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10 settembre

  • Roma, tavola rotonda “AMBIENTE TRA SCIENZE E RELIGIONI” (Fondazione Giuseppe Levi Pelloni e Movimento Europeo Italia)

11 settembre

  • Roma, Consiglio di Presidenza del Movimento Europeo Italia

12 settembre

  • Roma, XX Congresso Nazionale di ALI-Autonomie Locali Italiane
  • Roma, dibattito "Dopo le elezioni: dove va l'Europa?" (Sezione "Altiero Spinelli" di Roma del Movimento Federalista Europeo)

 

 

 

 

 

 

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ANCÓRA SUL GOVERNO EUROPEO PROSSIMO VENTURO:

LA NOBILDONNA, L’UNDERDOG E L’HIDALGO,

SENZA SCORDARSI SANCHO

        Al tempo dell’«incompiuta democrazia europea» e delle «criticità e sfide per la decima legislatura europea» appena iniziata (v. P.V. Dastoli, in Questione Giustizia, 31/5/24) siamo di fronte alla definizione della composizione di un importante organo di governo dell’Unione: la Commissione europea. «Quale governo e quale bilancio per il futuro dell’Europa» si domanda, e ci domanda, ancora P.V. Dastoli nell’editoriale della newsletter del Movimento europeo in Italia pubblicata nel sito il 2 settembre scorso. La Commissione, ci dice, «è a metà strada fra l’esecutivo tecnico immaginato da Jean Monnet come l’amministrazione europea nelle mani delle amministrazioni nazionali da cui sollecitare regolarmente il loro consenso unanime rigorosamente svincolato dal controllo dell’assemblea parlamentare ed un esecutivo politico responsabile delle politiche comuni come una originale istituzione sovranazionale con poteri limitati ma reali chiamata a rispondere davanti ad un vero Parlamento».  Oggi, nel contesto della «lunga procedura che dovrà condurre l’Unione europea a dotarsi dell’embrione ermafrodita di un governo europeo» (op. ult. cit.) va sottolineato che la Commissione è volta ad assicurare la rappresentanza degli interessi collettivi, societari dell’Organizzazione internazionale, cioè dei suoi Stati membri uti universi, collettivamente e non individualmente intesi. Così la Commissione europea «promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine» (art. 17.1 Trattato sull’Unione europea/TUE) governando quotidianamente il funzionamento dell’UE ed essendo sottoposta alla “spada di Damocle” di una possibile mozione di censura (comportante le sue dimissioni) da parte del Parlamento europeo, di fronte al quale essa appunto «è responsabile collettivamente» (artt.  17.8 TUE e 234 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea/TFUE).

         La Presidente della Commissione è Ursula von der Leyen, appartenente a un’antica  famiglia tedesca di alta nobiltà. Si tratta com’è noto di una rielezione, avvenuta ai sensi dell’art. 17.7 TUE, secondo cui, «Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono».

         Le competenze della Commissione sono elencate nel TUE, dove si legge (art.17.1) che essa «promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali». Inoltre (art.17.2) «Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se i trattati lo prevedono». L'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (oggi Josep Borrell) è componente della Commissione e ne è uno dei vice-presidenti (art. 17.4). E se da un lato la presidenza della Commissione è assegnata come sopra (nell’art. 17.7 TUE) riportato, da un altro lato «Il presidente, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento europeo. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata» (art.17.7, co 3).

        Appare facile comprendere che non si può esaurire la valutazione delle condotte della Commissione valutandola un «organo di controllo burocratico» e ponendo in termini negativi «il problema della legittimazione presente in un organo burocratico come di fatto è la Commissione», il che è fra gli altri quanto fa P. Pombeni, direttore della rivista Il Mulino (!), con l’intervento del 26 luglio scorso su Il Mattino, Le pagelle di Bruxelles. Un’azione in fuorigioco.

