità di bilancio nel quadro di una decisione su un piano di eguaglianza con il Parlamento europeo applicando a livello europeo il principio no taxation without representation e superando la condizioni delle approvazioni nazionali
  • Aprirebbe la strada ad un sostanzioso aumento delle entrate europee perché le tasse su cui ha lavorato il Movimento europeo e su cui esistono da anni proposte dettagliate consentirebbero di portare il bilancio europeo a quel livello pre-federale immaginato dal rapporto McDougall nel 1977, ripreso dal rapporto Spinelli sulle risorse proprie nel 1981, ribadito nel rapporto Monti del 2017 e sostenuto fra gli altri in Italia dal CNEL, dalle parte sociali (Sindacati e Imprenditori) e dal progetto di un bilancio “leggero” di Emma Bonino.

Per ottenere tutto ciò occorre naturalmente cambiare i trattati: food for thought della Conferenza sul futuro dell’Europa e poi del lavoro costituente del Parlamento europeo.

 

 


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Ascolta la decima puntata di Europa in onda (27 maggio) sul  "Next Generation EU: tra gli errori del passato e le opportunità del futuro"  con ospite Francesco Saraceno, vicedirettore dell'Osservatorio Francese sulla congiuntura economica e professore di economia internazionale a Sciences Po, alla Luiss ed al Collège d'Europe.

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A cura del MFE/GFE Genova

 

 

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ASegui la decima puntata dedicata al piano Next Generation EU.
Giovedì 27 maggio 2021 dalle 18.30 alle 19.30
in diretta streaming su https://tiny.cc/EuropaInOnda

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