        Forse l’abitudine inveterata ad affrontare in questi termini la burocrazia italiana è ciò che comporta l’estensione delle caratteristiche di quest’ultima a qualsiasi ente che, dovunque, di funzionari e dirigenti debba dotarsi per procedere all’esercizio delle proprie competenze (fra tutti rinvio a L’onnipresente problema dello Stato italiano: la burocrazia, in EticaPA.it, 4 gennaio 2023). E va inoltre sottolineato che proprio dalla … ”burocrazia europea” arriva per l’Italia quel PNRR che in particolare comporta, per la miglior esecuzione dei tanti progetti finanziati da denari dell’Unione, anche l’effettuazione di riforme nazionali tra l’altro in materia di semplificazione burocratica (v. Puglisi nell’intervista a P. Zangrillo, Ministro per la Pubblica Amministrazione, «Così semplificheremo la burocrazia italiana», in funzionepubblica.gov.it/articolo/ministro/28-3-2024).

        D’altro canto, nell’articolazione dei poteri propria di un’Organizzazione internazionale dai caratteri assai peculiari qual è l’Unione europea (Organizzazione sovrannazionale capace di limitare la sovranità nazionale, legittimamente ai sensi dell’art. 11 della Costituzione italiana), va inserita l’attualità dei due rapporti prodotti rispettivamente da Enrico Letta, sul mercato economico europeo, e da Mario Draghi sulla competitività in Europa. Il primo elaborato già costituisce oggetto del libro Molto più di un mercato – Viaggio nella nuova Europa (Il Mulino, 2024) ed è ripreso nei suoi temi (in particolare energia, lavoro, comunicazioni, investimenti, transizione verde, allargamento dell’UE, Stato di diritto, sicurezza e difesa, commercio internazionale) dall’intervista fatta all’autore da G. Bottero e F. Goria su La Stampa del 9 settembre (Letta: «L’Europa divisa si sta suicidando, solo l’industria fermerà il declino»).  Il secondo rapporto è stato ampiamente anticipato nelle scorse settimane per essere infine formalmente presentato nella sua versione definitiva il 9 settembre proprio in Commissione europea, alla presenza di Ursula von der Leyen.  Se ne ricava una serie di urgenze riassumibili in grandissima sintesi nel monito dell’autore sulla necessità temporalmente indifferibile di «un cambiamento radicale» per la UE. L’attenzione è specificamente portata su produttività, riduzione delle dipendenze, clima, inclusione sociale e complessivamente su ricette per dieci singoli settori cui dare priorità: al settore riguardante innovazione e tecnologia lo stesso Draghi ha fatto riferimento ai fini della carenza di produttività europea da colmare.

         Insomma, la visione del «che fare?» c’è. La funzione di Hidalgo da svolgere per andare incontro ai tempi con creatività assoluta, non mitologica, è stata assunta da persone di buona volontà che sanno interpretare in modo ingegnoso la funzione di Don Chisciotte («El ingenioso Hidalgo», come ci ricorda S. Bartezzaghi in L’elmo di Don Chisciotte – contro la mitologia della creatività, Laterza, 2009). Del resto già Eraclito ammoniva che occorre volere l’impossibile perché l’impossibile accada

        Giova così riprendere il discorso su chi svolge, nell’Unione europea, i poteri di governo, tornando in particolare a valutare la Commissione europea considerando che la sua funzione di rappresentanza si colloca accanto, ma diversificandosene, alla rappresentanza dei singoli governi degli Stati membri (rappresentanza degli Stati uti singuli, nei loro interessi individuali), che è invece affidata al Consiglio europeo e al Consiglio (dei Ministri); accanto alla rappresentanza dei popoli, che è consegnata al Parlamento europeo; accanto alla rappresentanza dell’interesse al rispetto del diritto, che è demandata alla Corte di giustizia del Lussemburgo.

        «A decorrere dal 1° novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero». E infatti il Consiglio europeo ha stabilito che ciascun Stato membro indichi un commissario (art. 17.5 TUE). E se  «Il mandato della Commissione è di cinque anni» i suoi membri «sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza», così come la Commissione stessa «esercita le sue responsabilità in piena indipendenza» (art.17.3 TUE). In questo contesto «i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con le loro funzioni o con l'esecuzione dei loro compiti»: così l’art. 17.3 co.3 TUE, che fa salva la previsione dell’art. 18.2 TUE  secondo cui «L'alto rappresentante guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione. Contribuisce con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e la attua in qualità di mandatario del Consiglio [UE]. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune».

        In questa fase la Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni (definitasi «l’underdog», cioè «lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici»), ha determinato la designazione da parte del nostro Paese, come potenziale commissario europeo, del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR, Raffaele Fitto. Egli oltretutto ben rappresenta un articolato percorso politico tutto italiano per esser passato dal partito della Democrazia Cristiana al Partito popolare italiano, ai Cristiani Democratici uniti, ai cristiani Democratici per la libertà, a Forza Italia, a Direzione Italia, a Noi con l’Italia, e finalmente (ma sissamai in futuro…) a Fratelli d’Italia. È evidente, per quanto sopra evidenziato, che l’ingresso di Fitto quale commissario europeo, magari con funzione di vice-presidente, e per di più con possibile qualifica di vice-presidenza esecutiva, sarebbe certo un’importante assunzione di competenza attribuita a un italiano nel processo di integrazione europea, ma certamente non con un ruolo assoggettabile alle istruzioni del governo nazionale di provenienza e anzi da esercitare in piena indipendenza (v. sopra la citazione dell’art. 17.3 TUE).

        Fitto potrebbe essere un formidabile Sancho Panza, fondando la propria attività ed esercitando i propri compiti su basi di solido realismo; il contrario – ma in modo per tanti versi complementare – dell’Hidalgo, da qualificare come «un testardo, un idealista», che «troppi sogni ha nel cervello» (v. F. Guccini, Don Chisciotte). Solido realismo utilissimo, se saranno confermate le ipotesi di attribuzioni fatte (vice-presidenza esecutiva con delega all’economia e ai PNRR), e se il Parlamento europeo confermerà a propria volta la designazione effettuata, al perseguimento di obiettivi di integrazione economica europea, a partire dalla miglior attuazione di tutti i PNRR nazionali per realizzare in tal modo una sempre più significativa convergenza fra i 27 Stati membri dell’Unione, servente all’obiettivo dell’unità politica e seguendo le sollecitazioni – evocative già nel nome – dello strumento economico-finanziario europeo denominato Next Generation EU.

          «Il tempo si è fatto breve» (San Paolo, I Corinzi, 7.29). Non più parole a vuoto. «Un vento impetuoso si è scatenato» (Giobbe, 1.19). Occorre l’affermarsi nell’Unione europea di poteri costituenti capaci di realizzare la Federazione in soccorso dell’assai critica contingenza geo-politica mondiale.

  

Dino G. Rinoldi

 

 

 

 

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LE SFIDE DI DRAGHI E L’ORGANIZZAZIONE DELLA NUOVA COMMISSIONE EUROPEA

Nel nostro editoriale del 2 settembre abbiamo fatto riferimento alla procedura che viene applicata per giungere alla formazione della nuova Commissione europea e cioè di quell’organo ibrido a metà strada fra un’alta amministrazione e un governo politico, attirando l’attenzione delle lettrici e dei lettori sul ruolo cruciale della “legge di bilancio” europea per il futuro dell’Europa e delle sue politiche.

Questo ruolo è ora accentuato dalle proposte contenute nel “Rapporto Draghi” sulla competitività europea – su cui torneremo in dettaglio nei prossimi giorni – in cui l’ex presidente della BCE rilancia l’idea di una massiccia dose di investimenti nell’economia europea che vengono calcolati in 900 miliardi di euro fra risorse pubbliche e private e cioè quasi il doppio dell’ipotesi di 500 miliardi fatta circolare dalla Banca d’Italia.

Le reazioni delle capitali alle indiscrezioni sul Rapporto Draghi sono state perlomeno tiepide e molti si sono chiesti per quale ragione il Rapporto giunga sul tavolo delle istituzioni europee e in particolare di Ursula von der Leyen quando gli ingredienti del menu europeo sono già stati resi pubblici con l’agenda strategica 2024-2029 del Consiglio europeo e con gli orientamenti che hanno accompagnato il discorso di investitura della presidente della Commissione europea.

Ursula von der Leyen presenterà l’11 settembre al Parlamento europeo non solo la composizione della sua squadra ma il modello su cui si baserà il suo lavoro nei prossimi cinque anni che differirà probabilmente da quello adottato da Jean Claude Juncker nel 2014, con i cosiddetti cluster e i commissari-coordinatori che avevano sostituito l’anarchico “modello Barroso” in cui ogni commissario agiva per conto proprio o, meglio, talvolta agli ordini dei loro governi e con proposte duplicative e contraddittorie.

Esso differirà anche dal modello proposto dalla stessa Ursula von der Leyen nel 2019 con l’invenzione dei vicepresidenti-coordinatori e dei vicepresidenti esecutivi.

Nelle ultime settimane i “suggerimenti” dei governi sui nomi dei commissari sono stati accompagnati dai desideri, più o meno legittimi e più o meno coerenti con il funzionamento della funzione pubblica europea, dell’attribuzione dei cosiddetti portafogli in un puzzle che sarà difficile trasformare in un coerente mosaico dato che molti di questi desideri si concentrano sulle competenze economiche.

I governi hanno fatto i conti ignorando il ruolo del Parlamento europeo: esso si è ulteriormente ritagliato una funzione di controllo politico sul “governo europeo” con un modello inedito se si fa riferimento ai rapporti fra governi e parlamenti nazionali.

Il nuovo regolamento dell’assemblea prevede infatti che le audizioni dei singoli commissari avvengano per valutare se essi sono idonei a far parte della Commissione ma anche se lo siano per svolgere i compiti che la presidente della Commissione vuole assegnare; e aggiunge che tale doppia idoneità deve ricevere il consenso di almeno i due terzi dell’organo parlamentare chiamato a valutarli.

Poiché le audizioni inizieranno non prima di metà ottobre, noi riteniamo che il Parlamento europeo, attraverso un  lavoro congiunto della Conferenza dei presidenti dei gruppi politici e dei presidenti delle commissioni e delle delegazioni parlamentari, debba stabilire dei criteri generali delle audizioni che tengano conto della coerenza con gli orientamenti politici espressi dalla presidente, ma anche dell’interconnessione fra singole politiche (giustizia e sicurezza, ambiente e clima, politica mediterranea e migrazioni, bilancio e nuovi fondi insieme alla politica fiscale, industria e difesa, infosfera e autonomia strategica, cittadinanza e democrazia, allargamento e politica di prossimità), nonché delle questioni orizzontali, che tra l’altro comprendono anche l’equilibrio di genere (a proposito di cui la nuova Commissione potrebbe tornare indietro al livello della Commissione Juncker).

In questo quadro varrà la pena di valutare approfonditamente le sfide di policies alle quali il Rapporto Draghi chiama l’Unione europea affinché la ripartizione delle competenze risponda a criteri di efficienza, di trasparenza, di coerenza e di gestione dell’organizzazione interna della Commissione attraverso le sue direzioni generali e le agenzie diffuse sul territorio dell’Unione europea.

Roma, 9 settembre 2024coccodrillo

 

 

  

 

 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare per la nuova legislatura europea.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Attiriamo la vostra attenzione

- La settimana del Movimento europeo

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 

 

 

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare per la nuova legislatura europea.

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 L'EDITORIALE

LE SFIDE DI DRAGHI E L’ORGANIZZAZIONE DELLA NUOVA COMMISSIONE EUROPEA

Nel nostro editoriale del 2 settembre abbiamo fatto riferimento alla procedura che viene applicata per giungere alla formazione della nuova Commissione europea e cioè di quell’organo ibrido a metà strada fra un’alta amministrazione e un governo politico, attirando l’attenzione delle lettrici e dei lettori sul ruolo cruciale della “legge di bilancio” europea per il futuro dell’Europa e delle sue politiche.

Questo ruolo è ora accentuato dalle proposte contenute nel “Rapporto Draghi” sulla competitività europea – su cui torneremo in dettaglio nei prossimi giorni – in cui l’ex presidente della BCE rilancia l’idea di una massiccia dose di investimenti nell’economia europea che vengono calcolati in 900 miliardi di euro fra risorse pubbliche e private e cioè quasi il doppio dell’ipotesi di 500 miliardi fatta circolare dalla Banca d’Italia.

Le reazioni delle capitali alle indiscrezioni sul Rapporto Draghi sono state perlomeno tiepide e molti si sono chiesti per quale ragione il Rapporto giunga sul tavolo delle istituzioni europee e in particolare di Ursula von der Leyen quando gli ingredienti del menu europeo sono già stati resi pubblici con l’agenda strategica 2024-2029 del Consiglio europeo e con gli orientamenti che hanno accompagnato il discorso di investitura della presidente della Commissione europea.

Ursula von der Leyen presenterà l’11 settembre al Parlamento europeo non solo la composizione della sua squadra ma il modello su cui si baserà il suo lavoro nei prossimi cinque anni che differirà probabilmente da quello adottato da Jean Claude Juncker nel 2014, con i cosiddetti cluster e i commissari-coordinatori che avevano sostituito l’anarchico “modello Barroso” in cui ogni commissario agiva per conto proprio o, meglio, talvolta agli ordini dei loro governi e con proposte duplicative e contraddittorie.

Esso differirà anche dal modello proposto dalla stessa Ursula von der Leyen nel 2019 con l’invenzione dei vicepresidenti-coordinatori e dei vicepresidenti esecutivi.

Nelle ultime settimane i “suggerimenti” dei governi sui nomi dei commissari sono stati accompagnati dai desideri, più o meno legittimi e più o meno coerenti con il funzionamento della funzione pubblica europea, dell’attribuzione dei cosiddetti portafogli in un puzzle che sarà difficile trasformare in un coerente mosaico dato che molti di questi desideri si concentrano sulle competenze economiche.

I governi hanno fatto i conti ignorando il ruolo del Parlamento europeo: esso si è ulteriormente ritagliato una funzione di controllo politico sul “governo europeo” con un modello inedito se si fa riferimento ai rapporti fra governi e parlamenti nazionali.

Il nuovo regolamento dell’assemblea prevede infatti che le audizioni dei singoli commissari avvengano per valutare se essi sono idonei a far parte della Commissione ma anche se lo siano per svolgere i compiti che la presidente della Commissione vuole assegnare; e aggiunge che tale doppia idoneità deve ricevere il consenso di almeno i due terzi dell’organo parlamentare chiamato a valutarli.

Poiché le audizioni inizieranno non prima di metà ottobre, noi riteniamo che il Parlamento europeo, attraverso un  lavoro congiunto della Conferenza dei presidenti dei gruppi politici e dei presidenti delle commissioni e delle delegazioni parlamentari, debba stabilire dei criteri generali delle audizioni che tengano conto della coerenza con gli orientamenti politici espressi dalla presidente, ma anche dell’interconnessione fra singole politiche (giustizia e sicurezza, ambiente e clima, politica mediterranea e migrazioni, bilancio e nuovi fondi insieme alla politica fiscale, industria e difesa, infosfera e autonomia strategica, cittadinanza e democrazia, allargamento e politica di prossimità), nonché delle questioni orizzontali, che tra l’altro comprendono anche l’equilibrio di genere (a proposito di cui la nuova Commissione potrebbe tornare indietro al livello della Commissione Juncker).

In questo quadro varrà la pena di valutare approfonditamente le sfide di policies alle quali il Rapporto Draghi chiama l’Unione europea affinché la ripartizione delle competenze risponda a criteri di efficienza, di trasparenza, di coerenza e di gestione dell’organizzazione interna della Commissione attraverso le sue direzioni generali e le agenzie diffuse sul territorio dell’Unione europea.

Roma, 9 settembre 2024coccodrillo

 

 

  


ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE

ANCÓRA SUL GOVERNO EUROPEO PROSSIMO VENTURO:

LA NOBILDONNA, L’UNDERDOG E L’HIDALGO,

SENZA SCORDARSI SANCHO

        Al tempo dell’«incompiuta democrazia europea» e delle «criticità e sfide per la decima legislatura europea» appena iniziata (v. P.V. Dastoli, in Questione Giustizia, 31/5/24) siamo di fronte alla definizione della composizione di un importante organo di governo dell’Unione: la Commissione europea. «Quale governo e quale bilancio per il futuro dell’Europa» si domanda, e ci domanda, ancora P.V. Dastoli nell’editoriale della newsletter del Movimento europeo in Italia pubblicata nel sito il 2 settembre scorso. La Commissione, ci dice, «è a metà strada fra l’esecutivo tecnico immaginato da Jean Monnet come l’amministrazione europea nelle mani delle amministrazioni nazionali da cui sollecitare regolarmente il loro consenso unanime rigorosamente svincolato dal controllo dell’assemblea parlamentare ed un esecutivo politico responsabile delle politiche comuni come una originale istituzione sovranazionale con poteri limitati ma reali chiamata a rispondere davanti ad un vero Parlamento».  Oggi, nel contesto della «lunga procedura che dovrà condurre l’Unione europea a dotarsi dell’embrione ermafrodita di un governo europeo» (op. ult. cit.) va sottolineato che la Commissione è volta ad assicurare la rappresentanza degli interessi collettivi, societari dell’Organizzazione internazionale, cioè dei suoi Stati membri uti universi, collettivamente e non individualmente intesi. Così la Commissione europea «promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine» (art. 17.1 Trattato sull’Unione europea/TUE) governando quotidianamente il funzionamento dell’UE ed essendo sottoposta alla “spada di Damocle” di una possibile mozione di censura (comportante le sue dimissioni) da parte del Parlamento europeo, di fronte al quale essa appunto «è responsabile collettivamente» (artt.  17.8 TUE e 234 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea/TFUE).

         La Presidente della Commissione è Ursula von der Leyen, appartenente a un’antica  famiglia tedesca di alta nobiltà. Si tratta com’è noto di una rielezione, avvenuta ai sensi dell’art. 17.7 TUE, secondo cui, «Tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono».

         Le competenze della Commissione sono elencate nel TUE, dove si legge (art.17.1) che essa «promuove l'interesse generale dell'Unione e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull'applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull'applicazione del diritto dell'Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell'Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell'Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell'Unione per giungere ad accordi interistituzionali». Inoltre (art.17.2) «Un atto legislativo dell'Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se i trattati lo prevedono». L'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (oggi Josep Borrell) è componente della Commissione e ne è uno dei vice-presidenti (art. 17.4). E se da un lato la presidenza della Commissione è assegnata come sopra (nell’art. 17.7 TUE) riportato, da un altro lato «Il presidente, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e gli altri membri della Commissione sono soggetti, collettivamente, ad un voto di approvazione del Parlamento europeo. In seguito a tale approvazione la Commissione è nominata dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata» (art.17.7, co 3).

        Appare facile comprendere che non si può esaurire la valutazione delle condotte della Commissione valutandola un «organo di controllo burocratico» e ponendo in termini negativi «il problema della legittimazione presente in un organo burocratico come di fatto è la Commissione», il che è fra gli altri quanto fa P. Pombeni, direttore della rivista Il Mulino (!), con l’intervento del 26 luglio scorso su Il Mattino, Le pagelle di Bruxelles. Un’azione in fuorigioco.

        Forse l’abitudine inveterata ad affrontare in questi termini la burocrazia italiana è ciò che comporta l’estensione delle caratteristiche di quest’ultima a qualsiasi ente che, dovunque, di funzionari e dirigenti debba dotarsi per procedere all’esercizio delle proprie competenze (fra tutti rinvio a L’onnipresente problema dello Stato italiano: la burocrazia, in EticaPA.it, 4 gennaio 2023). E va inoltre sottolineato che proprio dalla … ”burocrazia europea” arriva per l’Italia quel PNRR che in particolare comporta, per la miglior esecuzione dei tanti progetti finanziati da denari dell’Unione, anche l’effettuazione di riforme nazionali tra l’altro in materia di semplificazione burocratica (v. Puglisi nell’intervista a P. Zangrillo, Ministro per la Pubblica Amministrazione, «Così semplificheremo la burocrazia italiana», in funzionepubblica.gov.it/articolo/ministro/28-3-2024).

        D’altro canto, nell’articolazione dei poteri propria di un’Organizzazione internazionale dai caratteri assai peculiari qual è l’Unione europea (Organizzazione sovrannazionale capace di limitare la sovranità nazionale, legittimamente ai sensi dell’art. 11 della Costituzione italiana), va inserita l’attualità dei due rapporti prodotti rispettivamente da Enrico Letta, sul mercato economico europeo, e da Mario Draghi sulla competitività in Europa. Il primo elaborato già costituisce oggetto del libro Molto più di un mercato – Viaggio nella nuova Europa (Il Mulino, 2024) ed è ripreso nei suoi temi (in particolare energia, lavoro, comunicazioni, investimenti, transizione verde, allargamento dell’UE, Stato di diritto, sicurezza e difesa, commercio internazionale) dall’intervista fatta all’autore da G. Bottero e F. Goria su La Stampa del 9 settembre (Letta: «L’Europa divisa si sta suicidando, solo l’industria fermerà il declino»).  Il secondo rapporto è stato ampiamente anticipato nelle scorse settimane per essere infine formalmente presentato nella sua versione definitiva il 9 settembre proprio in Commissione europea, alla presenza di Ursula von der Leyen.  Se ne ricava una serie di urgenze riassumibili in grandissima sintesi nel monito dell’autore sulla necessità temporalmente indifferibile di «un cambiamento radicale» per la UE. L’attenzione è specificamente portata su produttività, riduzione delle dipendenze, clima, inclusione sociale e complessivamente su ricette per dieci singoli settori cui dare priorità: al settore riguardante innovazione e tecnologia lo stesso Draghi ha fatto riferimento ai fini della carenza di produttività europea da colmare.

         Insomma, la visione del «che fare?» c’è. La funzione di Hidalgo da svolgere per andare incontro ai tempi con creatività assoluta, non mitologica, è stata assunta da persone di buona volontà che sanno interpretare in modo ingegnoso la funzione di Don Chisciotte («El ingenioso Hidalgo», come ci ricorda S. Bartezzaghi in L’elmo di Don Chisciotte – contro la mitologia della creatività, Laterza, 2009). Del resto già Eraclito ammoniva che occorre volere l’impossibile perché l’impossibile accada

        Giova così riprendere il discorso su chi svolge, nell’Unione europea, i poteri di governo, tornando in particolare a valutare la Commissione europea considerando che la sua funzione di rappresentanza si colloca accanto, ma diversificandosene, alla rappresentanza dei singoli governi degli Stati membri (rappresentanza degli Stati uti singuli, nei loro interessi individuali), che è invece affidata al Consiglio europeo e al Consiglio (dei Ministri); accanto alla rappresentanza dei popoli, che è consegnata al Parlamento europeo; accanto alla rappresentanza dell’interesse al rispetto del diritto, che è demandata alla Corte di giustizia del Lussemburgo.

        «A decorrere dal 1° novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri, compreso il presidente e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero». E infatti il Consiglio europeo ha stabilito che ciascun Stato membro indichi un commissario (art. 17.5 TUE). E se  «Il mandato della Commissione è di cinque anni» i suoi membri «sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza», così come la Commissione stessa «esercita le sue responsabilità in piena indipendenza» (art.17.3 TUE). In questo contesto «i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con le loro funzioni o con l'esecuzione dei loro compiti»: così l’art. 17.3 co.3 TUE, che fa salva la previsione dell’art. 18.2 TUE  secondo cui «L'alto rappresentante guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione. Contribuisce con le sue proposte all'elaborazione di detta politica e la attua in qualità di mandatario del Consiglio [UE]. Egli agisce allo stesso modo per quanto riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune».

        In questa fase la Presidente del Consiglio dei Ministri italiano, Giorgia Meloni (definitasi «l’underdog», cioè «lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici»), ha determinato la designazione da parte del nostro Paese, come potenziale commissario europeo, del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR, Raffaele Fitto. Egli oltretutto ben rappresenta un articolato percorso politico tutto italiano per esser passato dal partito della Democrazia Cristiana al Partito popolare italiano, ai Cristiani Democratici uniti, ai cristiani Democratici per la libertà, a Forza Italia, a Direzione Italia, a Noi con l’Italia, e finalmente (ma sissamai in futuro…) a Fratelli d’Italia. È evidente, per quanto sopra evidenziato, che l’ingresso di Fitto quale commissario europeo, magari con funzione di vice-presidente, e per di più con possibile qualifica di vice-presidenza esecutiva, sarebbe certo un’importante assunzione di competenza attribuita a un italiano nel processo di integrazione europea, ma certamente non con un ruolo assoggettabile alle istruzioni del governo nazionale di provenienza e anzi da esercitare in piena indipendenza (v. sopra la citazione dell’art. 17.3 TUE).

        Fitto potrebbe essere un formidabile Sancho Panza, fondando la propria attività ed esercitando i propri compiti su basi di solido realismo; il contrario – ma in modo per tanti versi complementare – dell’Hidalgo, da qualificare come «un testardo, un idealista», che «troppi sogni ha nel cervello» (v. F. Guccini, Don Chisciotte). Solido realismo utilissimo, se saranno confermate le ipotesi di attribuzioni fatte (vice-presidenza esecutiva con delega all’economia e ai PNRR), e se il Parlamento europeo confermerà a propria volta la designazione effettuata, al perseguimento di obiettivi di integrazione economica europea, a partire dalla miglior attuazione di tutti i PNRR nazionali per realizzare in tal modo una sempre più significativa convergenza fra i 27 Stati membri dell’Unione, servente all’obiettivo dell’unità politica e seguendo le sollecitazioni – evocative già nel nome – dello strumento economico-finanziario europeo denominato Next Generation EU.

          «Il tempo si è fatto breve» (San Paolo, I Corinzi, 7.29). Non più parole a vuoto. «Un vento impetuoso si è scatenato» (Giobbe, 1.19). Occorre l’affermarsi nell’Unione europea di poteri costituenti capaci di realizzare la Federazione in soccorso dell’assai critica contingenza geo-politica mondiale.

  

Dino G. Rinoldi

 

 


LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO

10 settembre

  • Roma, tavola rotonda “AMBIENTE TRA SCIENZE E RELIGIONI” (Fondazione Giuseppe Levi Pelloni e Movimento Europeo Italia)

11 settembre

  • Roma, Consiglio di Presidenza del Movimento Europeo Italia

12 settembre

  • Roma, XX Congresso Nazionale di ALI-Autonomie Locali Italiane
  • Roma, dibattito "Dopo le elezioni: dove va l'Europa?" (Sezione "Altiero Spinelli" di Roma del Movimento Federalista Europeo)

 

 

 


IN EVIDENZA

VI SEGNALIAMO 

  • 10 settembre, ore 15:00-18:00, Roma. La Fondazione Giuseppe Levi Pelloni e il Movimento Europeo Italia promuovono la tavola rotonda “AMBIENTE TRA SCIENZE E RELIGIONI”, in occasione della presentazione del libro: “L’ecologia dell’anima. I valori ambientali dei monoteismi europei: Ebraismo, Cristianesimo, Islam” a cura di Antonella Castelnuovo (Celid 2023). L’incontro si svolgerà presso la Sala Matteotti della Camera dei Deputati. Per gli uomini è pertanto obbligatoria la giacca. PROGRAMMA. Per partecipare occorre accreditarsi al seguente indirizzo:  Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • 11 settembre, ore 15:30-18:30, Roma. Consiglio di Presidenza del Movimento europeo Italia (riservato solo ai membri) nel corso del quale verrà esaminata la situazione dell'Unione europea all'inizio della nuova legislatura. Fra i diversi punti all’odg ci sarà: la composizione del programma della nuova Commissione europea, l’esame dei Rapporti di Enrico Letta sul mercato interno e di Mario Draghi sulla competitività, la trasformazione del "Libro verde" del Movimento europeo in un “Libro bianco”, le attività del Movimento europeo anche in vista delle scadenze 2025, le iniziative dei Centri di coordinamento territoriale del Movimento europeo.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

  • Calendario delle attività della Camera dei deputati in materia di Unione europea (Settimana 9-15 settembre 2024). Ufficio Rapporti con l'Unione europea

 

 

 


 

Il Movimento europeo in Italia, insieme al suo Presidente, si associa con grande dolore alla perdita della dott.ssa Claudia Salvi, coordinatrice del Centro Europe Direct Roma Innovazione operativo presso il Formez PA, venuta a mancare prematuramente sabato scorso a Roma.

Ricordando il suo grande contributo all’azione europea, la sua scomparsa rappresenta una grande perdita per la famiglia dell’Unione europea.

Segnaliamo qui di seguito il comunicato del FormezPA:

 

Il Formez piange la scomparsa di Claudia Salvi

La nostra amica e collega Claudia Salvi non è più tra noi.

Il Presidente, la Direttrice generale, i dirigenti e tutta la comunità di Formez piangono la sua scomparsa e si stringono attorno alla famiglia.

Claudia sarà indimenticabile per la sua determinazione, il suo sorriso, l’ironia e la forza d’animo con cui minimizzava anche la sua malattia e invece faceva valere l’importanza del suo lavoro, vissuto sempre come alta missione pubblica.

I funerali si terranno lunedì 9 settembre alle ore 16:30 presso la Chiesa di San Francesco, in Piazza del Municipio, a Teano. La salma giungerà da Roma qualche ora prima della celebrazione. Dopo il rito funebre, Claudia riposerà nella cappella di famiglia, accanto al caro papà Lucio.

 

 

 

 

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